Il
decreto legislativo di riforma, non ha apportato modifiche all’articolo 4 del
d.lgs 33/2013:
Art. 4 (Limiti alla trasparenza). – 1. Gli obblighi di pubblicazione dei dati personali diversi dai dati sensibili e dai
dati giudiziari, di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d) ed e), del
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, comportano la possibilità di una diffusione dei dati medesimi
attraverso siti istituzionali, nonché il loro trattamento secondo modalità che ne consentono la indicizzazione e la rintracciabilità tramite i motori di ricerca web ed il loro riutilizzo ai sensi dell’articolo 7 nel rispetto dei principi
sul trattamento dei dati personali.
2. La pubblicazione nei siti
istituzionali, in attuazione
del presente decreto, di dati relativi a titolari
di organi di indirizzo
politico e di uffici o incarichi
di diretta collaborazione, nonché a dirigenti titolari degli organi amministrativi è finalizzata alla realizzazione della trasparenza pubblica, che integra una finalità
di rilevante
interesse pubblico nel rispetto della
disciplina in materia di protezione dei dati personali.
3. Le pubbliche amministrazioni possono disporre la pubblicazione
nel proprio
sito istituzionale di dati, informazioni
e documenti che non hanno l’obbligo
di pubblicare
ai sensi
del presente decreto
o sulla base di specifica
previsione di legge o regolamento, fermi restando i limiti e le condizioni espressamente
previsti da disposizioni
di legge,
procedendo alla anonimizzazione dei dati personali
eventualmente presenti.
4. Nei casi in cui
norme di legge o di regolamento
prevedano
la pubblicazione
di atti
o documenti, le pubbliche
amministrazioni provvedono a rendere non intelligibili i dati personali non pertinenti o, se sensibili o giudiziari, non indispensabili
rispetto alle specifiche finalità di trasparenza della pubblicazione.
5. Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque
sia addetto
a una funzione pubblica e la relativa valutazione sono rese accessibili dall’amministrazione di
appartenenza. Non sono invece ostensibili,
se non
nei casi
previsti dalla legge,
le notizie concernenti la natura delle
infermità e degli impedimenti personali o familiari
che causino l’astensione dal lavoro, nonché
le componenti della
valutazione o le notizie concernenti
il rapporto
di lavoro
tra il
predetto dipendente e l’amministrazione, idonee a rivelare
taluna delle informazioni di
cui all’articolo 4, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 196 del
2003.
6. Restano fermi i limiti alla diffusione e all’accesso delle
informazioni di cui all’articolo 24, comma 1 e 6, della legge
7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche, di tutti i dati di cui all’articolo 9 del decreto
legislativo 6 settembre
1989, n. 322, di quelli
previsti dalla normativa europea in materia di tutela del segreto statistico e di quelli
che siano espressamente qualificati come riservati
dalla normativa nazionale ed europea in materia
statistica, nonché quelli relativi alla diffusione
dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
7. Al fine di assicurare la trasparenza degli atti amministrativi non
soggetti agli obblighi di pubblicità
previsti dal presente decreto, la Commissione di cui all’articolo 27 della legge 7 agosto 1990, n. 241, continua ad operare anche oltre la scadenza del mandato prevista
dalla disciplina vigente,
senza oneri a carico del bilancio dello Stato.
8. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente
decreto i servizi di
aggregazione, estrazione e trasmissione massiva degli atti memorizzati in banche dati rese disponibili sul web.
Ai sensi dell’articolo 4, gli obblighi
di pubblicazione dei dati
personali diversi dai dati sensibili e dai dati giudiziari, che restano tutelati
secondo le regole del d.lgs. 196/2003, comportano la possibilità di diffonderli attraverso siti istituzionali, nonché di trattarli
secondo modalità che ne consentono la indicizzazione e la rintracciabilità tramite i motori
di ricerca
web ed
il loro
riutilizzo.
Dunque, intenzione del legislatore è prevedere un’autorizzazione generale alla diffusione ed al trattamento, senza far passare le amministrazioni per le autorizzazioni dell’Autorità Garante dei dati personali.
Il comma 2 del medesimo articolo 4 si riferisce alla pubblicazione
dei dati per gli organi politici ed i dirigenti. La pubblicazione nei siti istituzionali e la conseguente diffusione al pubblico di dati relativi a:
-
titolari di organi di indirizzo politico,
-
titolari di uffici o incarichi
di diretta collaborazione con gli organi
politici,
-
dirigenti titolari degli organi amministrativi
ha il preciso fine
di garantire
la trasparenza
pubblica “quale presupposto per l’esercizio dei diritti civili e
politici da parte dei cittadini e per il controllo democratico diffuso
sull’esercizio delle funzioni pubbliche, e integra una finalità di
rilevante interesse pubblico ed è realizzata nel rispetto dei principi sul
trattamento dei dati personali”. Non
occorreranno, dunque, autorizzazioni particolari
da parte del Garante.
Attraverso questa particolare forma di
pubblicità si vuol consentire ai
cittadini di conoscere carriera, curriculum, tipologia di incarichi,
responsabilità e retribuzioni dei soggetti che concorrono alla formazione dell’indirizzo
politico ed alla gestione delle attività amministrative.
Il principio in sé è ineccepibile, anche se pare da discutere l’accomunazione di organi di governo
e dirigenza, considerando la sussistenza del principio di separazione dei loro
ruoli. Il decreto lascia intendere l’esistenza di un filo conduttore tra politica e dirigenza in effetti valevole
solo per gli incaricati a contratto, ma non sussistente
per la dirigenza di ruolo selezionata mediante concorsi pubblici. D’altra
parte, la riforma contenuta nella legge 124/2015 evidenzia un’idea di dirigenza
fortemente assoggettata alla politica e precarizzata, piuttosto coerente con un
modello che unifica, ai fini della pubblicità, la parte politica con quella
amministrativa.
In ogni caso, secondo l’articolo
4, comma
3, le
amministrazioni possono disporre, mediante atti regolamentari interni, di pubblicare
sui propri siti anche dati, informazioni e documenti che
non hanno l’obbligo di pubblicare
per legge, allo scopo di
incrementarne l’accessibilità e la trasparenza. Il tutto nel rispetto
di limiti e condizioni espressamente previsti da disposizioni di legge, “anche ricorrendo a forme di anonimizzazione in presenza di dati personali”. Rendendoli
anonimi, prevede il successivo comma 4, la conoscibilità dei dati e documenti
pubblici conseguente alla loro
pubblicazione nei siti non può mai essere negata, verificando che detta misura
garantisca eventuali esigenze di segreto
e di tutela dei dati personali.
In questo modo si pone una volta e
per sempre
un principio
generale, tratto dalla giurisprudenza: laddove documenti o informazioni contengano elementi protetti
dalla disciplina della riservatezza,
le pubbliche
amministrazioni debbono rendere non
intelligibili i dati personali
non pertinenti
o, se sensibili
o giudiziari, non indispensabili rispetto alle specifiche finalità di trasparenza della pubblicazione, oltre che rendere
anonimi i dati. La riservatezza
non può
costituire ostacolo all’estensione massima possibile del diritto alla trasparenza.
Tra le varie informazioni considerate sempre accessibili ai cittadini, proprio allo scopo di poter controllare l’efficienza dell’azione
amministrativa o, comunque,
di fare
confronti con i dati di altre amministrazioni,
per effetto
del comma
5 dell’articolo 4 del decreto, “Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni
di chiunque sia addetto
a una funzione
pubblica e la relativa
valutazione sono rese
accessibili”. Si
vuole permettere, dunque, a cittadini
e imprese di verificare
se e come in particolare coloro che sono preposti alla direzione delle strutture amministrative, sono
valutati, come, cioè, rendono
la propria prestazione, sempre allo
scopo di indurre le amministrazioni ad adottare comportamenti
virtuosi, quali l’applicazione delle regole sulla meritocrazia.
Al contrario, non sono mai da pubblicare, se non quando e nei modi in cui lo preveda
la legge, le notizie concernenti “la natura delle
infermità e degli impedimenti personali o familiari che causino l’astensione dal lavoro, nonché
le componenti della
valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro” che possano
rivelare le informazioni in merito ai dati sensibili (dati personali
idonei a rivelare
l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose,
filosofiche o di altro genere, le
opinioni politiche, l’adesione a partiti,
sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato
di salute e la vita sessuale).
Tuttavia, il comma 6 dell’articolo 4 contiene una norma in
aperta contraddizione con i principi
del Freedom of Information
Act cui il decreto vuole ispirarsi, quando afferma che “Restano fermi i limiti alla diffusione e all’accesso delle
informazioni di cui all’articolo 24, comma 1 e comma 6 della legge 7 agosto 1990, n.
241 e successive modifiche”. Dunque,
rimarrà un ventaglio anche piuttosto
ampio di documenti comunque sottratto
alla piena conoscibilità.
Ci si sarebbe aspettato che l’espansione del diritto di accesso
conseguente alla riforma del d.lgs 33/2013 avrebbe condotto alla profonda
modifica del comma 6 dell’articolo 4, se non alla sua abolizione. Invece,
questa disposizione è stata lasciata ancora operante, in contraddizione evidente
con la filosofia complessiva della riforma.
Il comma 7, ha previsto l’ultrattività della Commissione per
l'accesso ai documenti amministrativi, istituita presso la Presidenza del
consiglio dei ministri, che ha il compito di assicurare la trasparenza degli
atti amministrativi non soggetti agli obblighi di pubblicità previsti dal d.lgs
33/2013. Oggettivamente, si tratta di un doppione “debole” dell’Anac,
soprattutto perché anche gli atti, meglio, i dati, non soggetti a pubblicazione
obbligatoria ai sensi del d.lgs 33/2013, per effetto della riforma riceveranno
una tutela molto ampia, grazie all’articolo 5 novellato.
Il comma 8 esclude dall’ambito di applicazione del d.lgs 33/2013
i servizi di aggregazione, estrazione e trasmissione massiva degli atti
memorizzati in banche dati rese disponibili sul web.
Allo scopo di potenziare sia l’accesso, sia la pubblicità, il
decreto legislativo di riforma introduce dopo l’articolo 4 il “CAPO I-BIS–DATI PUBBLICI APERTI”,
che si apre con il nuovo articolo 4-bis:
Art. 4-bis (Trasparenza nell’utilizzo delle risorse
pubbliche) – 1. L’Agenzia per
l’Italia digitale, al fine di promuovere l’accesso e migliorare la comprensione
dei dati relativi all’utilizzo delle risorse pubbliche, gestisce un sito
internet denominato “Soldi pubblici” che consente l’accesso ai dati dei
pagamenti delle pubbliche amministrazioni e ne permette la consultazione in
relazione alla tipologia di spesa sostenuta e alle amministrazioni che l’hanno
effettuata, nonché all’ambito temporale di riferimento.
2. Ciascuna
amministrazione pubblica sul proprio sito istituzionale, in una parte
chiaramente identificabile della sezione “Amministrazione trasparente”, i dati
sui propri pagamenti e ne permette la consultazione in relazione alla tipologia
di spesa sostenuta, all’ambito temporale di riferimento e ai beneficiari.
3. Per le spese
in materia di personale si applica quanto previsto dagli articoli da 15 a 20.
La norma appare, oggettivamente, un
passo indietro rispetto agli intenti di semplificazione e razionalizzazione che
la riforma del d.lgs 33/2013 intende perseguire.
Infatti, si crea un ennesimo canale di
pubblicità e trasparenza, qual è il sito interne “Soldi pubblici”. Per altro
verso, si individua un ennesimo soggetto incaricato di attività concernenti la
trasparenza: nel caso di specie è l’AgId, che avrà il ruolo di protagonista
dell’attuazione delle disposizioni in commento, poiché sarà detta agenzia a
curare l’istituzione del sito.
Lo scopo è molto evidente: assecondare
in particolare il “controllo generalizzato” sulla spesa pubblica, mediante un
sistema di pubblicità di matrice pubblica.
In effetti, un portale dedicato ai soldi
pubblici, attualmente gestito dalla Presidenza del consiglio dei ministri e
sotto la regia dell’AgId esiste già all’indirizzo http://soldipubblici.gov.it/it/home.
Si tratta, evidentemente, di potenziarlo di molto e renderlo più dinamico. Il
portale, attualmente, consente alcune ricerche di voci di spesa desunte dai
codici Siope, riguardanti Camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura, Enti parco, Comunità montane - Comunità isolane - Altri enti
locali, Province - Comuni - Città metropolitane - Unioni di Comuni, Regioni e
province autonome di Trento e di Bolzano, Enti di ricerca, Strutture sanitarie,
Università.
Il sito non richiede interventi a carico
delle amministrazioni, perché utilizza appunto i dati dei codici Siope
utilizzati dai vari enti nell’ambito delle proprie ordinarie gestioni e,
dunque, estratti dalla banca dati finanziaria.
Il comma 2 insiste sul tema della
gestione delle risorse pubbliche e impone un passaggio ulteriore e diverso
rispetto ai pagamenti.
Fino alla riforma al d.lgs 33/2013 le
amministrazioni sono state chiamate ad inserire nei portali, sezione “amministrazione
trasparente” l’indicatore trimestrale ed annuale dei pagamenti, calcolato
secondo istruzioni disposte da un Dpcm annuale e circolari del Mef.
Con l’introduzione del comma 2 si
richiedono dati ulteriori, meno aggregati e più dettagliati. Infatti, la
disposizione parla di “dati sui propri pagamenti”, in modo che siano
consultabili per:
-
tipologia
di spesa sostenuta
-
ambito
temporale di riferimento
-
beneficiari.
Dunque, si tratterà di elementi
informativi di dettaglio estremo, visto che si potrà disaggregare l’informazione
fino al singolo beneficiario.
Si tratta di un onere nuovo, che potrà
rivelarsi non troppo impattante sull’organizzazione degli enti soltanto a
condizione che i sistemi informatici di gestione delle attività finanziarie
siano in grado di produrre ed ordinare le informazioni richieste dalla norma
con estrazioni automatiche.
Non ci saranno novità per quanto
riguarda le spese in materia di personale: il comma 3 rinvia alle disposizioni
contenute negli articoli da 15 a 20 del d.lgs 33/2013.
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