In questi giorni gli attacchi contro la stampa che, come è giusto e doveroso, si schiera "all'opposizione" hanno toccato vertici preoccupanti e non accettabili.
Non si può che solidarizzare con le imprese che fanno informazione e consentono ai cittadini di esserlo in modo completo, appunto grazie alla possibilità di conoscere, sapere, valutare, riflettere.
Di conseguenza, preoccupano auspici per la chiusura di questa o quella testa giornalistica, specie considerando che l'informazione è un patrimonio pubblico di interesse generale, come lo è anche il contributo che le imprese di informazione danno alla ricchezza nazionale ed il lavoro che riescono a produrre.
Nessuno dovrebbe augurarsi che un giornale, una rivista, un programma di informazione di media televisivi o del web chiuda.
Questo vale anche e tanto più se quegli stessi media, da anni, in modo continuo, continuano, invece, in particolare per la struttura dell PA ed i servizi che lo Stato rende ai cittadini, ad augurarsi la chiusura di interi enti, uffici, col conseguente licenziamento dei dipendenti.
Un controllo occhiuto, impietoso e costante contro le inefficienze della PA, dello Stato, delle regioni e degli enti locali va benissimo.
Lo "sport" però della richiesta di chiudere e abolire, oggettivamente, un po' meno. Il 9 ottobre 2018 tocca a Libero, con l'articolo "La sagra degli ignoranti centri per l`impiego pieni di impreparati" di Lorenzo Mottola, auspicare la chiusura dei centri per l'impiego: "La prima cosa da sapere sui Centri per l'impiego è che non dovrebbero neanche esistere. Queste strutture sono la carcassa dei vecchi uffici di collocamento degli anni '80, passati dallo Stato alle Regioni per poi finire sotto il controllo delle Province. Le liberalizzazioni, poi, avrebbero dovuto renderli del tutto obsoleti, cancellandone perfino il ricordo. La burocrazia statale, tuttavia, è capace di resistere a qualsiasi tempesta. I dipendenti Cpi sono ancora lì. E sono utili quanto un cecchino con la cataratta. Esagerazioni? Non si direbbe: solo il 3% dei poveracci che provano a presentarsi di fronte a questi sportelli trova lavoro. Gli altri si devono arrangiare. Ora, immaginate di pagare per un servizio che funziona soltanto in un caso su 33. Nessuno lo farebbe. Nessuno tranne lo Stato, che continua a finanziare il carrozzone con circa 600 milioni l'anno. Spreco da cancellare? Non per i Cinquestelle che, come noto, con l'imminente manovra programmano di buttare un miliardo di euro in questo osceno buco nero".
Le abbiamo già lette e sentite queste cose. Da anni, campagne continue per chiudere o abolire tutto: il Senato, questa o quella Authority, i troppi presidi ospedialieri, le troppe università, consorzi ed enti di bonifica, Equitalia, Croce Rossa, Sovrintendenze.
Quella stessa stampa che correttamente evidenzia i rischi di una visione solo distruttiva del ruolo dell'informazione libera da parte di governi inclini a considerare come accettabile solo la stampa "collaterale", da 15 anni a questa parte pensa che i problemi della PA si risolvano solo con la pars destruens, abolendo, cancellando, chiudendo; senza nessuna visione e proposta della pars construens, ma solo invocazioni ad abolire, abolire e abolire.
Così ha fatto, la stampa, citando l'esempio più eclatante, con le province. Aneliti e fremiti di sollucchero quando se ne proponeva l'abolizione, quando il disegno di legge Delrio veniva approvato, quando si enunciavano irreali risparmi (12 miliardi, impossibili da tagliare perchè si tratta di spesa per servizi; e infatti, nessun risparmio è derivato dalla riforma), quando si esultava perchè pur non avendo per nulla abolito quegli enti, ma solo indeboliti e strozzati finanziariamente, non vi sarebbe più stata l'elezione dei loro organi a suffragio universale.
Sollucchero, che però si è trasformato, a 4 anni di distanza, in pensose e gravi inchieste sulle strade provinciali che si dissestano ad ogni pioggia, sui ponti in rovina, sugli asfalti colabrodo, causati da 4 anni di impossibili investimenti.
La furia abolizionista e la voglia di chiudere tutto della stampa, che giustamente non vuole si chiuda nessuna delle voci che la compongono, non ha trascurato nulla. Anche i Tar, sono spesso messi all'indice, come simbolo di tutto quel che è "pubblico" e come tale inefficiente in confronto al "privato" (che, comunque, se c'è un pubblico corrotto è anche perchè una parte del privato è incline a corrompere; e se c'è uno Stato che non sa prevenire e combattere l'evasione fiscale, è perchè c'è anche un privato che evade; se c'è uno Stato che non sa spingere l'economia, la ricerca e l'innovazione è anche perchè c'è una parte del privato che non lo fa comunque da sè).
Eppure, siamo certi che qualora il Governo dovesse adottare atti illegittimi giuridicamente, dopo esserlo eticamente sia chiaro - contro la libera stampa, questa non esiterebbe un attimo a rivolgersi al Tar per ottenere tutela. Perchè, all'occorrenza, i vituperati servizi resi al pubblico, servono e si invocano e a questo scopo sarebbe opportuno ricordare che se anche i Tar venissero soppressi, comunque la Costituzione prevede - fortunatamente - una tutela per i cittadini specificamente rivolta agli atti illegittimi della PA.
La pars destruens dovrebbe completarsi. Quella stampa che grida, correttamente, ed inveisce, giustamente, contro ogni possibile museruola, dovrebbe spiegare perchè un'agenzia fiscale esista nei paesi più avanzati, perchè in Germania sono così sciocchi non solo da tenersi i centri per l'impiego, ma addirittura di impiegarvi non 7 mila scarsi dipendenti, ma 100 mila, perchè sempre la Germania ha le province (i landkreis) e se le tiene strette, perrchè i presidi ospedalieri sono diffusi territorialmente, perchè ancora in Germania, il privato collabora anche finanziariamente col pubblico per creare scuole tecniche, fare formazione, gestire il sistema duale, promuovere l'apprendistato, arricchire la ricerca universitaria.
E' inaccettabile la chiusura di ogni voce della stampa, perchè essa può spiegare ai cittadini quali sono i difetti della PAin Italia, comparandone l'organizzazione con il meglio di quanto c'è da altre parti ed evidenziando cosa si potrebbe e dovrebbe fare per migliorarla. Mentre auspichiamo che nessuno osi toccare le testate e laibertà di manifestare il pensiero organizzandolo in impresa editoriale, aspettiamo anche che la stampa aiuti a comprendere che i servizi di una convivenza civile non vadano chiusi, ma migliorati, suggerendo magari anche come.
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