Il caso degli arresti presso il
comune di Guidonia Montecelio è la dimostrazione senza prova di smentita che il
complesso della normativa anticorruzione non ha alcuna utilità pratica. Anzi,
si sta trasformando ogni giorno di più in un sistema che persegue non i
responsabili dei reati, ma chi è lasciato da solo a doverli prevenire, cioè il
segretario comunale che nei comuni assume la veste di responsabile
anticorruzione.
Sin da subito chi scrive ha
sostenuto che il responsabile anticorruzione sarebbe stato un parafulmine (L.
Oliveri, Schizofrenie su controlli e anticorruzione, in La Settimana degli Enti Locali
43/2012): “L’articolo 1, nei suoi primi
40 commi è fitto di disposizioni tendenti a mettere sotto controllo l’attività
degli apparati amministrativi e dei dirigenti. La norma più evidente è quella del dirigente “parafulmine” che come un
taumaturgo dovrebbe garantire dalla corruzione dei colleghi, mediante
l’approvazione di un piano anticorruzione. Idea certamente geniale. Strano che
nessuno ci abbia mai pensato prima. E ancor più geniale è non spendere nemmeno
una parola che sia una su come mettere sotto controllo, a fini anticorruzione,
l’attività dei componenti degli organi di governo. La legge descrive, insomma, l’apparato come un ammasso di corrotti o
presunti tali, sui quali vigila, attento e severo, l’organo di governo
chiamato ad approvare il piano anticorruzione proposto dal responsabile della
prevenzione della corruzione. Probabilmente il legislatore, distratto, non
legge i giornali e le cronache guardando le quali si conosce un’altra storia: i
protagonisti principali della corruzione sono in particolare i componenti
politici degli organi di governo. La dirigenza ed i dipendenti non sono certo
del tutto estranei a comportamenti delittuosi, ma molto spesso si appura che essi sono funzionali ai sistemi
corruttivi, messi come “uomini di fiducia” esattamente in quei posti nei quali
è opportuno non vedere, se non addirittura favorire i fenomeni di corruzione. Ci
si sarebbe aspettato, allora, un intervento rivolto anche a garantire il
comportamento degli organi di governo. Ma nella legge 190/2012 nemmeno se ne fa
cenno”.
Non solo, sempre in tempi non
sospetti, chi scrive ha rilevato anche l’eccessivo isolamento nel quale opera,
sostanzialmente senza strumenti, il segretario comunale (si veda L. Oliveri,
LaVoce.info del 26.5.2015, Ma un segretario comunale può arginare la
corruzione?, in http://www.lavoce.info/archives/35824/ma-un-segretario-comunale-puo-arginare-la-corruzione/).
Ne riportiamo il seguente passaggio: “Negli
enti locali, la funzione anticorruzione è assegnata per legge ai segretari
comunali. Il problema è, però, che questi
non sono organi indipendenti e autonomi: devono il loro incarico e la stessa
possibilità di rimanere in servizio (pena revoca e il possibile licenziamento)
al sindaco e alla giunta. Dunque, il livello di autonomia nel presidio
della legittimità dell’azione amministrativa è evidentemente influenzato da una
condizione di precarizzazione del loro incarico, che ormai risale a quasi venti
anni fa, all’entrata in vigore della legge Bassanini, la 127/1997. La sostanziale inefficacia e debolezza dei
soggetti che dovrebbero operare per garantire i comuni dalla corruzione è tale
che il disegno di legge delega di riforma della pubblica amministrazione ne
prevede l’abolizione. La funzione anticorruzione sarà affidata a un
dirigente ancor meno autonomo del segretario comunale”.
In effetti, è incredibile che
nel dicembre 2012 si approvi la legge anticorruzione e si incardini nel
segretario comunale la figura tipica del responsabile della prevenzione della
corruzione, per poi, meno di due anni dopo prevedere la soppressione della
figura dei segretari comunali.
Sappiamo come è andata, alla
fine: il decreto di riforma della dirigenza pubblica, che comprendeva appunto
la soppressione dei segretari comunali, è saltato a seguito della provvidenziale
sentenza della Consulta 251/2016, sicchè i segretari comunali sono rimasti
ancora nelle loro funzioni. Ma, anche nel loro ruolo isolato, solitario e
indebolito.
La normativa anticorruzione non
ha risolto assolutamente il tema fondamentale: la mancanza di indipendenza del responsabile
della prevenzione, nominato e revocato dagli organi politici che dovrebbe
controllare, i quali, per altro, vivono – per altro anche giustificatamente – i
piani anticorruzione e tutte le attività connesse come un appesantimento
burocratico poco utile.
Sta di fatto che, purtroppo,
avvenimenti come quelli accaduti a Guidonia Montecelio (ma prima ancora a Roma
con Mafia capitale) dimostrano che il meccanismo di prevenzione della
corruzione immaginato dal legislatore è davvero naufragato, finendo nella
paradossale conseguenza di puntare il mirino non contro i colpevoli dei reati
di corruzione, ma contro chi è chiamato a prevenirla, sul piano amministrativo
e non penale, sia ben chiaro.
Andiamo ai fatti. Lo scorso 20
aprile l’operazione “Ragnatela” ha comportato l’applicazione di provvedimenti
cautelari (con detenzione) per tra 8 amministratori e dirigenti del comune di
Guidonia Montecelio e 7 tra imprenditori e professionisti. Altre 6 persone sono
coinvolte nell’inchiesta svolta dalla Guardia di Finanza su delega della
procura che è durata due anni.
I media hanno riportato alcuni passi
dell’ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Tivoli: "Un'organizzazione criminale si è insediata
all’interno del Comune di Guidonia Montecelio e, profittando della copertura
offerta da ruoli amministrativi e politici di rilievo, ha depredato le risorse
pubbliche e la fiducia dei cittadini, in un clima di connivenza e di omertà che
ha offerto protezione ed impunità per anni ai partecipi del gruppo. Una 'mafia
bianca' ha espugnato le istituzioni ergendosi a soggetto regolatore della vita
pubblica ed economica di uno dei più importanti comuni della regione Lazio. … L’azione
delittuosa assume connotati di spontaneità che l’organizzazione sorregge e, al
contempo, incoraggia. La certezza di operare in un contesto omertoso o,
comunque, connivente radica nel partecipe la convinzione di un'immutabilità del
quadro dell'agire. Ciascuno dei sodali acquisice la certezza che il sistema
'c'era, c'è e ci sarà' e che nessuna intrapresa investigativa o nessun sussulto
di legalità potrà abbatterlo o, addirittura, scalfirlo”.
Tra i destinatari dei
provvedimenti cautelari figura anche il segretario comunale del comune nei cui
confronti l’accusa pare consistere nel non aver adeguatamente vigilato sugli
atti amministrativi, non nell’aver percepito materialmente mazzette o vantaggi
di qualsiasi natura da specifici eventi corruttivi.
Sostanzialmente, visto il quadro
tracciato dagli inquirenti secondo il quale a Guodonia Montecelio si è
incistata un’organizzazione criminale qualificabile come “mafia bianca”, il
segretario comunale è da considerare come possibile componente
dell’associazione a delinquere, in quanto i mancati controlli sugli atti
amministrativi hanno consentito agli altri componenti dell’organizzazione di realizzare
gli atti corruttivi delineati nelle indagini.
Ora, provando a trarre qualche
conclusione, la vicenda rivela almeno questi elementi:
1) ancora
una volta si dimostra che la legge 190/2012 e l’intero impianto attuativo, dal
Piano Nazionale Anticorruzione, ai piani triennali dei singoli enti, dalle
norme sulla trasparenza ai codici di comportamento, non sono in alcun modo in
grado di evitare che organizzazioni criminali dedite a corruzione e
malversazioni perseguano i loro fini; l’impianto della legge 190/2012 ha solo
la possibilità di apporre qualche accorgimento per contrastare non i reati, ma
solo di incidere su modalità di gestione delle attività amministrativa, per
provare a frapporre qualche ostacolo amministrativo appunto all’attività
criminosa;
2) la
legge 190/2012 e il suo apparato attuativo non assolve ad alcuna funzione
deterrente nei confronti dei criminali; costoro non si fermano nemmeno di
fronte alle norme del Codice Penale, figurarsi se possono farsi intimidire da
un piano anticorruzione in più o un controllo amministrativo;
3) la
legge 190/2012 persegue esclusivamente i comportamenti amministrativi dei
dipendenti pubblici; ma, ancora una volta, si conferma che i meccanismi
corruttivi hanno, come sempre, una loro spinta da parte degli organi di
governo, che la normativa anticorruzione nemmeno sfiora e menziona nei suoi
contenuti;
4) l’impianto
attuativo della legge anticorruzione, irto di piani, loro aggiornamenti, dati
da caricare, tabelle varie, comporta un massivo lavoro burocratico, che come
visto sopra non ha alcuna seria possibilità di fermare le attività criminose e
spesso nemmeno di scoprirle, visto che allo scopo occorre pur sempre che si
muova la magistratura, dotata dei mezzi di indagine necessari allo scopo;
5) i
responsabili anticorruzione, che negli enti locali sono i segretari, finiscono
per trovarsi stritolati tra l’incudine di amministrazioni nelle quali operano
esponenti politici e anche dirigenti e funzionari disponibili alla corruzione
proposta da ambienti imprenditoriali a loro volta propensi al reato, ed il
martello di una normativa anticorruzione che, incapace di sanzionare chi
commette i reati, finisce per additare il responsabile/segretario come
terminale ultimo della commissione dei reati.
Pur non conoscendo a fondo le
carte dell’inchiesta di Guidonia, pare che il coinvolgimento del segretario
comunale sia paradigmatico dell’ultima conclusione tratta sopra.
Il comune sicuramente non si è
dimostrato particolarmente propenso ad autodifendersi da possibili eventi
corruttivi. Su La Gazzetta degli Enti Locali del 29./.2016 (L. Oliveri Incarichi
a contratto: sono obbligatorie le misure anticorruzione) si ebbe modo di
commentare la delibera Anac 3 febbraio 2016, n. 87 riferita proprio al comune
di Guidonia Montecelio con la quale l’Autorità ha stigmatizzato il sistema di
conferimento degli incarichi a contratto attribuiti tra il 2014 e il 2015 ad un
suo funzionario; al di là degli altri vizi di legittimità evidenziati, l’Anac
ha ritenuto in modo particolare illegittima l’azione amministrativa, proprio
perché in contrasto con la disciplina anticorruzione, da applicare anche per le
assunzioni di dirigenti mediante l’articolo 110 del d.lgs 267/2000, che vanno
precedute da un sistema selettivo, coperto da tutte le cautele anticorruzione
previste dalla normativa e dal Piano Nazionale Anticorruzione per l’ambito del
reclutamento, considerato ad elevato rischio ex lege, per effetto dell’articolo
1, comma 16, della legge 190/2012.
E’ evidente che il comune di
Guidonia si è mostrato particolarmente refrattario all’attuazione di misure
anche minime di contrasto alla corruzione, se si è dovuta scomodare l’Anac.
Altrettanto evidente sembra che questo episodio sia la traccia che quell’amministrazione
era alla ricerca di dirigenti a contratto (come moltissime amministrazioni
comunali lo sono) forse per garantirsi un “comune sentire” o, comunque, quel
avere quel fulcro amministrativo utile o a chiudere un occhio o ad essere
elemento fondante dell’organizzazione criminosa. Ulteriormente chiaro appare
che se è dovuta intervenire l’Anac è perché la funzione del segretario è stata
ritenuta debole e priva di cogenza ed autorevolezza.
In un “clima” di questa natura
appare piuttosto difficile che il segretario comunale quale responsabile della
corruzione possa apprestare, da solo come è lasciato dalla normativa, strumenti
realmente efficaci volti a prevenirla.
Sui giornali è emerso che
secondo l’inchiesta parte molto rilevante della corruzione a Guidonia Montecelio
passava attraverso appalti di importi inferiori ai 40.000 euro affidati direttamente
agli imprenditori facenti parte della “rete” corruttiva o, comunque, mediante
affidamenti senza gara.
La cosa, per un verso conferma
che la scelta del legislatore di modificare il d.lgs 50/2016 per consentire l’affidamento
diretto sotto, appunto, la soglia dei 40.000 euro senza nemmeno più chiedere l’adeguata
motivazione è esiziale, perché può favorire casi come quelli di Guidonia. Dall’altro,
fornisce la prova inconfutabile che sistemi amministrativi di controlli
successivi svolti a campione sugli atti del comune, come quelli che il sistema
anticorruzione immagina non hanno alcuna utilità.
Per fermare la corruzione prima
che si concretizzi in atti concreti, occorrerebbe un’opera preventiva che
blocchi gli affidamenti diretti se realizzati troppo di frequente, o se in
quantità superiore ad una certa soglia di tollerabilità, o se impostati su
importi preventivati fuori mercato, o se privi di progettazione
sufficientemente completa e dettagliata.
Questi controlli vanno fatti
prima e non dopo lo scambio di mazzette. E non possono essere realizzati da
responsabili anticorruzione interni all’ente, ma da soggetti esterni, in alcun
modo né assoggettabili a minacce di spoil system, né dotati di soli poteri di
proposizione di piani anticorruzione che poi nessuno legge né attua. Occorrono
organismi coordinati dall’Anac, operanti su base provinciale, che passino al setaccio
in via preventiva tutti i provvedimenti che avviino concorsi, erogazioni di
contributi e appalti.
I segretari comunali vanno
sgravati dalla funzione di organismo interno anticorruzione, figura
probabilmente inutile o solo illusoria; oppure, vanno rafforzati energicamente,
sottraendo totalmente a sindaci e giunge qualsiasi potere di nomina e revoca e
apprestando loro tutta la collaborazione operativa degli organismi di controllo
di livello provinciale.
Se si vuole davvero fare sul
serio, non vi sono troppe alternativa al sistema ipotizzato sopra. Qualcuno
obietterà senz’altro che è troppo burocratico. Se lo fa, è perché non è al
corrente della quantità di burocrazia mossa dalla legge 190/2012.
L’alternativa è, invece,
continuare così, con controlli interni devoluti a soggetti precarizzati dallo
spoil system, chiamati a pagare in modo quasi oggettivo per reati commessi da
altri o, perfino, perché i controlli amministrativi, che per legge sono
sostanzialmente inefficaci ed inidonei a prevenire al corruzione, si rivelano
appunto inidonei e, quindi, ritenuti di default come componenti di un’organizzazione
a delinquere, ma non per esserne parte attiva, bensì per non aver fatto a
sufficienza per evitare che detta organizzazione operi. Pare ce ne sia
abbastanza per rivedere profondamente e da zero la disciplina dei segretari
comunali, dell’anticorruzione dello spoil system. Il fatto è, purtroppo, che questa
vera e propria emergenza ordinamentale dura da almeno 20 anni.
Mi consenta solo una breve precisazione sul caso che Lei giustamente prende come paradigmatico: a Guidonia il responsabile anticorruzione mi pare sia il comandante della polizia municipale.
RispondiEliminaLei pretende troppo. Come possono i politici, principali protagonisti della corruzione, fare buone leggi contro loro stessi? Sanno che la stampa per prima è fatta da clientes, sempre pronti per vantaggi indiretti, a fare proprie le veline dei politici. In Sicilia la corruzione politica assume toni ancora più esasperati e danneggia l'isola come e più della mafia.
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