La novellazione degli articoli
32, comma 2, e 36, comma 2, lettera a), del d.lgs 50/2016, col riferimento ad
una presunta determinazione a contrattare “semplificata” ha avuto il deleterio effetto
di far ritenere applicabile nuovamente un principio, in verità, morto e
sepolto: quello, cioè, che l’aggiudicazione costituisce il vincolo giuridico
tra amministrazione appaltante ed operatore economico.
Ovviamente, stiamo parlando dell’aggiudicazione
un tempo qualificata come “definitiva”: si tratta, dunque, dell’approvazione
della proposta di aggiudicazione; approvazione posta in essere dal dirigente o
responsabile di servizio competente, in applicazione dell’articolo 33 del
codice.
La confusione deriva dalla
complessa, anzi per la verità impossibile, operazione di coordinamento tra la
determinazione a contrattare semplificata e l’assunzione dell’impegno di spesa.
La determinazione a contrattare
presunta “semplificata” in sostanza altro non è se non la “legificazione” di
una prassi: disporre un provvedimento contestuale di impegno di spesa ed
affidamento all’appaltatore, che rende la determinazione a contrattare “semplificata”,
in realtà, un vero e proprio provvedimento di affidamento, saltando quindi proprio
la necessaria fase propedeutica all’avvio della procedura contrattuale, imposta
dall’articolo 32, comma 2, del codice, ma solo nel suo primo periodo. Il
secondo periodo, infatti, ammettendo la determinazione a contrattare “semplificata”
dà la stura ad interpretazioni che riconnettono all’aggiudicazione (definitiva)
quell’obbligazione giuridicamente perfezionata di cui parla l’articolo 183,
comma 1, del d.lgs 267/2000: “L'impegno
costituisce la prima fase del procedimento di spesa, con la quale, a seguito di obbligazione giuridicamente
perfezionata è determinata la somma da pagare, determinato il soggetto
creditore, indicata la ragione e la relativa scadenza e viene costituito il
vincolo sulle previsioni di bilancio, nell'ambito della disponibilità
finanziaria accertata ai sensi dell'articolo 151” .
Perché lo schema della
determinazione a contrattare “semplificata” funzioni, non vi sono alternative:
allo scopo di unificare impegno ed affidamento, si è costretti ad ammettere che
l’obbligazione tra amministrazione ed appaltatore si costituisca a conclusione
del procedimento (anche molto semplificato, nel caso di affidamento diretto)
col quale l’amministrazione individua l’affidatario. In questo modo, risulta
possibile ammettere che la determina “semplificata” consenta di assumere l’impegno
in piena regola e di registrarlo nelle scritture contabili, proprio perché l’affidamento
(che nel caso delle procedure negoziate semplificate previste dall’articolo 36,
comma 2, lettera a), equivale all’aggiudicazione) coincide col perfezionamento
dell’obbligazione giuridica.
Ragioni di tipo pratico
potrebbero indurre a ritenere corretta questa impostazione, per altro da molti
ritenuta indispensabile, ai fini dell’assunzione dell’impegno di spesa e sotto
il profilo strettamente contabile, anche per le procedure ordinarie. E’
diffusa, comunque, l’idea che l’aggiudicazione sia appunto il momento in cui
insorge l’obbligazione tra le parti e che detta obbligazione sia perfezionata.
Questa visuale, oggettivamente
utile e pratica, manca, però, di un appoggio normativo, che sarebbe essenziale.
Sarebbe indubbiamente condivisibile se l’articolo 183, comma 1, del d.lgs
267/2000 non parlasse né di obbligazione, né la definisse come necessariamente da
connotare di perfezionamento “giuridico”.
In parole più chiare, se il
legislatore avesse con maggiore precisione stabilito nell’articolo 183, comma
1, del Tuel che l’impegno consegue alla conclusione del procedimento di
individuazione del contraente mediante aggiudicazione o affidamento, non si
sarebbe posto alcun problema.
Invece, inopportunamente sul
piano giuscontabile, ma inevitabilmente sul piano strettamente giuridico, il
legislatore prevede che l’impegno sia assunto a seguito di “obbligazione
giuridicamente perfezionata”. Ma, stando così le cose, il riferimento normativo
per ricercare quando l’obbligazione si perfezioni giuridicamente non può che
reperirsi:
a) nelle regole generali del codice civile;
b) nelle regole speciali del codice dei
contratti, che derogano quelle del codice civile.
Facciamo, allora, un passo
indietro. La questione dell’insorgenza dell’obbligazione si trascina, in
effetti, da decenni. Discende dalla previsione contenuta nell’articolo 16,
comma 4, del R.D. 2440/1923: “I processi
verbali di aggiudicazione definitiva, in seguito ad incanti pubblici o a
private licitazioni, equivalgono per ogni legale effetto al contratto”.
Se, in effetti, il verbale di
aggiudicazione equivalesse davvero al contratto, i problemi di cui ci si sta
occupando non dovrebbero nemmeno essere posti.
In effetti, nell’ordinamento
risalente, la giurisprudenza era abbastanza certa che il verbale fosse fonte
contestualmente di chiusura del procedimento pubblicistico di gara e di
costituzione dell’obbligazione; la Cassazione civile Sezione I, con sentenza n. 2255
del 04-03-1987
sancì: “In tema di appalto di opere di
edilizia scolastica, il processo verbale di assegnazione definitiva, in esito a
gara con offerta in aumento, equivale, per ogni effetto legale, al contratto,
in quanto esso costituisce, in pari tempo, atto conclusivo del procedimento di
gara ed estrinsecazione dell'accordo delle parti contraenti; resta salva
l'ipotesi in cui la P.A.
abbia manifestato, espressamente, nel verbale, la volontà di non vincolarsi
giuridicamente sino al momento successivo della formale stipulazione del
contratto”.
Tuttavia, questa posizione
giurisprudenziale era molto meno netta e tetragona di quanto non apparisse. Infatti,
si era sempre ammessa la facoltà per le amministrazioni di stabilire con la
legge speciale della gara, il bando, di esercitare la facoltà di escludere di
assegnare valore di contratto al verbale di aggiudicazione, sì da rinviare la
costituzione del rapporto contrattuale necessariamente alla successiva
obbligatoria stipulazione del contratto.
E’ testimonianza di questa
posizione (e, contemporaneamente, dell’evoluzione giurisprudenziale che ha
inteso come superata la previsione dell’articolo 16, comma 4, del R.D.
2440/1923) la sentenza del Consiglio di stato Sezione V, 24/10/2006 n. 6338: “La tesi, propria di parte della risalente
giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 2 gennaio 1996 , n. 16), secondo la quale il
processo verbale di aggiudicazione definitiva equivale ad ogni effetto legale
al contratto, è stata superata dai più
recenti arresti giurisprudenziali (Cons. Stato, Sez. IV, 25 luglio 2001 , n. 4065 ;
Sez. V, 18 aprile
2001 , n. 2331) che riconoscono al verbale di aggiudicazione della
licitazione privata carattere meramente provvisorio. E’ corrente
affermazione che l’art. 16, comma 4, R.D. 18 novembre 19 23, n. 2440 non ha di per
sé natura automatica ed obbligatoria, non
potendosi escludere che la stessa P.A., cui spetta valutare discrezionalmente
l’interesse pubblico, possa rinviare, anche implicitamente, la costituzione del
vincolo al momento della stipulazione del contratto, fino al quale non esiste
un diritto soggettivo dell’aggiudicataria all’esecuzione dello stesso. Tale
diritto si costituisce sono al momento dell’approvazione del contratto, che
costituisce espressione di potestà di controllo che fa capo all’organo
competente ad esprimere la volontà dell’ente (Cons. Stato, Sez. IV, 2 gennaio 1996 ,
n. 16)”.
Anche nel precedente ordinamento,
che pure conteneva l’espressa disposizione legislativa posta a fondamento dell’equivalenza
tra verbale di aggiudicazione e contratto, era piuttosto complicato ammettere
che il contratto potesse mancare, perché la Cassazione ha elaborato
da sempre la teoria della necessità della forma scritta del contratto “ad
substantiam”. Di conseguenza, a ben vedere, il verbale si riteneva potesse
tenere luogo di contratto solo se disponesse di tutti gli elementi formali
necessari e se fosse sottoscritto contestualmente dal soggetto competente ad
impegnare giuridicamente la stazione appaltante ed il legale rappresentante
dell’operatore economico, alla presenza dell’ufficiale rogante.
In ogni caso, la Cassazione più volte
ritenne necessario comunque stipulare il contratto, anche e soprattutto in
procedure del precedente ordinamento analoghe a quelle oggi regolate dall’articolo
36 del codice dei contratti, cioè le procedure in economia; si veda la sentenza
della Cassazione civile 2/3/2004 , n. 4201: “In
tema di appalto di opere pubbliche, anche il contratto di cottimo fiduciario richiede la forma scritta "ad
substantiam"; sicché, ove la
stipulazione in forma scritta di esso segua
l'ultimazione dei lavori, è
soltanto da quel momento (e non da quello, precedente, dell'ultimazione
dei lavori) che sorge l'obbligazione
della stazione appaltante del pagamento del corrispettivo dell'appalto,
iniziano a decorrere i termini posti dagli artt. 35 e 36 del D.P.R. n. 1063 del
1962 per eseguirlo e, quindi, sorge il diritto dell'appaltatore a percepire gli
interessi moratori, secondo le modalità previste dalle suddette norme e dal
successivo art. 4 della legge n. 741 del 1981” .
Tale arresto giurisprudenziale è
chiarissimo nel concludere, inevitabilmente, che l’obbligazione giuridica sorge
solo successivamente alla stipulazione del contratto.
D’altra parte, come potrebbe
essere diversamente, applicando le regole del codice civile? L’articolo 132 del
codice civile è, sul punto, chiarissimo: “Il
contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico
patrimoniale”.
Un rapporto giuridico
patrimoniale è un’obbligazione; il contratto è la fonte, il titolo giuridico
mediante il quale detta obbligazione viene costituita, cioè nasce, cioè si
perfeziona giuridicamente.
Allora, non può esservi alcun
dubbio: la costituzione di un rapporto giuridico patrimoniale, quali sono un
appalto, un servizio, una compravendita, discende esclusivamente dal contratto.
Sicchè, tutta la fase finalizzata ad individuare il contraente, aggiudicazione
(definitiva) compresa non ha alcun rilievo ai fini della costituzione del
rapporto giuridico tra stazione appaltante ed appaltatore.
Infatti, la giurisprudenza con
successive tappe di avvicinamento ha concluso per la necessaria incompatibilità
dell’articolo 16, comma 4, del R.D. 2440/1923 con il successivo evolversi
normativo. Sicchè il Consiglio di stato, Sezione V, con sentenza 28/05/2004 n. 3470 ha chiarito: “L’aggiudicazione
di una gara di appalto per l’esecuzione di lavori pubblici, in quanto atto avente natura provvedimentale (dunque,
non avente natura contrattuale, nda), è
suscettibile di riesame da parte dell’amministrazione appaltante nell’esercizio
dei suoi poteri di autotutela. Di fronte a tali poteri, di natura autoritativa,
sussistono soltanto posizioni giuridiche
soggettive di interesse legittimo tutelabili in sede giurisdizionale
amministrativa, anche quando il provvedimento, di annullamento o di revoca,
incide sul rapporto contrattuale già concluso. In materia di appalti di lavori
pubblici, dopo l’entrata in vigore della
legge 11 febbraio
1994 , n. 109 e s.m., il principio contenuto nell’art. 16, comma 4,
del R.D. n. 2440 del 1923, che equipara l’aggiudicazione al contratto, non è
più attuale, atteso che “la stipulazione del contratto deve avere luogo
entro sessanta giorni dalla aggiudicazione nel caso di pubblico incanto,
licitazione privata ed appalto concorso”, ai sensi dell’art. 109 del D.P.R. 21 dicembre 1999 ,
n. 554 e s.m., ed è condizionata alle verifiche nei confronti
dell’aggiudicatario della presenza dei requisiti di capacità economico
finanziaria e tecnico-organizzativa di cui all’art. 10, comma 1quater, della
citata legge quadro ed alle ulteriori verifiche preordinate alla sottoscrizione
del verbale di cui all’art. 71 del suddetto regolamento”.
La sentenza è precedente al d.lgs
163/2006 e, ovviamente, al d.lgs 50/2016, i quali hanno regolato e regolano il
procedimento di gara in modo da escludere radicalmente che l’aggiudicazione
possa avere alcun valore di fonte civilistica di costituzione dell’obbligazione
tra le parti.
L’articolo 32, comma 6, primo
alinea, del d.lgs 50/2016, sul punto dovrebbe essere considerato tranciante: “L’aggiudicazione
non equivale ad accettazione dell’offerta”.
Tale previsione consente anche di
risolvere i dubbi, molto presenti tra gli operatori e gli interpreti, circa la
natura del bando di gara (o, comunque, dell’iniziativa a contrattare della PA
anche in procedure di affidamento diretto, nelle quali si consultino
direttamente gli operatori economici anche senza legge speciale preventivamente
pubblicata) e dell’offerta dell’operatore economico.
Alcuni considerano ancora oggi
che l’offerta consista nell’accettazione dell’operatore economico di una
proposta contrattuale avanzata dalla stazione appaltante. Sulla base di questa
concezione, allora, l’applicazione delle regole dell’articolo 1326 del codice
civile porterebbe alla conclusione del contratto per incontro di volontà delle
parti a seguito della comunicazione dell’offerta dell’operatore economico, che
costituirebbe quindi accettazione della proposta della pubblica amministrazione
appaltante.
Lo schema, quindi, sarebbe quello
del comma 1 dell’articolo 1326 del codice civile: “Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha
conoscenza dell'accettazione dell'altra parte”.
Ma, tale schema funziona solo nel
momento in cui l’iniziativa della pubblica amministrazione (bando o richiesta
di preventivo) sia qualificabile appunto come offerta al pubblico irrevocabile,
ai sensi dell’articolo 1336 del codice civile: “L'offerta al pubblico, quando contiene gli estremi essenziali del
contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta, salvo che risulti
diversamente dalle circostanze o dagli usi.
La revoca dell'offerta, se è fatta nella stessa forma dell'offerta o in
forma equipollente, è efficace anche in confronto di chi non ne ha avuto
notizia”.
E’ ben evidente, però, che l’iniziativa
a contrattare della PA non può mai essere considerata un’offerta al pubblico
irrevocabile, qualificabile come “proposta” e, dunque, come presupposto per l’applicazione
dell’articolo 1326 del codice civile, per le seguenti semplicissime ragioni:
1)
l’iniziativa
della PA non può mai contenere gli estremi essenziali del contratto, tra i
quali, quanto meno, deve esservi il prezzo; siccome il prezzo viene definito a
seguito di una negoziazione necessaria[1],
il bando, l’avviso pubblico, la richiesta di preventivo manca inevitabilmente
di uno dei requisiti necessari per poter essere configurato come proposta;
2)
per far
funzionare lo schema dell’articolo 1326 del codice civile, si dovrebbe
ammettere che all’offerta al pubblico della PA seguano una serie di
accettazioni pubbliche; ma, queste accettazioni risulterebbero, allora,
sottoposte a condizione: la condizione, cioè, che una sola tra esse venga
selezionata, ai fini della costituzione del rapporto. Il che non si regge con
lo schema proposto. In sostanza, la procedura di selezione del contraente osta
all’applicazione sia dell’articolo 1326, sia dell’articolo 1336, perché le “circostanze”
e gli “usi”, ma in realtà la legge speciale, cioè il codice dei contratti,
impongono di selezionare il contraente, sicchè non è possibile un’automatica
accettazione di una proposta;
3)
il già
citato articolo 32, comma 2, del codice, quale norma speciale, è posto proprio
a vietare per legge che l’aggiudicazione costituisca “accettazione” dell’offerta.
Ciò impedisce radicalmente di applicare l’articolo 1326, perché:
a. non può trovare spazio lo schema secondo il
quale il bando o iniziativa della PA sia una proposta e l’offerta un’accettazione,
per le ragioni viste ai precedenti punti e perché lo stesso articolo 32, comma
2, del codice riferisce alla sola PA la possibilità (però negata mediante la
sola aggiudicazione) di “accettare”;
b. non può nemmeno l’offerta dell’operatore
economico essere qualificata come proposta ai fini della combinazione degli
articolo 1326 e 1336 del codice civile, perché anche laddove l’aggiudicazione
venisse, correttamente sul piano strettamente civilistico, qualificata come “accettazione”,
tuttavia è la legge speciale a privare l’aggiudicazione del valore di
accettazione. Il che, quindi, impedisce la formazione del consenso tra le
parti, necessaria per la stipulazione del contratto e, di conseguenza, per la
costituzione del rapporto. In altre parole: l’aggiudicazione non perfeziona l’obbligazione
giuridica.
Del resto, come evidenzia il
Consiglio di stato nella sentenza citata sopra, risalente al 2004, si
reperiscono nell’ordinamento una serie di elementi in base ai quali all’aggiudicazione
non possono attribuirsi effetti giuridici costitutivi dell’obbligazione:
1) il divieto espresso di considerare l’aggiudicazione
equivalente ad accettazione;
2) l’obbligo previsto dal comma 8 di stipulare
il contratto entro i successivi 60 giorni dalla conseguita efficacia dell’aggiudicazione;
3) la previsione che, superato il predetto
termine di 60 giorni, l’operatore economico (la cui offerta è considerata
vincolata per 180 giorni dalla sua presentazione o per l’eventuale più lungo
termine previsto nel bando) può ritenersi sciolto da ogni vincolo e non
stipulare il contratto; come fa, allora, a considerarsi già perfezionata l’obbligazione
giuridica, se l’operatore economico, in assenza del titolo giuridico
contrattuale, può liberamente decidere di non eseguire la prestazione?;
4) il divieto di stipulare il contratto nei 35
giorni successivi all’ultima comunicazione di aggiudicazione (non operante,
comunque, tra gli altri, nei casi dell’articolo 36, comma 2, lettere a) e b)):
un termine dilatorio finalizzato a verificare se siano proposti ricorsi contro
la procedura seguita, la cui proposizione rende attuale il divieto ulteriore di
stipulare il contratto, previsto dal comma 11 dell’articolo 32. Divieti tutti
posti a prevenire l’eventualità dell’avvio dell’esecuzione delle prestazioni
cui sussegua un annullamento della gara, che travolga gli effetti del contratto
eseguito nel frattempo. Anche in questo caso, se l’aggiudicazione fosse
sufficiente a perfezionare l’obbligazione giuridica, non sarebbe nemmeno
immaginabile il sistema delle clausole “stand still”.
Inoltre, il comma 13 dell’articolo
32 dispone che il contratto può essere eseguito, cioè le prestazioni possono
essere attivate in quanto l’obbligazione risulti insorta, solo dopo che sia
efficace. Ora, nel sistema degli enti locali non esistono controlli di
legittimità sui contratti, tali da condizionarne l’efficacia: pertanto, i
contratti degli enti locali sono efficaci dalla loro stipulazione. Ma il comma 13
dell’articolo 32 è l’ennesima conferma che le obbligazioni vanno eseguite dopo
la stipulazione del contratto, perché è solo con detta stipulazione che le
obbligazioni stesse nascono e si possono considerare giuridicamente
perfezionate.
Dunque, sul piano strettamente
giuridico, non vi è alcuna alternativa a considerare che l’obbligazione
giuridicamente perfezionata consegua soltanto e solo alla stipulazione del
contratto.
Sul piano finanziario, questa
conclusione è suffragata dall’articolo 183, comma 3, del d.lgs 267/2000, il
quale, nel consentire di prenotare gli impegni relative a procedure in via di
espletamento, chiarisce: “I provvedimenti
relativi per i quali entro il termine dell'esercizio non è stata assunta
dall'ente l'obbligazione di spesa verso i terzi decadono e costituiscono
economia della previsione di bilancio alla quale erano riferiti, concorrendo
alla determinazione del risultato contabile di amministrazione di cui
all'articolo 186” .
Questa norma, a differenza del precedente
comma 1, non parla più di obbligazione giuridicamente perfezionata, ma di “obbligazione
di spesa”.
Questa, è qualcosa di diverso
dall’obbligazione giuridica che deriva solo e soltanto dal contratto. L’obbligazione
di spesa può discendere, in effetti, dall’aggiudicazione, che completa il
procedimento di spesa. Ne è comprova ulteriore l’ultimo periodo dell’articolo
183, comma 3, ove si dispone che “In
assenza di aggiudicazione definitiva della gara entro l'anno successivo le
economie di bilancio confluiscono nell'avanzo di amministrazione vincolato per
la riprogrammazione dell'intervento in c/capitale e il fondo pluriennale è
ridotto di pari importo”. Tale norma è rivolta ad una fattispecie specifica
riguardante, per altro, solo i lavori pubblici, ma da essa pare potersi
desumere un principio generale, secondo il quale la procedura giuscontabile
possa chiudersi con l’aggiudicazione (definitiva). Fermo restando che comunque
l’obbligazione giuridicamente perfezionata deriva dalla necessaria e successiva
stipulazione del contratto, in assenza della quale si estingue anche la mera
obbligazione contabile, che non può in alcun modo costituire presupposto per l’avvio
delle prestazioni o per pretese da parte del prestatore.
In conclusione, la determinazione
a contrattare “semplificata” potrebbe essere intesa come atto effettivamente
univoco nel caso di acquisizione tramite strumenti di acquisto e non di
negoziazione.
Nel caso di procedure di
affidamento diretto (con o senza la – obbligatoria – valutazione di congruità
del preventivo basata su confronto con altri preventivi o, almeno, con listini
ufficiali o analoghi affidamenti di altre amministrazioni), nelle quali l’iniziativa
della PA (richiesta di preventivo, in qualsiasi forma espressa), la
determinazione unica difetta del presupposto giuscontabile che abiliti l’amministratore
a negoziare con l’operatore economico. Un provvedimento di prenotazione della
spesa, che preluda alla consultazione di mercato che sia la base della
negoziazione per l’affidamento diretto, è comunque necessario e, in ogni caso,
la determina semplificata non può non richiedere la successiva formale
stipulazione del contratto, poiché in ogni caso non sarebbe l’amministrazione a
formulare una proposta accettata dall’appaltatore ai sensi dell’articolo 1326
del codice civile, bensì l’appaltatore a rispondere ad un invito ad offrire.
[1] A meno che, la PA non si avvalga di “strumenti
di acquisto”, quali l’adesione a convenzioni Consip o l’acquisto mediante Ordine
diretto di acquisto dal Me.P.: in questo caso, infatti, tutti gli elementi del
contratto sono definiti, prezzo compreso, e si tratta, quindi, di acquisire la
prestazione da una vetrina. In questi casi, in effetti, si ha una vera e
propria offerta al pubblico irrevocabile; solo, però, che chi espone l’offerta
al pubblico non è la PA ,
bensì l’operatore economico.
In genere per affidamenti da 10 a 2000 euro nel mio Ente, alla determina di affidamento (successiva alla determina a contrarre o in casi semplificati unità a questa), viene stipulato il contratto tramite lettera d'ordine firmata anche dall'operatore economico e solo da questa data l'obbligazione viene considerata giuridicamente perfezionata.
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