Il diritto e l’ordinamento
giuridico dovrebbero essere una cosa seria, molto seria. Infatti, sono le
regole del convivere civile a dettare spese, tempi, modi dell’azione dei
cittadini, in tutta la loro complessità.
Se, però, il diritto ed il
governare passano dalla ricerca dell’equilibrio tra i vari interessi, nella
ricerca dell’interesse complessivo generale, alla semplice mediazione tra
interessi contrapposti, la funzione ordinamentale si disperde e, in ogni caso,
nella mediazione tra interessi finiscono per prevalere sempre quelli dei
potentati, delle lobby o di coloro che comunque assicurano a chi governa
continuità, consenso, voti, nomine.
Purtroppo, nell’attuale fase, i
segni contrari al perseguimento di un ordinamento giuridico chiaro, coerente e
capace di perseguire interessi davvero generali, evitando che le regole siano
piegate all’utilità egoistica di pochi, sono moltissimi.
Ne è palmare esempio la
questione dell’indisponibilità dei posti di dirigenti nella pubblica
amministrazione. Come è noto, essa discende dall’articolo 1, comma 219, della
legge 208/2015, ove nei primi periodi si legge: “Nelle more dell'adozione dei decreti legislativi attuativi degli
articoli 8, 11 e 17 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e dell'attuazione dei
commi 422, 423, 424 e 425 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190,
e successive modificazioni, sono resi indisponibili i posti dirigenziali di
prima e seconda fascia delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive
modificazioni, come rideterminati in applicazione dell'articolo 2 del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge
7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, vacanti alla data del 15
ottobre 2015, tenendo comunque conto del numero dei dirigenti in servizio senza
incarico o con incarico di studio e del personale dirigenziale in posizione di
comando, distacco, fuori ruolo o aspettativa […]”.
Norma più chiara non potrebbe
esservi[1]. Il
suo scopo è evidente: in attesa della riforma della dirigenza pubblica prevista
dall’articolo 11 del d.lgs 124/2015, per effetto del quale i dirigenti
confluiranno in un unico ruolo distinto in tre sezioni, e considerato che
occorrerà distribuire i dirigenti tra i vari ruoli tenendo conto della durata
degli incarichi, non è opportuno attivare nuove assunzioni ed incarichi
dirigenziali. La legge 208/2015, quindi, ha imposto una moratoria temporanea
alla copertura di nuovi posti ed incarichi dirigenziali.
Su questa banalissima e più che
logica indicazione, si sono scatenate le reazioni del mondo delle autonomie
locali, che spesso si ritiene al di sopra ed al di fuori di ogni regolazione. Anche
in questa nuova fase ordinamentale, nella quale uno dei più rilevanti moti che
hanno spinto verso la riforma della Costituzione è consistito nella revisione
del Titolo V, con conseguente evidente passo indietro verso il “federalismo all’italiana”
e l’autonomia dei comuni, dopo aver avuto la prova provata che presso detti
enti non regna la massima efficienza possibile (casi come Mafia Capitale e Mose
insegnano) e che, soprattutto, essi hanno continuato ad incrementare
costantemente la pressione fiscale senza garantire incrementi di servizi.
Dunque, Anci e parte della
dottrina hanno cercato di evidenziare che la norma non si applicherebbe agli
enti locali, con una serie di argomentazioni oggettivamente di una debolezza
marchiana, poiché l’articolo 1, comma 219, della legge 208/2015 si rivolge a
tutte le amministrazioni comprese nell’elenco contenuto nell’articolo 1, comma
2, del d.lgs 165/2001, nel quale, piaccia o meno, gli enti locali sono
espressamente contemplati.
Ovviamente, di fronte all’evidenza
o a norme che non piacciono, non ci si rassegna. Quindi, il comune di Taranto
non ha potuto fare a meno di resistere alla tentazione di chiedere alla Corte
dei conti se davvero la legge debba applicarsi per quello che dispone e non
come, invece, meglio piaccia.
Così, la Sezione regionale di
controllo per la Puglia, con deliberazione 17 marzo 2016, n. 73 affronta il
tema e dopo aver sottolineato la qualità non eccelsa dell’articolo 1, comma 219,
della legge 208/2015 in termini di chiarezza, non può che concludere come
segue: “Come
evidenziato dal comune istante, il riferimento ai posti dirigenziali di prima e
seconda fascia, articolazione presente esclusivamente nella dirigenza delle
amministrazioni statali ai sensi degli artt. 15 e 23 d lgs 165/2001, unitamente
al richiamo all’art 2 d.l. 95/2012 (che, rubricato “Riduzione delle dotazioni
organiche delle pubbliche amministrazioni” detta una disciplina afferente agli
uffici dirigenziali ed alle dotazioni organiche delle amministrazioni dello
Stato) induce, a una prima lettura, ad avvallare un’interpretazione restrittiva
della disposizione, in quanto riferita unicamente ai posti dirigenziali delle
amministrazioni dello Stato.
Si tratta, tuttavia, di un’opzione
ermeneutica che trova puntuale smentita alla luce di argomenti di carattere
letterale, sistematico e teleologico.
Sul piano letterale, la norma si
riferisce a tutte le amministrazioni di cui all’art 1 co 2 d. lgs 165/2001,
senza introdurre alcuna espressa eccezione per gli enti locali. Sotto tale
profilo, infatti, il rinvio tout court all’art 1 co 2 d lgs 165/2001 costituisce
una tipica modalità attraverso cui il legislatore perimetra per relationem
l’ambito soggettivo di disciplina, estendendolo a tutti i soggetti enunciati
nella disposizione in materia di pubblico impiego (cfr. ad es. art 1 comma 34 l
190/2012 e art 11 d lgs 33/2013 in
materia di anticorruzione e trasparenza).
Sul piano sistematico, il comma 224
della citata legge 208/2015, nel prevedere che resta escluso dal campo di
applicazione del comma 219- tra gli altri- il personale delle città
metropolitane e delle province adibito all’esercizio di funzioni fondamentali,
non fa altro che confermare l’opzione ermeneutica sopra indicata, atteso che
siffatta eccezione non avrebbe ragion d’essere se gli enti locali fossero
esclusi a priori, per estraneità soggettiva, dal raggio operativo della
disciplina in esame.
Sempre sul piano sistematico, non paiono
fornire argomenti a sostegno della tesi contraria le disposizioni citate dal
comune istante: né il comma 221 che, nel prevedere una ricognizione delle
dotazioni organiche da parte di regioni ed enti locali e delle competenze degli
uffici dirigenziali generali con l’eliminazione di duplicazioni (unitamente
alla conferibilità di incarichi dirigenziali
senza vincoli di esclusività ai dirigenti dell’avvocatura civica e della
polizia municipale), si limita ad introdurre regole di razionalizzazione
organizzativa complementari, e non alternative, a quelle previste dal comma
219; né il comma 228 che, nel sancire una riduzione delle percentuali del turn
over per il triennio 2016-2018 limitatamente personale a tempo indeterminato
non dirigenziale, ha lasciato inalterata la disciplina già esistente con
riferimento al personale dirigenziale e limitatamente ai posti disponibili ai
sensi del già citato comma 219 (art. 3, comma 5, del D.L. n. 90/2014, art 1
comma 424, l. 190/2014).
Infine, sul piano logico-teleologico,
la norma, come detto, mira a precostituire sotto il profilo dell’efficienza
organizzativa, le condizioni migliori per la piena attuazione della riforma
della dirigenza tracciata dalla legge 124/2015 e per il completo assorbimento
del personale soprannumerario degli enti di area vasta, secondo il percorso
delineato dalla legge 190/2014. Si tratta di due obiettivi che coinvolgono non
solo le amministrazioni statali, ma anche gli enti territoriali (art 11 l.
124/2015, art 1, comma 424 l. 190/2014), sicché un’eventuale esclusione degli
stessi dall’ambito applicativo del comma in esame, in assenza di espressa
previsione di legge, sarebbe irragionevole alla luce delle finalità che il
legislatore intende perseguire”.
Chi scrive potrebbe allietarsi
della circostanza che un organismo giurisdizionale ha espresso una teoria
sostanzialmente conforme a quanto scritto[2] già
da tempo. Ma, si è perfettamente consapevoli che ogni teoria si presta a
dibattito e indicazioni contrarie e, tenendo presente ciò che insegna l’esperienza,
si è del tutto consapevoli che il quadro delineato dalla Sezione Puglia
potrebbe trovare modifiche e smentite in successivi approdi interpretativi.
Specie da parte della Sezione Autonomie, che nelle proprie interpretazioni non
appare mai poco sensibile alle pulsioni ed esigenze espresse dall’Anci.
Tuttavia, nel caso specifico, i
comuni e la loro associazione hanno avuto fretta. Non potevano aspettare la
solita opera di convincimento e moral
suasion, perché i tempi stringono.
Nasce, allora, l’idea
semplicissima: se la norma generale ed astratta non si confà ai desiderata e se
la giurisprudenza non soddisfa, allora perché non attivare il processo di
mediazione interpretativa, così da reperire una chiave di lettura che vada bene
agli scopi particolari di chi la chiede?
Ecco, dunque, il diritto on demand o pret a porter, che consente agli interessati (stakeholders, direbbero i raffinati) di auto prodursi la norma o,
quanto meno, l’interpretazione di essa (il che, molte volte, è lo stesso ai
fini degli effetti da perseguire).
Sicchè, l’Anci ha pensato di
elaborare un documento interpretativo sulla questione, da sottoporre nientemeno
che alla Conferenza Unificata, la quale esaminatolo si è pronunciata nella
seduta del 24 marzo scorso, elaborando il documento “Problematiche interpretative relative all’articolo 1, commi 219 e 221,
della legge 28 dicembre 2015, n. 208 in materia di dirigenza pubblica”.
Secondo questo documento,
dunque, “La concreta indisponibilità dei
posti della dirigenza, vacanti al l5 ottobre 2015, é anche connessa al percorso
ricognitivo delle rispettive dotazioni organiche (“secondo i rispettivi ordinamenti”).
Tale ricognizione é effettuata tenendo conto che non rientrano tra i posti
indisponibili:
- i dirigenti in
servizio senza incarico o con incarico di studio e il personale dirigenziale in
posizione di comando, distacco, fuori ruolo o aspettativa;
- gli incarichi a
copertura dei posti dirigenziali vacanti alla data del 15 ottobre 2015, a
seguito di avvio del procedimento per il conferimento dell'incarico in data anteriore
allo stesso 15 ottobre 2015 (l’atto di programmazione di copertura degli
incarichi dirigenziali si può configurare come avvio del procedimento di conferimento)”.
Non si capisce quale sia la
portata di tale conclusione, visto che risulta meramente ripetitiva di quello
che prevede la norma interpretata. C’è, semmai, la grande novità normativa, che
nessuno conosceva: sarebbe “avvio del procedimento” di conferimento degli
incarichi dirigenziali (che, per la verità, è semplicemente un procedimento
concorsuale) non il bando di concorso, bensì la “programmazione”. E’ l’unico
caso nell’ordinamento giuridico mondiale e forse della galassia nel quale un
atto di programmazione, dal quale non discende nemmeno la specifica copertura
della spesa, possa essere considerato come avviamento concreto di un
procedimento amministrativo.
Il documento prosegue,
affermando che “Sarà comunque possibile prevedere
la copertura di posizioni dirigenziali:
- appartenenti a
strutture organizzative oggetto di riordino in relazione ad interventi che si
concludono, entro il 31 dicembre 20 16. con riduzione del numero dei posti;
- specificamente previste
dalla legge o connesse alto svolgimento di funzioni fondamentali, in base
all’articolo 14, comma 27, del DL 78/2010, o di servizi essenziali”.
La prima affermazione è di nuovo
meramente ripetitiva di quanto dispone l’articolo 1, comma 219.
La seconda affermazione è pura
invenzione, appunto in applicazione del diritto on demand. La legge 208/2015 non prevede in nessuna propria norma
che siano ammesse assunzioni di dirigenti connesse allo svolgimento di funzioni
fondamentali, ai sensi dell’articolo 14, comma 27, del d.l. 78/2010.
Dunque, in questo caso non si
tratta di “interpretare” una legge, bensì di aggiungervi un contenuto ad essa totalmente
estraneo.
L’unica disposizione nella quale
la legge 208/2015 considera possibili assunzioni di dirigenti, nonostante il
blocco, è l’articolo 1, comma 224. Leggiamone il contenuto: “Resta escluso dall'applicazione delle
disposizioni di cui al comma 219 il personale di cui all'articolo 3 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, delle città metropolitane e delle province
adibito all'esercizio di funzioni fondamentali, degli uffici giudiziari e
dell'amministrazione della giustizia, dell'area medica e veterinaria e del
ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, il personale appartenente
alla dirigenza di seconda fascia con funzione tecnico-ispettiva del Ministero
dell'istruzione, dell'università e della ricerca nonché, per le funzioni
specifiche attribuite dalla legge, il personale preposto ai posti dirigenziali
del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei
ministri. E' escluso altresì il personale delle agenzie di cui al decreto
legislativo 24 settembre 2015, n. 157”.
Quindi, il legislatore ha
espressamente specificato quale personale dirigenziale di quali enti è estraneo
all’obbligo di rendere indisponibili gli incarichi. E quando nel comma 224 la
legge 208 si è riferita a personale dirigenziale del comparto enti locali, si è
limitata a considerare escluse dall’indisponibilità, in quanto adibito a
funzioni fondamentali, il solo personale dirigenziale di città metropolitane e
province, per altro incorrendo in un errore clamoroso, poiché a questi enti è
fatto divieto di porre in essere qualsiasi assunzione.
Qualcuno, dunque, osserverebbe
che ubi legis voluit, dixit; ubi tacuit, noluit:
se la legge 208/2015 ha consentito di escludere dal blocco temporaneo i soli
dirigenti delle funzioni fondamentali di province e città metropolitane, a
qualsiasi interprete è d’obbligo constatare e concludere che tale esclusione
non è ammessa per i comuni. Ma, evidentemente, la Conferenza Unificata non è un
“interprete qualsiasi”: può inventarsi il diritto che meglio ritiene. O no?
Ebbene, no. Basta andare a dare un’occhiata anche fugace all’articolo 2[3] del
d.lgs 281/1997: tra le molte competenze attribuite alla Conferenza Unificata
non esiste quella di interpretare le leggi (compito, che, anche i conoscitori
meno approfonditi del diritto sanno appartenere al Legislatore e ai giudici).
Per chi non ne fosse del tutto convinto, basta guardare con un po’ d’attenzione
il comma 6 dell’articolo 2 del d.lgs 281/1997: “Quando il parere concerne provvedimenti già adottati in via definitiva,
la Conferenza Stato-regioni può chiedere che il Governo lo valuti ai fini
dell'eventuale revoca o riforma dei provvedimenti stessi”. Insomma, se alla
Conferenza Unificata una norma non piace, può ovviamente farsi latrice di un’iniziativa
di riforma della norma stessa, non può fabbricarla dal nulla, per via
interpretativa.
Ma, la Conferenza Unificata, per
nulla intimorita e con sprezzo del pericolo, nel documento continua: “I posti dirigenziali disponibili in
relazione at percorso ricognitivo di cui al punto 1, nonché dei principi di cui
at punto 2 e 3 e i posti che si rendono vacanti dopo il 15 ottobre 2015, nelle
more dell'adozione dei decreti legislativi attuativi degli articoli 8, 11 e 17
della legge 7 agosto 2015, possono essere coperti,nel rispetto dei limiti al
turn over definiti dalla normativa vigente e dei vincoli previsti dal comma 424
della legge di stabilità 2015 in merito alla ricollocazione del personale
dirigente soprannumerario, anche mediante assunzioni di vincitori di concorso
pubblico bandito prima del 1º gennaio 2016, ricorrendo a graduatorie di altre
amministrazioni,o mediante procedure di mobilità”.
Concorsi pubblici banditi prima
dell’1.1.2016? E, di grazia, in base a quale legittima e lecita procedura? Non
risulta alla Conferenza Unificata che, al di là dell’indisponibilità dei posti
dirigenziali prevista dalla legge 208/2015, per effetto dell’articolo 1, comma
424, della legge 190/2014, non si possono proprio effettuare assunzioni, finchè
sia ancora in piedi il fallimentare sistema di ricollocazione imposto dalla
scellerata riforma delle province, se non, al limite, nei limitati spazi dei
resti assunzionali?
Queste sono le conseguenze del
diritto on demand: una serie di grida
manzoniane, molte delle quali platealmente infondate, adottate in assenza
totale di legittimazione e potere, volte a sollevare confusione e polverone,
per poter consentire a chiunque, ma soprattutto ai protervi, di cucirsi addosso
non le norme, ma quello che vogliono far dire ad esse, anche se ciò che emerge
dai loro precetti (spesso mal formulati, è giusto dirlo) risulti chiaro nella
sua ratio.
[1] Si veda L. Oliveri “Dirigenza:
l'indisponibilità dei posti fissata dalla legge 208/2015 siapplica
necessariamente anche agli enti locali” in http://luigioliveri.blogspot.it/2016/01/dirigenza-l-dei-posti-fissata-dalla.html
[2] L. Oliveri, cit.
[3] Compiti.
1. Al fine di
garantire la partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e
di Bolzano a tutti i processi decisionali di interesse regionale,
interregionale ed infraregionale, la Conferenza Stato-regioni:
a) promuove e
sancisce intese, ai sensi dell'articolo 3;
b) promuove e
sancisce accordi di cui all'articolo 4;
c) nel rispetto
delle competenze del Comitato interministeriale per la programmazione
economica, promuove il coordinamento della programmazione statale e regionale
ed il raccordo di quest'ultima con l'attività degli enti o soggetti, anche
privati, che gestiscono funzioni o servizi di pubblico interesse aventi
rilevanza nell'ambito territoriale delle regioni e delle province autonome di
Trento e di Bolzano;
d) acquisisce le
designazioni dei rappresentanti delle regioni e delle province autonome di
Trento e di Bolzano, nei casi previsti dalla legge;
e) assicura lo
scambio di dati ed informazioni tra il Governo, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano secondo le modalità di cui all'articolo 6;
f) fermo quanto
previsto dagli statuti speciali e dalle relative norme di attuazione,
determina, nei casi previsti dalla legge, i criteri di ripartizione delle
risorse finanziarie che la legge assegna alle regioni e alle province autonome
di Trento e di Bolzano, anche a fini di perequazione;
g) adotta i
provvedimenti che sono ad essa attribuiti dalla legge;
h) formula
inviti e proposte nei confronti di altri organi dello Stato, di enti pubblici o
altri soggetti, anche privati, che gestiscono funzioni o servizi di pubblico
interesse;
i) nomina, nei
casi previsti dalla legge, i responsabili di enti ed organismi che svolgono
attività o prestano servizi strumentali all'esercizio di funzioni concorrenti
tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano;
l) approva gli
schemi di convenzione tipo per l'utilizzo da parte dello Stato e delle regioni
di uffici statali e regionali
2. Ferma la
necessità dell'assenso del Governo, l'assenso delle regioni e delle province
autonome di Trento e di Bolzano per l'adozione degli atti di cui alle lettere
f), g) ed i) del comma 1 è espresso, quando non è raggiunta l'unanimità, dalla
maggioranza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e
di Bolzano, componenti la Conferenza Stato-regioni, o da assessori da essi
delegati a rappresentarli nella singola seduta.
3. La Conferenza
Stato-regioni è obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di
legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di
competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano che
si pronunzia entro venti giorni; decorso tale termine, i provvedimenti recanti
attuazione di direttive comunitarie sono emanati anche in mancanza di detto
parere. Resta fermo quanto previsto in ordine alle procedure di approvazione
delle norme di attuazione degli statuti delle regioni a statuto speciale e
delle province autonome di Trento e di Bolzano.
4. La Conferenza
è sentita su ogni oggetto di interesse regionale che il Presidente del
Consiglio dei Ministri ritiene opportuno sottoporre al suo esame, anche su
richiesta della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province
autonome di Trento e di Bolzano.
5. Quando il
Presidente del Consiglio dei Ministri dichiara che ragioni di urgenza non
consentono la consultazione preventiva, la Conferenza Stato-regioni è
consultata successivamente ed il Governo tiene conto dei suoi pareri:
a) in sede di
esame parlamentare dei disegni di legge o delle leggi di conversione dei
decreti-legge;
b) in sede di
esame definitivo degli schemi di decreto legislativo sottoposti al parere delle
commissioni parlamentari
6. Quando il
parere concerne provvedimenti già adottati in via definitiva, la Conferenza
Stato-regioni può chiedere che il Governo lo valuti ai fini dell'eventuale
revoca o riforma dei provvedimenti stessi.
7. La Conferenza
Stato-regioni valuta gli obiettivi conseguiti ed i risultati raggiunti, con
riferimento agli atti di pianificazione e di programmazione in ordine ai quali
si è pronunciata.
8. Con le
modalità di cui al comma 2 la Conferenza Stato-regioni delibera, altresì:
a) gli indirizzi
per l'uniforme applicazione dei percorsi diagnostici e terapeutici in ambito
locale e le misure da adottare in caso di mancato rispetto dei protocolli
relativi, ivi comprese le sanzioni a carico del sanitario che si discosti dal
percorso diagnostico senza giustificato motivo, ai sensi dell'articolo 1, comma
28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 ;
b) i protocolli
di intesa dei progetti di sperimentazione gestionali individuati, ai sensi
dell'articolo 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni ed integrazioni;
c) gli atti di
competenza degli organismi a composizione mista Stato-regioni soppressi ai
sensi dell'articolo 7.
9. La Conferenza
Stato-regioni esprime intesa sulla proposta, ai sensi dell'articolo 5, comma 3,
del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, del Ministro della sanità di
nomina del direttore dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali”.
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