Dovrebbe essere chiaro a tutti, ormai, che il Jobs Act, inteso come complesso delle regole giuridiche di riforma del mercato del lavoro, è stato sostanzialmente ininfluente sul flusso di nuovi contratti di lavoro.
Anzi, il cuore del Jobs Act, i d.lgs 23/2015 e 81/2015, è stato proprio un fallimento. Il d.lgs 23/2015 ha eliminato l'applicazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per i neo assunti col contratto a "tutele crescenti", per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato; il d.lgs 81/2015 enuncia nell'articolo 1 che "Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la
forma comune di rapporto di lavoro", sempre allo scopo di indicare la prevalenza del tempo indeterminato sul lavoro flessibile.
Invece, i dati Istat confermano che in questi anni la crescita occupazionale è stata legata in schiacciante maggioranza da contratti flessibili.
L'unico elemento del Jobs Act che ha funzionato, non era nel Jobs Act, ma nella legge di bilancio 2015 (legge 190/2014). Si è trattato degli sgravi per incentivare le assunzioni stabili. Una cifra di 20 miliardi, in gran parte spesa per assunzioni che comunque le aziende avrebbero effettuato egualmente a tempo indeterminato e che, comunque, non ha avuto la capacità minima di scalfire l'andamento di un mercato del lavoro orientato in maniera evidentissima solo sui contratti flessibili.
Proprio perchè in questi mesi sono stati i contratti a termine e flessibili a crescere, risulta stucchevole la propaganda sul milione di "posti" di lavoro in più.
Per "posto" si intende, ovviamente, l'occupazione di un ruolo negli organici delle aziende. Ma, le rilevazioni Istat intercettano, invece, gli avviamenti al lavoro, cioè i contratti che si stipulano.
In un mercato del lavoro così caratterizzato da contratti flessibili, di fatto non viene coperto alcun "posto", ma solo esigenze temporanee e più contratti possono riguardare il medesimo lavoratore; spesso si tratta di più contratti di durata molto breve, a part time e con bassa retribuzione.
Per tacere, poi, della circostanza che l'Istat, secondo le regole europee, censisce anche i tirocini - che non sono rapporti di lavoro - e anche attività lavorative di solo un'ora.
Non si può nascondere il dato comunque positivo della tendenziale crescita occupazionale, che comunque è ancora lontanissima dalle performance in Europa, dal periodo pre-crisi e caratterizzata da un calo vistosissimo delle ore lavorate, del periodo di durata del lavoro e del reddito.
Finchè non si prende atto di questo, non vi sarà la capacità di ammettere che il Jobs Act, come facilmente prevedibile e previsto, non è servito se non a dare un contentino all'ideologia.
chissà se il diretto interessato ne sa qualcosa???? forse sarebbe il caso di farglielo sapere......http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2017/12/28/gentiloni-recuperati-1-mln-posti-lavoro_41aa2595-1095-4363-89d8-7cca51de7811.html
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