In questi giorni si presta - correttamente - una notevole attenzione al progetto relativo al cosiddetto "reddito di cittadinanza" e, in partocolare, all'idea di potenziare i centri per l'impiego pubblici.
La gran parte dei media è portata a liquidare la questione come una previsione di spesa pericolosa e inutile, visto il "flop" dei centri per l'impiego, che intercettano solo il 3% del lavoro.
A proposito, si cita un'indagine dell'Isfol, trascurando, però, due elementi: la provenienza del dato e il confronto con le agenzie private. Queste omissioni lasciano credere a chissà quale abissale differenza di efficacia vi sia tra sistema pubblico e privato di ricerca del lavoro.
Per capire meglio, allora, sarebbe necessario leggere cosa scrive l'Isfol, a partire dall'indagine plus 2014.
Rispondiamo alla prima domanda: qual è la fonte della rilevazione? Un'analisi delle banche dati del lavoro? La ricognizione, derivante dai sistemi informativi esistenti, di quali lavori siano stati avviati dai centri per l'impiego e quali no? La risposta è molto diversa: l'indagine Isfol, per quanto accurata e scientificamente ineccepibile, si basa su interviste alle persone. Per la semplice ragione che non esiste alcun metodo di tracciamento certo della fonte di mediazione di un contratto di lavoro, almeno per quanto riguarda la funzione pubblica. Le agenzie, invece, sono in grado di fornire l'insieme delle cosiddette "missioni", i contratti di lavoro somministrato che attivano. E attraverso le comunicazioni obbligatorie è possibile risalire ai contratti di somministrazione, poichè la comunicazione è fatta ovviamente dalle agenzie.
Torniamo, però, all'indagine Isfol e al metodo. Esso è illustrato nel volume, sempre dell'Isfol "I canali di intermediazione e i Servizi per il lavoro", ove si legge:
Quindi, non si tratta di dati, ma di risposte a quesiti. Ed è facile comprendere che una persona che abbia reperito un lavoro, per esempio, a seguito di un tirocinio - che è una politica del lavoro - possa essere portata a ritenere di aver ottenuto il lavoro non per effetto dell'iniziativa del soggetto pubblico o privato che abbia attivato il tirocinio, bensì per merito proprio, ad esito dell'attività svolta.
L'indagine Isfol, quindi, non può rappresentare fatti concreti alla luce di dati, ma impressioni ragionate.
In ogni caso, le risposte ai questionari fornite dagli intervistati evidenziano una capacità di mediazione dei centri per l'impiego pubblici del 3,4%, le agenzie per il lavoro hanno una capacità "percepita" del 5,6%. Ma, leggiamo cosa scrive l'Isfol in una sintesi delle rilevazioni:
Le evidenze sono due. In primo luogo, l'aiuto nella ricerca di lavoro è percepito in maniera molto più ampia della concreta intermediazione, quasi 10 volte il tasso di efficacia percepito di quest'ultima.
Ma, soprattutto, le persone ritengono che la somma di soggetti pubblici e privati è in sostanza capace di avviare al lavoro per una percentuale cumulata (percepita) del 9% in tutto.
Troppo poco. La vera questione è che l'Italia in politiche attive del lavoro spende cifre irrisorie.
Nè il privato - che comunque se coinvolto nelle politiche attive pubbliche è pagato con soldi pubblici, questo è bene chiarirlo; l'esperimento dell'Assegno di ricollocazione ne è la prova: i soldi del cosiddetto assegno vanno alle agenzie (ma eventualmente anche ai centri per l'impiego se scelti dai lavoratori) che ricollocano, non ai lavoratori - riesce a supplire efficacemente per rendere il mercato del lavoro più efficiente.
Allora, intanto è positivo rendersi conto che un investimento nelle politiche del lavoro occorre farlo. Dopo di che, è evidente che investire soltanto non basta, ma occorre un piano complesso ed articolato perchè il sistema, finalmente finanziato in modo un po' più vicino a quanto fanno gli altri grandi Paesi dell'Europa, funzioni in modo efficace.
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