Ospitiamo un gradito intervento di commento agli effetti imprevisti dell'adozione del cosiddetto Foia (d.lgs 33/2013): la trasparenza è un valore, che tuttavia costa a chi lo persegue.
Di Vitalba Azzollini
La vicenda della tesi di dottorato di Madia offre spunti che non attengono strettamente al merito della questione, ma riguardano l’utilizzo del Freedom of Information Act (FOIA), strumento normativo per fare trasparenza, voluto proprio da Madia.
Innanzitutto, una buona notizia: il FOIA, almeno nel caso del ministro, ha funzionato. Grazie ad esso, infatti, due giornalisti del Fatto Quotidiano hanno potuto avere accesso ad atti concernenti la vicenda: in particolare, alla relazione di un soggetto indipendente (o presunto tale, dato che, in concomitanza alla perizia, pare che l’IMT gli avesse affidato un appalto senza gara pubblica) avente ad oggetto la tesi “incriminata”. Del resto, il FOIA è preordinato a consentire il controllo sui titolari di un pubblico potere e sulle modalità nelle quali operano: dunque, il caso concreto rappresentava un ottimo test di prova. Se questa è la buona notizia, le criticità emerse a seguito dell’uso dello strumento normativo paiono non meno degne di nota.
Intanto, una premessa, necessaria al fine di comprendere meglio la questione. Tra gli altri obiettivi cui è finalizzato, il FOIA cita espressamente quello di “promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”: in altri termini, i dati e i documenti che il decreto consente vengano resi noti sono funzionali ad alimentare un dibattito informato da parte dei cittadini sui temi che ne sono oggetto. Questa finalità del FOIA può raccordarsi al compito principale del giornalismo: cioè informare, riportando fatti nel modo più corretto, con toni idonei a non snaturare l’oggettività degli eventi descritti, esprimendo al contempo opinioni, tanto più apprezzabili – pur se non condivisibili, com’è ovvio – quanto più argomentate e fondate su dati concreti. Posta questa premessa, può passarsi ai fatti. Successivamente all’accesso ai sensi del FOIA, i due giornalisti citati avevano commentato, mediante articoli stampa, il rapporto stilato dall’esaminatore della tesi del ministro, riportandone interi passaggi. I singoli commenti erano stati ancorati a specifici brani del documento di valutazione: potevano suonare non piacevoli, forse, ma venivano rappresentati come opinioni su quanto riportato in quel documento. Ma il ministro si è sentita offesa al punto tale da minacciare una denuncia via Twitter. Vale la pena aprire una parentesi e rilevare che non è la prima reazione di questo tipo da parte di esponenti del governo, nell’ultimo periodo. La stessa Madia mesi fa minacciò Il Fatto per la medesima questione, ma il termine per la querela decorse inutilmente. Poi fu la volta di Boschi, che annunciò una querela a De Bortoli per affermazioni contenute nel suo libro, ma anche in questo caso non vi fu alcun seguito; poi, nel dicembre scorso, dopo l’audizione di Ghizzoni nella Commissione parlamentare sul sistema bancario, Boschi ritenne di reiterare la minaccia di denuncia: reputava che l’audizione di Ghizzoni smentisse De Bortoli, anche se il primo aveva sostanzialmente replicato la frase del libro del secondo. A tale ultimo riguardo, le vicende Boschi-Madia presentano un’analogia interessante: anche i due giornalisti del Fatto si limitano a replicare – parafrasando - quanto affermato nel documento che esamina la tesi di dottorato, come dimostrano le frasi del documento riportate negli articoli. Eppure il ministro si considera oltraggiata solo dai giornalisti, e non dall’autore della valutazione, nonostante le affermazioni sostanzialmente analoghe di entrambe le fonti. Un esempio per tutti: se i giornalisti definiscono come “copiatura” ciò che il valutatore qualifica come “riciclo testuale” non sembra esserci molta differenza. Ma il ministro evidentemente non gradisce le diverse conclusioni cui giungono i soggetti citati.
Ancora un'altra notazione riguardante l’utilizzo del FOIA: nel tweet con cui annuncia la denuncia, Madia scrive che “nonostante IMT di Lucca e Cambridge Journal of economics abbiano accertato la totale regolarità formale e sostanziale della tesi e degli articoli scientifici il @fattoquotidiano insiste” e, pertanto, il ministro darà corso a un’azione per il risarcimento dei danni. Tuttavia, se sono criticabili le sentenze dei giudici, ancor più possono esserlo le valutazioni di altri soggetti (di chi ha giudicato la tesi, in questo caso). Forse Madia reputa che certi verdetti, una volta emessi, non siano più sindacabili: se così fosse – e l’interpretazione testuale del tweet pare confermarlo – non avrebbe senso aver introdotto nell’ordinamento nazionale uno strumento come il FOIA, la cui funzione, come detto, è anche quella di sindacare ex post certe decisioni. Tra l’altro, in questo caso, il FOIA ha consentito di sindacare anche un altro documento, quello di valutazione, le cui conclusioni sono state accettate dall’IMT: è così emerso che, a parere del valutatore, la citazione dei lavori altrui, in ambito economico, sarebbe “pleonastica” e, per taluni versi, quasi consentita in determinate ipotesi. Tale affermazione, che ha consentito la “assoluzione” del ministro, ha una notevole carica di offensività per gli economisti, la cui prassi sarebbe quindi quella di “copiare” impunemente. Dunque, grazie alla pubblicazione del documento di valutazione, avvenuta in base al FOIA, la Società Italiana degli Economisti ha potuto ben difendersi, respingendo certe affermazioni sugli standard seguiti nell’ambito in questione circa la pubblicazione di lavori di ricerca.
Un’osservazione conclusiva, per chiudere il cerchio. Si è esordito con la buona notizia che, almeno in questo caso, il FOIA ha funzionato, permettendo di far emergere fatti e circostanze di interesse generale. Ma se il prezzo che deve pagare chi decida di avvalersi di tale strumento – giornalisti in primis - al fine di consentire un dibattito pubblico informato, è quello di essere denunciato, c’è qualcosa che non torna: il ricorso al FOIA finisce per essere disincentivato. Chissà se Madia che, come madrina del FOIA, dovrebbe incoraggiarne l’utilizzo, se n’è resa conto.
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