Ecco l'inutile vaticinio pubblicato lo scorso 14 febbraio 2015 .
E’ già accaduto in Italia che la Costituzione fosse approvata in fretta e furia, solo a colpi di maggioranza con uno scarto ridottissimo di voti. Era il 2001 e si modificò in questo modo il Titolo V della Costituzione, dando maggiori poteri e autonomia alle regioni ed agli enti locali.
E’ unanimemente riconosciuto che quella riforma della Costituzione è stata devastante e disastrosa, essendo il primo tassello dell’impazzimento della spesa pubblica, dovuto ad un modello “federale” ingestibile, per effetto del quale senza che vi sia stato il minimo maggior controllo della spesa a livello locale, sono aumentate a dismisura le spese in particolare delle regioni e dei comuni.
Tanto è vero che uno dei contenuti maggiormente caratterizzanti la riforma della Costituzione attualmente all’esame del Parlamento è proprio la sostanziale cancellazione della riforma del 2001, a causa degli sconquassi da essa determinati.
Non è una novità che la gattina frettolosa (e incompetente) fa nascere i gattini ciechi. Tuttavia, l’esperienza concreta, la vita vissuta per l’Italia non conta nulla. Vi è un’incredibile coazione a ripetere periodicamente gli stessi errori, aggravandoli.
Ci si trova, dunque, a distanza di 15 anni, nuovamente ad affrontare una riforma della Costituzione in condizioni assai simili, ma per molti versi peggiori: riforma lasciata alla sola maggioranza, contenuti di merito visibilmente dilettanteschi, inefficienti e dannosi; clima di tutti contro tutti; frettolosità. L’esatto contrario del modo col quale occorrerebbe affrontare una riforma costituzionale, che richiede ponderazione, approfondimento, necessario dialogo tra le parti contrapposte per giungere ad un’armonizzazione difficile, lunga, faticosa. Esattamente ciò che avvenne tra il 1946 e il 1947. Ma, forse, l’Italia per conoscer momenti alti di politica e coesione deve necessariamente passare per qualche “lavacro” tragico, del quale dimenticarsi pochissimi decenni dopo.
Sta di fatto che questa “riforma” della Costituzione è pregna di tutti i difetti (al di là dei contenuti di pessima qualità) possibili per una norma fondamentale della vita di un Paese.
Nessuno ha inserito la riforma nei propri programmi elettorali. Una riforma così ampia della Costituzione dovrebbe ricevere una specifica legittimazione popolare. Dovrebbe, dunque, essere oggetto particolare della campagna, con ampia illustrazione degli obiettivi.
Nella scorsa campagna elettorale proprio nessuno ha nemmeno lontanamente descritto la volontà di modificare così radicalmente la Costituzione.
Sicchè attualmente il Parlamento sta procedendo senza avere avuto alcuna delega in tal senso dai cittadini, in totale violazione del mandato politico ottenuto.
La riforma della Costituzione non è e non può essere di iniziativa governativa. Proprio perché non c’è stato alcun mandato elettorale al Parlamento, finalizzato alla modifica della Costituzione, è stato il Governo, con Renzi appena insediato, ad intestarsi l’iniziativa di riforma.
Ma, il Governo, in applicazione del principio di separazione dei poteri, della Costituzione non dovrebbe minimamente interessarsi.
Invece, si sta trattando la modifica della legge fondamentale come fosse un decreto legge qualsiasi, da convertire in via d’urgenza.
La riforma della Costituzione non è e non può essere un programma di maggioranza. E’ assolutamente risaputo che la Costituzione è un patrimonio dell’intera Nazione. Non può essere redatta come si trattasse di un obiettivo di un’unica maggioranza, stile “prendere o lasciare”.
La velocità potrebbe essere caratteristica di un’attività amministrativa (e non è comunque mai un bene), ma non certo della funzione costituente.
Si sta scambiando la legge fondamentale della convivenza civile di un intero popolo con una deliberazione di consiglio comunale con la quale disciplinare le tariffe dei tributi da applicare agli scivoli dei garage. Ma, guidare una Nazione è un po’ più delicato che fare il sindaco.
Forzatura dell’articolo 138 della Costituzione. E’ anche da notare che la procedura seguita appare alquanto sospetta a sua volta di incostituzionalità.
L’articolo 138 delinea l’iter da seguire per le leggi di “revisione della Costituzione”. Ma, nel caso di specie si va ben oltre la semplice “revisione”, che di per sé altro non è se non l’opera di apportare qualche limitato e mirato correttivo al contenuto della Carta.
La revisione interviene su un’opera fatta e compiuta, non per stravolgerla, ma per controllarla. Altrimenti, è un rifacimento, una ristrutturazione.
E’ esattamente questo ciò che sta accadendo: l’estensione della “riforma” all’attenzione del Parlamento è visibilmente oltre i confini di una “revisione”, perché di fatto presenta una Costituzione interamente nuova e ristrutturata.
Assemblea costituente.Ma, allora, a questo fine non sarebbe nemmeno bastata una enunciazione di una legislatura “costituente” nemmeno in campagna elettorale, bensì l’elezione di una vera e propria Assemblea Costituente, chiamata non semplicemente a rivedere la Carta, ma a riscriverla del tutto.
L’elezione di un’Assemblea Costituente sarebbe stata utile a lavori meditati, ma spediti, perché specificamente ed esclusivamente dedicata al compito di riforma e non distratta, come il Parlamento, dall’incalzare delle conversioni di decreti-legge, che lo ingolfano e ne impediscono la funzione legiferante, come da troppi anni accade.
Assenza di legittimazione del Parlamento. In ogni caso, l’attuale Parlamento di tutto dovrebbe occuparsi, tranne che di modificare la Costituzione.
Ormai lo sanno anche le pietre: il Parlamento è stato eletto con una legge incostituzionale, dichiarata tale perché ha violato il principio di rappresentatività.
Ciò significa che la maggioranza presente in parlamento è frutto di un meccanismo elettorale incostituzionale, che ha distorto la rappresentanza politica.
Il Parlamento, dunque, non è, in questo momento, la vera rappresentazione delle forze politiche presenti nella società.
Ciò, al di là di qualsiasi discettazione sulla portata della sentenza della Consulta che ha dichiarato l’incostituzionalità del Porcellum e dell’ovvio principio di continuità del funzionamento dello Stato, non può che portare ad una conclusione inevitabile: questo Parlamento non può toccare le regole costitutive dello Stato, per assenza di rappresentatività.
Maggioranza. Infatti, se il Pd alla Camera in queste ore si sta votando praticamente da solo la riforma della Costituzione, e se al Senato vi riuscirà con l’apporto di qualche transfuga in cerca di ricandidatura, è proprio per effetto della legge incostituzionale.
Il Porcellum ha assicurato al Pd un premio di deputati, senza il quale non potrebbe nemmeno pensare di forzare la mano e la Costituzione in questo modo.
E’, dunque, una legge elettorale dichiarata incostituzionale che arma i voti parlamentari volti a modificare la Costituzione.
E’ mai possibile che questo semplicissimo ragionamento non induca nessuno a fermarsi, a capire che non è questa la fase, non è questo il modo?
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