domenica 17 settembre 2017

Segretari comunali: Il sistema degli incarichi è incostituzionale? 20 anni per capirlo


Sono passati 20 anni (e qualche mese) dalla vigenza della riforma dei segretari comunali, operata da una delle riforme più devastanti per la pubblica amministrazione: la Bassanini-2, cioè la legge 127/1997.
E ci sono voluti 20 anni perché, finalmente, qualche giudice si accorgesse che il pesantissimo spoil system inventato per i segretari comunali è a forte sospetto di incostituzionalità. Specie se l’articolo 99 del d.lgs 267/2000 (nel quale è confluito il sistema degli incarichi fissato 3 anni prima) viene letto in rapporto alla giurisprudenza della Corte costituzionale, formatasi e consolidatasi a seguito delle sentenze 103 e 104 del 2007.
L’epifania del sospetto di incostituzionalità la dobbiamo all’accorta ordinanza del Tribunale di Brescia in veste di giudice del lavoro, 8 settembre 2017, che considera rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata da un segretari comunale, fatto accomodare fuori dalla sede da un sindaco neo eletto, in applicazione del sistema previsto dall’articolo 99 del Tuel.

Il giudice di Brescia si è dichiarato non in grado di risolvere la vertenza attivata dal segretario comunale volta ad ottenere il risarcimento del danno derivante dalla supposta illegittima revoca dell’incarico dalla sede, senza sollevare la questione dei legittimità costituzionale, perché occorre preliminarmente comprendere esattamente la configurazione della funzione e del ruolo del segretario. Infatti, si legge nell’ordinanza: “Non è peraltro possibile, nel caso di specie, giungere alla decisione facendo ricorso all’interpretazione “ costituzionalmente orientata al rispetto dell'art. 97 Cost., come inteso dalla consolidata giurisprudenza costituzionale in materia di "spoils system", “( ved. Cassazione sezione lavoro n 11015 del 5 maggio 2017) alla luce delle composite attribuzioni e della peculiarità della figura del Segretario Comunale”.
Si vedrà cosa deciderà la Consulta, dunque. Il Tribunale di Brescia, comunque, evidenzia gli elementi rilevanti della non manifesta infondatezza della questione sollevata:
1)   Gli attuali approdi della giurisprudenza della Corte Costituzionale sono stati riassunti nella recente sentenza n.11015\17della Corte di Cassazione Sez. Lavoro: "Questo complesso cammino ha portato il Giudice delle leggi a precisare che le uniche ipotesi in cui l'applicazione dello "spoils system" può essere ritenuta coerente con i principi costituzionali sono quelle nelle quali si riscontrano i requisiti della "apicalità" dell'incarico nonché della fiduciarietà" della scelta del soggetto da nominare, con la ulteriore specificazione che tale "fiduciarietà", per legittimare l'applicazione dell'indicato meccanismo, deve essere intesa come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con il titolare dell'organo politico, che di volta in volta viene in considerazione come nominante". e ancora "In assenza di tali requisiti, il meccanismo si pone in contrasto con l'art. 97 Cost., in quanto la sua applicazione viene a pregiudicare la continuità, l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa, oltre a comportare la sottrazione al titolare dell'incarico, dichiarato decaduto, delle garanzie del giusto procedimento (in particolare la possibilità di conoscere la motivazione del provvedimento di decadenza), poiché la rimozione del dirigente risulterebbe svincolata dall'accertamento oggettivo dei risultati conseguiti"”;
La sentenza della Cassazione ricordata al Tribunale di Brescia, a sua volta sintetizza la giurisprudenza costituzionale sul tema ed evidenzia le condizioni operanti le quali è ammissibile lo spoil system, che sono due e debbono coesistere contemporaneamente: l’apicalità e la fiduciariertà.
L’apicalità, cioè la collocazione al vertice organizzativo, da sola non basta. In effetti, nelle amministrazioni pubbliche gli incarichi di vertice, che presuppongono l’assenza di un soggetto gerarchicamente superiore e, quindi, si caratterizzano per la definitività delle decisioni adottate, sono molti. Ma, non tutti sono di per sé assoggettabili allo spoil system, perché l’apicalità rileva solo se avvicina particolarmente il dirigente alla funzione politica.
Ecco perché è necessaria la contemporanea presenza della seconda condizione: la fiduciarietà, intesa esattamente per quello che è: né fiducia sulle capacità tecniche, né fiducia sui meriti curriculari, ma anche e soprattutto “consonanza politica” tra soggetto politico che affida l’incarico ed incaricato;
2)   dopo aver ricordato le funzioni che la legge assegna ai segretari comunali, l’ordinanza evidenzia che “a) per ricoprire tale incarico non è necessaria la personale adesione agli orientamenti politici di chi l’abbia nominato ( ved. Sentenza Corte Costituzionale n. 304\2010 e 34 del 2010). Infatti si tratta di nomina discrezionale del sindaco che, tuttavia, è ben delimitata dalla necessità di attingere ad un Albo (comma 1 art.99 D.Lgs.267\2000) e quindi fra soggetti che hanno dimostrato di avere le competenze tecniche professionali necessarie superando un concorso pubblico”.
Il Tribunale mette alla luce un fatto concreto: i sindaci sono obbligati a reperire i segretari comunali da un albo professionale. Sul piano strettamente formale, questo impedisce di esplicare la piena libertà di “selezione” del segretario, basandola solo sulla “consonanza politica”. Altro conto è che, nei fatti, i sindaci comunque abbiano sempre cercato di incaricare chi si dimostrava anche in linea con il pensiero politico-partitico. Ma, le funzioni svolte dai segretari, di carattere preminentemente tecnico e di garanzia, ed il sistema di individuazione, sul piano teorico, li pongono al di fuori del sistema di scelta totalmente discrezionale e di “alta amministrazione” proprio dello spoil system costituzionalmente lecito;
3)   l’ordinanza è tranciante sul tema centrale della questione di legittimità costituzionale: “b) l’incarico non prevede una stretta collaborazione al processo di formazione dell’indirizzo politico dell’ente”.
Proprio questo elemento, come si approfondirà meglio in seguito, esclude necessariamente la legittimità costituzionale dello spoil system applicato ai segretari comunali;
4)                 infine, l’ordinanza nota: “c) il segretario è una figura tecnico-professionale i cui compiti sono specificatamente enucleati dalla legge in chiave di supporto (di natura tecnica) e collaborazione agli atti emanati\ emanandi dagli organi di governo del Comune , in funzione di verifica del parametro di conformità dell’azione dell’ente locale alla legge nonché in particolare al rispetto dei vincoli, anche finanziari, da questa disposti all’operato del Comune. Per quanto concerne la natura della collaborazione che il Segretario è chiamato a fornire all’organo politico, la stessa è per legge limitata alle funzioni “consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta” ed alla “ verbalizzazione” delle riunioni consigliari e di giunta ( ved art.97 lettera a D.Lgs.267\2000). In considerazione quindi della sua titolarità di funzioni di natura tecnico professionale, gestionale e consultiva e della sua posizione di garante del rispetto delle leggi e della regolarità dei procedimenti, non pare alla sottoscritta che il Segretario comunale rientri nelle figure alle quali, alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale in materia ( ved da ultimo sentenza n.20 del 2016), possano applicarsi meccanismi di decadenza automatica senza violare i principi di cui all’art.97 C”.
Vediamo cosa afferma la Consulta nella sentenza 20/2016: “è stata ripetutamente affermata, ad esempio, l’illegittimità costituzionale di norme regionali che prevedevano la decadenza automatica di figure quali i direttori generali delle aziende sanitarie locali (sentenze n. 27 del 2014; n. 152 del 2013; n. 228 del 2011; n. 104 del 2007), o anche di altri enti regionali (sentenza n. 34 del 2010), considerato che essi costituiscono figure tecnico-professionali, incaricate non di collaborare direttamente al processo di formazione dell’indirizzo politico, ma di perseguire gli obiettivi definiti dagli atti di pianificazione e indirizzo degli organi di governo della Regione. Nel giudicare illegittima la decadenza automatica di tali figure apicali all’avvicendarsi degli organi politici, la Corte ha dato rilievo al fatto che le relative nomine richiedano il rispetto di specifici requisiti di professionalità, che le loro funzioni abbiano in prevalenza carattere tecnico-gestionale, e che i loro rapporti istituzionali con gli organi politici della Regione non siano diretti, bensì mediati da una molteplicità di livelli intermedi”.
Il quadro è chiaro. Se il dirigente o la figura apicale:
1)      è una figura tecnico/professionale;
2)      persegue il raggiungimento di obiettivi fissati da indirizzi degli organi di governo e ne risponde;
3)      è titolare di funzioni prevalentemente organizzative e gestionali;
4)      non collabora alla formazione dell’indirizzo politico
allora non può e non deve essere soggetto allo spoil system.
Al contrario, è ammesso lo spoil system nei riguardi di quelle figure di vertice per le quali le funzioni gestionali ed esecutive risultino sfumate o solo accessorie, perché chiamate soprattutto a collaborare (anche solo sul piano tecnico) proprio alla formazione dell’indirizzo politico.
Tali figure sono pochissime e, sostanzialmente, si restringono ai componenti degli “uffici di diretta collaborazione” dei ministri (articolo 14, comma 2, del d.lgs 165/2001 e articolo 7 del d.lgs 300/1999), nonché agli incaricati nei massimi vertici organizzativi dei ministeri, come i capi dipartimento (articolo 5 del d.lgs 300/1999) o i segretari generali (articolo 6 del d.lgs 300/1999).
Questi soggetti possono essere chiamati a svolgere funzioni che non consistono solo nell’esecuzione dell’indirizzo politico, ma anche nella sua concreta formazione.
L’indirizzo politico consiste nella piena libertà di fini concessa all’organo di governo, che utilizza le sue prerogative (legislative o esecutive), per inserire nell’ordinamento giuridico le norme considerate opportune a perseguire i fini generali desunti dal programma politico, in base al quale ha ottenuto il consenso e la rappresentanza dei cittadini.
L’indirizzo politico, dunque, ha una portata amplissima ed è da considerare come tale solo se la discrezionalità nella scelta dei fini sconfini nella totale libertà di essi (ovviamente nel rispetto dei vincoli della Costituzione) e nella possibilità di innovare l’ordinamento giuridico.
La Costituzione cita l’indirizzo politico a proposito delle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri nell’articolo 95, comma 1, non a caso. E’ il Governo, espresso dalla maggioranza parlamentare che gli ha conferito la fiducia, a formare e garantire l’unità di indirizzo politico.
E’ da ricordare che il Governo, sebbene il potere legislativo spetti esclusivamente al Parlamento, dispone di poteri attivi importantissimi di iniziativa politica, proprio volti ad assicurare la formazione dell’indirizzo politico: dalla proposizione di disegni di legge, all’adozione dei decreti legge; dall’adozione dei decreti legislativi su delega del Parlamento, all’adozione dei regolamenti delegati di delegificazione, fino ai tantissimi decreti e regolamenti ministeriali che completano i contenuti di dettaglio delle leggi. Tutti atti che formano concretamente l’indirizzo politico, innovando l’ordinamento.
Molti di quegli atti sono materialmente redatti dai componenti delle funzioni di vertice organizzativa dei ministeri. Essi, quindi, collaborano attivamente alla formazione di quell’indirizzo e non sono chiamati solo ad attuare regole tecniche già date, per conformare la gestione ed i risultati di essa al rispetto di tali regole; essi formano, o contribuiscono a formare, le regole stesse. Naturale che gli organi di governo operino, in questo ambito, con soggetti dai quali si aspettano la “consonanza politica”, nella stessa misura in cui la aspettano da ministri, vice ministri e sottosegretari.
I segretari comunali, come anche i dirigenti degli enti locali, sono lontanissimi da queste funzioni.
Se è vero che i segretari, come anche non pochi dirigenti locali, sono chiamati a scrivere regolamenti ed atti di indirizzo, altrettanto vero è che svolgono queste attività non contribuendo all’elaborazione dell’indirizzo politico, ma al solo scopo di garantire correttezza tecnica e normativa agli atti degli organi di governo degli enti locali. I quali organi di governo locale svolgono una funzione che spesso viene denominata “indirizzo politico”, ma che, a ben guardare, è di altra natura o di grado inferiore. Gli organi locali non hanno la libertà dei fini politici, propria del Governo e del Parlamento: compiono, infatti, solo funzioni amministrative ed esecutive, totalmente soggetti alla legge.
I regolamenti e gli atti di indirizzo degli enti locali, quindi, non innovano l’ordinamento, ma esprimono scelte di natura tecnica, nelle quali l’indirizzo politico vero e proprio è di fatto assente, perché prevale l’indirizzo amministrativo (scegliere se aumentare o meno un’aliquota di un’imposta locale ha un impatto politico, certamente, ma è una scelta tecnica, condizionata dal rispetto delle regole di legge e dalle necessità di bilancio).
Pertanto, anche se il segretario appresta funzioni di consulenza giuridico amministrativa e coordina lo svolgimento delle funzioni gestionali dei dirigenti, la sua “vicinanza” agli organi di governo è solo ed esclusivamente di natura tecnico e non collabora alla formazione dell’indirizzo politico. Per altro, il segretario ha mantenuto il dovere di assicurare la conformità a legge delle scelte degli organi di governo, seppure sia stato soppresso il parere di legittimità tecnica; ed ha riacquistato funzioni di controllo, nel 2012, oltre agli incarichi anticorruzione.
Il segretario, quindi, lungi dal collaborare alla formazione dell’indirizzo politico, ha addirittura funzioni di garanzia: il che presuppone esattamente l’opposto della “consonanza politica”. Che, poi, in via di fatto non pochi segretari comunali abbiano ritenuto opportuno e necessario operare in “consonanza” con la politica e legare carriere ed incarichi all’adesione partitica, è un'altra storia. Ma, si tratta di comportamenti, per quanto leciti, certamente disallineati con gli obiettivi delle norme, con le funzioni e soprattutto il ruolo dei segretari, che dovrebbe essere terzo e presupporre incarichi per merito e non per tessera.
Sotto questo aspetto, la riforma di 20 anni fa dei segretari comunali e la loro sottoposizione allo spoil system non può che considerarsi incostituzionale. Come incostituzionale sarebbe stata la riforma della dirigenza impostata dal Governo, crollata per effetto della sentenza 251/2016 della Consulta, che, però, non affrontò il merito della riforma. Un “merito” contrario alla Costituzione, proprio perché intendeva estendere all’intera dirigenza un amplissimo spoil system, modellato esattamente su quello dei segretari comunali, in assenza dei presupposti considerati costituzionalmente ammissibili dalla consolidata giurisprudenza della Consulta.
A maggior ragione, incostituzionale è la legge regionale del Friuli Venezia Giulia 18/2016, che ha attuato in quella regione una riforma invece naufragata nel resto d’Italia, creando una situazione paradossale: l’applicazione di una gestione della dirigenza da “enclave”, estendendo lo spoil system alle funzioni tecnico-gestionali, e sopprimendo forzosamente i segretari comunali, chiamati a divenire dirigenti dell’albo unico regionale, perdendo la possibilità di operare come segretari fuori regione ed esposti allo spoil system ancora più pronunciato previsto dalla legge regionale, che, copiando un assunto della riforma Madia, ricordiamolo, prevede il licenziamento legato esclusivamente alla circostanza che l’organo politico di turno non conferisca un incarico dirigenziale, a prescindere da qualsiasi valutazione negativa o positiva dell’interessato.
Nessuno ancora ha attivato nei confronti della legge regionale 18/2016 un ricorso alla Consulta, come, invece, sarebbe inevitabile, visto che nella regione Friuli Venezia Giulia si è inteso correre per anticipare gli effetti di una riforma nazionale che però non è mai andata in porto, e, soprattutto, visto che estende lo spoil system ledendo la Costituzione esattamente per le stesse ragioni evidenziate dall’ordinanza del Tribunale di Brescia.

L’ultima parola spetta alla Consulta, adesso. Nel frattempo, il ripensamento complessivo e radicale di 20 anni di riforme della dirigenza che hanno costituito una deriva organizzativa si impone.

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