L’articolo 3 comma 1, del Dpr 184/2006, nel prevedere la notifica di istanze di accesso ai controinteressati, viene sovente interpretato nel senso che in capo all’amministrazione destinataria dell’istanza di accesso scatti sempre e comunque un onere, anzi un obbligo di notificazione del relativo procedimento destinata ad ogni possibile soggetto controinteressato all’accesso, inteso da molti come chiunque sia menzionato[1] nei documenti o, comunque, possa apparire avere un interesse di merito contrapposto a quello sotteso all’istanza ostensiva.
La questione interpretativa che si pone riguarda, evidentemente, la corretta configurazione del soggetto controinteressato: una volta, infatti, individuato correttamente il controinteressato è possibile governare correttamente il procedimento e, nel suo ambito, il subprocedimento della notifica, previsto dall’articolo 3 del Dpr 184/2006.
Come rilevato, molti attribuiscono all’articolo 3 citato una dirompente forza espansiva: si ritiene che il controinteressato sia da definire con riguardo all’articolo 7, comma 1, secondo periodo, della legge 241/1990, secondo il quale “ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento”.
Dunque, poiché il procedimento di accesso documentale agli atti altro non è che, pur sempre, un procedimento amministrativo, ad esso debbono applicarsi non solo le specifiche disposizioni contenute nel Capo V della legge 241/1990, ma anche le previsioni facenti parte del Capo I della medesima legge.
In questo senso si è espresso il Tar Puglia con la sentenza 27 maggio 2006, n. 3080, secondo la quale nel caso dell’accesso trovano applicazione i principi generali sul procedimento, tra i quali, in particolare quello della partecipazione di tutti gli interessati. Aggiunge la sentenza che del resto, le disposizioni di cui all’articolo 24, commi 6 e 7, della legge 241/1990 non avrebbero senso, qualora i terzi a cui si riferiscono i dati contenuti negli atti di cui si chiede l’ostensione non avessero alcuna possibilità di interloquire nell’ambito del procedimento finalizzato all’accesso.
D’altra parte, secondo il citato Tar, l’amministrazione non sempre è in grado di apprezzare direttamente le ragioni alla base di un’opposizione del controinteressato all’accesso ad un documento, come ad esempio può accadere nel caso in cui vengano in evidenza interessi commerciali o finanziari o professionali di cui siano titolari i controinteressati (vedasi art. 24, comma 6, lett. d), della L. n. 241/1990), i quali hanno il diritto di rappresentare eventuali impedimenti all’ostensibilità degli atti che formano oggetto dell’istanza di accesso.
In sostanza, poiché è operazione complessa apprezzare se i contenuti di un certo documento siano potenzialmente in grado di ledere interessi come quelli epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale, menzionati dall’articolo 24, comma 6, lettera d), della legge 241/1990, risulta, dunque, opportuno comunque coinvolgere i controinteressati, che potrebbero fornire elementi rilevanti per l’amministrazione procedente, ai fini della valutazione di elementi ostativi all’esercizio del diritto di accesso.
In conclusione, secondo questa interpretazione il controinteressato non è colui che possa opporre all’accesso l’interesse alla salvaguardia del diritto alla riservatezza, ma colui che per qualsiasi ragione tutelata dall’ordinamento, in quanto possa subire un pregiudizio dall’accesso, abbia da esporre ragioni oppositive all’esercizio dell’accesso.
Tale tesi, tuttavia, si rivela in netto contrasto con quanto prevede la stessa legge 241/1990 e, dunque, da rigettare, in quanto infondata.
Infatti, essa si basa sui seguenti elementi:
a) controinteressato al procedimento di accesso può essere qualsiasi soggetto individuato o facilmente individuabile che possa subire un pregiudizio dal procedimento stesso;
b) la valutazione del pregiudizio, da parte dell’amministrazione, è di carattere discrezionale, sicchè qualora non sia possibile un apprezzamento corretto delle posizioni del terzo, occorre farlo partecipare al procedimento di accesso;
c) la notifica ai terzi è, dunque, un elemento di garanzia contro pregiudizi che l’accesso possa determinare anche alle posizioni giuridiche espressamente menzionate dall’articolo 24, comma 6, della legge 241/1990.
Ma, tutti gli elementi interpretativi sui quali si fonda la tesi della quale si intende dimostrare l’infondatezza, si basano su evidenti errori, determinati da una lettura incompleta delle disposizioni della legge 241/1990.
Rispetto, infatti, alla definizione di “controinteressato”, detta interpretazione incorre in un errore estremamente grave, poiché configura detto soggetto alla luce del Capo I e, in particolare, dell’articolo 7, della legge 241/1990, ignorando che la novella del 2005 alla legge 241/1990 ha inteso proprio rispondere legislativamente al problema dell’individuazione del controinteressato nell’ambito dello specifico e peculiare procedimento di accesso.
I “controinteressati” nell’ambito del procedimento di accesso non sono nè i controinteressati al procedimento amministrativo sottostante all’istanza di accesso, né tutti i soggetti che possano subire un pregiudizio discrezionalmente apprezzabile dall’amministrazione[2].
Il legislatore della novella alla legge 241/1990 si è richiamato alle statuizioni della giurisprudenza, secondo la quale il ricorso in materia d'accesso deve essere notificato ai controinteressati individuabili nei soggetti interessati alla riservatezza dei documenti richiesti con la domanda d'accesso[3].
L’articolo 22, comma 1, lettera c), novellato, della legge 241/1990 è estremamente chiaro nell’individuare i controinteressati in “tutti i soggetti individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza”.
Dunque, la norma tratta il controinteressato all’accesso in modo del tutto peculiare ed indipendente rispetto al controinteressato ad ogni altro procedimento amministrativo.
Il procedimento di accesso è considerato autonomo e speciale rispetto agli altri procedimenti, come del resto rivela la particolare tutela apprestata dalla legge al richiedente, avverso gli atti di diniego all’accesso: si tratta di una tutela esercitabile, in primo luogo, per il tramite di autorità indipendenti (difensore civico o commissione per l’accesso); in secondo luogo, mediante ricorso al Tar attraverso un rito abbreviato, nel quale il giudice amministrativo, per altro, dispone di giurisdizione esclusiva, allo scopo di assicurare ogni possibile strumento istruttorio per ampliare la tutela alla posizione del soggetto che vanta il diritto di accesso.
Dunque, risulta certamente erroneo analizzare la posizione dei controinteressati all’accesso, assimilandola a quella dei controinteressati agli altri tipi di procedimenti amministrativi.
Il procedimento di accesso è di carattere speciale: se così non fosse, il legislatore non avrebbe speso parole per disporne una disciplina particolare ed una tutela giurisdizionale straordinaria.
Pertanto, nell’ambito del procedimento di accesso agli atti, “controinteressati” sono esclusivamente coloro i quali possano contrapporre all’esercizio del diritto di accesso richiesto dall’interessato un interesse oppositivo, derivante dalla sussistenza di un diritto alla riservatezza, ostativo alla presa visione ed estrazione di copia dei documenti. In questo senso, appare inoppugnabile quanto indicato dal Consiglio di stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) 216/2019: “- la nozione di controinteressato all'accesso è data dall'art. 22, comma 1, lett. c) l. 7 agosto 1990, n. 241, per il quale sono "controinteressati" "tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza"; ai fini della qualifica di controinteressato rispetto al diritto all'accesso ai documenti, pertanto, non basta che un soggetto sia, in qualche modo, nominato nel documento richiesto, essendo necessario, invece, che costui sia anche titolare di un diritto alla riservatezza dei dati racchiusi nello stesso documento (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 24 novembre 2017, n. 5483; sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4308; Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd. 08 luglio 2014 n. 395; Cons. Stato, sez. V, 27 maggio 2011, n. 3190);
- l'esistenza di un controinteressato è valutata dall'amministrazione cui è richiesto l'accesso ai sensi dell'art. 3 d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 per cui: "Fermo quanto previsto dall'articolo 5, la pubblica amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui all'articolo 22, comma 1, lettera c), della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione.".
Del resto, l’articolo 22, comma 1, lettera c), della legge 241/1990, nello specificare con assoluta nettezza chi sono i controinteressati al procedimento di accesso, compie un’ulteriore operazione che priva di pregio la tesi secondo la quale l’amministrazione dovrebbe esercitare una funzione di apprezzamento discrezionale della posizione dei controinteressati.
Esattamente all’opposto, il legislatore ha configurato il procedimento di accesso come procedimento vincolato e non discrezionale[4].
La legge 241/1990 ha inteso sottrarre all’amministrazione procedente ogni margine di valutazione discrezionale in merito sia all’individuazione dei controinteressati, sia alle modalità di esercizio del diritto di accesso[5]. Infatti, i controinteressati sono definiti in modo esaustivo dall’articolo 22, comma 1, lettera c), della legge; il diritto si esercita necessariamente con l’endiadi “presa visione ed estrazione di copia”. Rimane, dunque, del tutto sottratta ad un apprezzamento dell’amministrazione l’individuazione dei controinteressati e la modalità con la quale consentire l’accesso.
Il procedimento di accesso è, dunque, un procedimento vincolato, nell’ambito del quale l’amministrazione procedente si limita a valutare, in via istruttoria, solo la legittimazione del richiedente ad esercitare l’accesso, nonché la sussistenza di controinteressati esclusivamente alla luce della sola garanzia del diritto alla riservatezza[6]. Una volta verificato che sussista la legittimazione del richiedente e che non vi siano controinteressati, l’accesso non può che essere esercitato in forma piena e non restringibile in alcun modo dall’amministrazione procedente. Qualora, invece, si individuino controinteressati, l’esercizio del diritto è subordinato agli effetti procedimentali, scaturenti dalla notificazione prevista dall’articolo 3 del Dpr 184/2001, che consente al controinteressato, in quanto titolare di un diritto di riservatezza, di opporsi. Ma, tale opposizione può comprimere il diritto di accesso solo qualora il diritto alla riservatezza sia rilevabile come di portata maggiore rispetto al diritto di accesso, perché in ogni altro caso prevale quest’ultimo ed il suo esercizio resta sempre pieno: non limitabile, dunque, alla sola presa visione, ma esteso anche all’estrazione di copia[7].
Attenzione: di opposizione motivata si tratta e non certo di “autorizzazione” che il terzo possa dare all’amministrazione affinchè questa conceda l’accesso. La PA non può rimettere ad un terzo privato la decisione sull’istanza di accesso, perché è solo chiamata a valutare in via istruttoria se vi siano rischi di lesione della privacy, chiamando in causa il controinteressato; in ogni caso, resta responsabilità esclusiva della PA decidere, non potendo rimettersi genericamente ai contenuti dell’eventuale opposizione del terzo.
Se il procedimento di accesso è vincolato, lo è anche perché non vi sono margini di discrezionalità per individuare i controinteressati.
Detti margini esistono, invece, nell’ambito degli altri procedimenti diversi da quello di accesso, ove, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, della legge 241/1990, il legislatore rimette alla valutazione dell’amministrazione procedente l’individuazione (purchè semplice) di soggetti che possano subire un pregiudizio dal provvedimento finale. Ovviamente, la formula aperta dell’articolo 7, comma 1, che non definisce il pregiudizio, rimette in capo a ciascuna singola amministrazione l’individuazione del pregiudizio, cioè degli effetti negativi che il provvedimento finale possa determinare in capo a soggetti non direttamente configurati come parti del procedimento.
Nel caso, invece, del procedimento di accesso, il “pregiudizio” è già individuato: è tassativamente la lesione al diritto alla riservatezza.
Non contano, dunque, altri diritti o altre posizioni che, nell’ambito di procedimenti amministrativi diversi da quello di accesso, potrebbero portare l’amministrazione a coinvolgere soggetti eventualmente in grado di subire pregiudizi dal provvedimento finale.
E questa conclusione appare del tutto inevitabile e condivisibile. In un procedimento amministrativo diverso da quello dell’accesso, i pregiudizi del terzo controinteressato possono essere di varia natura. Ovviamente, il proprietario di un terreno vicino a quello sul quale sia stato concesso un permesso di costruire, può subire pregiudizi al pieno godimento della sua proprietà, sicchè un suo coinvolgimento come controinteressato nel procedimento è astrattamente ammissibile.
Al contrario, qualora detto proprietario dell’appezzamento vicino a quello destinatario del permesso di costruire chieda di accedere agli atti del procedimento di rilascio del permesso, il destinatario del permesso stesso non assume affatto la posizione di controinteressato al procedimento di accesso.
Nel caso del procedimento del rilascio del permesso, il provvedimento finale, che consente ad un privato di costruire, incide indirettamente sul diritto di proprietà del vicino (in relazione al rispetto dei confini, delle altezze, delle fasce di rispetto, dei volumi).
Nel caso del procedimento di accesso, il provvedimento finale altro non è che un atto di assenso, finalizzato esclusivamente alla tutela della posizione del richiedente, atto che si rivela dovuto qualora il richiedente disponga della legittimazione richiesta dalla legge. Non si vede come l’esercizio del diritto di accesso, consistente solo nell’acquisizione ed esame di documenti, possa arrecare pregiudizio al titolare del permesso di costruire. Mentre, il possibile pregiudizio alla riservatezza non può che derivare dall’eventualità che gli atti oggetto della richiesta ostensiva contengano dati soggetti alla particolare tutela della privacy.
Si potrebbe ribattere che l’esame di questi documenti potrebbe essere, poi, fonte di un procedimento di tutela del vicino. Ma, questo non costituisce certo un pregiudizio per il titolare del permesso di costruire, semmai esercizio di un diritto del privato (per altro, configurabile anche come indiretta garanzia dell’interesse generale) alla rimozione di un atto illegittimo, per altro nell’ambito di un procedimento sostanziale del tutto autonomo, nel quale ovviamente il titolare del permesso di costruire assumerebbe certamente la posizione di controinteressato, potendo intervenire nel procedimento allo scopo di opporsi alla rimozione del provvedimento a sé favorevole.
Il diritto di accesso, in quanto limitato al solo esame di documenti, può arrecare in via diretta un pregiudizio nei confronti di terzi, solo laddove il contenuto di questi documenti si riveli tale da compromettere una loro posizione tutelata dalla legge. E tale posizione non può che essere limitata al solo diritto alla riservatezza: infatti, l’esame di documenti non lede alcuna posizione, se non il diritto a non rendere noti i dati sensibili eventualmente contenuti nel documento.
Il riferimento ai dati sensibili, per loro natura abbastanza facilmente individuabili, conferma che il procedimento di accesso è di natura vincolata. Il rilievo che risulti semplice verificare se vi siano riferimenti alla salute o agli orientamenti politici, mentre è complesso comprendere se vi possano essere lesioni agli interessi epistolari, sicchè in quest’ultimo caso sarebbe comunque opportuna la notifica, è assolutamente inconferente ed erroneo.
Non ha alcun senso utilizzare l’articolo 24, comma 6, della legge 241/1990 per rilevare che i terzi controinteressati possano essere anche soggetti diversi rispetto ai titolari al diritto alla riservatezza.
L’articolo 24, comma 6, infatti, assolve esclusivamente allo scopo di fissare le materie al ricorrere delle quali le amministrazioni, con specifici regolamenti, possano prevedere casi di sottrazione al diritto di accesso. Si tratta, dunque, di una misura:
a) che, ancora una volta, tende a sottrarre aree di discrezionalità all’amministrazione procedente: infatti, se si determinano per via regolamentare casi di sottrazione al diritto di accesso, l’amministrazione allorché verifichi che l’istanza rientri in detti casi, è vincolata a non consentire l’accesso stesso, così come, simmetricamente, acconsentirà necessariamente all’accesso, nell’ipotesi opposta;
b) che non mira a tutelare posizioni di terzi, ma, semmai, a limitare il raggio di azione del diritto di accesso, così ampio che in mancanza di espressi vincoli normativi, si estende a qualsiasi documento;
c) che tende, in conclusione, a rendere indifferente il possesso, in capo al richiedente, dell’interesse diretto, concreto, attuale e corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento: infatti, pur in presenza di tale legittimazione, se il regolamento prevede casi espressi di esclusione, comunque il diritto di accesso non potrà essere esercitato. Ma, le amministrazioni debbono escludere l’accesso con un provvedimento regolamentare, dunque con una norma generale ed astratta, non mediante singoli provvedimenti discrezionali. In mancanza del regolamento di cui all’articolo 24, comma 6, il diritto di accesso non è limitato da interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale, commerciale o di altra natura.
In ogni caso, qualora sia adottato il regolamento che sottrae all’accesso i documenti nei casi di cui all’articolo 24, comma 6, risulta evidente che non si dovrà comunque effettuare alcuna notifica ai controinteressati. Infatti, il responsabile del procedimento di accesso, una volta che rilevi che oggetto dell’istanza di accesso risulti un documento sottratto all’accesso stesso, non dovrà fare altro che rigettare l’istanza adottando, come sempre, un atto vincolato. Non dovrà, invece, attivare la notifica di cui all’articolo 3 del Dpr 184/2006, che scatta solo allorché si rilevi che il richiedente disponga della legittimazione attiva e che il documento sia accessibile.
Ancora, si deve rilevare che ai sensi dell’articolo 5, comma 6, del Dpr 184/2006 “la pubblica amministrazione, qualora in base al contenuto del documento richiesto riscontri l’esistenza di controinteressati, invita l’interessato a presentare richiesta formale di accesso”. Dunque, i controinteressati debbono emergere non in funzione di una situazione sostanziale sottesa al procedimento eventualmente connesso con l’accesso, ma in relazione al “contenuto” dell’atto, cioè con riferimento alla possibilità che la conoscenza dei dati ivi rappresentati possa insorgere quel pregiudizio necessariamente rilevante ai soli fini della tutela della riservatezza.
Anche il Dr 184/2006, dunque, fornisce elementi per escludere radicalmente che la notifica ai controinteressati sia da effettuare in relazione ad un’interpretazione estensiva del concetto di controinteressati o in base a valutazioni discrezionali e di opportunità.
La notificazione ai controinteressati non è da effettuare in base a valutazioni di opportunità, quando dal documento non emergano elementi di lesione alla riservatezza. Nè all’amministrazione è consentito “appoggiarsi” all’opposizione del presunto controinteressato, così da far elaborare da terzi un provvedimento di diniego all’accesso, sfuggendo al dovere di decidere comunque, ponderando in ogni caso il diritto di accesso, che è autonomo dalla situazione giuridica sottostante alla quale la conoscenza dei documenti è funzionale, con l’eventuale opposizione[8].
Si deve, per altro, rilevare che l’effettuazione della notifica a controinteressari diversi da quelli definiti dall’articolo 22, comma 1, lettera c), della legge 241/1990, si rivela un aggravamento al procedimento, vietato dall'articolo 1, comma 2, della stessa legge 241/1990.
In claris non fit interpretatio: sono controinteressati solo coloro che dall'accesso vedrebbero compromessi il loro diritto alla riservatezza; nessun altro.
Richiami all'opportunità o ai principi del procedimento in generale non sono conferenti, perchè nel caso del procedimento di accesso è stata la legge ad individuare con precisione i controinteressati, così eliminando possibilità di apprezzamento discrezionale in capo alle amministrazioni procedenti. Se, dunque, la richiesta di accesso non coinvolge il diritto alla riservatezza, la notifica ai controinteressati è inutile.
D’altra parte, proprio l’articolo 3, comma 1, del Dpr 184/200 è estremamente chiaro nel confermare che controinteressati sono solo i titolari di un diritto di riservatezza, quando prevede che “la pubblica amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui all’articolo 22, comma 1, lettera c), della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi […]”.
I controinteressati, dunque, anche per il regolamento attuativo sono e restano esclusivamente coloro che dall’esercizio del diritto di accesso subirebbero una compromissione al loro diritto alla riservatezza.
Non è data alcuna possibilità, né vi è alcuna necessità che ciò avvenga, alle amministrazioni di individuare in modo discrezionale i controinteressati.
In particolare, occorre escludere radicalmente che la notifica a controinteressati individuati di volta in volta in base a valutazioni di opportunità, possa determinare una modalità surrettizia per denegare o rendere particolarmente difficile l’esercizio del diritto di accesso.
La notifica non assolve certo a tale scopo, ma intende esclusivamente coinvolgere i titolari del diritto di riservatezza, per permettere loro di determinarne l’estensione e consentire all’amministrazione procedente di porre in essere la ponderazione tra il peso del diritto di accesso richiesto ed il peso del diritto alla riservatezza vantato.
E’ opportuno ricordare, a questo proposito, che nei rapporti tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza:
1) il diritto di accesso sia esercitabile senza restrizioni qualora il documento sia privo di dati personali (accesso integrale): in questo caso, quindi, non è necessaria la notifica di cui all’articolo 3 del Dpr 184/2006;
2) il diritto di accesso è esercitabile senza restrizioni qualora il documento presenti dati personali, ma l’accesso sia richiesto dalla persona alla quale i dati si riferiscono (accesso integrale per il solo interessato cui i dati personali si riferiscono): anche in questo caso non è necessaria la notifica di cui all’articolo 3 del Dpr 184/2006;
3) il diritto di accesso è esercitabile senza restrizioni, nonostante il documento contenga dati sensibili e giudiziari, ma l’interessato dimostri la necessità di accedere per curare o per difendere i propri interessi giuridici (accesso integrale “rinforzato”): in questo caso, tuttavia, si ritiene necessaria la notifica di cui all’articolo 3 del Dpr 184/2006;
4) il diritto di accesso è soggetto al trattamento previsto dal d.lgs 196/2003, quando il documento presenti dati personali di terzi (possibilità di opposizione da parte del controinteressato), contenga dati sensibili o giudiziari di terzi o, ancora, contenga i dati sottoposti alla particolare tutela di cui all’articolo 60 del d.lgs 196/2003 (accesso parziale): in questo caso è ovviamente necessaria la notifica di cui all’articolo 3 del Dpr 184/2006.
Con specifico riferimento al punto 3) sopra esposto, è opportuno precisare che a mente dell’articolo 24, comma 7, della lege 241/1990 “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. Detta norma, quindi, impone all’amministrazione di concedere l’accesso, laddove il richiedente dimostri che il proprio interesse, diretto, concreto, attuale, connesso al documento, consista, ad esempio, nella difesa in giudizio di una sua posizione. In questo caso, pertanto, l’amministrazione non ha alcun margine per denegare l’accesso o ritenere il documento non accessibile. Però, la notifica è necessaria, in quanto il titolare di eventuali diritti alla riservatezza rilevanti dagli atti deve essere messo in condizione di conoscere il trattamento degli atti stessi, pur non potendo efficacemente opporsi all’accesso.
[2] Il Consiglio di Stato, Sez.VI, sentenza 25 giugno 2007, n.3601, ha affermato il principio secondo cui “sono controinteressati non tutti coloro che, a qualsiasi titolo, sono nominati o coinvolti nel documento oggetto dell’istanza ostensiva, ma solo coloro che per effetto dell’ostensione vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza”. Ed ancora “pur non potendosi sottovalutare l’ampliamento e la progressiva importanza assunta dal diritto alla riservatezza, il Collegio ritiene, tuttavia, che tale situazione giuridica concerna solo quelle vicende collegate in modo apprezzabile alla sfera privata del soggetto, e non anche quelle destinate ad assumere un carattere pubblico”.
TAR Lazio, Sez. seconda, n. 4790, del 21/5/2008: “Ora, in virtù del testé indicato art. 22, c. 1, lett. c), in materia d’accesso ai documenti amministrativi, per controinteressati s’intendono «… tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza…». Non è chi non veda come la norma primaria riconosca la posizione di controinteresse in capo soltanto a coloro, tra tutti quelli nominati o coinvolti nel documento oggetto dell'istanza ostensiva, che per effetto dell'accesso vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza.
Ebbene, non sottovaluta certo il Collegio l'ampliamento e la progressiva importanza assunta dal diritto alla riservatezza, ma quest’ultimo concerne solo quelle vicende collegate in modo apprezzabile alla sfera privata del soggetto (cfr. così Cons. St., VI, 25 giugno 2007 n. 3601), secondo quanto al riguardo prevedono, in generale (compresi i dati sensibili e giudiziari), l’art. 59 e, per i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, l’art. 60 del Dlg 30 giugno 2003 n. 196. Sul punto, già la Sezione (cfr. TAR Lazio, II, 19 ottobre 2006 n. 10620) ebbe modo di precisare, con statuizione da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, che, nel bilanciamento di interessi che connota la disciplina del diritto d'accesso, questo prevale sull'esigenza di riservatezza dei terzi ogniqualvolta esso serva per la cura o la difesa di interessi giuridici del richiedente, come nella specie, dove il Condominio controinteressato ha acceduto agli atti del ricorrente per verificare se ed in qual misura i lavori edili da lui effettuati implichino problemi alla statica del fabbricato. La Sezione ha altresì chiarito che il diritto d'accesso recede qualora si tratti di dati personali (dati c.d. « sensibili »), cioè di quegli atti idonei a rivelare l'origine razziale o etnica, le convenzioni religiose o politiche, lo stato di salute o la vita sessuale dei terzi, nel qual caso l'art. 60 del Dlg 196/2003 consente l'accesso solo a condizione che la posizione giuridica soggettiva, che il richiedente deve far valere o difendere, sia di rango almeno pari a quello della persona cui si riferiscono tali dati (cfr. pure Cons. St., VI, 27 ottobre 2006 n. 6440). Fuori da questa ipotesi, che non sussiste in materia urbanistico - edilizia —nel qual campo il ricorrente ed il Condominio controinteressato in pratica contro-vertono—, resta fermo il jus receptum (cfr., per tutti, Cons. St., VI, 23 ottobre 2007 n. 5569) per cui l'accesso prevale anche sul diritto alla riservatezza qualora sia strumentale (e nella specie, certamente lo è) alla cura o alla difesa degli interessi giuridici del soggetto richiedente, salvo che vengano in considerazione (ma non è questo il caso) appunto quei dati sensibili o sensibilissimi, idonei cioè a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, per il cui trattamento dispone l’art. 60 del Dlg 196/2003. Sicché, ai fini dell’operatività dell’istituto partecipativo ex art. 3, c. 2 del DPR 184/2006, non basta predicare d’aver un generico interesse alla riservatezza dei dati cui un terzo intende accedere, a pena di formulare una pretesa meramente formalista, se non emulativa”.
[3] T.A.R. Campania Sezione V, Napoli, 28 febbraio 2001, n. 918.
[4] In termini, G. Virga, L’araba fenice della natura giuridica del diritto di accesso, in www.lexitalia.it, secondo il quale “specie a seguito della disciplina regolamentare, l’attività svolta in materia dalla P.A. non sembra affatto discrezionale, ma è da ritenere prevalentemente (se non esclusivamente) vincolata, essendo l’accesso sempre ammesso (ovviamente nella ricorrenza dei necessari presupposti), tranne i casi in cui esso sia espressamente vietato”.
[5] Consiglio di stato, Sez. III, 9.1.2019, n. 216:
“Sul punto, giova richiamare i più recenti arresti giurisprudenziali che valgono a governare in subiecta materia le forme di tutela dei soggetti controinteressati e, di recente, ben sintetizzati da questo Consiglio (SEZ V) con la sentenza del 03/05/2018 n. 2634:
- l'art. 116, comma 1, Cod. proc. amm. dispone che: "Contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all'inadempimento degli obblighi di trasparenza, il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formulazione del silenzio, mediante notificazione all'amministrazione ed ad almeno uno dei controinteressati.".
- la nozione di controinteressato all'accesso è data dall'art. 22, comma 1, lett. c) l. 7 agosto 1990, n. 241, per il quale sono "controinteressati" "tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza"; ai fini della qualifica di controinteressato rispetto al diritto all'accesso ai documenti, pertanto, non basta che un soggetto sia, in qualche modo, nominato nel documento richiesto, essendo necessario, invece, che costui sia anche titolare di un diritto alla riservatezza dei dati racchiusi nello stesso documento (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 24 novembre 2017, n. 5483; sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4308; Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd. 08 luglio 2014 n. 395; Cons. Stato, sez. V, 27 maggio 2011, n. 3190).
- l'esistenza di un controinteressato è valutata dall'amministrazione cui è richiesto l'accesso ai sensi dell'art. 3 d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 per cui: "Fermo quanto previsto dall'articolo 5, la pubblica amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui all'articolo 22, comma 1, lettera c), della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione.".
- di conseguenza, se, nel procedimento avviato dall'istanza di accesso ai documenti, l'amministrazione individua un controinteressato, a quel soggetto dovrà essere notificato l'eventuale ricorso proposto dall'istante avverso il rifiuto all'accesso adottato dall'amministrazione (ovvero avverso il silenzio). E, per converso, nel caso in cui l'amministrazione non abbia in sede procedimentale individuato alcun controinteressato, l'istante non sarà tenuto a notificare il ricorso ad alcun controinteressato (così, Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd. 16 marzo 2017 n. 104, Cons. Stato, Sez. VI, 8 febbraio 2012, n. 677; sez. VI, 30 luglio 2010, n. 5062; sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4308; 16 maggio 2011, n. 2968).
- qualora l'amministrazione, in sede procedimentale, non ravvisi posizioni di controinteressato rispetto alla domanda di accesso e, dunque, l'istante non è tenuto a notificare il ricorso ad altri oltre all'amministrazione, il giudice adito può valutare anche d'ufficio l'esistenza di posizione di controinteresse ed imporre la notifica del ricorso di primo grado (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4308; Cons. Stato Sez. III, Sent., 16-05-2016, n. 1978)”.
[6] Così anche L. Busico “Alla plenaria la questione dell’ammissibilità del ricorso avverso il diniego di accesso meramente confermativo di precedente diniego non impugnato”, in www.lexitalia.it, ove l’Autore rileva che “il diritto di accesso è inserito in una legge di settore che ne disciplina minutamente l’attribuzione e l’esercizio nell’esclusivo interesse del richiedente e può trovare un limite solo in specifiche e tassative esigenze di riservatezza (dei terzi o dell’amministrazione stessa) stabilite dalla legge, ma non anche in mere valutazioni di opportunità di chi detiene il documento”. Si veda Tar Catania, Sezione 4^, n. 584/2018: “Nel caso di specie, poi, la assoluta mancanza di motivazione in entrambi gli atti di opposizione (ben diversamente da quella invece a corredo della formulata domanda d’accesso), oltre che costituire la violazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 184/2006, rende all’opposto soccombente proprio il mai dimostrato “diritto alla riservatezza” della dott.sa *** e del dott. ***; il quale comunque assai difficilmente avrebbe potuto condurre l’Amministrazione intimata ad un giudizio di loro prevalenza sulle esigenze conoscitive della istante, in base ad una giurisprudenza che il Collegio condivide e secondo cui “sullo specifico versante delle richieste di accesso ad atti riguardanti lo status o comunque la carriera di un dipendente pubblico… la giurisprudenza si è orientata nel senso che in linea di principio non sono configurabili controinteressati in senso tecnico (non potendosi ipotizzare alcuna lesione della loro sfera giuridica nel caso di ostensione degli atti), tranne i casi i cui siano chiesti atti concernenti loro dati sensibili” (CGA, Sez. Giurisd., sent., 16 marzo 2017, n. 104; Consiglio di Stato, sez. V, sent. 17 marzo 2015, n. 1370; Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 14 aprile 2010, n. 2093).
[7] Consiglio di Stato, Sezione VI, 20 aprile 2006, n. 2223.
[8] Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda Ter), 26 novembre 2009, n. 11753/2009: “Ai sensi dell’art. 22 della legge 7.8.1990 n. 241, l’interesse del soggetto che chiede di accedere a documenti amministrativi deve essere personale e concreto, quindi serio, cioè non riconducibile a mera curiosità, e collegato con una situazione giuridicamente rilevante la quale non deve coincidere necessariamente con una posizione di interesse legittimo o diritto soggettivo”. “… illegittimamente l’amministrazione nega l’accesso agli atti ponendo a fondamento del diniego la mancanza del consenso all’accesso da parte dei controinteressati, e sostenendo che non avrebbe potuto valutare diversamente la questione, potendo solo uniformarsi alla volontà degli stessi, a tutela della loro riservatezza, in quanto la normativa in materia di accesso agli atti, lungi dal rendere i controinteressati arbitri assoluti delle richieste che li riguardino, rimette sempre all’amministrazione destinataria della richiesta di accesso il potere di valutare la fondatezza della richiesta stessa, anche in contrasto con l’opposizione eventualmente manifestata dai controinteressati (in tal senso T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 20 luglio 2007 , n. 1277)”.
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