I fatti del comune di Lonate
Pozzolo vengono poco dopo quelli di Terni e di Guidonia Montecelio. Ma, sono di
pochissimi mesi fa anche le storie di Lavagna e Lodi.
Non tutte le storie sono uguali:
si tratta, per lo più, di sistemi corruttivi che possono anche giungere, in
alcuni casi, verso l’influenza decisa della criminalità organizzata.
Lo schema è sempre lo stesso:
amministratori comunali che provano ad utilizzare il loro potere per orientare
appalti pubblici o incarichi a studi professionali a loro vicini, cercando di
costruire un sistema organizzato con imprenditori esterni, lieti di accordi
corruttivi, e con funzionari interni, coinvolti nel “giro” con le buone
facendoli partecipare alla spartizione; oppure, con le cattive, minacciando di
revocare incarichi o demansionamenti o trasferimenti, se in qualche misura
considerati dei “boicottatori”
Non è ovviamente da dare per
scontato che agli arresti ed ai fatti di cronaca conseguano condanne. Al di là
dell’obbligatoria ed opportuna invocazione del principio della non colpevolezza
fino a condanna definitiva, è evidente la necessità di aspettare il corso
definitivo di indagini e processo.
Non è questo, tuttavia, quello
che rileva in un’analisi della questione riferita al sistema amministrativo dei
comuni.
I fatti di Lonate Pozzolo e tutti
gli altri analoghi, anche laddove non dovesse esservi alcuna condanna ad esito
dei processi, sono sintomo di un malessere profondo, frutto amaro delle riforme
Bassanini.
Riassumendo quanto emerso dai
giornali, il sindaco di Lonate Pozzolo pare cercasse in ogni modo di favorire
lo studio professionale del fratello nell’approvazione di progetti urbanistici
od opere edilizie.
Allo scopo, era necessario che i
vertici organizzativi dei settori della polizia locale, dell’edilizia privata e
dei lavori pubblici non rilevassero le stranezze gestionali, non indicassero
illegittimità, non concludessero procedimenti di controllo o sanzionatori.
La comandante del corpo di
polizia locale, che si era avveduta del “sistema” è stata più volte oggetto di
pressioni e del ricatto della mancata conferma dell’incarico, difatti
puntualmente verificatosi con l’inizio del 2017. Non solo; anche la funzionaria
al vertice dell’edilizia è stata trasferita ad altro incarico demansionante,
come quella alla guida del settore lavori pubblici, spostata ai tributi.
Le intercettazioni pubblicate dai
giornali forniscono un quadro fosco di pressioni fortissime sui funzionari del
comune, fino a giungere a vere e proprie minacce sulle persone fisiche e,
comunque appunto ad un tourbillon di incarichi, fino anche alla ricerca di
funzionari provenienti da fuori, nella speranza di una maggiore loro “malleabilità”.
Ora, è evidente che nessuna legge
può, da sola e di per sé, impedire a chi intende abusare del potere di farlo. Imedire
no. Ma, rendere la cosa più difficile, questo sì.
Sta di fatto che nel corso di
tutti gli anni ’90 del secolo scorso, si è avviato un processo devastante per
la pubblica amministrazione, di continua eliminazione dei controlli esterni e
di soggezione totale dei vertici amministrativi alla politica, proprio mentre
si predicava, però, il principio di “separazione” ed autonomia della dirigenza
appunto dalla politica.
Nel volgere di pochissimi anni, i
controlli preventivi di legittimità dei Co.Re.Co. sono stati ridotti all’osso,
per poi essere definitivamente aboliti. Non solo: i segretari comunali,
storicamente dipendenti del Ministero degli interni al servizio dei comuni sia
per garantirne la corretta gestione, sia anche per funzioni di controllo della
legittimità dell’azione e uniformità di comportamenti nel territorio nazionale,
sono stati privati della fondamentale competenza edittale ad esprimere pareri
di legittimità sui provvedimenti. Ma, soprattutto, sono stati fatti oggetto
della forma più spinta di spoil system esistente in Italia, sorprendentemente
ancora in piedi, nonostante la sua manifesta incostituzionalità.
Nello stesso tempo, le riforme
hanno fortemente rafforzato il potere dei sindaci di “nominare” i vertici delle
strutture amministrative, specie nei comuni (che sono la maggioranza), privi di
dirigenti. Lo strumento è fornito dalla cosiddetta “area delle posizioni
organizzative”, introdotta dal Ccnl 31.3.1999 : incarichi di funzione dirigenziale
con una discreta retribuzione. Incarichi, però, continuamente sulla graticola.
Possono durare fino a 5 anni, ma, poiché il contratto non prevede una soglia
minima, in moltissime amministrazioni sono conferiti per un anno o meno, nonostante
la profonda contrarietà della giurisprudenza del lavoro e della Corte dei conti[1] a
questa prassi, deleteria per la continuità dell’azione amministrativa, ma
utilissima, appunto, per tenere costantemente in bilico e sotto “tutela” gli
incaricati.
Ma, anche sui dirigenti di ruolo
pressioni di simile natura non mancano: la normativa prevede, in questo caso,
una durata minima degli incarichi, ma, nei comuni si assiste costantemente all’impropria
connessione del termine degli incarichi dirigenziali di ruolo con il mandato
elettorale, e, comunque, sono diffusissime “riorganizzazioni ad personam”: ribaltamenti
dell’organizzazione interna, finalizzati, in realtà, solo a rimuovere dirigenti
considerati scomodi.
Il ricorso amplissimo agli “incarichi
a contratto”, previsti dall’articolo 110 del d.lgs 267/2000, completa il
quadro. E’ proprio ricorrendo a questi incarichi, spessissimo rivolti a
dipendenti, che se privi della qualifica dirigenziale vengono “promossi” a
dirigenti (in violazione palese della giurisprudenza della Consulta contraria
alle analoghe prassi delle Agenzie fiscali), così da favorire la “riconoscenza”
del beneficiato; o, comunque, sono rivolti a persone considerate maggiormente “vicine”,
reclutate mediante procedure asseritamente “selettive”, che altro non sono se
non la raccolta di curriculum (tra i quali non mancano mai quelli appunto di
chi è considerato favorevolmente dall’organo di governo), che poi vengono
rimessi alla scelta sostanzialmente arbitraria del sindaco di turno. Ed immancabilmente
la scelta ricade esattamente sul dirigente o funzionario reputato di maggiore “consonanza”.
Per quanto evidentemente casi
come quello del varesotto siano estremi, è esperienza di chiunque lavori negli
enti locali che in forme più o meno pesanti vi siano costantemente pressioni
sui segretari comunali ed i vertici politici.
L’eliminazione totale dei
controlli esterni è oggettivamente un favore per chi ritenga di non lottare
contro le deviazioni della gestione, per il proprio quieto vivere, cercando
magari di entrare a farne parte, così da ottenerne vantaggi. Non c’è modo,
infatti, per arginare le azioni illecite, che spesso sono diretta conseguenza
di atti illegittimi: basterebbe cercare di bloccarli prima, per impedire l’evento.
E, allo scopo, per un segretario comunale o un funzionario non intenzionato a
chiudere gli occhi e a garantire il buon andamento, l’appoggio di un organo
terzo di controllo sarebbe fondamentale per arginare simili eventi.
E dobbiamo sempre ricordare che
la riforma Madia della dirigenza mirava ad ingigantire a dismisura questo
sistema di spil system, di fatto estendendo a tutta la dirigenza pubblica la
deleteria esperienza del sistema degli incarichi dei segretari comunali.
Quanto è diffusa una
fenomenologia come quella di Lonate Pozzolo? Molto, moltissimo. L’assenza di
controlli e l’assoggettamento dei funzionari della PA alle pressioni politiche
è estremamente esteso. Si è detto prima che, poi, il livello delle pressioni è
molto vario e Lonate Pozzolo rappresenta, evidentemente, un caso estremo. Ma,
per ogni evento che viene all’attenzione della magistratura e della cronaca, si
può stare certi che in progressione geometrica molti di più restano nell’ombra;
e tantissimi altri resteranno sempre non conosciuti, anche perché probabilmente
non trascendono nella commissione di reati, ma entrano nel campo certamente
della mala amministrazione.
Il sistema anticorruzione non
riesce minimamente, come si vede, a prevenire e disvelare alcunché. Si insiste
moltissimo nelle direttive, nella dottrina e nei corsi di aggiornamento, sull’importanza
delle “analisi di contesto” quali premesse per i piani triennali di prevenzione
della corruzione; oppure, sull’utilità del coinvolgimento degli organi di
governo.
Facile immaginarsi quanto un’analisi
di contesto o la sottoposizione a consiglio o giunta di complicati piani,
intrisi di adempimenti e tabelle, possano interessare, ma, soprattutto, fare da
argine contro conflitti di interesse e corruttela…
I segretari comunali in
particolare finiscono per essere totalmente stritolati nella morsa dello spoil
system. Per un verso, sono scelti direttamente dai sindaci e questo crea,
almeno agli occhi di chi li nomina un legame quasi “personale”, anche dovuto al
sistema solo fintamente trasparente di selezione. I comuni, è vero, pubblicano
avvisi pubblici per incaricare i segretari: ma lo sanno anche le pietre che il
sindaco, in incontri “privati” individua il segretario da incaricare ben prima
dell’avviso. Per altro verso, i segretari, pur non disponendo più del potere “edittale”
di parere di legittimità, sono comunque chiamati a risponderne dalla
giurisprudenza della Corte dei conti. Contestualmente, debbono garantire anche
la “managerialità”, ma allo stesso tempo fare da controllori, in veste di
responsabili anticorruzione, di chi li nomina.
Il prodotto finale è che
segretari comunali intenti a cercare di conciliare le necessità dell’amministrazione
con gli interessi pubblici, se finiscono in una sede certamente
complicatissima, rischiano di trovarsi poi coinvolti a loro volta nelle
inchieste penali, perché accusati di non aver saputo impedire i fatti
corruttivi, oppure per aver istruito amministrativamente procedimenti di
selezione di dirigenti o funzionari dall’esterno.
Tutto questo dovrebbe avere un
freno deciso. Sta di fatto che, al di là dei singoli fatti di cronaca
giudiziaria, comunque le riforme Bassanini non hanno certo rilanciato la
produttività del lavoro pubblico, né migliorato la gestione delle funzioni
degli enti locali, né li hanno resi più solidi finanziariamente o più rapidi e
spediti nelle decisioni, né meglio organizzati. Il livello della gestione e
dell’efficienza è rimasto basso, come quello dell’intera Nazione, ma si sono
introdotti meccanismi perversi di “governo degli uomini”, insieme ad un nocivo
abbassamento dei livelli di controllo delle attività e degli atti, che schiaccia
letteralmente i civil servant, esponendoli a responsabilità inimmaginabili.
L’inchiesta di Lonate Pozzolo
elogia i “funzionari dalla schiena dritta” di quel comune, che hanno denunciato
i fatti, resistito alle pressioni e collaborato con inquirenti e giudici. Questi
funzionari sono meritevoli di ogni ammirazione e sostegno. Ma, ad esempio, la
comandante demansionata dei vigili ha dovuto fare le valigie e cercare un nuovo
comune dove lavorare.
Per quanto nei comuni vi siano “anticorpi”
molto forti a sistemi gestionali ai confini della legalità, come appunto
dimostrato a Lonate Pozzolo, non è possibile, però, che il sistema si regga solo
sulla schiena dritta dei funzionari.
Dovrebbe risultare chiaro che i
sindaci, come qualsiasi politico, contrariamente a quanto da molti affermati,
non hanno diritto alcuno a nominarsi i vertici organizzativi. Non si parla di
amministrare una società privata, dove gli azionisti hanno il diritto sacrosanto
di stabilire a chi affidare il proprio patrimonio ed i propri interessi.
I sindaci sono inquilini a tempo
determinato di uffici pubblici, da gestire nell’interesse dei cittadini, i
quali, con le loro tasse, finanziano la spesa per pagare le strutture
amministrative delle quali i primi cittadini debbono avvalersi, per attuare il
proprio programma politico.
Deve passare il principio che non
essendo i sindaci i proprietari del comune e non gestendo propri interessi,
hanno il sacrosanto diritto di pretendere l’attuazione del proprio programma,
ma mediante i funzionari che le tasse pagate dai cittadini gli mettono a
disposizione, selezionati per concorsi e mai connessi, nemmeno per gli
incarichi, alla loro persona.
Bisogna sradicare per sempre i
poteri di nomina ed incarico e reintrodurre controlli preventivi di legittimità
esterni. Eliminare costosi organismi di utilità più che dubbia, come gli
organismi di valutazione e far sì che tutti i vertici siano assunti per
concorso pubblico, consentendo incarichi a contratto solo per figure attinenti
lo stretto staff politico: capo di gabinetto, addetto stampa, portavoce e poco
altro. Occorre che gli incarichi dirigenziali e di posizione organizzativa
siano conferiti da organismi terzi (Anac, Corte dei conti, strutture apposite
da creare) e da questi valutati. Occorre chiarire la funzione dei segretari
comunali: controllo interno di legittimità e funzione anticorruzione? Allora,
debbono a loro volta essere sottratti al giogo dello spoil system ed essere
posti alle dipedenze dell’Anac e da questa incaricati. Debbono garantire il
coordinamento della dirigenza? Allora, debbono essere dirigenti incaricati con
garanzie e sistemi quali quelli ipotizzati sopra.
Non si tratta di idee capaci di
estirpare la mala amministrazione. Ma, attuandole, si renderebbe più difficile
far credere che amministrare un comune significhi favorire il fratello o
imprenditori amici, vessando i funzionari che cercano di fare il loro onesto
lavoro.
[1] Sezione regionale di
controllo della Liguria, con la deliberazione 21 marzo 2016 , n. 23.
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