Introdurre normativamente il
principio di rotazione non è stata un’idea felicissima, perché risulta
difficile, al limite dell’impossibile, coordinarlo con gli altri principi
enunciati dall’articolo 30 del codice dei contratti e scongiurare le possibili
disfunzioni alle gare.
La bozza di aggiornamento delle
Linee Guida 4/2017 sugli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria,
elaborata dall’Anac, fornisce la conferma ulteriore dell’inopportunità estrema
della previsione della rotazione quale criterio vincolistico dell’azione
amministrativa.
Di fatto, l’Autorità davanti alle
aporie scatenate dal principio letteralmente non può fare altro che porre
problemi, senza riuscire ad indicare soluzioni univoche e convincenti e,
dunque, non può fare altro che puntare sul consenso che mostreranno i soggetti
interessati (denominati, con quell’elemento di provincialismo del quale ormai
le istituzioni non riescono a fare a meno, “stakeholders”) ad una delle possibili
soluzioni proposte, con molte contorsioni.
Prima di esaminare le soluzioni
prospettate dall’Anac, è bene soffermarsi, però, sull’analisi che le Linee
Guida propongono dei vari principi generali enunciati dal codice ed in
particolare:
-
principio
di libera concorrenza, che secondo l’Anac implica “l’effettiva contendibilità degli affidamenti da parte dei soggetti
potenzialmente interessati”;
-
principio
di non discriminazione e di parità di trattamento, i quali, per l’Anac, si
attuano con “una valutazione equa ed
imparziale dei concorrenti e l’eliminazione di ostacoli o restrizioni nella
predisposizione delle offerte e nella loro valutazione”.
Ora, appare difficile negare che
tali principi proprio non si coordinano e non si reggono insieme appunto a
quello della rotazione, definito dall’Anac “il
non consolidarsi di rapporti solo con alcune imprese, favorendo la
distribuzione delle opportunità degli operatori economici di essere affidatari
di un contratto pubblico”.
Distribuire le opportunità di
contrattare tra i vari operatori economici, scongiurando il consolidamento dei
rapporti delle imprese già aggiudicatarie di contratti (è evidente che la
questione riguarda in particolare servizi e forniture ricorrenti), significa
necessariamente:
1)
non
garantire l’effettiva contendibilità degli affidamenti; infatti, per evitare il
consolidamento, si deve necessariamente incidere sulla posizione giuridica
dell’aggiudicatario uscente, la cui posizione va considerata recessiva rispetto
a quella degli altri operatori economici;
2)
ma, così
operando, cioè indebolendo la posizione del precedente affidatario, si pongono
in essere esattamente quelle restrizioni e quegli ostacoli alla partecipazione
alle gare che ledono il principio di non discriminazione.
Non ci sono alternative: ove il principio
di rotazione sia interpretato nel senso di obbligare a non permettere
all’affidatario uscente di contendere con altri operatori economici
l’affidamento di una prestazione contrattuale analoga o identica alla
precedente, si ledono necessariamente i principi di libera concorrenza e non
discriminazione.
Che chi ha insistito per
valorizzare normativamente il principio di rotazione nel codice dei contratti
abbia cacciato tutti gli operatori in un vicolo cieco, lo dimostra l’analisi
dell’Anac dei vincoli sottesi alla revisione della disciplina della rotazione.
Il primo vincolo considerato
dalla bozza di modifica delle Linee Guida è il seguente: “a) escludere dalla possibilità di
partecipare ad una procedura negoziata o, al limite, ad un affidamento diretto
il precedente affidatario potrebbe essere controproducente per la stazione
appaltante, che potrebbe vedersi privata della possibilità di ricorrere alle
prestazioni di un operatore economico che si è comportato in modo corretto ed
efficiente. Inoltre, l’operatore
economico, poiché sa che non potrà essere riconfermato, avrà minori incentivi a
un comportamento corretto. D’altra parte, il consolidarsi di rapporti tra
stazione appaltante e singoli operatori economici aumenta il rischio di rendite
di posizione, corruzione o favoritismi”.
In realtà, non solo l’esclusione potrebbe rivelarsi controproducente se
coinvolga un operatore economico che abbia adempiuto con competenza e
correttezza alla prestazione, ma, come rilevato sopra, finisce per ledere i
principi di concorrenza e non discriminazione. Certo, il rischio del
consolidamento dei rapporti esiste: ma, è proprio il principio della libera
concorrenza, cioè la possibilità offerta agli imprenditori di comporre le
offerte in modo più vantaggioso economicamente o qualitativamente che deve
pungolare il precedente affidatario. Escluderlo da successive procedure
selettive non ha nemmeno un senso economico-imprenditoriale. L’Anac è
consapevole di quanto appena affermato e lo espone con chiarezza nella parte
evidenziata in grassetto.
Il secondo tipo di vincolo evidenzia il rischio di una progressiva
riduzione del lotto dei concorrenti, discendente da una continua esclusione
dalle liste dei soggetti selezionati per presentare offerte: “b) considerazioni analoghe valgono per la
rotazione degli inviti. L’esclusione da successivi inviti o dalla possibilità
di un affidamento diretto di un soggetto non aggiudicatario di una precedente
gara alla quale, tuttavia, ha partecipato, rischia di penalizzare fortemente le
imprese. Gli operatori economici, sapendo di giocare l’unica chance (almeno per
un certo periodo di tempo) di potersi aggiudicare un contratto con una
determinata stazione appaltante, saranno indotti a formulare offerte molto
competitive, con il rischio di non poter assicurare in fase di esecuzione
contrattuale quanto offerto in sede di gara (offerte anomale). Sotto un diverso
profilo, la mancata considerazione delle imprese già invitate alle gare
precedenti per successivi inviti potrebbe, specie nel caso di elenchi non molto
lunghi, rendere prevedibile il nominativo degli operatori economici da invitare
nelle successive procedure, con rischi per la concorrenza in gara. D’altra
parte, consentire di invitare nuovamente soggetti che hanno già avuto chance di
partecipare a gare, potrebbe impedire la partecipazione di altri operatori
economici, contraddicendo la ratio della norma che vuole la rotazione degli
inviti e degli affidamenti”.
Insomma, la rotazione degli inviti crea più problemi che vantaggi e,
soprattutto, anch’essa confligge frontalmente con i principi della concorrenza
e della non discriminazione.
Ultimo vincolo deriva anche dal valore dei contratti: “c) sotto un diverso profilo, occorre
valutare di come tener conto del valore degli affidamenti nell’attuazione del
principio di rotazione. I contratti sotto soglia comunitaria, via via affidati
da una determinata stazione appaltante, possono essere di importo molto
differente tra loro, passando da contratti di modico valore a contratti che
raggiungono il valore limite della soglia. L’operatore economico che è invitato
a partecipare alla procedura per l’affidamento di un contratto di modico valore
potrebbe, quindi, vedersi pregiudicata la possibilità di essere invitato a
presentare offerta per l’aggiudicazione di un contratto di ben più
considerevole importo, laddove il precedente invito impedisca inviti per le
gare successive. Il riconoscimento di pari opportunità, sotteso al principio
di rotazione, dovrebbe presupporre parità di valore della chance concessa”.
Un’analisi SWOT farebbe presto ad
evidenziare che i benefici della rotazione sono largamente inferiori agli
svantaggi.
La soluzione al problema dovrebbe
consistere:
a)
nel
prendere atto che esso è, in effetti, irrisolvibile se si consente nel sotto
soglia quel margine di discrezionalità effettivamente presente nell’articolo
36, comma 2, nella selezione dei soggetti da invitare; pertanto, il regolatore,
per evitare di infrangersi sulle aporie prodotte dall’antitesi
rotazione/concorrenza-non discriminazione, dovrebbe rassegnarsi e nel rispetto
dell’idea liberale dell’economia, affidarsi a non imporre regole di dettaglio,
lasciando espandere la discrezionalità fino ai suoi margini consentiti, sicchè
sia eventualmente il giudice a verificare se di volta in volta tali margini
siano superati;
b)
nel
rinunciare, al contrario, ad una visione liberale, prescrivendo, dunque,
comportamenti. Ma, poiché nessuna delle soluzioni che l’Anac suggerisce elimina
i margini di discrezionalità causa degli svantaggi derivanti dalla rotazione, allora
la soluzione vera è un’altra; la esponiamo dopo aver guardato le tre ipotesi
suggerite dall’Autorità.
La prima è la seguente: “a) di suddividere l’elenco degli operatori
economici, oltre che per tipologia di affidamento, anche per fasce di importo,
considerando ogni sezione come elenco a sé stante. In questo caso un operatore
economico invitato per un affidamento rientrante in una determinata sezione non
potrà partecipare a procedure per affidamenti relativi alla medesima sezione”.
In questo modo, si permette ad un operatore economico di partecipare a
più selezioni, se iscritto in più sezioni dell’albo. Non è chi non veda,
comunque, come il suggerimento si presti a strumentalità e, comunque, comporti
una forte moltiplicazione di adempimenti burocratici.
La seconda ipotesi è: “b) adottare
il principio di rotazione secondo un principio di casualità, ovvero permettendo
di selezionare nuovamente un soggetto già selezionato per un precedente
affidamento (eventualmente escludendo il solo affidatario). In questo modo si
elimina il rischio di moral hazard determinato dalla consapevolezza di avere
un’unica chance con una determinata stazione appaltante. Per elenchi numerosi o
relativi ad affidamenti frequenti da parte della stazione appaltante non
dovrebbero alterarsi significativamente le probabilità di estrazione dei
singoli operatori economici”.
Effettivamente, con un’estrazione a sorte passa qualsiasi paura: non si
esercita nessuna discrezionalità e ci si affida al caso. In effetti, in questo
modo non è proprio ammissibile escludere dall’estrazione nessuno, nemmeno il
precedente affidatario, in quanto il destino non è uno strumento di espressione
di volontà consapevole amministrativa: non v’è ragione per impedire al
precedente affidatario di fidare nella possibilità di uscire vincente da
un’ordalia.
La terza ipotesi è un sub della seconda: “c) nel caso di divieto di estrarre nuovamente un soggetto già
selezionato si pone il problema di quando consentire il superamento di tale
divieto: man mano che si eliminano dall’elenco i soggetti già selezionati si
riduce la numerosità dello stesso, rischiando di rendere prevedibile la lista
dei selezionati per determinate procedure”.
Si nota come l’Anac non riesca, a
ben vedere, ad uscire dal guado nel quale l’ha cacciata e si è cacciato il
legislatore.
Poiché con le norme del codice e
le ipotesi delle Linee Guida oggettivamente non se ne esce, una buona soluzione
sarebbe tornare all’usato sicuro: la comunicazione interpretativa della Commissione
relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non
o solo parzialmente disciplinate dalle direttive «appalti pubblici» (2006/C
179/02).
Saggiamente, la Commissione ricorda: “Secondo la CGCE (Causa Telaustria, paragrafo 62 e causa Parking Brixen, paragrafo 49), i
principi di uguaglianza di trattamento e
di non discriminazione comportano un obbligo
di trasparenza che consiste nel garantire,
in favore di ogni potenziale
offerente, un adeguato livello di pubblicità che consenta l'apertura del mercato alla concorrenza.
L'obbligo di trasparenza implica che un'impresa situata sul territorio di un
altro Stato membro possa avere accesso ad informazioni adeguate relative
all'appalto prima che esso sia aggiudicato, in modo tale che, se tale impresa
lo desidera, sia in grado di manifestare
il proprio interesse ad ottenere tale appalto”.
Come si nota, l’Autorità europea
nemmeno si pone il problema dell’eventuale rendita di posizione del precedente
affidatario: i principi di uguaglianza di trattamento e non discriminazione consentono,
mediante un’adeguata pubblicità, di attuare il principio fondamentale: la
garanzia della concorrenza mediante apertura al mercato. Quindi un avviso
pubblico e trasparente che consenta ad ogni (ogni, significa tutti)
imprenditore di manifestare il proprio interesse a partecipare alla selezione
per ottenere l’appalto è la soluzione principe.
Di fatto, il sistema migliore è
un avviso pubblico semplificato, anche nel sotto soglia. Qualcosa che somiglia
molto alla vecchia licitazione privata e che consenta di aprire al mercato
senza alcuna discriminazione, come forma di consultazione senza vincoli.
Molti si chiederanno: ma, in
questo modo, non ci si apre al rischio che per procedure magari finalizzate ad
affidamenti di limitato valore si presentino troppi candidati, allungando i
tempi?
Vero. Ma, non si deve dimenticare
che il principio di proporzionalità, enunciato dall’articolo 30 del codice dei
contratti, è interpretato dall’Anac come “l’adeguatezza
e idoneità dell’azione rispetto alle finalità e all’importo dell’affidamento”.
Si possono, quindi, adattare le modalità operative, anche stabilendo, a monte
ed in modo chiaro e trasparente, sistemi di limitazione del numero degli
operatori economici con cui relazionarsi. Infatti, l’interpretazione della Commissione
Ue afferma: “Le amministrazioni
aggiudicatrici hanno la facoltà di
limitare[1]
il numero di candidati a un livello adeguato, a condizione di farlo in modo
trasparente e non discriminatorio. Possono ad esempio applicare criteri
oggettivi, come l'esperienza dei candidati nel settore in questione, le
dimensioni e l'infrastruttura delle loro attività, la loro capacità tecnica e professionale o altri fattori. Possono
anche optare per una estrazione a
sorte, sia come unico meccanismo
di selezione, sia in combinazione con altri criteri. In ogni caso, il
numero dei candidati iscritti sull'elenco ristretto deve rispondere alla
necessità di garantire una sufficiente
concorrenza”.
L’estrazione a sorte di cui parla
anche l’Anac è, quindi, ammessa anche a livello europeo e può essere lo
strumento lecito di limitazione dei partecipanti ad un avviso pubblico di
manifestazione di interesse.
E per i casi di urgenza? La Commissione ha dato
una risposta anche a questo problema: “Le direttive «appalti pubblici» prevedono deroghe specifiche che
autorizzano, a talune condizioni, procedure senza previa pubblicazione di un
avviso pubblicitario (2 ). I casi più importanti riguardano le situazioni di
estrema urgenza, risultanti da eventi imprevedibili, e gli appalti la cui esecuzione,
per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di
diritti esclusivi, può essere affidata unicamente ad un determinato operatore
economico. La Commissione
ritiene che le deroghe pertinenti possano essere applicate agli appalti non
disciplinati dalle direttive. Le
amministrazioni aggiudicatrici possono pertanto aggiudicare tali appalti senza
previa pubblicazione di un avviso pubblicitario, a condizione di rispettare le
condizioni enunciate nelle direttive per una di tali deroghe”.
Come si nota, dall’ordinamento europeo si potevano trarre tutti gli
elementi per disciplinare, senza eccedere in dettagli normativi, affidamenti
non interamente coperti dalle regole codicistiche ed evitare di porsi il
problema della rotazione, sì da farne un feticcio. Ci sarebbe tempo e modo per
tornare alle sagge e semplici indicazioni del 2006. Bisogna capire se c’è la
volontà di farlo.
[1] Si veda l’articolo 91 del
codice dei contratti:
“Art. 91. (Riduzione del numero di candidati
altrimenti qualificati da invitare a partecipare)
1. Nelle procedure ristrette, nelle procedure
competitive con negoziazione, nelle procedure di dialogo competitivo e di
partenariato per l'innovazione, le stazioni appaltanti, quando lo richieda la
difficoltà o la complessità dell'opera, della fornitura o del servizio, possono
limitare il numero di candidati che soddisfano i criteri di selezione e che
possono essere invitati a presentare un'offerta, a negoziare o a partecipare al
dialogo, purché sia assicurato il numero minimo, di cui al comma 2, di
candidati qualificati.
2. Quando si avvalgono di tale facoltà, le stazioni
appaltanti indicano nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse i
criteri oggettivi e non discriminatori, secondo il principio di
proporzionalità, che intendono applicare, il numero minimo dei candidati che
intendono invitare, e, ove lo ritengano opportuno per motivate esigenze di buon
andamento, il numero massimo. Nelle procedure ristrette il numero minimo di
candidati non può essere inferiore a cinque. Nella procedura competitiva con
negoziazione, nella procedura di dialogo competitivo e nel partenariato per
l'innovazione il numero minimo di candidati non può essere inferiore a tre. In
ogni caso il numero di candidati invitati deve essere sufficiente ad assicurare
un'effettiva concorrenza. Le stazioni appaltanti invitano un numero di
candidati pari almeno al numero minimo. Tuttavia, se il numero di candidati che
soddisfano i criteri di selezione e i livelli minimi di capacità di cui
all'articolo 83 è inferiore al numero minimo, la stazione appaltante può
proseguire la procedura invitando i candidati in possesso delle capacità
richieste. La stazione appaltante non può includere nella stessa procedura
altri operatori economici che non abbiano chiesto di partecipare o candidati
che non abbiano le capacità richieste”.
Si condivide la lucida analisi e non può convenirsi che il legislatore, nel solito eccesso di zelo, con l'irrigidimento della "rotazione" (principio sconosciuto nel diritto europeo, che andrebbe confinato nella gabbia dei criceti) ha messo l'ANAC in un cul de sac.
RispondiEliminaVa detto che anche ANAC c'ha messo del suo, inventando il principio di rotazione prima del legislatore.
Giuste anche le conclusioni, non se ne esce senza il buon senso che, purtroppo, soccombe a fronte della norma di legge (e forse anche a fronte di ANAC).
In attesa che i giudici amministrativi disapplichino gli eccessi del sistema (sappiamo che è un aborto giuridico, ma nella realtà il superamento pratico dei vincoli di legge è già stato fatto a suo tempo con gli oneri di sicurezza, il costo della manodopera, le clausole sociali, il RUP nelle commissioni giudicatrici ecc.)
Forse si stava meglio quando si stava peggio.
In effetti, la logica sottesa ai principi di rotazione sfugge al buon senso.
EliminaVero è che la rotazione confligge con i principi della concorrenza e della non discriminazione, ma ancor di più confligge con il sacrosanto principio della convenienza per la Pubblica Amministrazione, che, piuttosto che effettuare l'acquisto più conveniente, dovrebbe inventarsi delle tecniche per garantire la rotazione e la non discriminazione.
Provocatoriamente mi chiedo: ma se questi principi sono così validi, perché non li applichiamo anche a casa nostra e quando dobbiamo chiamare un idraulico lo estraiamo a sorte dalle pagine gialle? E se poi ci troviamo bene, come mai non lo escludiamo dalle successive selezioni?
La risposta è che a casa nostra sentiamo la responsabilità delle scelte che facciamo. Il Legislatore, invece, dà per scontato che il funzionario della P.A. sia per definizione un soggetto che non debba/possa sentire alcuna responsabilità diretta delle proprie scelte, e debba/possa nascondersi dietro la foglia di fico del sorteggio, della rotazione, delle procedure, della cabala, degli aruspici etc...
Siamo arrivati al punto che gli Enti, una volta che hanno acquisito qualcosa tramite MEPA, travisandone più o meno volontariamente lo scopo, ritengono di avere assolto al proprio dovere, anche qualora sul MEPA sia presente, per un certo bene, una sola offerta o un'offerta più conveniente.
Servirebbero meno regole e più controlli sui risultati!
Dato per scontato che l'ANAC sia in buona fede e voglia combattere davvero la corruzione, la stessa ANAC sbaglia proprio del tutto la strategia. Il punto è che un corrotto non si pone alcun problema, nel senso che più vincoli normativi e più linee guida complesse vengono proposte, più aumenta il prezzo della corruzione e possiamo essere sicuri che i corrotti le procedure le rispettano tutte. Lancio una provocazione. Una volta che il sorteggio come metodo di aggiudicazione (oltre che di selezione) è stato sdoganato, accettato e confermato anche nel correttivo (anche se gli si danno dei nomi altisonanti la sostanza non cambia nel senso che sempre di sorteggio e di aggiudicazione affidata al caso si tratta), tutti gli appalti da 0 a 2 mln di euro possono essere affidati con un sorteggio (PUBBLICO!) puro e semplice. Di colpo svanirà la corruzione, almeno per gli affidamenti. Ma forse alcuni politici e loro supporter non vogliono davvero che svanisca la corruzione, solo che venga aumentata la percentuale della tangente. Potremmo ritrovare la corruzione nell'esecuzione, ma è una questione di controlli e in ogni caso meno probabile non essendoci già "compari". Sfido chiunque a sostenere con onestà intellettuale che il criterio dell'art. 97 comma 2 (in combinazione con l'esclusione automatica), oltre che utile per venire incontro alle esigenze di riduzione dei ribassi da parte delle lobby (è corruzione di stato o è legittima?) può anche lontanamente o in via indiretta consentire di individuare l'offerta più conveniente o più corretta e favorire la concorrenza.
RispondiEliminaIn disparte ogni considerazione politica sulla sensatezza o meno del criterio un banale algoritmo per gestire la rotazione:
RispondiElimina• le ditte partono con zero punti
• a ogni invito si assegna un punto in base alla classe di importo dell’invito medesimo. La si può fissare come si vuole, un esempio potrebbe essere qualcosa tipo
o da 40.000 a 100.000: punti 1
o da 100.001 a 150.000: punti 2
o da 150.001 a 200.000: punti 3 eccetera
• le ditte da invitare si sorteggiano dalla classe di punteggio più bassa se è sufficientemente capiente; in caso contrario la classe più bassa viene integralmente invitata e si sorteggiano le mancanti dalla classe di punteggio immediatamente più alta
Un esempio nella tabella sotto anche se vedo che si perde la formattazione e dunque risulterà scarsamente comprensibile....
Elenco di 28 imprese. A una ipotetica quinta gara si invitano le 8 imprese che sono ancora a 2 punti e poi ne sorteggi due tra quelle a 3 punti. Ovviamente interviene anche il criterio del requisito che qui per semplicità ho omesso comunque anche quello si gestisce senza troppi problemi.
Procedura invito a gara x invito a gara y invito a gara z invito a gara k "punti" dopo 1 gara "punti" dopo 2 gare "punti" dopo 3 gare "punti" dopo 4 gare
importo (€ x 1000) 180 60 80 70
"punti" 3 1 1 1
Num. Invitati 15 10 10 10
Impresa A 3 3 3 3 3
Impresa B 3 3 3 3 3
Impresa C 3 3 3 3 3
Impresa D 3 3 3 3 3
Impresa E 3 3 3 3 3
Impresa F 3 3 3 3 3
Impresa G 3 3 3 3 3
Impresa H 3 3 3 3 3
Impresa I 3 3 3 3 3
Impresa L 3 3 3 3 3
Impresa M 3 3 3 3 3
Impresa N 3 3 3 3 3
Impresa O 3 3 3 3 3
Impresa P 3 3 3 3 3
Impresa Q 3 3 3 3 3
Impresa R 1 1 1 0 1 2 3
Impresa S 1 1 1 0 1 2 3
Impresa T 1 1 1 0 1 2 3
Impresa U 1 1 1 0 1 2 3
Impresa V 1 1 1 0 1 2 3
Impresa Z 1 1 0 1 2 2
Impresa X 1 1 0 1 2 2
Impresa Y 1 1 0 1 2 2
Impresa K 1 1 0 1 1 2
Impresa AB 1 1 0 1 1 2
Impresa AC 1 1 0 1 1 2
Impresa AD 1 1 0 0 1 2
Impresa AF 1 1 0 0 1 2
QOD: la tabella è incomprensibile, magari quando ho tempo la metto da qualche parte e posto il link ma adesso non ho tempo
RispondiEliminacredo che come spesso capita la verità potrebbe essere nel mezzo... nella nostra cuc ci siamo organizzati con un elenco fornitori precostituito e aperto informatico con selezione degli invitati attraverso un sorteggio randomico con vincolo di impossibilità di invito per chi già invitato o già aggiudicatario. il sistema ha una memoria per cui chi è già stato invitato non può esserlo nuovamente nei sei mesi successivi invece chi è risultato aggiudicatario non può essere invitato nei 24 mesi successivi. in questo modo si accorcia la procedura facendo la manifestazione di interesse a monte, si assegna poi al sorteggio la parità di trattamento. al fine di portare ad esaurimento gli elenchi fornitori, quello è realmente il problema di disparità, ci siamo dati la regola di invitare un numero maggiore di quello minimo imposto. come detto il problema degli importo è facilmente superabile dalla precostituzione degli scaglioni.
RispondiElimina