Sempre più spesso lo strumento della Trattativa diretta presente in
MePa viene utilizzato come equivalente della Richiesta d’Offerta
(RdO).
In sostanza, le amministrazioni, per le offerte fino a 40.000 euro
(ma, sulla base di una lettura non condivisibile del nuovo testo
dell’articolo 36, comma 2, lettera b), anche fino ai valori soglia
ivi indicati) l’acquisizione dei preventivi viene attivata appunto
col sistema della trattativa diretta MePa, rivolto in modo parallelo
e autonomo, garantendo il segreto, a due o più operatori economici.
Entro che termini ed in che limiti è legittimo utilizzare la
Trattativa diretta diciamo “plurima” come equivalente della
Richiesta d’Offerta?
Diamo subito una risposta: occorre che il tutto sia guidato dal
rispetto dei principi fondamentali. Ricordiamo quelli citati per
primi dall’articolo 30, comma 1, del d.lgs 50/2016: “economicità,
efficacia, tempestività e correttezza”. Quest’ultimo
principio va esplicitato tenendo conto delle seguenti ulteriori
norme:
- articolo 30, comma 8, del d.lgs 50/2016: “Per quanto non
espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi,
alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative
in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui
alla legge 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla
fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile”;
- articolo 1, comma 1-bis, della legge 241/1990: “La pubblica
amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa,
agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge
disponga diversamente”;
- articolo 1337 del codice civile: “Le parti, nello svolgimento
delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi
secondo buona fede”.
Da queste norme possiamo trarre una prima conclusione: l’attivazione
di più Trattative dirette può considerarsi lecita sul piano
civilistico, oltre che legittima su quello amministrativo, a
condizione di non violare gli obblighi di agire in buona fede e
correttezza nel corso delle trattative.
Ma, a questo punto, è necessario comprendere meglio in cosa
consistano le “trattative”, elemento decisivo per distinguere la
vera e propria negoziazione dalla competizione.
Ricordiamo, allo scopo, alcune delle definizioni contenute
nell’articolo 3, comma 1, del d.lgs 50/2016:
- “bb) «candidato», un operatore economico che
ha sollecitato un invito o è stato invitato a partecipare a una
procedura ristretta, a una procedura competitiva con negoziazione, a
una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di
gara, a un dialogo competitivo o a un partenariato per l'innovazione
o ad una procedura per l’aggiudicazione di una concessione”.
Il “candidato”, quindi, è l’operatore economico solo invitato
a partecipare ad una negoziazione (nel caso delle procedure
negoziate), ma che non ha ancora presentato offerta;
- cc) «offerente», l'operatore economico che ha presentato
un'offerta”.
L’operatore economico diviene “offerente” solo quando abbia
presentato appunto l’offerta, cioè la proposta contrattuale, che
poi la PA accetterà o meno, in relazione alle valutazioni di
congruità cui si è vincolata;
- “uuu) «procedure negoziate», le procedure di affidamento in
cui le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro
scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni
dell'appalto”. Si nota che la definizione distingue tre fasi:
1. scelta degli operatori economici da consultare;
2. la “consultazione”;
3. la “negoziazione” con essi.
E’ bene tenere presente che anche l’affidamento diretto è una
procedura negoziata. Lo abbiamo letto sopra, nella lettera uuu)
dell’articolo 3: le procedure negoziate consentono anche di
negoziare con un solo operatore le condizioni dell’appalto.
Il problema che si pone è, come sempre, giungere alla scelta
dell’operatore col quale attivare la negoziazione.
L’importante è non confondere tra loro strumenti di:
1. scelta;
2. consultazione;
3. negoziazione.
Nell’affidamento diretto, è la scelta dell’operatore (o degli
operatori) da consultare l’elemento più delicato; ma, del resto,
altrettanto problematica è la scelta anche del ristretto numero di
operatori da invitare nel caso delle procedure negoziate quando il
codice richiede un numero minimo da consultare.
Ai fini della scelta, come indicano le Linee Guida Anac n. 4,
l’amministrazione “può ricorrere alla
comparazione dei listini di mercato, di offerte precedenti per
commesse identiche o analoghe o all’analisi dei prezzi praticati ad
altre amministrazioni”. Può, non “deve”. In realtà,
l’affidamento diretto è una modalità destrutturata di relazione
tra PA e operatore economico, come tale priva di formalità
procedurali fisse e vincolanti e, come tali, “strutturate”. Di
conseguenza, la PA dispone di più modalità di scelta:
1. comparazione di listini di mercato: fissato il bene o il servizio
da acquisire o il progetto esecutivo dell’opera da realizzare, la
PA può consultare listini presenti in rete proposti da due o più
aziende, comparandoli non tra loro, ma con le esigenze progettate e
dare conto dell’esistenza di elementi oggettivi di congruità con
la prestazione da acquisire;
2. cercare, sempre in rete, ad esempio nelle sezioni Amministrazione
Trasparente, gli esiti di procedure di gara già svolte da altre PA e
compiere la medesima operazione vista sopra, nei confronti delle
ditte risultate aggiudicatarie;
3. oppure, confrontare analisi di mercato già effettuate da altre
amministrazioni.
Naturalmente, c’è un’ulteriore possibilità:
4. attivare il mercato, con un’indagine volta a verificare se, resi
noti gli elementi essenziali della prestazione, vi siano operatori
economici che, come dire, “si scelgano da soli”, in quanto
manifestano l’interesse alla successiva consultazione.
E c’è anche la quinta ipotesi, espressamente indicata sempre dalle
LG 4: “il confronto dei preventivi di spesa forniti da due o più
operatori economici rappresenta una best practice anche alla luce del
principio di concorrenza”.
Ma, quando si acquisiscono i preventivi di spesa, in che fase delle
tre si è situati? Scelta dell’operatore da consultare?
Consultazione dell’operatore? Negoziazione?
A ben vedere, la richiesta di preventivi può collocarsi nella fase
della scelta dell’operatore da consultare solo laddove si tratti di
un preventivo generico, estratto dal listino ordinario; come tale,
quindi, tale tipo di richiesta è esattamente la comparazione di
listini di mercato vista prima, desunti non dalla rete, ma da
richieste specifiche rivolte ad un preciso operatore economico.
Se, invece, il preventivo di spesa è riferito esattamente alla
prestazione richiesta e, quindi, di fatto costituisca una proposta
contrattuale, di certo non si è più nella fase della scelta
dell’operatore da consultare, ma nelle ultime due. L’operatore è
già stato scelto; ed è stato anche “consultato”, perché si è
verificata la sua disponibilità a negoziare. In funzione di questo,
allora, si è attivata la negoziazione, con l’invio della richiesta
del preventivo.
Afferma l’Anac che la richiesta di più preventivi è una buona
pratica. Ma: per selezionare poi i soggetti da consultare? Oppure per
negoziare direttamente, affidando la prestazione?
Ecco che si evidenzia in tutta la sua gravità la mancata distinzione
codicistica tra “consultazione” degli operatori economici e
successiva “negoziazione”; opacità giuridica che purtroppo si
riscontra nel testo dell’articolo 36, comma 2, lettera b), del
codice malamente novellato dal d.l. 32/2019, convertito dalla legge
55/2019, ove per forniture e servizi si parla appunto di
“consultazione” di almeno cinque ditte, senza precisare se si
tratti di affidamento diretto oppure di procedura negoziata.
Chi scrive è dell’idea che, per forniture e servizi, si resti
nell’alveo della procedura negoziata: ne è indice l’identità
del minimo di cinque ditte da consultare esistente tra l’articolo
36, comma 2, lettera b) riferito a forniture e servizi, e l’articolo
63, comma 6.
Ma, cosa significa “consultazione”? Per rispondere occorre prima
comprendere in cosa consista la “negoziazione”. Per fare ciò, ci
aiutiamo con l’articolo 1337 del codice civile: la negoziazione
altro non è se non esattamente quello svolgimento delle trattative
finalizzate alla formazione del contratto di cui parla il codice.
Quindi, la negoziazione consiste nella dialettica finalizzata alla
determinazione delle parti contraenti dell’oggetto o, comunque, di
elementi fondamentali della prestazione: tempi, consegna, garanzie,
pagamenti.
Non si è in presenza di negoziazione quando gli elementi
fondamentali della prestazione sono fissati esclusivamente dalla PA
e, quindi, agli operatori economici residua solo la possibilità di
proporre un ribasso al prezzo a base di gara o, nel caso dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, di esporre elementi qualitativi
evidentemente superiori agli standard minimi progettuali. Non v’è
negoziazione perché i contenuti fondamentali della prestazione sono
fissati in via autoritativa dalla PA procedente ed il rapporto
insorge per effetto del criterio di gara seguito.
Insomma, la negoziazione implica una trattativa vera e propria sul
contenuto fondamentale del contratto, tanto che le parti collaborano
tra loro anche ai fini della stessa stesura del testo.
La “consultazione”, allora, altro non è se non un contatto tra
PA ed operatori economici, volto solo a verificare la disponibilità
di questi a negoziare. Possiamo far coincidere, approssimativamente,
la consultazione o con l’avviso per ottenere la manifestazione di
interesse, o con una lettera di invito direttamente rivolta a
presentare successivo preventivo o offerta, laddove l’amministrazione
procedente abbia scelto l’operatore senza ricorrere ad un
preventivo avviso.
Ora, la Trattativa diretta del MePa non è un sistema di
consultazione, ma di negoziazione, come del resto afferma
espressamente la Consip nel manuale illustrativo della funzionalità
della Trattativa stessa.
Se si è, quindi, nella fase delle trattative, occorre rispettare i
principi di buona fede e correttezza che sorreggono anche l’operato
della PA quando contratta coi privati.
La trattativa, in applicazione del combinato disposto degli articoli
1326 e 1337 del codice civile porta ad una formazione necessariamente
progressiva del contratto, elaborato da entrambe le parti che si
obbligano ovviamente a non derogare dai contenuti progressivamente
concordati. Si segue lo schema dell’invito a proporre e a
negoziare.
Detto invito può essere gestito con procedimenti negoziali:
1. autoritativi, con limitate possibilità di intervento
dell’operatore economico;
2. veri e propri, con ampia possibilità dell’operatore di
contribuire al contenuto del contratto.
I procedimenti negoziali veri e propri sono quel sistema di
“trattative (c.d. multiple o parallele) che determinano la
costituzione di un rapporto giuridico sin dal momento della
presentazione delle offerte, secondo un’impostazione che risulta
rafforzata dalla irrevocabilità delle stesse” richiamato
dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza
04/05/2018 n° 5: (cfr. Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2015, n. 9636;
Cass. civ., sez. I, 3 luglio 2014, n. 15260; in termini, nella
giurisprudenza amministrativa, cfr., fra le altre, Cons. Stato, sez.
IV, 6 marzo 2015, n. 1142; Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n.
3831).
Dunque, l’attivazione di trattative “parallele” è ammessa. Ma,
visto che si rientra in pieno nel campo di applicazione dell’articolo
1337 del codice civile, l’operatore economico coinvolto nelle
trattative deve essere messo al corrente che la PA sta parallelamente
trattando anche con altri.
Lo spiega il Tar Lazio, Roma, Sezione I, con sentenza 4.1.2019, n 52:
“emerge che tra marzo e settembre 2017 il Tribunale di Arezzo
aveva interpellato alcuni operatori economici di settore per affidare
lo svolgimento dei servizi e che tali richieste risultavano formulate
direttamente nei confronti di ciascun operatore economico,
senza questi fossero stati posto a conoscenza della circostanza per
la quale il Tribunale stava interpellando altri operatori per poi
confrontare le rispettive “offerte-proposte” e affidare per un
biennio il relativo servizio; [...]
nel caso in esame risulta documentalmente illustrato che il
Tribunale non aveva comunicato ai singoli operatori di essere in
competizione con altri, non aveva pubblicato un bando anche solo
sul sito internet del Tribunale (come rilevato da due componenti del
gruppo di giudici che si era riunito il 23.10.17 per valutare le
offerte), non aveva predisposto criteri predeterminati su cui
conformare le offerte, aveva dato luogo alla predisposizione di un
“gruppo di lavoro” per giudicare le offerte, che decideva però
secondo una valutazione soggettiva di “affidabilità” del
prodotto “software” e non su criteri oggettivi sui quali
verificare “ex post” la correttezza del giudizio di valore, il
tutto in violazione delle norme sopra richiamate (art. 30 e art. 171,
commi 3 e 5, d.lgs. n. 50/16);
Considerato, infatti, che risulta il mancato rispetto di
principi di trasparenza e non discriminazione, laddove la
motivazione per l’affidamento alle controinteressate è fondata su
una valutazione soggettiva, espressa esplicitamente solo da due
componenti del gruppo giudicante, su una generica “affidabilità”
del “software”. Il che ha condotto all’annullamento della
procedura di gara.
Possiamo concludere, allora, che mentre la RdO dà consapevolezza
piena all’operatore economico di essere coinvolto in una procedura
di gara, sia pure in qualche misura “informale” con poca
autonomia nella negoziazione, la Trattativa diretta non è
immediatamente percepibile dall’operatore economico come strumento
“competitivo”.
Quindi, acquisire preventivi a scopo di consultazione mediante la
Trattativa Diretta del MePa può risultare fuorviante ed espone al
pericolo di violare i principi di buona fede e correttezza, se
l’operatore non è messo al corrente di concorrere con altri.
La Trattativa diretta del MePa, allora, andrebbe utilizzata solo dopo
aver consultato le imprese e sulla base della consultazione
selezionare quella o quelle con cui negoziare, avendo cura di
informare, nella fase di consultazione, della parallela trattativa
con altri. Così che gli operatori economici siano pienamente
consapevoli che la loro successiva offerta non costituisce un diritto
soggettivo alla successiva stipulazione del contratto, sì da evitare
azioni nei confronti della PA procedente a titolo di responsabilità
precontrattuale.
Ed è del tutto ovvio che, comunque, laddove la scelta e la
consultazione del o degli operatori economici siano immediatamente e
direttamente rivolti alla successiva negoziazione, il tutto non può
non essere preceduto dalla formazione di atti progettuali precisi e
dalla determinazione a contrattare con la quale impegnare la spesa.
L’assenza, infatti, della possibilità di impegnare
l’amministrazione contabilmente, al di là dell’illecito
contabile, è un sintomo di mancanza di serietà, e quindi di
correttezza nelle trattative, a sua volta possibile pericoloso
indizio di responsabilità precontrattuale.
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