Le nuove regole su assunzioni, spesa di personale e spesa per il
trattamento accessorio del personale in regioni, sistema sanitario ed
enti locali è un pastrocchio molto complesso ed intricato.
Nella seguente tabella proponiamo il confronto tra la norma contenuta
nell’articolo 1, commi 1 e 2, del d.l. 35/2019, convertito in legge
60/2019 e quella prevista dall’articolo 33, comma 2, del d.l.
34/2019, convertito in legge 58/2019:
Art. 11, commi 1 e 2, d.l.
35, convertito in legge 60/2019 |
Art 33, c. 2, d.l. 34/2019,
convertito in legge 58/2019 |
A
decorrere dal 2019, la spesa per
il personale degli enti del
Servizio sanitario nazionale di ciascuna regione e Provincia
autonoma di Trento e di Bolzano, nell'ambito del livello del
finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui
concorre lo Stato e ferma restando la compatibilita' finanziaria,
sulla base degli indirizzi definiti da ciascuna regione e
Provincia autonoma di Trento e di Bolzano e in coerenza con i
piani triennali dei fabbisogni di personale, non
puo' superare il valore della spesa sostenuta nell'anno 2018,
come certificata dal Tavolo di verifica degli adempimenti di cui
all'articolo 12 dell'Intesa 23 marzo 2005 sancita in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano, o, se superiore, il
valore della spesa prevista dall'articolo 2, comma 71, della legge
23 dicembre 2009, n. 191. I predetti valori sono incrementati
annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 5 per
cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto
all'esercizio precedente. Tale importo include le
risorse per il trattamento accessorio
del personale, il cui limite, definito dall'articolo 23, comma 2,
del decreto legislativo 27 maggio 2017, n. 75, e' adeguato, in
aumento o in diminuzione, per garantire l'invarianza del valore
medio pro-capite, riferito all'anno 2018, prendendo a riferimento
come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018.
Dall'anno 2021, il predetto incremento di spesa del 5 per cento e'
subordinato all'adozione di una metodologia per la determinazione
del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario
nazionale, in coerenza con quanto stabilito dal decreto
ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, e con l'articolo 1, comma 516,
lettera c), della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
2. Ai fini del comma 1, la spesa e' considerata, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive, per il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a tempo determinato, di collaborazione coordinata e continuativa e di personale che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni. La predetta spesa e' considerata al netto degli oneri derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro successivi all'anno 2004, per personale a carico di finanziamenti comunitari o privati e relativi alle assunzioni a tempo determinato e ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l'attuazione di progetti di ricerca finanziati ai sensi dell'articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. |
A
decorrere dalla data individuata dal decreto di cui al presente
comma, anche per le finalita' di cui al comma 1, i
comuni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo
indeterminato in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di
personale e fermo restando il rispetto pluriennale dell'equilibrio
di bilancio asseverato dall'organo di revisione, sino ad una spesa
complessiva per tutto il personale dipendente, al lordo degli
oneri riflessi a carico dell'amministrazione, non superiore al
valore soglia definito come percentuale, differenziata per fascia
demografica, ((della media delle entrate correnti relative agli
ultimi tre rendiconti approvati)), considerate al netto del fondo
crediti dubbia esigibilita' stanziato in bilancio di previsione.
Con decreto del Ministro della pubblica amministrazione, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il
Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza
Stato-citta' ed autonomie locali, entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto sono individuate le
fasce demografiche, i relativi valori soglia prossimi al valore
medio per fascia demografica e le relative percentuali massime
annuali di incremento del personale in servizio per i comuni che
si collocano al di sotto del predetto valore soglia. I predetti
parametri possono essere aggiornati con le modalita' di cui al
secondo periodo ogni cinque anni. I comuni in cui il rapporto fra
la spesa di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico
dell'amministrazione, e ((la media delle predette entrate correnti
relative agli ultimi tre rendiconti approvati)) risulta superiore
al valore soglia di cui al primo periodo adottano un percorso di
graduale riduzione annuale del suddetto rapporto fino al
conseguimento nell'anno 2025 del predetto valore soglia anche
applicando un turn over inferiore al 100 per cento. A decorrere
dal 2025 i comuni che registrano un rapporto superiore al valore
soglia applicano un turn over pari al 30 per cento fino al
conseguimento del predetto valore soglia. Il
limite al trattamento accessorio del personale di cui all'articolo
23, comma 2, del ((decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75,)) e'
adeguato, in aumento o in diminuzione, per garantire l'invarianza
del valore medio pro-capite, riferito all'anno 2018, del fondo per
la contrattazione integrativa nonche' delle risorse per remunerare
gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento
come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018.
|
Come si nota, le disposizioni sono molto simili tra di loro (il comma
2 dell’articolo 33 del d.l. 34/2019 è a sua volta similissimo al
comma 1 del medesimo articolo). Ma, purtroppo, non sono uguali. Vi
sono importanti differenze che creano un sistema lacunoso, frutto del
convulso sistema di produzione delle norme, la cui confusione appare
tanto meno comprensibile visto che nell’attuale Legislatura il
Parlamento non può certo considerarsi “ingolfato” da una iper
produzione normativa.
Abbiamo evidenziato in blu una prima parte comune: entrambe le norme
fissano un tetto alla spesa del personale.
Nel caso dell’articolo 11 del d.l. 35/2019, tale spesa è ben
qualificata come generale e specifica per il personale nel suo
complesso.
Nel caso dell’articolo 33, comma 2, del d.l. 34/2019, invece, non
si fissa un tetto alla complessiva spesa del personale, bensì un
tetto alla spesa per le assunzioni. In realtà, si supera il concetto
di un tetto alla spesa per assunzioni tendenzialmente fisso, perché
il rapporto tra spesa di personale e media delle entrate correnti
relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto
del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di
previsione, fa sì che incrementi delle entrate o riduzioni del fondo
crediti di dubbia esigibilità dei comuni (si badi: la norma si
riferisce solo ai comuni, non alle province, non alle città
metropolitane, non alle unioni di comuni) possano portare anche ad
una crescita tendenziale del totale delle spese di personale; anche
se, comunque, pure i comuni virtuosi potranno in ogni caso assumere
entro le “percentuali massime annuali di incremento del personale
in servizio” di cui parla la norma.
Una seconda parte comune, ancora più simile, è quella scritta in
rosso. Nel caso dell’articolo 11 del d.l. 35/2019 è molto più
chiara la circostanza che la spesa per il salario accessorio è
ovviamente parte della spesa complessiva del personale.
Purtroppo, l’articolo 33, comma 2, del d.l. 34/2019 aggiunge alla
previsione molto simile a quella dell’articolo 11 del d.l. 35/2019
anche la precisazione che il valore medio pro-capite è quello del
fondo per la contrattazione integrativa, “nonche' delle risorse per
remunerare gli incarichi di posizione organizzativa”. Qui si crea
una bella confusione. Le opzioni sono due: il valore medio comprende,
quindi, la spesa per il fondo della contrattazione più lo
stanziamento e da questa somma si trae la media. Oppure, opzione che
appare più corretta, si fanno due medie: quella che mette in
rapporto il fondo col numero dei dipendenti al 31.12.2018 e,
separatamente, quella che mette in rapporto le risorse del bilancio
2018 col numero delle posizioni organizzative incaricate al
31.12.2018.
Nel caso dell’articolo 11, comma 1, del d.l. 35/2019 è
assolutamente chiaro che il nuovo sistema di determinazione della
spesa connessa al trattamento accessorio è immediatamente operativo.
Sia perché la decorrenza dell’intera norma non è condizionata
all’entrata in vigore di decreti attuativi, ma parte dall’1.1.2019;
sia perché la spesa del fondo accessorio, in quanto compresa
espressamente nel totale della spesa di personale, non può non
essere immediatamente computata secondo il nuovo sistema.
Tuttavia, anche per il caso dei comuni la previsione contenuta
nell’ultima parte dell’articolo 33, comma 2, del d.l. 34/2019 è
certamente da considerare immediatamente vigente. Infatti, questa
ultima parte (in rosso) è del tutto autonoma dalle previsioni
precedenti. I decreti richiamati dalle parti precedenti del comma
sono condizione solo per la determinazione delle facoltà
assunzionali e non hanno effetto alcuno nei confronti della
definizione del computo del tetto ridefinito di cui all’articolo
23, comma 2, del d.lgs 75/2017. Anzi, il fatto che tale tetto al
trattamento accessorio vada computato come valore medio pro-capite
che deve restare invariato, fa capire da subito, pur in assenza dei
decreti attuativi, che il costo del trattamento accessorio deve
“fluttuare” simmetricamente al numero dei dipendenti in servizio:
se alla fine dell’anno saranno di più del 2018, il salario
accessorio dovrà aumentare (manca tuttavia un chiaro strumento per
determinare quando; si presume occorra un provvedimento periodico di
revisione della determinazione del fondo del salario accessorio,
utile però solo se gli enti avranno sottoscritto contratti
decentrati che fissino criteri per la destinazione delle risorse, non
indicandone gli importi); in caso contrario, dovrà diminuire, in
modo che il valore pro-capite risulti inalterato.
Certo è che nella regolazione riguardante i comuni manca la terza
parte (evidenziata in giallo) invece presente nell’articolo 11 del
d.l. 35/2019, che è quella sulla base della quale il computo della
spesa del personale (e quindi anche del trattamento accessorio) è da
considerare al netto di:
- oneri derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro successivi all'anno 2004;
- spese per personale a carico di finanziamenti comunitari o privati;
- spese relative alle assunzioni a tempo determinato e ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l'attuazione di progetti di ricerca finanziati all'interno del Programma nazionale di ricerca sanitaria.
L’ultima delle tre voci di cui sopra ovviamente non interessa i
comuni, ma le prime due sì. Come si ricorderà, la Ragioneria
generale dello Stato, nella circolare 9/2006 aveva espressamente
stabilito che nella spesa del personale non fosse inclusa quella a
carico di finanziamenti comunitari o privati. Ad escludere dal
computo delle spese di personale gli oneri derivanti dai rinnovi
contrattuali a suo tempo era stato l’articolo 1, comma 199, della
legge 266/2005,
L’assenza, per i comuni, di una specificazione come quella inserita
nel comma 2 dell’articolo 11 del d.l. 35/2019, crea problemi non di
poco conto. L’importo di euro 83,20 euro, infatti, previsto dal
Ccbl 21.5.2018 che va sul fondo a partire dal 2019 potrebbe essere
considerato a carico del fondo se non escluso dal computo degli
incrementi contrattuali. Una strada per considerare tale spesa
comunque vigente, sia pure solo giuridicamente, dal 2018 e, quindi,
da considerare già nel fondo 2018 (senza quindi conseguenze negative
sul 2019) è quella di prendere atto che, appunto, giuridicamente
tale spesa va imputata sin dal 31.12.2018 e quindi riferita al
personale presente in servizio a quella data, avente ovviamente i
requisiti previsti dal contratto.
Come si nota, se il Legislatore avesse agito in modo meno compulsivo
e con maggiore ponderazione, avrebbe potuto fondere tra loro queste
norme assai simili, prendendo il lato buono dell’una e dell’altra,
giungendo ad una regolamentazione univoca e coordinata.
Così non è stato. Soprattutto, ancora si tiene in vita, anche se
nella sostanza già modificato più volte, una vera e propria
aberrazione giuridica, quell’articolo 23, comma 2, del d.lgs
75/2017 che si pone in irrimediabile contrasto con ogni intento di
semplificazione della disciplina economica del personale e di
valorizzazione dell’autonomia dei bilanci. Si tratta di una norma
che andrebbe cancellata con estrema urgenza, anche perché pensata
“nelle more” di un’armonizzazione della contrttazione
collettiva che a distanza di due anni dal 2017 ancora non si è vista
e che molto probabilmente non si avrà mai. E’ assurdo che il
legislatore mantenga in piedi una previsione normativa che si rivela
nella sostanza una condizione impossibile, però pesantissima e causa
di regole estremamente complesse e bizantine.
Non riesco a trovare sul Suo blog, il Suo articolo del 6.08.2019 sull'obbligo di pubblicazione per ANAC dei patrimoni dei dirigenti. Domanda: ANAC estende suddetto obbligo non a tutti i diriggenti degli enti locali,ma solo a quelli apicali (ad esempio, Segretario Generale e Direttore Generale). E' corretto? In tal modo sarebbero esclusi i dirigenti di settore (uff. personale, polizia locale, lavori pubblici ecc.ecc.). Grazie
RispondiEliminaL'Anac ha prodotto un provvedimento di contenuto contrario alla sentenza della Consulta, come tale illegittimo. La sentenza ha specificato che spetta solo al legislatore indicare quali dirigenti possano essere onerati. Dunque, l'indicazione dell'Anac non va assolutamente seguita.
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