L’assunzione dei dirigenti a
tempo determinato ai sensi dell’articolo 110 del d.lgs 267/2000, cosiddetti “a
contratto” continua ad essere uno dei temi più delicati e maggiormente trattati
dell’ordinamento.
Le ragioni sono semplici: si
tratta di un istituto extra ordinem, che, tuttavia, gli organi di governo
vorrebbero fosse utilizzato, al contrario, come normale sistema di acquisizione
della provvista delle figure dirigenziali.
Cerchiamo, allora, di capire l’entità
del fenomeno, ricorrendo ai dati offerti dal Conto annuale del personale
riferito al 2014 a tutto il comparto regioni-autonomie locali, come da seguente
tabella:
Tempo
Pieno
|
Part
time fino al 50%
|
Part
time oltre il 50%
|
Totale
|
|||||||
|
Uomini
|
Donne
|
Uomini
|
Donne
|
Uomini
|
Donne
|
Uomini
|
Donne
|
Uomini
+ Donne
|
|
RALN - DIRIGENTE A TEMPO INDETERMINATO - 0D0164 (DI)
|
3.774
|
2.100
|
3
|
|
3
|
3
|
3.780
|
2.103
|
5.883
|
|
RALN - DIRIGENTE A TEMPO DETERMINATO ART.110 C.1
TUEL - 0D0165 (DI)
|
837
|
364
|
16
|
2
|
4
|
2
|
857
|
308
|
1.165
|
|
Totale
|
4.611
|
2.464
|
19
|
19
|
7
|
5
|
4.637
|
2.471
|
7.108
|
Allora, per capire:
complessivamente i dirigenti nel 2014 erano 7.108; di questi, a tempo
indeterminato erano 5.883, mentre a tempo determinato 1.165. Dunque, nel corso
del 2014 è scesa di molto, rispetto agli anni precedenti, la percentuale dei
dirigenti a contratto sul totale dei dirigenti, giunta al 16,39%; si è anche
abbassato il rapporto tra dirigenti a contratto e dirigenti di ruolo, pari al
19,8%.
Andando a guardare il dato
specificamente riguardante i comuni, la tabella seguente rivela che non è
dissimile da quello generale:
Tempo
Pieno
|
Part
time fino al 50%
|
Part
time oltre il 50%
|
Totale
|
Tempo
Pieno
|
Part
time fino al 50%
|
Totale
|
Tempo
Pieno
|
Part
time fino al 50%
|
|
Uomini
|
Donne
|
Uomini
|
Donne
|
Uomini
|
Donne
|
Uomini
|
Donne
|
Uomini
+
Donne
|
|
RALN - DIRIGENTE A TEMPO INDETERMINATO - 0D0164 (DI)
|
1.894
|
1.050
|
3
|
2
|
2
|
1.899
|
1.052
|
2.951
|
|
RALN - DIRIGENTE A TEMPO DETERMINATO ART.110 C.1
TUEL - 0D0165 (DI)
|
469
|
192
|
10
|
1
|
3
|
1
|
482
|
194
|
676
|
Totale
|
2.363
|
1.242
|
13
|
13
|
5
|
3
|
2.381
|
1.246
|
3.627
|
I dirigenti a contratto, ai sensi
dell’articolo 110, comma 1, del Tuel sono stati il 18,64% del totale.
Una situazione complessivamente
molto diversa da quella del 2010 (accertata dalla Corte dei conti, Sezioni riunite, Delibera n.
13/2012/CONTR/CL), quando i dirigenti del comparto
complessivamente erano 9.083, di cui 6.884 a tempo indeterminato e 2.199 (il
24,21% del totale) a “contratto”.
Il fenomeno del ricorso ai
dirigenti a contratto nel 2014 si è andato progressivamente ridimensionando, probabilmente
a causa delle contraddittorie posizioni della Corte dei conti circa i limiti di
spesa da rispettare (da misurare sul tempo indeterminato o sul tempo
determinato?), i vincoli di finanza pubblica e, forse, i paletti introdotti dal
d.l. 90/2014, per effetto del quale è stato chiarita l’assenza assoluta di ogni
elemento di fiduciari età o intuitu personae, poiché è stata chiarita per via
di legge ordinaria quanto già era evidente semplicemente guardando la
Costituzione: ai fini del reclutamento dei dirigenti a contratto occorre una prova
selettiva. Non la si vuole chiamare “concorso”, ma, nei fatti e di diritto, di
questo si tratta.
L’istituto crea da sempre “tensione”,
per la semplice ragione che, al contrario di quanto prevedono Costituzione,
leggi ordinarie e giurisprudenza maggioritaria, gli organi di governo lo vedono
come sistema per crearsi un apparato “di fiducia” e cercano di spingere in ogni
modo per il suo uso più estensivo possibile.
Tuttavia, le tensioni derivano
anche dalla apparentemente non chiara configurazione della disciplina sottesa
all’articolo 110, comma 1.
Un primo ordine di problemi
concerne la necessità di verificare se esistano differenze tra la disciplina
dell’articolo 110, comma 1, del d.lgs 165/2001 e quella del rapporto di lavoro
a tempo determinato nella PA.
Il quesito cui rispondere è se
anche alle ipotesi di assunzione di dirigenti a contratto si applichi, sul
piano giuridico e non finanziario, quanto previsto dall’articolo 36, comma 2,
del d.lgs 165/2001.
La risposta è negativa. Esiste,
cioè, una profonda differenza tra la disciplina delle assunzioni di dirigenti a
contratto e quella del rapporto di lavoro a tempo determinato non riguardante
le qualifiche dirigenziali, che proviamo a riassumere nella seguente tabella:
T.d. ex art. 36, c.
2
|
Incarichi a
contratto (art. 110, comma 1)
|
Scopo: “Per rispondere ad esigenze di carattere
esclusivamente temporaneo o eccezionale le amministrazioni pubbliche possono
avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del
personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro
subordinato nell'impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento
vigenti”.
Il contratto di lavoro a tempo determinato nella PA è
causale, perché occorre dimostrare la causa, la ragione che spinge all’adozione
di questo istituto. Essa ragione consiste nella necessità di rispondere ad
esigenze:
a) temporanee,
cioè (ovviamente) non destinate a durare continuativamente nel tempo;
b) eccezionali,
cioè “contingibili”, legate ad una contingenza, come un progetto europeo, un maggiore
carico di lavoro imprevisto.
|
Scopo: “Lo statuto può prevedere che la copertura
dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche
dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a
tempo determinato”.
L’assunzione di dirigenti a contratto ai sensi dell’articolo
110 del Tuel è, sì, causale, come quella di cui all’articolo 36, comma 2, ma
la “causa” è una sola ed è già indicata dalla legge: la copertura di posti della
dotazione organica.
Dunque, per attivare il reclutamento di dirigenti a
contratto occorre un presupposto – necessario ma non sufficiente –
consistente nella ricognizione della disponibilità di posti nella dotazione.
Poiché la causa dell’articolo 110 è la possibilità di
coprire posti della dotazione, non sono per nulla necessarie esigenze
temporanee o eccezionali.
|
Durata. Essa
non è direttamente stabilita dall’articolo 36, comma 2, ma discende dalla
diretta applicabilità al lavoro pubblico delle norme relative al rapporto di
lavoro nelle imprese non incompatibili con la disciplina speciale del d.lgs
165/2001, stabilita dall’articolo 2, comma 2, del medesimo d.lgs 165/2001.
Pertanto, la durata del rapporto di lavoro a tempo
determinato è nel massimo di 36 mesi, in applicazione di quanto prevede l’articolo
19, comma 1, del d.lgs 81/2015.
|
Durata. Non si
applica la disciplina generale del rapporto di lavoro a tempo determinato nel
lavoro privato, ma quella speciale espressamente fissata dall’articolo 110.
Pertanto, la durata degli incarichi a contratto è quella fissata dal comma 3,
ai sensi del quale “I contratti di cui
ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo
del sindaco o del presidente della provincia in carica”.
Non è prevista, dunque, una durata minima[1],
mentre la durata massima può andare ben oltre il termine ordinario dei 36
mesi, previsto per il rapporto di lavoro a tempo determinato delle qualifiche
non dirigenziali.
|
Precarizzazione/stabilizzazione.
L’ordinamento prevede una serie di cautele, onde evitare che il ricorso
ripetuto al reclutamento a tempo determinato verso un medesimo dipendente
della PA possa creare una situazione di precarizzazione, non rimediabile con
la trasformazione sanzionatoria (cosiddetta “tutela reale”) del rapporto in
lavoro a tempo indeterminato, espressamente vietata dall’articolo 36, comma
5, del d.lgs 165/2001. Norma, questa, che ha superato ogni vaglio della Corte
di giustizia Ue.
E’ per questa ragione che l’articolo 36, comma 3, del
d.lgs 165/2001 impone una relazione annuale sull’utilizzo del lavoro
flessibile, volta a dimostrare che non se ne sia abusato.
Per le stesse ragioni, l’articolo 35, comma 3-bis, sempre
del d.lgs 165/2001, prevede una disposizione a regime (insieme ad altre norme
speciali di volta in volta introdotte da leggi di finanza pubblica), per
consentire a chi abbia condotto per 3 anni rapporti di lavoro a termine con
la PA di ottenere riserve speciali in concorsi pubblici.
Infine, lo stesso articolo 36, comma 2, prevede che “Per prevenire fenomeni di precariato, le
Amministrazioni pubbliche, nel rispetto delle disposizioni del presente
articolo, sottoscrivono contratti a tempo determinato con i vincitori e gli
idonei delle proprie graduatorie vigenti per concorsi pubblici a tempo
indeterminato”.
|
Precarizzazione/stabilizzazione.
E’ da escludere radicalmente la stessa eventualità che gli incarichi
dirigenziali a contratto possano dare luogo ad una “precarizzazione” dei
destinatari, sì da giustificare eventuali processi di stabilizzazione.
A differenza del rapporto a termine ordinario, come si è
già visto, gli incarichi a contratto non sono subordinati a esigenze
temporanee o straordinarie, ma possono essere strumenti – sia pure extra
ordinem – di copertura dei posti di ruolo, rivolti prevalentemente a soggetti
che già dispongono di un lavoro. Questi, a conclusione dell’attività come
dirigenti a contratto, possono tornare ad espletare l’attività di lavoro
subordinato precedente (avendo diritto alla posizione in aspettativa, se
dipendenti pubblici) o libero professionale.
In ogni caso, non può esservi “precarizzazione”, perché essa
dipende dall’abuso, cioè da un utilizzo di una forma flessibile, per esigenze
stabili, in violazione della legge. Ma, l’articolo 110 è proprio una norma di
legge che consente espressamente l’utilizzo di una forma flessibile per far
fronte ad esigenze stabili.
Sul punto, la giurisprudenza è piuttosto ferma. La Corte
dei conti, Sezione regionale di controllo per il Piemonte col parere 25/2008ha
ritenuto che“gli incarichi a contratto
ex art. 110 del Tuel, inclusi gli incarichi non dirigenziali di alta
specializzazione, si caratterizzano, dunque, per essere instaurati intuitu
personae, e dunque per il particolare rapporto fiduciario con l’organo di
vertice. Trattasi, conseguentemente, di rapporti per loro natura temporanei e
legati alla durata del mandato politico. Si ritiene, pertanto, che gli incarichi
in parola, in ragione degli elementi che ne caratterizzano la natura, non
possano divenire oggetto di procedure di stabilizzazione”.
La conclusione è condivisibile, anche se la premessa
appare sbagliata (si tratta di un parere precedente al d.l. 90/2014, di poco
successivo alle sentenze della Consulta 103/2007 e 104/2007 e, comunque,
appartenenti ad un filone che la magistratura contabile fatica a scrollarsi
di dosso): non è ammissibile alcun rapporto fiduciario. Non si deve
confondere il legame dell’incarico a contratto con il mandato del sindaco,
limite oggettivo alla durata di un rapporto di lavoro che deliberatamente un
ente ha stabilito di non costituire a tempo indeterminato, con la scelta
fiduciaria. Comunque, l’effetto è sempre quello di negare la possibilità di
stabilizzare gli incarichi dirigenziali a contratto.
|
Programmazione.
Sebbene molti enti inseriscano nella programmazione del personale anche le assunzioni
a tempo determinato, esse non sono e, a ben vedere, non possono essere
oggetto di programmazione.
Basti pensare ai presupposti di legge: esigenze temporanee
o eccezionali e divieto di utilizzare le forme flessibili per fare fronte in
via ordinaria a necessità lavorative stabili.
E’ del tutto evidente che esigenze “eccezionali” siano per
loro stessa natura imprevedibili, almeno nella maggior parte dei casi.
Ma, anche le esigenze “temporanee” non sempre possono (e
comunque non debbono essere mai) oggetto di programmazione, visto che possono
discendere da eventi a loro volta improgrammabili: un’assenza prolungata per
motivi di salute di un dipendente, un carico di lavoro non inizialmente
considerato e cagionato da norme sopravvenute, eccetera.
E’ l’articolo 6, comma 4-bis, a dimostrare l’assenza di
necessità di programmare le assunzioni a tempo determinato. Esso prevede: “Il documento di programmazione triennale
del fabbisogno di personale ed i suoi aggiornamenti di cui al comma 4 sono
elaborati su proposta dei competenti dirigenti che individuano i profili professionali necessari allo svolgimento
dei compiti istituzionali delle strutture cui sono preposti”. La norma
indirettamente chiarisce come occorra programmare l’acquisizione della
provvista di dipendenti necessari per i compiti istituzionali, cioè per i
fabbisogni continuativi.
|
Programmazione.
Gli incarichi dirigenziali a contratto di cui all’articolo 110, comma 1, del
Tuel debbono essere oggetto di programmazione.
Infatti, come visto sopra e come dispone la norma in modo
molto chiaro, si vanno a coprire posti della dotazione organica. Dunque, deve
necessariamente scattare la programmazione, dal momento che con essa si
dispone su come coprire le necessità connesse all’ordinario svolgimento dei
compiti istituzionali.
Del resto, a coprire eventuali necessità impreviste
implicanti l’acquisizione non prevista di dirigenti, soccorre il comma 2 dell’articolo
110, laddove consente di assumere dirigenti a contratto extra dotazione
organica.
|
Reclutamento.
Nessuno dubita che occorra reclutare i dipendenti a tempo determinato
mediante concorso pubblico.
|
Reclutamento.
Prassi ed interpretazioni sicuramente non costituzionalmente orientate hanno
lasciato che molti enti considerassero possibile attivare gli incarichi a
contratto mediante semplice scelta fiduciaria o intuitu personae.
Il nuovo testo dell’articolo 110, comma 1, laddove prevede
che “gli incarichi a contratto di cui
al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad
accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata
esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto
dell' incarico” legifica un orientamento costituzionalmente ammissibile.
In tal modo, priva di pregio qualsiasi lettura che insista nella “fiducierietà”
dell’incarico, invero non postulabile, se le procedure di selezione, come
appare inevitabile, debbono essere imparziali, consentire la parità di
condizioni e la ponderazione della valutazione sulla base di elementi
preconosciuti ed oggettivi. Sul punto, vi è una vastissima e conforme
giurisprudenza recente: Tar Campania Sezione V 23 febbraio 2016, n. 975; Tar
Campania Sezione V 26 gennaio 2016, n. 391; Tar Catanzaro Sezione II 2
febbraio 2016, n. 175, tra le altre.
|
Limiti di spesa.
Al di là di tutti i limiti derivanti dalla necessità di rispettare le regole
di finanza pubblica, per le amministrazioni è possibile effettuare assunzioni
flessibili e, dunque, anche a tempo determinato entro il limite della spesa
effettuata a tale scopo nel 2009.
|
Limiti di spesa.
Sul punto, la Corte dei conti appare ondivaga e contraddittoria.
Con una non persuasiva e criticabile deliberazione della
Sezione Autonomie 11 luglio 2012, n. 12, si è negata l’applicazione dell’articolo
9, comma 28, del d.l. 78/2019, alle assunzioni di dirigenti a contratto.
Sviluppi interpretativi successivi della magistratura contabile hanno
precisato che tale chiave di lettura era da considerare corretta, poiché per
un verso si trattava di assumere dirigenti a copertura di posti vacanti della
dotazione, mentre per altro verso i limiti percentuali alle assunzioni,
portati al 30% della dotazione organica dall’articolo 11, comma 1, del d.l.
90/2014, convertito in legge 114/2014) se abbinato anche a limiti di spesa,
avrebbe prodotto un irrazionale duplice ostacolo all’acquisizione di
dirigenti esterni.
La magistratura contabile, tuttavia, di recente pare aver
modificato decisamente atteggiamento, come attesta la Sezione regionale di
controllo della Puglia, 2 marzo 2016, n. 62: “Sotto tale profilo, questa Sezione ha già osservato come, a seguito delle
modifiche introdotte dal d.l. n. 90/2014, convertito dalla legge n. 114/2014,
anche gli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi dell’art 110, comma 1,
del Tuel debbano essere sussunti nel limite di cui all’art 9 co 28 d.l.
78/2010, rientrando nel genus dei rapporti di lavoro a tempo determinato. Infatti,
“La disciplina degli incarichi in esame è stata da ultimo modificata
dall’art. 11 d.l. n. 90/2014, convertito dalla legge n. 114/2014, che, da un
lato, ha sostituito in toto il contenuto dell’art. 19 co 6 quater d.lgs
165/01 (comma 2 dell’art 11 cit.), eliminando le previsioni relative agli
enti locali ed introducendone altre inerenti agli enti di ricerca, e,
dall’altro lato, ha modificato l’art. 110 Tuel (comma 1 dell’art 11),
concentrando nella suddetta disposizione la disciplina inerente alle
tipologie contrattuali in esame. La citata modifica normativa ha prodotto il
duplice effetto di cancellare il regime assunzionale speciale dettato
dall’art 19 comma 6 quater e di ricondurre, conseguentemente, anche gli incarichi
conferiti ai sensi dell’art 110 comma 1 Tuel nel perimetro applicativo del
limite di spesa per il lavoro flessibile. Quanto sopra trova conferma nei
principi espressi sul punto sia dalla Sezione delle Autonomie-che, con
deliberazione n. 13/SEZAUT/2015/INPR del 31.03.2015 (“Linee guida e relativi questionari
per gli organi di revisione economico finanziaria degli enti locali per
l’attuazione dell’articolo 1, commi 166 e seguenti della legge 23 dicembre
2005, n. 266. Rendiconto della gestione 2014”), a seguito dell’avvenuta
abrogazione dell’art 19 co 6 quater, ha espressamente assoggettato i
contratti in esame al limite di spesa per il lavoro flessibile previsto
dall’art 9 co 28 d.l. 78/2010-, sia dalle Sezioni regionali di controllo
(cfr. Sezione controllo Lazio, deliberazione n. 221/2014/PAR, Sezione
controllo Toscana, deliberazione n. 447/2015/PAR, Sezione controllo Calabria
deliberazione n. 169/PAR/2012, Sezione controllo Puglia deliberazioni n.
219/PAR/2015 e 223/PAR/2015.).” (Sezione controllo Puglia, deliberazioni n.
223/PAR/2015 e n. 237/PAR/2015, nello stesso senso, Sezione controllo
Piemonte, deliberazione n. 4/PAR/2016)”.
|
Appare, dunque, evidente che l’articolo
110, comma 1, configura un’ipotesi del tutto sui generis di rapporto di lavoro
a tempo determinato, con regole proprie e specifiche. In particolare, la norma
disciplina un istituto in qualche misura ibrido: infatti, è espressamente
finalizzata a fare fronte a fabbisogni continuativi mediante uno strumento di
lavoro flessibile. Proprio per queste ragioni, non si applicano norme e misure
ordinariamente riferite al lavoro a tempo determinato.
Sulla questione, in particolare,
del limite alla spesa da ultimo affrontato nella tabella riportata sopra, si
evidenziano gli aspetti maggiormente speciali. Come si è visto, in un
brevissimo lasso di tempo la Corte dei conti ha avuto modo di dire tutto ed il
suo contrario, senza assestare un’interpretazione chiara.
Eppure, le condizioni vi sono.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla magistratura contabile, occorrerebbe
prendere atto che il legislatore ha inteso apprestare all’utilizzo dei
dirigenti a contratto sia limiti di natura finanziaria, da reperire nella disciplina
del lavoro a tempo determinato, sia limiti di natura numerica, da reperire
nella necessità che comunque la copertura della dotazione organica sia limitata
a contenute percentuali, non tanto e non solo per tenere sotto controllo lo spoil system, ma per garantire quel
minimo di continuità dell’azione amministrativa fonte della contrarietà della
Consulta proprio al sistema delle spoglie, che invece verrà seriamente
vulnerato dalla sciagurata riforma di cui all’articolo 11 della legge 124/2015.
Si deve, quindi, escludere tassativamente
che l’istituto degli incarichi a contratto possa soddisfare organizzative
temporanee e legate al mandato dell'organo politico. Le esigenze, al contrario,
sono necessariamente permanenti, visto che si tratta di coprire posti vacanti
della dotazione organica.
L’articolo 110, comma 1, del
Tuel, al pari dell’articolo 19, comma 6, del d,lgs 165/2001 è una formula che
consente all’amministrazione pubblica di avvalersi anche di personale non di
ruolo, in particolare quando risulti che le professionalità “esterne” possano
meglio rispondere ad esigenze operative.
Non si deve dimenticare che l’articolo
110 è attivabile esclusivamente se ricorrano i presupposti previsti appunto dal
citato articolo 19, comma 6. A chiarirlo è il comma 6-ter, della medesima
norma, ai sensi del quale “Il comma 6 ed
il comma 6-bis si applicano alle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2”
e, dunque, anche agli enti locali. Non bastano, quindi, la previsione
statutaria richiesta dall’articolo 110, comma 1, e la programmazione, ma
occorrono i presupposti indicati dall’articolo 19, comma 6, e cioè:
1) esigenza
di una specifica qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli
dell'Amministrazione;
2) motivazione
specifica del ricorso all’incarico a contratto, invece che al concorso
pubblico.
Per le stesse ragioni, non
bastano i requisiti soggettivi del tutto minimali richiesti dall’articolo 110,
comma 1, ai fini del reclutamento, ma occorre che i destinatari possiedano
quelli indicati dall’articolo 19, comma 6. E’ facile verificare, per altro, che
detta ultima norma apra in realtà molto spazio ad incarichi dirigenziali “esterni”
sì, ma all’ente che li conferisce, non alla PA: la gran parte dei soggetti
suscettibili di ricevere incarichi a contratto, infatti, conduce già rapporti
di lavoro con la PA (magistrati, avvocati dello Stato, docenti universitari,
dipendenti della stessa amministrazione conferente che siano in possesso dei
requisiti di eccellenza indicati dalla norma).
L’ibrido costituito, dunque,
dalla possibilità di avvalersi di una forma flessibile per fabbisogni
continuativi, è soggetto a precisi vincoli, non solo procedurali, ma anche
connessi alla motivazione alla base del legittimo impiego della formula
normativa. Una serie di elementi tutti concorrenti a far comprendere come essa
non sia “alternativa” e di pari grado alle assunzioni in ruolo, ma un sistema
limitato e contenuto di completamento della provvista di esperienza nell’ambito
della PA.
[1] Sul punto, non è
accettabile l’interpretazione della Cassazione secondo la quale anche ai dirigenti
a contratto si applicherebbe la durata minima triennale prevista dall’articolo
19 del d.lgs 165/2001. In argomento, vedasi L. Oliveri “Incarichi
a contratto: l’erronea sentenza della Cassazione 13 gennaio 2014, n. 478”,
in www.leggioggi.it”.
Gli incarichi a contratto con l'art.110, co. 1,TUEL (in posti vacanti di organico ) e co. 2 (anche fuori organico) dovrebbero essere riservati al personale che ha ricoperto l'incarico per tutto il mandato del Sindaco. Ciò per renderli non "fiduciari" (brutta parola alla luce dei fatti che si leggono giornalmente) ma "professionali", perché un dirigente che ha ricoperto tale qualifica per 3 o 5 anni e lo ha fatto previa selezione pubblica (chiamiamolo concorso pubblico con curriculum e colloquio), sicuramente ha acquisito una professionalità ed una esperienza in quell'ente, che altri in prima analisi anche previa concorso pubblico, sicuramente non avrebbero, e dopo aver gestito con professionalità non può essere licenziato perchè cambia il Sindaco......
RispondiEliminaIl legislatore questo dovrebbe considerarlo anche alla luce della separazione tra l'attività gestionale e quella politica (separazione voluta espressamente dalla Legge 142/1991)-Chi fa questo commento non ha alcun intesse nè professionale nè politico, perchè sono un dirigente/responsabile finanziario in pensione con 40 e più anni di servizio e ogni giorno amaramento ho potuto constatare quanta mancanza di professionalità c'è in giro.
Cordialmente T.L. -Dirigente/Resp. Finanziario in pensione.
La disciplina è complicata da decisioni giurisprudenziali di chiara marca politica.
RispondiEliminaRimanendo sui principi generali si può affermare:
a) se è una selezione, la competenza per "selezionare" che implica un valutare, non può essere politica ma gestionale.
b) se è un contratto a tempo determinato, l'accesso non può che avvenire per selezione, come per un b1 o un c, e quindi ancora una volta come tutte le procedure anche para concorsuali, da espletare da parte di organi gestionali e non politici.
c) dato che è un contratto a tempo determinato, il limite naturale e comunitario dovrebbe essere di 3 anni.
d) riguardo poi i presupposti, l'assenza di professionalità interne deve essere necessariamente attestata su dati oggettivi da parte di un funzionario, non della giunta