Per quanto le norme o la loro
interpretazioni giurisprudenziale e tecnica possano risultare chiare, le
stabilizzazioni porteranno dietro di sé sempre la domanda: è possibile
stabilizzare un dipendente incaricato ai sensi dell’articolo 110 del d.lgs
267/2000?
La domanda torna in auge, ore
che, nel 2018, parte l’ennesima ondata di stabilizzazioni prevista dal d.lgs
75/2017.
Il quesito viene egualmente
posto, nonostante questa volta il legislatore sia stato piuttosto chiaro
nell’escludere l’eventualità.
Leggiamo, in proposito, alcuni
dei commi fondamentali dell’articolo 20 del d.lgs 75/2017:
-
“1. Le amministrazioni, al fine di superare il
precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la
professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo
determinato, possono, nel triennio 2018-2020, in coerenza con il piano
triennale dei fabbisogni di cui all'articolo 6, comma 2, e con l'indicazione della
relativa copertura finanziaria, assumere a tempo indeterminato personale non
dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti […]”;
-
“2. Nello stesso triennio 2018-2020, le
amministrazioni, possono bandire, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni
di cui all'articolo 6, comma 2, e ferma restando la garanzia dell'adeguato
accesso dall'esterno, previa indicazione della relativa copertura finanziaria,
procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento
dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga tutti
i seguenti requisiti”.
Osserviamo che il d.lgs 75/2017
fornisce in maniera molto evidente, anche se in queste norme fin qui citate,
non esplicita, un’indicazione: non è consentito stabilizzare personale,
evidentemente assunto con incarichi a tempo determinato, avente qualifica
dirigenziale.
Non ci sarebbe bisogno alcuno,
dunque, di precisare ulteriormente che non sono stabilizzabili, mai, i
dirigenti “a contratto”, acquisiti negli enti locali in base alla combinazione
delle norme contenute nell’articolo 110 del d.lgs 267/2000 e dell’articolo 19,
comma 6, del d.lgs 165/2001.
Si tratta, forse, di una novità?
A leggere le regole delle precedenti ondate di stabilizzazioni non si direbbe.
Leggiamo le disposizioni
dell’articolo 1, comma 558, della legge 296/2006: “A decorrere dalla data di
entrata in vigore della presente legge, gli enti di cui al comma 557 fermo
restando il rispetto delle regole del patto di stabilità interno, possono
procedere, nei limiti dei posti disponibili in organico, alla stabilizzazione
del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno
tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di
contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia
stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio
anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché del
personale di cui al comma 1156, lettera f), purché sia stato assunto mediante
procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle
iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato
mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive”.
Per caso, allora, uno spiraglio
per la stabilizzazione del personale dirigenziale “a contratto” è stata
riscontrabile nel corpo delle disposizioni dell’articolo 3 della legge
244/2007? Anche in questo caso, la piana lettura del comma 94 di detto articolo
3 pare escluderlo: “Fatte comunque salve le intese stipulate, ai sensi dei
commi 558 e 560 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, prima
della data di entrata in vigore della presente legge, entro il 30 aprile 2008,
le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, predispongono,
sentite le organizzazioni sindacali, nell’ambito della programmazione triennale
dei fabbisogni per gli anni 2008, 2009 e 2010, piani per la progressiva stabilizzazione
del seguente personale non dirigenziale, tenuto conto dei differenti
tempi di maturazione dei presenti requisiti […]”.
La lettura dell’articolo 4, comma
6, del d.l. 101/2013, convertito in
legge 125/2013, dovrebbe fornire l’ultima conferma: “A decorrere dalla data
di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2016, al fine
di favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità
acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato e, al
contempo, ridurre il numero dei contratti a termine, le amministrazioni
pubbliche possono bandire, nel rispetto del limite finanziario fissato
dall'articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a
garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, nonché dei vincoli assunzionali
previsti dalla legislazione vigente e, per le amministrazioni interessate,
previo espletamento della procedura di cui all'articolo 35, comma 4, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, procedure
concorsuali, per titoli ed esami, per assunzioni a tempo indeterminato di personale
non dirigenziale riservate esclusivamente a coloro che sono in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296, e all'articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244,
nonché a favore di coloro che alla data di pubblicazione della legge di
conversione del presente decreto hanno maturato, negli ultimi cinque anni,
almeno tre anni di servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo
determinato alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando, con
esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta
collaborazione degli organi politici. Il personale non dirigenziale
delle province, in possesso dei requisiti di cui al primo periodo, può
partecipare ad una procedura selettiva di cui al presente comma indetta da
un'amministrazione avente sede nel territorio provinciale, anche se non
dipendente dall'amministrazione che emana il bando. Le procedure selettive di
cui al presente comma possono essere avviate solo a valere sulle risorse
assunzionali relative agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, anche complessivamente
considerate, in misura non superiore al 50 per cento, in alternativa a quelle di
cui all'articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165. Le graduatorie definite in esito alle medesime procedure sono utilizzabili
per assunzioni nel quadriennio 2013-2016 a valere sulle predette risorse. Resta
ferma per il comparto scuola la disciplina specifica di settore”.
Dunque, pare inevitabile
concludere che l’articolo 20, commi 1 e 2, del d.lgs 75/2017 risulti in
completa ed assoluta linea di continuità con i suoi “predecessori”
nell’escludere dalle procedure di stabilizzazione il personale avente qualifica
dirigenziale. Il che consente, con poca fatica, di sostenere l’illegittimità
della stabilizzazione degli incarichi dirigenziali a contratto disciplinati
dall’articolo 110, commi 1 e 2, del d.lgs 267/2000 e dall’articolo 19, comma 6,
del d.lgs 165/2001.
Il diavolo, però, spesso, si
afferma che stia nei dettagli. Soprattutto quando si ha intenzione di applicare
il diritto non per quello che è, bensì per quello che si vorrebbe fosse.
Molte amministrazioni locali
vivono l’articolo 110 del Tuel non come norma assolutamente eccezionale, posta
a rimediare in modo transeunte a mancanze di professionalità da acquisire, poi,
stabilmente nel rispetto dell’articolo 97 della Costituzione. No. Gli
amministratori sono irresistibilmente attratti dalla lettura della disposizione
come una chiave che consenta loro di aggirare l’obbligo di concorso, ed
assumere per chiamata diretta, intuitu personae, dirigenti a loro
graditi.
Nel passato lo hanno fatto a
piene mani. La previsione, introdotta nel 2014, di un limite del 30% non ha
certamente scalfito il modo di guardare all’articolo 110, mentre la previsione,
sempre inserita nel 2014, di far precedere gli incarichi da una “selezione
pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di
comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie
oggetto dell' incarico” dà il “la” molte volta ad una farsetta: la raccolta
(in fretta e furia, con pochissimi giorni di pubblicazione degli avvisi) di
qualche curriculum, dai quali estrarre, petalo da petalo, una rosa di
curriculum, consegnati al sindaco perché possa scegliere, tra essi, guarda caso
quello, immancabile, esattamente della persona gradita.
La voglia, quindi, di
stabilizzare i dirigenti cooptati direttamente e tenere, così, un “baluardo”
anche successivamente all’eventuale mancata riconferma elettorale, è
tantissima.
Quindi, nonostante la chiarezza e
univocità delle norme non sono mancate stabilizzazioni di qualifiche
dirigenziali, per quanto totalmente illegittime.
Ma, c’è un altro “dettaglio”
proveniente direttamente dagli inferi: l’articolo 110 del d.lgs 267/2000 non
limita gli incarichi “a contratto” alle sole qualifiche dirigenziali, perché
consente di reclutare anche i vertici amministrativi negli enti privi di tali
qualifiche.
Il che ha fatto spessissimo
concludere per la possbilità di stabilizzare i dipendenti assunti per mezzo
dell’articolo 110, visto che non dotati della qualifica dirigenziale.
Una tesi, questa, connessa
appunto al “dettaglio”: l’assenza, nella pregressa legislazione, di una norma
che affermasse in modo esplicito il divieto di stabilizzare qualsiasi incarico
conferito ai sensi dell’articolo 110, avesse o meno la qualifica dirigenziale.
Tuttavia, tale tesi è sempre
risultata temeraria e sbagliata, perché fondata su un criterio ermeneutico non
contemplato in giurisprudenza: l’interpretazione “a convenienza”. Che spesso è
l’interpretazione pelosa, che si fissa su ciò che la norma non afferma
esplicitamente, senza andare, però, a coordinare quanto affermato
esplicitamente col resto dell’ordinamento. Si tratta della un po’ più faticosa
interpretazione “sistematica”, che poiché coordina vari precetti normativi tra
loro, ha valore superiore alla mera interpretazione letterale, specie quando
essa invece di andare a cercare il significato espresso delle parole in
connessione tra loro, valorizza il significato delle parole mancanti,
costruendo così una presunta legittimità scaturente da una non dimostrata
assenza di un divieto espresso.
Ora, l’interpretazione
sistematica porta facilmente ad evidenziare che le stabilizzazioni sono un
rimedio alla precarizzazione dei lavoratori pubblici, dovuto alla reiterazione
di rapporti di lavoro a termine su fabbisogni, però, stabili, che, quindi,
dovrebbero essere soddisfatti con contratti a loro volta stabili (oggi, questo
è spiegato molto bene dall’articolo 36, commi 1 e 2, del d.lgs 165/2001).
Ma, se il contratto “precario”
non è una soluzione erronea ad un fabbisogno continuativo, bensì un istituto
per rispondere ad un fabbisogno per sua natura stessa a sua volta precario, non
può esservi in radice alcuna illecita reiterazione di assunzioni a termine.
Quelle assunzioni non possono che essere, infatti, a termine e, dunque, non
possono essere a fondamento di una loro riconduzione a contratti a tempo
indeterminato.
Queste considerazioni sono, fin dal 2007, alla base
di un orientamento consolidato in giurisprudenza, ma anche nell’ambito degli
organismi tecnici, contrario alla possibilità di stabilizzare i dipendenti
privi di qualifica dirigenziale, assunti ai sensi dell’articolo 110 del d.lgs
267/2000.
Sul punto, fu chiarissimo il
Parere Funzione Pubblica Uppa 14/2007: “il contratto assegnato intuitu
personae, come quelli in esame, risulta escluso dal processo di
stabilizzazione, essendo legato da un particolare rapporto di tipo fiduciario
con l'organo di vertice che ha assegnato l'incarico. Lo stesso contratto,
infatti, è caratterizzato, per sua stessa natura, dalla temporaneità e,
dunque, l'incarico correlato è destinato ad esaurirsi con la scadenza del
mandato politico”.
Non meno reciso fu il parere
19/2012 della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo della Sardegna: “è
evidente che il fenomeno del lavoro precario è cosa ben diversa,
concettualmente (ed anche storicamente e socialmente), dal conferimento di
incarichi a contratto ex art.110 TUEL. In tale ultima ipotesi, infatti, per
quanto anch’essa caratterizzata dall’esistenza ab origine di un termine finale
del rapporto lavorativo, non vi è il ricorso ad una forma precaria di lavoro
intesa in senso stretto, come ad esempio si deve dire per i lavoratori
socialmente utili ovvero per i lavoratori assunti con cantieri di lavoro o con
collaborazioni continuative, i quali svolgono attività per lo più contingentemente
legata alle necessità del caso concreto (forme contrattuali che non a caso
vengono espressamente richiamate a titolo esemplificativo dalle disposizioni
normative regionali qui in esame) […]Non si può poi trascurare che l’eventuale
“stabilizzazione” di un lavoratore assunto mediante incarico a contratto ex
art.110 TUEL si risolverebbe, intuitivamente, nell’illegittimo superamento
del principio del pubblico concorso per l’accesso al pubblico impiego (tanto
più rilevante in questo caso in considerazione del livello delle funzioni
attribuibili mediante incarichi ex art.110 TUEL)”.
Tutto chiaro dunque, no? No. Le
amministrazioni locali hanno in modo diffuso insistito, invece, per
interpretazioni ampliative e contrarie alle disposizioni normative, stabilizzando
diffusamente anche lavoratori assunti ai sensi dell’articolo 110, privi di
qualifica dirigenziale.
In conseguenza di ciò, è giunta
anche qualche sparuta sentenza di condanna della Corte dei conti.
Esemplificativa e molto chiara è la sentenza della Sezione
giurisdizionale per la Campania, 25 maggio 2017, n. 200, di condanna di
amministratori e segretari comunali, per la stabilizzazione, tra l’altro,
appunto di dipendenti privi di qualifica dirigenziale assunti con l’articolo
110, per altro senza prove selettive serie e, comunque, senza rispettare
l’obbligo di limitare le stabilizzazioni al 50% delle assunzioni da effettuare
e della quale riportiamo alcuni passaggi molto utili:
-
“La stabilizzazione può avvenire, secondo la
normativa richiamata (quella degli anni 2006-2007, nda), fermo restando
il rispetto della generale disciplina in tema di assunzioni e di spese per il
personale, solo al ricorrere di precise e specifiche condizioni. Considerando
essenzialmente gli aspetti rilevanti per il presente giudizio, tra le
condizioni richieste dalla legge, vi sono:
o la
stabilizzazione può riguardare solo il personale non dirigenziale;
o l’assunzione
alla base della procedura di stabilizzazione deve essere avvenuta “mediante
procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge”;
o alle
procedure di stabilizzazione del personale assunto mediante procedure diverse
si provvede “previo espletamento di prove selettive”;
o
è richiesta una determinata anzianità di servizio;
o
le procedure di stabilizzazione potevano essere
avviate purché, in sede di programmazione, fossero previste forme di assunzione
dall’esterno in misura non inferiore al 50% dei posti da coprire (circolare
della Presidenza del Consiglio, 18 aprile 2008, n.5). Quest’ultimo aspetto
deriva dal consolidato orientamento della Corte costituzionale volto a
consentire deroghe al principio generale del concorso pubblico, limitate sul
piano qualitativo e quantitativo”;
-
“Il conferimento del primo incarico risulta avvenuto a
seguito di un avviso di indizione di selezione per titoli (avviso n.7 del 14
giugno 2002) per il quale non è stata provata la regolare pubblicazione. Tale
avviso risulta, inoltre, privo di qualsiasi indicazione in ordine ai titoli o
parametri oggettivi di valutazione per la selezione. L’art.5 dell’avviso si
limita a prevedere che “il responsabile del servizio, esaminati i
curricula, effettua la scelta tra i candidati ritenuti in possesso dei
requisiti maggiormente rispondenti alle esigenze dell’ente, con prioritario
riferimento al programma amministrativo”. E’ del tutto evidente, anche per
il decisivo riferimento al “programma amministrativo” il carattere
fiduciario della nomina effettuata. Non risulta la partecipazione alla
suddetta selezione di altri candidati. E’ singolare la circostanza per la quale
il giorno 1 luglio 2002 risulta, contemporaneamente, data di scadenza della
domanda di partecipazione, data di adozione della determinazione n.5/2002 con
la quale è stata individuata la omissis, data del decreto sindacale di
conferimento dell’incarico di Vicesegretario comunale, data di stipulazione del
contratto individuale di lavoro”. Come si nota, il comune interessato ha
applicato la procedura simulata di selezione, consistita esclusivamente un una
immotivata valutazione di curriculum;
-
“Ricapitolando, i vari rapporti di lavoro a tempo
determinato (lavoro subordinato o collaborazione coordinata e continuativa)
instaurati dal personale successivamente stabilizzato con il Comune di Calvi non
risultano preceduti, come richiesto dalla legge, da procedure selettive di
natura concorsuale. Alle procedure indicate, per quanto è possibile
evincere dalla documentazione agli atti, hanno partecipato i soli stabilizzati”;
-
“Il Comune di Calvi ha successivamente proceduto alla
stabilizzazione dei suddetti rapporti di lavoro precario, instaurati in assenza
di procedure selettive di natura concorsuale, mediante una prova
tecnico-pratica e una prova orale per ciascun procedimento al quale hanno
partecipato, in quanto unici potenziali partecipanti, i soli vincitori
stabilizzati”;
-
“la stabilizzazione è avvenuta in assenza, in entrambi i
momenti, di una procedura selettiva di natura concorsuale che presuppone, non
solo lo svolgimento di prove teoriche e/o pratiche, ma anche la potenziale
partecipazione di una pluralità di candidati: i rapporti di lavoro propedeutici
alla stabilizzazione sono stati infatti instaurati a seguito di procedure, non
selettive e non concorsuali, fondate sull’intuitu personae e la successiva
stabilizzazione è avvenuta a seguito di procedure alle quali, in ogni caso,
avrebbero potuto partecipare i soli stabilizzati (come infatti avvenuto)”;
-
“A giustificare quanto accaduto non è sufficiente neppure
affermare che solo i quattro soggetti stabilizzati erano in possesso dei
requisiti per la stabilizzazione. Basta ricordare che l’ente avrebbe dovuto
effettuare (e non solo programmare come sembra avvenuto) anche assunzioni
dall’esterno e, quindi, una volta stabilito il fabbisogno del personale,
avrebbe potuto eseguire procedure di stabilizzazione in misura inferiore al
numero dei potenziali stabilizzandi. Ciò avrebbe determinato, automaticamente,
una procedura concorsuale selettiva, sia pure riservata ad una specifica
categoria di soggetti. La Corte costituzionale ha, infatti, sempre affermato
che le deroghe al principio del concorso pubblico devono essere ragionevoli e
limitate a particolari circostanze. Il giudice delle leggi ha costantemente
ritenuto conforme ai principi di ragionevolezza e buon andamento la previsione
di una riserva a favore del personale già in servizio (es. in tema di
progressioni verticali) in misura non superiore al 50% dei posti effettivamente
messi a concorso (ex multis, Corte cost. n.274/2003). Ciò non risulta avvenuto
nel caso in esame. Significativi nel senso indicato e, quindi, dell’assenza di
una procedura selettiva di tipo concorsuale anche prima della stabilizzazione
sono ulteriori vari elementi: il carattere “intuitu personae” delle assunzioni
risulta espressamente riportato in vari atti; la determinazione gestionale n.140/2008,
con la quale veniva indetta la procedura di stabilizzazione, già individuava,
con nome, cognome e qualifica, il personale (precedentemente assunto “intuitu
personae”) da stabilizzare; la genericità dei parametri di valutazione previsti
dal bando di stabilizzazione (allegato alla determinazione gestionale
n.140/2008)”;
-
“L’art.110 citato prevede la possibilità di coprire,
mediante contratto a tempo determinato, posti di responsabile di uffici o
servizi, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione. Tali contratti
non possono avere una durata superiore al mandato elettivo del Sindaco. Non
tutti i contratti stipulati in base alla normativa richiamata riguardano
personale di qualifica dirigenziale. Fermo restando che la stabilizzazione, per
espressa scelta legislativa, a prescindere dalla relativa fonte normativa, non
può riguardare il personale di qualifica dirigenziale, analogo impedimento
sussiste anche per i contratti stipulati ex art.110 per posti non dirigenziali
(come quelli in esame), trattandosi di contratti caratterizzati dalla presenza
di un particolare rapporto di fiducia con l’organo di vertice, legati anche
cronologicamente al mandato del Sindaco e, per loro natura, temporanei.
-
“L’illegittimità di una eventuale stabilizzazione di rapporti
sorti ex art.110 del D.Lgs. n.267/2000, anche di contenuto non dirigenziale
(come quelli in argomento), già prima dell’adozione dei relativi atti da
parte del Comune di Calvi, era stata chiaramente affermata dalla giurisprudenza
contabile (Sez. controllo Lombardia n.8/PAR/2008 e n.43/PAR/2008; Sez.
controllo Piemonte n.25/PAR/2008) e da risoluzioni ministeriali (es. parere del
Dipartimento della Funzione pubblica n.14/2007). Tale orientamento risulta
peraltro confermato dalla Corte dei conti anche negli anni successivi (es. Sez.
controllo Calabria n.456/PAR/2009, Sez. controllo Sardegna n.19/PAR/2012, Sez.
controllo Puglia n.62/PAR/2012)”.
Sembra, dunque, di poter
affermare che vi siano sufficienti argomentazioni per escludere radicalmente la
possibilità di stabilizzare chi sia stato assunto ai sensi dell’articolo 110
del d.lgs 267/2000, anche se senza qualifica dirigenziale.
In ogni caso, il d.lgs 75/2017,
forte di tutto il pregresso interpretativo e giurisprudenziale visto sopra, al
comma 7 dell’articolo 20, dispone: “Ai fini del presente articolo non
rileva il servizio prestato negli uffici di diretta collaborazione di cui
all'articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001 o degli organi politici
delle regioni, secondo i rispettivi ordinamenti, né quello prestato in virtù
di contratti di cui agli articoli 90 e 110 del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267”.
Sì, la norma non scrive
esattamente che sono vietate le stabilizzazioni di dipendenti assunti con
contratti ai sensi dell’articolo 110, limitandosi a sottolineare che non rileva
il “servizio prestato” sulla base di queste norme. Ma, il significato unico da
poter dare a questa previsione, alla luce delle interpretazioni consolidate,
non può che essere appunto il divieto di stabilizzare chi sia stato assunto con
l’articolo 110 (considerazioni identiche valgono per gli assunti ai sensi
dell’articolo 90 del d.lgs 267/2000), possedesse o meno la qualifica
dirigenziale.
Ogni domanda, in conclusione,
rispetto all’applicabilità di una norma è lecita. Il problema è che, spesso,
non sono lecite le risposte, se riferite al diritto per come si vorrebbe fosse,
invece per come è.
Ma se hai partecipato ad una selezione pubblica per l'assunzione ai sensi dell'art.110. Maturi 4 anni e mezzo di esperienza. Vieni riassunto sempre con l'art.110 e vieni riconfermato per 1,2,3 legislature e ai 4 anni e mezzo ne sommi altri 11 e mezzo, per complessivi 16 ANNI DI ESPERIENZA nella pubblica amministrazione, rinunciando alla libera professione per dedicarti a questo che diventa il tuo lavoro, come vedi la Madia, se non come DISCRIMANAZIONE. Non mi pare che le norme europee vadano in questa direzione ? ah, dimenticavo ... mai avute tessere politiche ....
RispondiEliminanon c'è alcuna precarizzazione, mancando l'abuso dell'utilizzo del contratto a termine. Se hai acquisito esperienza, ottimo. Non basta per aggirare le norme sull'accesso al lavoro pubblico.
RispondiEliminaBuonasera.
EliminaLeggo con interesse: ma la violazione da parte della p.a. delle previsioni di cui all'art. 90 comma 3 bis (divieto di svolgimento di attività gestionali) potrebbe determinare un'utilizzazione "abusiva" della tipologia contrattuale e così agire sulla natura "fiduciaria" dell'incarico? Mi spiego meglio: se il lavoratore assunto con art. 90 tuel nello staff del sindaco (per vari mandati sindacali) svolgesse in realtà attività amministrativa a favore dell'Ente, si riporterebbe il contratto all'interno de c.d. contratti a termine con possibilità di estensione della stabilizzazione anche ad essi (quantomeno ai sensi dell'art. 20 comma 2 legge madia).
Buonasera.
RispondiEliminaLeggo con interesse: ma la violazione da parte della p.a. delle previsioni di cui all'art. 90 comma 3 bis (divieto di svolgimento di attività gestionali) potrebbe determinare un'utilizzazione "abusiva" della tipologia contrattuale e così agire sulla natura "fiduciaria" dell'incarico? Mi spiego meglio: se il lavoratore assunto con art. 90 tuel nello staff del sindaco (per vari mandati sindacali) svolgesse in realtà attività amministrativa a favore dell'Ente, si riporterebbe il contratto all'interno de c.d. contratti a termine con possibilità di estensione della stabilizzazione anche ad essi (quantomeno ai sensi dell'art. 20 comma 2 legge madia).