I giornali nei giorni scorsi
hanno dato a gran voce la notizia secondo la quale il tribunale civile di
Firenze ha bloccato il concorso per assistenti giudiziari indetto dal Ministero
della giustizia, a causa dell’obbligo previsto dal bando di possedere la
cittadinanza italiana per concorrere.
La cosa non è andata giù ad un
aspirante non in possesso della cittadinanza italiana, che si è rivolto alla
onlus L’Altro Diritto. Prontamente, l’associazione ha presentato ricorso al
giudice del lavoro di Firenze, che con un’ordinanza d’urgenza ha ordinato al
Ministero della giustizia di ammettere con riserva i candidati stranieri.
Sicuramente occorrere rendere
merito al Corriere della sera, che l’ha data per primo, di aver reperito questa
“chicca”, molto succulenta mentre sono ancora arroventate le polemiche sulla
questione dell’illegittimità della partecipazione di stranieri alla selezione
per direttori dei musei, decisa dal Tar Lazio.
E’ evidente che la decisione del
giudice del lavoro sarà lo spunto per poter affermare che in Italia il diritto
è negato, che i giudici hanno anche loro visioni molto diverse del diritto, che
non può esservi alcuna certezza nei rapporti economici.
Soprattutto, indirettamente la decisione
del giudice del lavoro fiorentino potrà essere utilizzata per dimostrare che i
Tar si attaccano ai cavilli e con le loro decisioni ostruzionistiche bloccano
lo sviluppo economico.
Una santificazione indiretta,
dunque, della giustizia civile. Strano. Di solito è proprio la giustizia civile
additata come freno all’economia e alla presenza di imprenditori stranieri in
Italia, a causa della sua estrema lentezza e farraginosità.
Evidentemente, non in questo
caso: la decisione del giudice del lavoro di Firenze non può che essere
magnificata in sé, visto che porta fieno nella cascina dei difensori a
qualsiasi costo della “procedura internazionale” di selezione dei direttori dei
musei.
Dunque, un monumento al valore
civile per il giudice del lavoro di Firenze si contrapporrà al getto del Tar
Lazio dalla rupe Tarpa.
Ma, a leggere meglio i fatti, la
notizia non è esattamente quella della lungimiranza del giudice civile
contrapposta all’ottusagine del Tar Lazio.
La notizia vera è questa: il
Governo, tramite il Ministero dei beni culturali, presenterà ricorso contro la
sentenza del Tar Lazio avverso la pronuncia di illegittimità del bando di
selezione per la parte che concerne la cittadinanza straniera e, come è noto,
ha anche inserito nella legge di conversione della “manovrina”
un’interpretazione cosiddetta autentica (ma che tecnicamente tale non può
essere considerata), per far sì che gli stranieri in quella selezione siano
ammessi; ma, lo stesso Governo, tramite il Ministero della Giustizia presenterà
ricorso contro l’ordinanza del giudice del lavoro di Firenze, perché sia
dichiarata l’illegittimità dell’obbligatoria ammissione dei cittadini stranieri
al concorso per cancellieri.
Diremmo che se è complicato
trovare coerenza nelle decisioni dei giudici, ancora più ondivago appare il
Governo e che è lecita la seguente domanda: perché per la selezione dei
direttori dei musei il Governo (aiutato dal Parlamento che ha approvato
l’emendamento) fa di tutto per affermare il diritto alla partecipazione di
stranieri, mentre per il concorso dei cancellieri si oppone ad una sentenza che
appunto ammette la partecipazione di stranieri?
Il fatto è che, ancora una volta,
questioni di pura propaganda politica travolgono l’analisi puramente tecnica
dei fatti e delle norme.
I due casi, quello della
selezione dei direttori dei musei e quello dei cancellieri, pur essendo
presentati dalla stampa generalista come analoghi e rappresentativi di
disfunzioni, sono tra loro completamente diversi ed incomparabili. E possono,
per questa semplicissima evidenza, portare a decisioni totalmente opposte.
Nel caso dei direttori dei musei,
il Tar Lazio ha rilevato che la legge sul bonus art (il d.l. 83/2014,
convertito in legge 106/2014) non ha derogato espressamente, come pure poteva e
doveva, all’articolo 38, comma 1, del d.lgs 165/2001, che, insieme con un altro
corpus di norme interne vieta la partecipazioni di stranieri a selezioni
pubbliche per posti che comportino l’esercizio di poteri pubblici, quali sono
tutti quelli di qualifica dirigenziale.
La questione relativa ai
cancellieri è totalmente diversa: i cancellieri non sono dirigenti e, nel caso
di specie, il Ministero della giustizia, infatti, per opporsi al ricorso non ha
potuto sottolineare l’esercizio di poteri pubblici, ma la sussistenza di un
“interesse nazionale”(come prevede l’ultima parte dell’articolo 38, comma 1,
del d.lgs 165/2001) all’assunzione esclusivamente di cittadini italiani. Il
giudice del lavoro di Firenze ha rigettato questa tesi, sostenendo che la
valutazione dell’esistenza dell’interesse nazionale non può essere una mera
enunciazione generica, ma va dimostrata di volta in volta in merito al fatto
concreto.
L’ordinanza del giudice del
lavoro di Firenze nel merito appare persuasiva. Sicuramente i cancellieri non
possiedono poteri pubblici come i dirigenti, mentre appare piuttosto difficile
definire un interesse nazionale a che la verbalizzazione delle cause e la
conduzioni delle procedure amministrative connesse ai processi debba essere
riservato esclusivamente a cittadini italiani.
Tuttavia, nella foga di esaltare
l’elasticità filostraniera del giudice fiorentino, a molti è sfuggito un dato
fondamentale, che invece, simmetricamente, era stato rilevato nei confronti
della sentenza del Tar Lazio, soggetta subito alla “caccia all’errore” in
quanto non gradita all’esecutivo.
Ricordiamo che il giurista
Gianluigi Pellegrino ha tirato strali contro il Tar Lazio, perché avrebbe
dovuto ricusare la propria giurisdizione; infatti, secondo il Pellegrino, nel
caso dei direttori dei musei non è stato attivato un concorso pubblico, ma una
selezione pubblica per giungere comunque ad una scelta “fiduciaria” sorretta,
quindi, dal diritto comune.
Ora, nel caso dei cancellieri,
invece, non v’è dubbio che si tratti certamente di un concorso pubblico. Ma,
poiché così stanno le cose, allora si deve applicare l’articolo 63, comma 4,
del d.lgs 165/2001 (testo unico sul lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), il quale dispone: “Restano devolute alla
giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di
procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le
controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 3, ivi comprese
quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi”.
Poiché la stampa generalista ha
il mandato di esaltare la magnifica decisione del giudice del lavoro di Firenze
a disdoro della sentenza del Tar Lazio, si ribadisce nessuno ha evidenziato che
il giudice del lavoro di Firenze ha certamente sbagliato di grosso a non
declinare la propria giurisdizione e passare le carte al Tar, sicuramente
titolare della giurisdizione, trattandosi di un concorso pubblico.
La cosa, per altro, dispiace
molto, perché probabilmente nel caso di specie nel merito il giudice del lavoro
ha correttamente deciso: come rilevato sopra, non è per nulla agevole poter
dimostrare la sussistenza dei presupposti previsti dall’articolo 38, comma 1,
del d.lgs 165/2001 (esercizio di pubblici poteri o sussistenza di interessi
nazionali) per negare l’accesso all’impiego di cancelliere a cittadini
stranieri. Ci sarà in sede di ricorso modo di chiedere un regolamento di
giurisdizione e trasmettere i fascicoli al Tar.
Sta di fatto, comunque, che, come
si nota, la vicenda dei cancellieri è stata trattata dal giudice civile con
probabilità di errori di metodo assolutamente analoghi a quelli che si imputano
al Tar. A meno che non si voglia affermare la necessità di abolire anche il
giudice ordinario, oltre ai Tar, le due vicende dimostrano che se questioni
tecnico giuridiche molto complesse vengono affrontate per slogan politici o
analizzate solo in superficie da una stampa non specialistica, il risultato
finale è fare molta, troppa confusione.
L'insegnamento che si può trarre è che abbiamo una classe politica e, soprattutto di pseudo giuristi e, purtroppo, veri docenti universitari, completamente incapace e schierata con chi comanda. Come i cortigiani ai tempi del re Sole.
RispondiEliminaUn altra grave illegittimità del concorso sono state le date di svolgimento dei quiz. I candidati devono svolgere le prove nello stesso giorno senza discriminazioni. Le prove dei quiz andavano effettuate a livello locale...
RispondiEliminaCosa dice Giannini adesso?
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