Non è compito dei segretari comunali svolgere funzioni di direzione
di strutture amministrative assumendo la qualità di dirigenti. Tali
funzioni possono essere gestite, specie nei comuni di grandi
dimensioni, solo per in via temporanea e suppletiva, avendo prima
dimostrato l’assoluta carenza di professionalità interne.
La sentenza della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la
Puglia 23 luglio 2019, n. 489, è particolarmente rilevante perché
smonta in modo ultimativo il castello di sabbia del “dirigente
apicale” ed indica in modo chiaro e puntuale quali sono le
peculiarità della funzione dei segretari comunali.
E’ una sentenza importantissima, che evidenzia le gravissime pecche
purtroppo contenute nella superficiale sentenza della Corte
costituzionale 23/2019 (sul punto:
https://luigioliveri.blogspot.com/2019/02/segretari-comunali-si-allo-spoil-system.html;
https://luigioliveri.blogspot.com/2019/02/spoil-system-dei-segretari-comunali.html
), in particolare nella debolissima parte nella quale la Consulta ha
in modo vistosamente erroneo considerato costituzionalmente legittimo
lo spoil system, anche in considerazione delle funzioni dirigenziali
viste come “tipiche” della figura del segretario comunale.
Una svista imperdonabile, che viene indirettamente, ma ferocemente
evidenziata dalle considerazioni della Corte dei conti della Puglia,
che, limitandosi a leggere ed applicare in maniera niente più che
piana e corretta le disposizioni normative e contrattuali, ricorda
come le funzioni dirigenziali siano, per i segretari comunali, solo
un accessorio, eventuale e non tipizzante per nulla le proprie
funzioni. Con buona pace di chi pervicacemente cerca di ammantare la
figura con quel ruolo di “dirigente apicale” che la mancata
riforma Madia ha impedito venisse in essere.
E’ bene specificare che la Corte dei conti ha riconosciuto la
responsabilità per danno erariale a carico di un segretario comunale
di un comune di grandi dimensioni, che per anni ha svolto funzioni di
dirigente di una quantità ingiustificabile anche solo logicamente,
prima che organizzativamente, di servizi, ottenendo maggiorazioni
retributive persino superiori a quelle ammesse dal contratto. Non si
può non fare proprie le considerazioni, sul punto, della Corte dei
conti: “Quello che sconcerta ancor di più, e che rende
irrimediabilmente grave sotto il profilo omissivo la sua condotta, e
che la ricollega causalmente al danno qui azionato è il fatto che il
soggetto che è rimasto passivo e inerte in ordine a emolumenti
ricevuti e spiccatamente esorbitanti rispetto al dovuto, sia proprio
colui che istituzionalmente aveva il dovere giuridico di conformare
alla legalità l’agere amministrativo”.
Lo sconcerto è forte. E dura da anni, esattamente da quel 1997 che
introducendo l’inutile figura del direttore generale ha scatenato
in molti (non tutti, ovviamente) i segretari comunali gli appetiti da
“dirigente apicale”. Si sono visti incarichi di direttore
generale in comuni con pochissimi dipendenti e senza Peg, incarichi
in comuni convenzionati ma singoli per ciascun comune, cifre
elevatissime non giustificate da funzioni nuove e diverse. Uno spreco
di denaro pubblico, che nel 2009 portò alla cancellazione (purtroppo
limitata ai soli comuni con popolazione fino a 100.000 abitanti) del
direttore generale.
Sconcerta, comunque, ancora che la voglia di “apicalità” e,
soprattutto, di ottenere maggiorazioni retributive, invece di passare
dalla via maestra di una migliore contrattazione collettiva capace di
valorizzare le funzioni effettivamente caratterizzanti dei segretari,
in modo strisciante anche sigle sindacali abbiano lavorato per creare
una condizione di “dirigente apicale” di fatto (preparatoria,
senza successo, alla riforma Madia), soffiando sul fuoco delle
ambizioni personali.
La gran parte dei segretari comunali sa qual è il proprio ruolo,
conosce la profonda differenza del coordinamento rispetto alla
gestione operativa, valorizza la prima in funzione del miglior
funzionamento della seconda.
Per non pochi, al contrario, la funzione del segretario praticamente
non può che ridursi a quella di un dirigente che assommi su di sé
(salvo, spesso, poi deleghe diffuse e in bianco) funzioni gestionali,
gestite fin troppo, poi, nel rispetto della “fiducia” contrattata
a suon di inevitabili reciproche concessioni con sindaci disposti a
remunerare queste funzioni dirigenziali anche ben oltre i limiti
contrattuali. Con sprezzo dell’evidente rischio di danno erariale.
Questa visione della “apicalità” dirigenziale necessitata del
segretario comunale viene letteralmente posta nel nulla dalla
sentenza della Corte dei conti. Essa evidenzia quali siano le
rilevanti e complesse competenze previste dall’articolo 97 del
d.lgs 267/2000, non negando, ovviamente, che è operante il comma 4,
lettera d), per effetto del quale il sindaco può attribuire al
segretario ogni altra funzione. Sagacemente, il giudice contabile
osserva, però: “Tale ultima previsione, pur integrando una
sorta di clausola in bianco, si dà consentire, in linea di principio
(per ragioni di flessibilità organizzativa), l’affidamento al
segretario di funzioni gestionali, va però contemperata con altre
disposizioni affermative di principi di ordine generale, come
quella secondo cui i compiti c.dd. di amministrazione attiva spettano
ai dirigenti e non possono essere loro sottratti se non in virtù di
una norma primaria espressa (cfr. l’art. 4, comma 2 e 3,
l’art. 15 e ss. del citato t.u.p.i.; l’art. 107, comma 4 del
t.u.o.e.l.)”.
L’attribuzione di funzioni dirigenziali ai segretari comunali non è
posta in posizione di equivalenza con la scelta di assegnare
incarichi di direzione ai dirigenti. Questi ultimi sono titolari in
via esclusiva della gestione. Il che non può non portare alla
conclusione secondo la quale l’assegnazione di funzioni di
direzione ai segretari (lo stesso vale per l’attivazione
dell’articolo 110 del Tuel) va saldamente giustificato con
l’evidenziazione di una situazione non rimediabile se non con una
temporanea attività di “supplenza”, fermo restando che se
l’organizzazione prevede una struttura di vertice, essa non può
restare acefala o essere a tempo indefinito affidata alla
preposizione direzionale di un soggetto che non può e non deve
svolgere la funzione direzionale in via continuativa, come il
segretario comunale.
Sul punto, la Corte dei conti della Puglia è chiarissima: “l’Accordo
integrativo del 22.12.2003, sottoscritto in attuazione dell’articolo
41, comma 4, del CCNL, e il successivo Accordo integrativo del 13
gennaio 2009. In particolare, il primo dei citati accordi ha
stabilito a quali condizioni possa essere concessa la maggiorazione
dell’indennità in parola, condizioni che possono essere sia di
carattere oggettivo che di carattere soggettivo. Senza entrare nello
specifico di tali condizioni, basti qui mettere in luce che il
contratto precisa che tale maggiorazione è consentita a condizione
che al segretario siano affidati incarichi gestionali comunque
afferenti alle sue funzioni istituzionali, ma “in via
temporanea e dopo aver accertato l’inesistenza delle necessarie
professionalità all’interno dell’Ente”. L’Accordo
fissa poi la misura minima e massima di tale maggiorazione, che non
può essere inferiore al 10% e superiore al 50% della retribuzione di
posizione in godimento, ad eccezione dei comuni inferiori a 3.000
abitanti”.
Dunque, è l’ordinamento giuridico ad impedire di considerare come
fungibili gli incarichi dirigenziali. Essi sono competenza esclusiva
dei dirigenti. La scelta di affidarli al segretario è transeunte e
motivata da una verifica reale di assenza di professionalità
interne. Spiega ancora la Corte dei conti: “Tanto è vero che le
sopra indicate disposizioni contrattuali integrative si sono fatte
carico di precisare che l’attribuzione al segretario di funzioni
dirigenziali possa avvenire solo con atto formale del capo
dell’Amministrazione e in ogni caso previo accertamento
dell’assenza di adeguate figure professionali interne e (solo) in
via temporanea. Ciò evidenza chiaramente che la strada
dell’affidamento di compiti gestionali ai segretari sia
percorribile solo in via transitoria, e in caso di
eccezionale assenza delle necessarie professionalità all’interno
dell’Ente (ex multis, Cass., S.L. 12.06.2007, n. 13708;
Cons. St., Sez. V, 25 settembre 2006, n. 5625; cfr. anche Parere Min.
Interno 17.12.2008): solo in tal modo è possibile conciliare la
facoltà concessa dal citato art. 97, co. 4 lett. d) del t.u.o.e.l.,
da un lato (come detto) con l’intestazione ex lege di tali funzioni
ai dirigenti, dall’altro con 14 l’esercizio in concreto
dei compiti gestionali negli enti di piccole dimensioni (notoriamente
privi di dirigenza e, sovente, anche di dipendenti inidonei a
svolgerle) o in particolari frangenti, tali da generare situazioni di
paralisi gestionale non risolvibili aliunde (ex multis,
Tar Piemonte, sez. II, 4.11.2008 n. 2739; Cons. St., sez. IV,
21.8.2006 n. 4858). Dunque, nel rispetto di tali presupposti al
segretario possono essere attribuite funzioni dirigenziali”.
L’ultimo passaggio
enfatizzato in grassetto smentisce le diverse ed erronee conclusioni
cui, invece, purtroppo è giunta la Consulta.
Può, comunque, un comune decidere
per scelta organizzativa di puntare su un segretario “dirigente
apicale” di fatto e quindi in ogni caso dotarlo di funzioni
dirigenziali in via continuativa, sì da giustificare anche una
remunerazione superiore alle maggiorazioni previste contattualmente?
La risposta della Sezione Puglia è
radicale e negativa: “Non coglie nel segno sul punto
l’assunto difensivo che fa leva sulla asserita legittimità della
retribuzione di posizione in quanto finalizzata a remunerare funzioni
gestionali affidate non in via temporanea ma continuativa. In
proposito, per vero, è appena il caso di osservare che la
stessa attribuzione di funzioni gestionali affidate non in via
temporanea, ma stabile e duratura al segretario generale – sia pure
attraverso diversi provvedimenti a tempo riguardanti distinti servizi
– si appalesa contra legem perché effettuata in difetto dei
presupposti normativi”.
C’è un vizio di legittimità genetico e non superabile nella
scelta di attribuire funzioni gestionali ai segretari comunali. Che,
per altro, sebbene spesso ottengano queste funzioni a seguito delle
“contrattazioni” spesso improprie coi sindaci, poi pagano molto
caramente, in termini di serenità operativa e condizioni di lavoro,
la disponibilità data a riscontro delle maggiorazioni contrattuali.
Nel caso di specie, lo sconcerto mostrato dalla Corte dei conti,
sorge anche solo guardando l’incredibile elenco di incarichi
dirigenziali assegnati al segretario, con molteplici decreti
sindacali:
gestione dell’Ufficio Legale,
gestione della Segreteria Comunale,
gestione della Presidenza del Consiglio Comunale,
gestione del Servizio Sistemi Informativi e Statistica,
gestione del Contratto d’Area,
gestione del del 2° Settore “Attuazione Politiche per
l’Occupazione”,
gestione del del 5° Settore “Attuazione Politiche Sociali,
Educative, Culturali e Ricreative”,
gestione dell’Ufficio di Piano.
Una “non organizzazione”, uno schema organizzativo semplicemente
assurdo e non credibile, con una concentrazione direzionale
ingiustificabile, implausibile e oggettivamente irrazionale.
Per altro, spiega la sentenza della Sezione Puglia “nessuno dei
competenti decreti sindacali di conferimento evidenzia (se 18 non nel
limitato caso di cui al decreto n. 52 del 13.10.2010, in cui il
segretario è stato incaricato ad interim, per tre giorni, della
gestione del Settore Bilancio a causa del congedo del titolare
dell’ufficio) alcun elemento da cui arguire la mancanza
in concreto di idonee professionalità all’interno dell’Ente o la
presenza di situazioni contingenti di sorta, ulteriori
rispetto alla richiamata astratta esigenza di riorganizzare gli
uffici, o a quella generica di sgravare il dirigente fino ad allora
designato dal relativo carico”.
Indicazioni che sarebbero state ancor più generali, in
considerazione della dimensione del comune, di quasi 60.000 abitanti,
che, secondo la Corte “induce ad ipotizzare – in difetto di
contrarie allegazioni – un organico dirigenziale di assoluto
rilievo e consistenza, anche in termini di presenza di idonee figure
dirigenziali nei settori di competenza gestionale affidati, invece,
al segretario”.
La conclusione della Corte è caustica: “In definitiva, il
sistema ordinamentale sopra tratteggiato [...] non
consente che ai segretari siano conferite funzioni gestionali in
pianta stabile, se non nei casi limite sopra indicati (comuni privi
di idonee figure dirigenziali, situazioni di paralisi gestionale,
ecc.) e previa adeguata motivazione”.
Laddove i segretari sono caricati di queste funzioni, la verifica
puntuale spesso porterebbe ad osservare situazioni del tutto
improprie, come quelle della sentenza, in cui la caccia alla mostrina
di “dirigente apicale” porta a situazioni paradossali e dannose
per l’erario; oppure, a situazioni del tutto opposte, nelle quali,
specie in piccoli comuni, il segretario viene subissato di funzioni e
competenze, senza mezzi, senza strumenti, con strutture spesso
torpide, che agiscono a “tenaglia” con l’amministrazione nello
schiacciare l’ordinato svolgersi delle competenze della figura.
La Corte costituzionale con la sentenza 23/2019 ha perso l’occasione
enorme di riallineare l’ordinamento a logica e razionalità. La
sentenza della Corte dei conti della Puglia è lì, scolpita, a
ricordarci di questa occasione drammaticamente sfuggita.
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