Sono passati 20 anni (e qualche
mese) dalla vigenza della riforma dei segretari comunali, operata da una delle
riforme più devastanti per la pubblica amministrazione: la Bassanini-2, cioè la
legge 127/1997.
E ci sono voluti 20 anni perché,
finalmente, qualche giudice si accorgesse che il pesantissimo spoil system
inventato per i segretari comunali è a forte sospetto di incostituzionalità.
Specie se l’articolo 99 del d.lgs 267/2000 (nel quale è confluito il sistema
degli incarichi fissato 3 anni prima) viene letto in rapporto alla
giurisprudenza della Corte costituzionale, formatasi e consolidatasi a seguito
delle sentenze 103 e 104 del 2007.
L’epifania del sospetto di
incostituzionalità la dobbiamo all’accorta ordinanza del Tribunale di Brescia
in veste di giudice del lavoro, 8 settembre 2017, che considera rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata
da un segretari comunale, fatto accomodare fuori dalla sede da un sindaco neo
eletto, in applicazione del sistema previsto dall’articolo 99 del Tuel.
Il giudice di Brescia si è
dichiarato non in grado di risolvere la vertenza attivata dal segretario
comunale volta ad ottenere il risarcimento del danno derivante dalla supposta
illegittima revoca dell’incarico dalla sede, senza sollevare la questione dei
legittimità costituzionale, perché occorre preliminarmente comprendere esattamente
la configurazione della funzione e del ruolo del segretario. Infatti, si legge
nell’ordinanza: “Non è peraltro
possibile, nel caso di specie, giungere alla decisione facendo ricorso all’interpretazione
“ costituzionalmente orientata al rispetto dell'art. 97 Cost., come inteso
dalla consolidata giurisprudenza costituzionale in materia di "spoils
system", “( ved. Cassazione sezione lavoro n 11015 del 5 maggio 2017) alla
luce delle composite attribuzioni e della peculiarità della figura del
Segretario Comunale”.
Si vedrà cosa deciderà la
Consulta, dunque. Il Tribunale di Brescia, comunque, evidenzia gli elementi
rilevanti della non manifesta infondatezza della questione sollevata:
1)
“Gli attuali
approdi della giurisprudenza della Corte Costituzionale sono stati riassunti
nella recente sentenza n.11015\17della Corte di Cassazione Sez. Lavoro: "Questo
complesso cammino ha portato il Giudice delle leggi a precisare che le uniche
ipotesi in cui l'applicazione dello "spoils system" può essere
ritenuta coerente con i principi costituzionali sono quelle nelle quali si riscontrano
i requisiti della "apicalità"
dell'incarico nonché della fiduciarietà" della scelta del soggetto da
nominare, con la ulteriore specificazione che tale "fiduciarietà", per legittimare l'applicazione
dell'indicato meccanismo, deve essere intesa
come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con
il titolare dell'organo politico, che di volta in volta viene in considerazione
come nominante". e ancora
"In assenza di tali requisiti, il meccanismo si pone in contrasto con
l'art. 97 Cost., in quanto la sua applicazione viene a pregiudicare la
continuità, l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa, oltre a
comportare la sottrazione al titolare dell'incarico, dichiarato decaduto, delle
garanzie del giusto procedimento (in particolare la possibilità di conoscere la
motivazione del provvedimento di decadenza), poiché la rimozione del dirigente
risulterebbe svincolata dall'accertamento oggettivo dei risultati conseguiti"”;
La sentenza della Cassazione ricordata al Tribunale di Brescia, a sua volta sintetizza la giurisprudenza costituzionale sul tema ed evidenzia le condizioni operanti le quali è ammissibile lo spoil system, che sono due e debbono coesistere contemporaneamente: l’apicalità e la fiduciariertà.
L’apicalità, cioè la collocazione al vertice organizzativo, da sola non basta. In effetti, nelle amministrazioni pubbliche gli incarichi di vertice, che presuppongono l’assenza di un soggetto gerarchicamente superiore e, quindi, si caratterizzano per la definitività delle decisioni adottate, sono molti. Ma, non tutti sono di per sé assoggettabili allo spoil system, perché l’apicalità rileva solo se avvicina particolarmente il dirigente alla funzione politica.
Ecco perché è necessaria la contemporanea presenza della seconda condizione: la fiduciarietà, intesa esattamente per quello che è: né fiducia sulle capacità tecniche, né fiducia sui meriti curriculari, ma anche e soprattutto “consonanza politica” tra soggetto politico che affida l’incarico ed incaricato;
La sentenza della Cassazione ricordata al Tribunale di Brescia, a sua volta sintetizza la giurisprudenza costituzionale sul tema ed evidenzia le condizioni operanti le quali è ammissibile lo spoil system, che sono due e debbono coesistere contemporaneamente: l’apicalità e la fiduciariertà.
L’apicalità, cioè la collocazione al vertice organizzativo, da sola non basta. In effetti, nelle amministrazioni pubbliche gli incarichi di vertice, che presuppongono l’assenza di un soggetto gerarchicamente superiore e, quindi, si caratterizzano per la definitività delle decisioni adottate, sono molti. Ma, non tutti sono di per sé assoggettabili allo spoil system, perché l’apicalità rileva solo se avvicina particolarmente il dirigente alla funzione politica.
Ecco perché è necessaria la contemporanea presenza della seconda condizione: la fiduciarietà, intesa esattamente per quello che è: né fiducia sulle capacità tecniche, né fiducia sui meriti curriculari, ma anche e soprattutto “consonanza politica” tra soggetto politico che affida l’incarico ed incaricato;
2)
dopo aver ricordato le funzioni che la legge assegna ai
segretari comunali, l’ordinanza evidenzia che “a) per ricoprire tale incarico non è necessaria la personale adesione
agli orientamenti politici di chi l’abbia nominato ( ved. Sentenza Corte
Costituzionale n. 304\2010 e 34 del 2010). Infatti si tratta di nomina
discrezionale del sindaco che, tuttavia, è ben delimitata dalla necessità di
attingere ad un Albo (comma 1 art.99 D.Lgs.267\2000) e quindi fra soggetti che
hanno dimostrato di avere le competenze tecniche professionali necessarie superando
un concorso pubblico”.
Il Tribunale mette alla luce un fatto concreto: i sindaci sono obbligati a reperire i segretari comunali da un albo professionale. Sul piano strettamente formale, questo impedisce di esplicare la piena libertà di “selezione” del segretario, basandola solo sulla “consonanza politica”. Altro conto è che, nei fatti, i sindaci comunque abbiano sempre cercato di incaricare chi si dimostrava anche in linea con il pensiero politico-partitico. Ma, le funzioni svolte dai segretari, di carattere preminentemente tecnico e di garanzia, ed il sistema di individuazione, sul piano teorico, li pongono al di fuori del sistema di scelta totalmente discrezionale e di “alta amministrazione” proprio dello spoil system costituzionalmente lecito;
Il Tribunale mette alla luce un fatto concreto: i sindaci sono obbligati a reperire i segretari comunali da un albo professionale. Sul piano strettamente formale, questo impedisce di esplicare la piena libertà di “selezione” del segretario, basandola solo sulla “consonanza politica”. Altro conto è che, nei fatti, i sindaci comunque abbiano sempre cercato di incaricare chi si dimostrava anche in linea con il pensiero politico-partitico. Ma, le funzioni svolte dai segretari, di carattere preminentemente tecnico e di garanzia, ed il sistema di individuazione, sul piano teorico, li pongono al di fuori del sistema di scelta totalmente discrezionale e di “alta amministrazione” proprio dello spoil system costituzionalmente lecito;
3)
l’ordinanza è tranciante sul tema centrale della
questione di legittimità costituzionale: “b)
l’incarico non prevede una stretta collaborazione al processo di formazione
dell’indirizzo politico dell’ente”.
Proprio questo elemento, come si approfondirà meglio in seguito, esclude necessariamente la legittimità costituzionale dello spoil system applicato ai segretari comunali;
Proprio questo elemento, come si approfondirà meglio in seguito, esclude necessariamente la legittimità costituzionale dello spoil system applicato ai segretari comunali;
4)
infine, l’ordinanza nota: “c) il segretario è una figura tecnico-professionale i cui compiti sono
specificatamente enucleati dalla legge in chiave di supporto (di natura
tecnica) e collaborazione agli atti emanati\ emanandi dagli organi di governo del
Comune , in funzione di verifica del parametro di conformità dell’azione
dell’ente locale alla legge nonché in particolare al rispetto dei vincoli,
anche finanziari, da questa disposti all’operato del Comune. Per quanto
concerne la natura della collaborazione che il Segretario è chiamato a fornire
all’organo politico, la stessa è per legge limitata alle funzioni “consultive,
referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta” ed alla “
verbalizzazione” delle riunioni consigliari e di giunta ( ved art.97 lettera a
D.Lgs.267\2000). In considerazione
quindi della sua titolarità di funzioni di natura tecnico professionale,
gestionale e consultiva e della sua posizione
di garante del rispetto delle leggi e della regolarità dei procedimenti,
non pare alla sottoscritta che il Segretario comunale rientri nelle figure alle
quali, alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale in
materia ( ved da ultimo sentenza n.20 del 2016), possano applicarsi meccanismi
di decadenza automatica senza violare i principi di cui all’art.97 C”.
Vediamo cosa afferma la Consulta
nella sentenza 20/2016: “è stata
ripetutamente affermata, ad esempio, l’illegittimità costituzionale di norme
regionali che prevedevano la decadenza automatica di figure quali i direttori
generali delle aziende sanitarie locali (sentenze n. 27 del 2014; n. 152 del
2013; n. 228 del 2011; n. 104 del 2007), o anche di altri enti regionali
(sentenza n. 34 del 2010), considerato che essi costituiscono figure tecnico-professionali,
incaricate non di collaborare
direttamente al processo di formazione dell’indirizzo politico, ma di perseguire gli obiettivi definiti dagli
atti di pianificazione e indirizzo degli organi di governo della Regione.
Nel giudicare illegittima la decadenza automatica di tali figure apicali
all’avvicendarsi degli organi politici, la Corte ha dato rilievo al fatto che
le relative nomine richiedano il rispetto di specifici requisiti di
professionalità, che le loro funzioni abbiano in prevalenza carattere tecnico-gestionale, e che i loro rapporti
istituzionali con gli organi politici della Regione non siano diretti, bensì
mediati da una molteplicità di livelli intermedi”.
Il quadro è chiaro. Se il
dirigente o la figura apicale:
1)
è una figura tecnico/professionale;
2)
persegue il raggiungimento di obiettivi fissati da
indirizzi degli organi di governo e ne risponde;
3)
è titolare di funzioni prevalentemente organizzative e
gestionali;
4)
non collabora alla formazione dell’indirizzo politico
allora non può e non deve essere
soggetto allo spoil system.
Al contrario, è ammesso lo spoil
system nei riguardi di quelle figure di vertice per le quali le funzioni
gestionali ed esecutive risultino sfumate o solo accessorie, perché chiamate
soprattutto a collaborare (anche solo sul piano tecnico) proprio alla
formazione dell’indirizzo politico.
Tali figure sono pochissime e,
sostanzialmente, si restringono ai componenti degli “uffici di diretta
collaborazione” dei ministri (articolo 14, comma 2, del d.lgs 165/2001 e articolo
7 del d.lgs 300/1999), nonché agli incaricati nei massimi vertici organizzativi
dei ministeri, come i capi dipartimento (articolo 5 del d.lgs 300/1999) o i
segretari generali (articolo 6 del d.lgs 300/1999).
Questi soggetti possono essere
chiamati a svolgere funzioni che non consistono solo nell’esecuzione dell’indirizzo
politico, ma anche nella sua concreta formazione.
L’indirizzo politico consiste
nella piena libertà di fini concessa all’organo di governo, che utilizza le sue
prerogative (legislative o esecutive), per inserire nell’ordinamento giuridico
le norme considerate opportune a perseguire i fini generali desunti dal
programma politico, in base al quale ha ottenuto il consenso e la
rappresentanza dei cittadini.
L’indirizzo politico, dunque, ha
una portata amplissima ed è da considerare come tale solo se la discrezionalità
nella scelta dei fini sconfini nella totale libertà di essi (ovviamente nel
rispetto dei vincoli della Costituzione) e nella possibilità di innovare l’ordinamento
giuridico.
La Costituzione cita l’indirizzo
politico a proposito delle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri
nell’articolo 95, comma 1, non a caso. E’ il Governo, espresso dalla
maggioranza parlamentare che gli ha conferito la fiducia, a formare e garantire
l’unità di indirizzo politico.
E’ da ricordare che il Governo,
sebbene il potere legislativo spetti esclusivamente al Parlamento, dispone di
poteri attivi importantissimi di iniziativa politica, proprio volti ad
assicurare la formazione dell’indirizzo politico: dalla proposizione di disegni
di legge, all’adozione dei decreti legge; dall’adozione dei decreti legislativi
su delega del Parlamento, all’adozione dei regolamenti delegati di
delegificazione, fino ai tantissimi decreti e regolamenti ministeriali che
completano i contenuti di dettaglio delle leggi. Tutti atti che formano
concretamente l’indirizzo politico, innovando l’ordinamento.
Molti di quegli atti sono
materialmente redatti dai componenti delle funzioni di vertice organizzativa
dei ministeri. Essi, quindi, collaborano attivamente alla formazione di quell’indirizzo
e non sono chiamati solo ad attuare regole tecniche già date, per conformare la
gestione ed i risultati di essa al rispetto di tali regole; essi formano, o
contribuiscono a formare, le regole stesse. Naturale che gli organi di governo
operino, in questo ambito, con soggetti dai quali si aspettano la “consonanza
politica”, nella stessa misura in cui la aspettano da ministri, vice ministri e
sottosegretari.
I segretari comunali, come anche
i dirigenti degli enti locali, sono lontanissimi da queste funzioni.
Se è vero che i segretari, come
anche non pochi dirigenti locali, sono chiamati a scrivere regolamenti ed atti
di indirizzo, altrettanto vero è che svolgono queste attività non contribuendo
all’elaborazione dell’indirizzo politico, ma al solo scopo di garantire
correttezza tecnica e normativa agli atti degli organi di governo degli enti
locali. I quali organi di governo locale svolgono una funzione che spesso viene
denominata “indirizzo politico”, ma che, a ben guardare, è di altra natura o di
grado inferiore. Gli organi locali non hanno la libertà dei fini politici,
propria del Governo e del Parlamento: compiono, infatti, solo funzioni
amministrative ed esecutive, totalmente soggetti alla legge.
I regolamenti e gli atti di
indirizzo degli enti locali, quindi, non innovano l’ordinamento, ma esprimono
scelte di natura tecnica, nelle quali l’indirizzo politico vero e proprio è di
fatto assente, perché prevale l’indirizzo amministrativo (scegliere se aumentare
o meno un’aliquota di un’imposta locale ha un impatto politico, certamente, ma
è una scelta tecnica, condizionata dal rispetto delle regole di legge e dalle
necessità di bilancio).
Pertanto, anche se il segretario
appresta funzioni di consulenza giuridico amministrativa e coordina lo svolgimento
delle funzioni gestionali dei dirigenti, la sua “vicinanza” agli organi di
governo è solo ed esclusivamente di natura tecnico e non collabora alla
formazione dell’indirizzo politico. Per altro, il segretario ha mantenuto il
dovere di assicurare la conformità a legge delle scelte degli organi di
governo, seppure sia stato soppresso il parere di legittimità tecnica; ed ha
riacquistato funzioni di controllo, nel 2012, oltre agli incarichi anticorruzione.
Il segretario, quindi, lungi dal
collaborare alla formazione dell’indirizzo politico, ha addirittura funzioni di
garanzia: il che presuppone esattamente l’opposto della “consonanza politica”.
Che, poi, in via di fatto non pochi segretari comunali abbiano ritenuto
opportuno e necessario operare in “consonanza” con la politica e legare
carriere ed incarichi all’adesione partitica, è un'altra storia. Ma, si tratta
di comportamenti, per quanto leciti, certamente disallineati con gli obiettivi
delle norme, con le funzioni e soprattutto il ruolo dei segretari, che dovrebbe
essere terzo e presupporre incarichi per merito e non per tessera.
Sotto questo aspetto, la riforma
di 20 anni fa dei segretari comunali e la loro sottoposizione allo spoil system
non può che considerarsi incostituzionale. Come incostituzionale sarebbe stata
la riforma della dirigenza impostata dal Governo, crollata per effetto della
sentenza 251/2016 della Consulta, che, però, non affrontò il merito della
riforma. Un “merito” contrario alla Costituzione, proprio perché intendeva
estendere all’intera dirigenza un amplissimo spoil system, modellato
esattamente su quello dei segretari comunali, in assenza dei presupposti
considerati costituzionalmente ammissibili dalla consolidata giurisprudenza
della Consulta.
A maggior ragione,
incostituzionale è la legge regionale del Friuli Venezia Giulia 18/2016, che ha
attuato in quella regione una riforma invece naufragata nel resto d’Italia,
creando una situazione paradossale: l’applicazione di una gestione della
dirigenza da “enclave”, estendendo lo spoil system alle funzioni
tecnico-gestionali, e sopprimendo forzosamente i segretari comunali, chiamati a
divenire dirigenti dell’albo unico regionale, perdendo la possibilità di
operare come segretari fuori regione ed esposti allo spoil system ancora più
pronunciato previsto dalla legge regionale, che, copiando un assunto della
riforma Madia, ricordiamolo, prevede il licenziamento legato esclusivamente
alla circostanza che l’organo politico di turno non conferisca un incarico dirigenziale,
a prescindere da qualsiasi valutazione negativa o positiva dell’interessato.
Nessuno ancora ha attivato nei
confronti della legge regionale 18/2016 un ricorso alla Consulta, come, invece,
sarebbe inevitabile, visto che nella regione Friuli Venezia Giulia si è inteso
correre per anticipare gli effetti di una riforma nazionale che però non è mai
andata in porto, e, soprattutto, visto che estende lo spoil system ledendo la
Costituzione esattamente per le stesse ragioni evidenziate dall’ordinanza del
Tribunale di Brescia.
L’ultima parola spetta alla
Consulta, adesso. Nel frattempo, il ripensamento complessivo e radicale di 20
anni di riforme della dirigenza che hanno costituito una deriva organizzativa
si impone.
Nessun commento:
Posta un commento