Da qualche tempo campeggiano sui
media articoli molto scandalizzati per la circostanza che vi sono concorsi
pubblici ai quali partecipano decine di migliaia di concorrenti, a fronte di
poche centinaia di posti previsti dal bando.
Dove stia la novità e lo “scandalo”
di tali fatti è tutto da scoprire. Chi ha un’età tale da notare un certo
imbiancamento dei capelli ricorda benissimo che questa questione, i tanti
concorrenti su pochi posti messi a concorso, esiste da sempre.
C’è una domanda di lavoro nella
pubblica amministrazione, alla quale corrisponde un’offerta da parte di chi
intende candidarsi ai concorsi. Non c’è assolutamente nulla di strano se molti
provano ad investire in un concorso pubblico, pur sapendo che la concorrenza è
molto alta. Fino a prova contraria, l’articolo 51, comma 1, della Costituzione
stabilisce che “Tutti i cittadini
dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici”, mentre
l’articolo 97 aggiunge: “Agli impieghi
nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso”.
Poiché, quindi, tutti i cittadini
possono ambire a concorrere per accedere ad un impiego pubblico, nessuno può
impedire loro di candidarsi anche in massa a seguito di bandi che evidentemente
destano attenzione. E non si tratta solo di selezioni concorsuali per impieghi
connessi a professionalità diffuse: anche nel caso di profili molto elevati e
specialistiche si ricordano concorsi oceanici. Quando ancora si effettuavano i
concorsi per segretario comunale, per pochissimi posti in migliaia andavano ad
affollare per giorni immense aule allo scopo allestite in alberghi della
capitale che hanno fatto le proprie fortune grazie alla fabbrica dei concorsi.
Di fronte all’evidenza della
circostanza che partecipare ad un concorso è un diritto inconculcabile di tutti,
certamente non si può negare come simmetricamente vi siano problemi di
efficienza e di efficacia di selezioni destinate a così vaste schiere di
concorrenti: i tempi si allungano, i lavori delle commissioni risultano molto
articolati, i rischi di selezioni svolte senza la necessaria attenzione e
concentrazione da parte dei commissari si ampliano.
A fronte dell’innegabile fatto
che i concorsi pubblici attirino moltissimi candidati e delle difficoltà
operative, sempre gli articoli di stampa poi partono con due distinti e “classici”
filoni di argomentazione.
Il primo è quello che potremmo
definire l’agiografia del mitico “privato”. Partendo dall’esempio di questi
mega-concorsi (ed ignorando che si tratta di casi clamorosi, ma che
costituiscono l’eccezione ai processi di reclutamento nella PA), si afferma che
nel “privato” si seleziona in modo più efficiente, prestando attenzione al
profilo personale ed alle capacità del candidato (i famosi “saper fare” e “saper
essere”), l’utilizzo dei colloqui che magicamente sanno cogliere nel segno ed
individuare sempre il candidato migliore in assoluto, con efficienza ed
efficacia, a disdoro delle “medievali” procedure concorsuali, tacciate di
inefficienza anche nel reperire, alla fine, i candidati migliori.
Questo filone non considera mai
due aspetti fondamentali. Il primo: il privato recluta la persona da assumere
come meglio ritiene. Vi possono essere situazioni nelle quali si pongono in
essere sistemi sofisticati, anche se semplici, e molto efficienti di selezione;
ma, tantissimi sono i casi nei quali l’assunzione discende da una semplicistica
valutazione ad personam a seguito di esame del curriculum e piccolo colloqui, a
totale arbitrio del datore, senza contare l’influenza formidabile delle “referenze”
e, soprattutto, delle conoscenze personali, anche se indirette. Non si vuole
attribuire a questo alcuna accezione negativa: il privato è libero, come detto,
di assumere chi vuole, come vuole, quando ne ha la necessità. Cosa impossibile,
invece, per il reclutamento nella PA.
Proprio per la totale autonomia
di diritto comune di cui gode il privato, i datori sono esentati da un’incombenza
invece obbligatoria per il “pubblico”: non sono per nulla tenuti a rendere
pubblica la propria domanda di lavoro mediante bandi o avvisi. Effettuano,
nella piena legittimità anche in questo caso, le ricerche prevalentemente nella
cerchia dei conoscenti, oppure, in misura molto inferiore, si avvalgono di
canali di ricerca più “strutturati”, avvalendosi delle agenzie per il lavoro o
dei servizi pubblici per il lavoro. Il reclutamento pubblico, invece, passa
necessariamente per un bando aperto a tutti. Ecco perché nel “pubblico” capita
talvolta di assistere a concorsi oceanici, mentre questo nel “privato” non
accade.
Il secondo filone, poi, è quello
della proposizione dei rimedi alle inefficienze dei mega-concorsi (che si fanno
assurgere a regola, pur costituendo l’eccezione) mediante le “riforme”. E sono
decenni che si assiste a “riforme epocali” dei concorsi, mirate a renderli più
efficaci, meno costosi, più brevi. Riforme che un po’ mirano ad accentrare i
concorsi, per poi, invece, scegliere di decentrarli e, successivamente, provare
di nuovo la centralizzazione, ma su base “volontaria”.
Il d.lgs 75/2017 si pone
esattamente in quest’ultima tipologia di “riforme” e prevede appunto la facoltà
per le amministrazioni di avvalersi di concorsi centralizzati, mentre per
quanto riguarda le amministrazioni statali si punta a concorsi regolarmente svolti
ogni tre anni, per tentare sia di attuare in maniera attenta la programmazione
dei fabbisogni, sia di “sfoltire” i candidati, constatando che anni ed anni di
concorsi bloccati finiscono per essere una causa non trascurabile dei fenomeni
dei mega-concorsi.
Naturalmente, anche questa
tipologia di riforme si accompagna all’intento di rendere il concorso più
efficiente, volto ad eliminare il “nozionismo”, in favore della valutazione
della “capacità di risolvere i problemi”, che si aggiunge ai famosi “saper fare”
e “saper essere”. Enunciazioni giustissime, salvo che non si spieghi mai come,
esattamente, valutare questi elementi.
Mai, tuttavia, la stampa
generalista e le “riforme” si preoccupano dell’ovvio, di sistemi, cioè, teoricamente
già pronti e vigenti, che potrebbero davvero semplificare sia le procedure,
riducendo di certo il numero dei candidati, sia la valutazione effettiva del
saper fare e del saper essere. Si tratta dei corsi-concorsi e del contratto di
apprendistato.
Il corso-concorso di per sé riduce
sensibilmente il numero dei candidati, perché non è una domanda astratta di
lavoro, ma prevede un percorso definito di apprendimento nel lavoro, sedi
precise per il suo svolgimento, esami di accesso e valutazioni finali, che
spesso sconsigliano a chi non sia davvero fortemente motivato e intenzionato a
partecipare. Il corso-concorso è ideale per le figure a professionalità
spiccata e, ovviamente, consente di valutare sul campo le capacità ed i
comportamenti dei candidati, per altro fornendo loro una formazione di alto
profilo, spendibile anche successivamente, pur nel caso di insuccesso nella
valutazione finale. Tuttavia, questo meccanismo selettivo è utilizzato
pochissimo.
Non parliamo, poi, dell’apprendistato.
Teoricamente il contratto di apprendistato è stato esteso in via generale a
tutta la PA nel
2011 dal d.lgs 167/2011, il cui articolo 7, comma 8, però, demandava ad un Dpcm
la sua concreta attivazione. Mai vista. Sostanzialmente la stessa disciplina è
contenuta, adesso, nell’articolo 47, comma 6, del d.lgs 81/2015, che continua a
fare riferimento ad un Dpcm attuativo, il quale brilla ancora per la sua totale
assenza.
L’apprendistato potrebbe essere
uno strumento efficacissimo per la selezione sul campo di qualsiasi
professionalità (visto che si tripartisce in tre livelli, da quello per la
qualifica ed il diploma professionale, a quello professionalizzante a quello di
alta formazione e ricerca) ed è il percorso formativo per eccellenza,
certamente idoneo anche alla valutazione concreta delle capacità professionali
e delle attitudini. Eppure, la possibilità di utilizzare questo strumento di
reclutamento utilissimo (ma, per la verità, negletto anche nel lavoro privato)
resta sempre e solo sulla carta.
E così i media continuano ad
avere l’opportunità di scrivere periodicamente dei mega-concorsi, delle loro
inefficienze, di quanto migliore sia il “privato” e di quanto necessarie siano “riforme
epocali” che accentrino, no anzi decentrino, no anzi riaccentrino i concorsi ed
evitino il nozionismo a vantaggio del “saper fare” e “saper essere”.
Concordo pienamente con le modalità alternative al concorso per la selezione dei dipendenti dei pubblici uffici, considerato ce , in proporzione si presenta alla prima prova solo il 50% circa degli iscritti, come è avvenuto per l'ultimo concorso al comune di Milano. Una forte riserva, inoltre , io l'avrei per la composizione delle domande; nessuna sulle materie d'esame ma solo quiz di insiemistica, logica deduttiva, comprensione del testo, problem solving. Personalmente non credo che questo genere di domande aiutino a scegliere i candidati più adatti a svolgere mansioni pubbliche. Infatti, alcuni colleghi che lavorano da anni/decenni nella PA non sono passati e rischiano di restare, così, precari per chissà quanto tempo ancora, aspettando, forse, l'ennesima stabilizzazione. Che fine ha fatto la valorizzazione delle esperienze?
RispondiEliminaConcordo con le osservazioni del sig. Sarnataro. Vorrei inoltre aggiungere due brevi considerazioni: primo, la "selezione" delle risorse umane nel lavoro privato avviene quasi esclusivamente (o comunque in larga misura) sulla base di fattori amicali e di conoscenze personali (cioé quelle che nel settore pubblico definiremmo raccomandazioni), come é testimoniato da ricerche e statistiche anche recentemente pubblicate. Secondo: il fatto che decine di migliaia di aspiranti partecipino ai concorsi pubblici anche solo per pochi posti non rappresenta mai un buon segnale per l'andamento dei livelli occupazionali nel Paese: é - come minimo - il segno di un disagio sociale diffuso. E questo, da sempre (ma forse maggiormente in questo particolare momento storico), é considerato disdicevole per l'immagine di un Paese dove la famosa "ripresa" evidentemente ancora non fa sentire i suoi effetti sulla qualità della vita e sulle prospettive di tante famiglie.
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