Il Ministero dei beni culturali
invia ai partecipanti alla “selezione” per la nomina come direttore del Parco
del Colosseo una mail, nella quale lascia gli indirizzi di tutti i 75
partecipanti. Si svela, quindi, a ciascuno dei candidati il lotto dei concorrenti.
Un errore procedurale, tanto
clamoroso quanto ridicolo, che adesso mette qualche bastone tra le ruote
nell’iter della nomina del direttore.
Il Mibact, dunque, torna agli
onori della cronaca, dopo la vicenda non ancora risolta (ma che sicuramente finirà
con la salvezza degli incarichi già assegnati, in sede di Consiglio di stato)
delle nomine dei direttori stranieri.
Ora: va bene tutto. E’
sicuramente vero che la normativa italiana riserva i posti dirigenziali (quali
sono quelli dei direttori dei siti e dei musei) solo a chi possieda la
cittadinanza italiana e solo forzature che il Consiglio di stato ha già
anticipato potranno fare salvi gli incarichi già assegnati; è altrettanto vero
che, in fondo, selezioni attraverso colloqui tramite Skype di per sé non
possono essere considerati negativamente, ancorché non durino solo 8 minuti
come avvenuto per i direttori dei musei e si svolgano (cosa non avvenuta) in
sedi controllate e protette. è pure possibile che la forma solo nozionistica
concorsuale sia non adeguata, quando la candidatura è riservata a soggetti già
dotati di acclarata professionalità allo scopo, sicchè occorre valutare anche
capacità progettuali, qualità manageriali ed altro.
Ma, giungere così platealmente a
disvelare la vera e propria farsa nella quale consistono le “selezioni” per le
nomine di questi incarichi supera ogni immaginazione.
Per quanto in astratto sia
perfettamente corretto e, anche, giusto, attivare selezioni orientate alla
verifica delle capacità operative di chi sia chiamato a dirigere musei, è
perfettamente noto che in Italia procedure selettive basate, sostanzialmente,
su test e colloqui, finalizzati a creare rose di candidati, sono solo il
polverone per far credere alla realizzazione di una vera selezione
meritocratica, mentre, invece, è solo la copertura a scelte già compiute.
Lo scivolone nella procedura di
incarico del direttore del Parco del Colosseo, rivelato da Il Fatto Quotidiano
nell’articolo “Il bando farsa del Colosse: una mail svela i concorrenti”,
dimostra senza ombra di dubbio che la presunta “selezione” è solo, appunto,
farsa, teatro. Così irrilevante e inutile, da essere gestita con una leggerezza
incredibile, tale da mettere ciascun candidato nella condizione di conoscere
tutti gli altri concorrenti, con in mezzo anche significative violazioni al
diritto alla riservatezza per divulgazione di dati personali come le mail.
Ciò che colpisce maggiormente,
comunque, non è l’imperdonabile sciatteria con la quale si svolgono le
cosiddette “selezioni”, ma la conferma che esse non servono davvero a nulla,
poiché i nomi dei “fortunati vincitori” sono già noti. L’articolo de Il Fatto
Quotidiano dà per scontato che il soggetto più accreditato sia Jane Thompson
(che ha la doppia cittadinanza, compresa quella italiana, a scanso di
equivoci), già impalmata dal Ministero con incarichi precedenti.
Allora: se gli incarichi
dirigenziali debbono essere gestiti come esercizio di potere completamente
arbitrario e connesso solo a ragioni politiche e di appartenenza, senza che
merito e capacità abbiano concreta cittadinanza, non è meglio uscire dalle
ipocrisie? Che il Ministro nomini chi vuole, senza orpelli e procedure
sedicenti “selettive” inutili, buone solo per far capire quanto arretrata sia
la conoscenza di mezzi informatici di comunicazione e gestione di colloqui.
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