lunedì 30 dicembre 2019

Decreto Fiscale. I pagamenti dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni: tra rinvii e nuove complicazioni.

Analisi delle misure contenute nella legge di conversione del “decreto fiscale” e nella legge di bilancio dello Stato per il 2020
di Vito Antonio Bonanno, segretario generale
La legge di bilancio dello Stato per il 2020, approvata in via definitiva dalla Camera il 23 dicembre 2019 ( A.C. 2305) ed in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e la legge 19 dicembre 2019, n.157 con la quale è stato convertito in legge il c.d. decreto fiscale ( d.l. 26 ottobre 2019, n. 124), hanno apportato alcune chirurgiche ma sostanziali modifiche all’apparato normativo introdotto dalla legge n. 145 del 2018 in materia di accelerazione dei pagamenti dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni. In particolare, la legge di bilancio per il 2020 interviene a modificare alcune norme introdotte dalla legge di conversione del decreto fiscale, le quali –pertanto- avranno efficacia per pochissimi giorni e, di fatto, non saranno mai applicate.

Giova ricordare che il legislatore nel 2018 ha introdotto, a decorrere dal 2020, un nuovo obbligo di accantonamento di risorse correnti (fondo di garanzia debiti commerciali) per gli enti locali che a partire dall’esercizio 2019 non rispettano i termini di pagamento delle transazioni commerciali o che non riducono lo stock di debito commerciale pregresso o che non alimentano correttamente la Piattaforma dei crediti commerciali (PCC); al fine di consentire la corretta applicazione di tale nuovo obbligo, che di fatto riduce la capacità di spesa per gli enti in ritardo coi pagamenti, il legislatore ha stabilito che la PCC è la base informativa per monitorare il debito pregresso e per misurare la tempestività dei pagamenti: insomma, i dati non posso essere elaborati e certificati dai singoli enti, ma vengono elaborati a livello centrale dalla PCC, così obbligando tutti gli enti –dopo un lustro dall’avvio della stessa- a rispettare gli obblighi di comunicazione e ad implementare i flussi informativi con precisione e continuità.1 Per consentire a tutti gli enti locali di rispettare i nuovi obblighi ed evitare di dover effettuare il nuovo accantonamento sul bilancio di previsione 2020, la legge n. 145 del 2018 ha rifinanziato per l’anno 2019 le anticipazioni di liquidità con l’obiettivo di sbloccare il pagamento dei debiti scaduti al 31 dicembre 2018; a fronte di tale misura, la norma ha previsto un raddoppio dell’importo dell’accantonamento per tutti gli enti che, non rispettando i nuovi parametri, non abbiano fatto richiesta di utilizzare l’anticipazione di liquidità ovvero pur avendola richiesta non abbiano effettuato i pagamenti nei termini previsti. Tale ultima misura sanzionatoria risulta, tuttavia, abrogata dall’art. 50, comma 1, lett. a), della legge n. 157 del 2019, per cui a regime la misura dell’accantonamento da iscrivere in bilancio risulta uguale per tutti gli enti che non rispettano i parametri previsti dalla legge.
L’obbligo di accantonamento, tuttavia, slitta all’esercizio 2021 in quanto l’art. 1, comma 854, lett. a) della legge di bilancio per il 2020 (A.C. 2305) ha prorogato di un anno l’entrata in vigore delle disposizioni di cui al comma 859 della legge n. 145/2018. Ne consegue, pertanto, che entro il 28 febbraio 2021 (termine modificato dall’art. 50, comma 1, lett. c) della legge n. 157/2019), laddove saranno rilevate con riguardo all’esercizio 2020 le condizioni di cui al comma 859 della legge n. 145/2018, e cioè la mancata riduzione del debito commerciale residuo o la presenza di un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti non rispettoso dei termini previsti dall’art. 4 del d.lgs. n. 231 del 2002, gli enti locali dovranno variare il bilancio di previsione e stanziare nella parte corrente del proprio bilancio un accantonamento denominato “Fondo di garanzia debiti commerciali”, sul quale non è possibile disporre impegni e pagamenti, che a fine esercizio confluisce nella quota libera del risultato di amministrazione. In base alle modifiche introdotte dall’art. 38-bis, comma 2, della legge 28.6.2019, n.58, di conversione del d.l. 34/2019, “il Fondo di garanzia debiti commerciali accantonato nel risultato di amministrazione è liberato nell’esercizio successivo a quello in cui sono rispettate le condizioni” previste dalla legge. I parametri per la determinazione dell’importo dell’accantonamento sono stabiliti dal comma 862 della legge n. 145 del 2018, in rapporto allo stanziamento della spesa per acquisto di beni e servizi, come vedremo più avanti.
La legge di bilancio per il 2020 proroga al 2021 (art 1, comma 854, lett. c) anche l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 868, della legge n. 145/2018, in base alle quali l’obbligo di accantonamento previsto per gli enti che non rispettano l’obbligo di riduzione del debito pregresso si applicano anche a quegli enti che “non hanno pubblicato l’ammontare complessivo dei debiti di cui all’art. 33 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n.33, e che non hanno trasmesso alla piattaforma elettronica le comunicazioni di cui al comma 867 e le informazioni relative all’avvenuto pagamento delle fatture”. Quindi anche la violazione degli obblighi di pubblicazione e di quelli di comunicazione alla PCC sarà punita solo a decorrere dal 2021, con riguardo ai dati del 2020.
Tuttavia, a fronte del rinvio al 2021 dell’obbligo di accantonamento per gli enti non rispettosi degli indicatori sopra indicati e degli obblighi di pubblicazione e comunicazione, la legge di bilancio per il 2020 ha previsto –sul modello introdotto dalle precedente legge di bilancio- una premialità per tutti gli enti che nel 2019 hanno rispettato gli indicatori relativi ai tempi di pagamento, che si sostanzia nella facoltà di ridurre il fondo crediti di dubbia esigibilità stanziato per gli esercizi finanziari 2020 e 2021 ad un valore pari al 90 per cento dell’accantonamento previsto dalla legge (cfr. art. 1, comma 79, della legge di bilancio per il 2020). Tale facoltà è riservata esclusivamente a quegli enti che nel 2019 –adeguandosi con puntuali misure organizzative alle puntuali disposizioni di legge- hanno rispettato entrambi gli indicatori di cui all’art. 1, comma 859, lett. a), e b) della legge n. 145/2018 (riduzione debito e rispetto tempi di pagamento). Tali indicatori in base al comma 861 della legge n. 145/2018 “sono elaborati mediante la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni dei crediti” (PCC): la lett. b) del comma 854 della legge di bilancio per il 2020 sopprime, infatti, la previsione dell’art. 50, comma 1, lett. b) n. 2) della legge 157 del 2019 a mente della quale “limitatamente all’esercizio 2019, gli indicatori di cui al comma 859 possono essere elaborati sulla base delle informazioni presenti nelle registrazioni contabili dell’ente”. Ne consegue che anche per l’esercizio 2019 gli indicatori previsti dal comma 859 della legge n. 145 del 2018 debbono essere elaborati esclusivamente sulla base delle informazioni contenute nella PCC: pertanto, l’ente che intende avvalersi della facoltà di riduzione dello stanziamento al Fcde per gli esercizi 2020 e 2021 deve essere in regola con gli indicatori relativi ai tempi di pagamento elaborati coi dati presenti nella PCC.
Sulle modalità operative per il calcolo degli indicatori si rimanda alla nota di approfondimento di IFEL del 21.11.20192 che ha fornito puntuali indicazioni operative, anche alla luce delle modificazioni introdotte in materia dall’art. 38, comma 1, della legge n.58/2019 e dall’art. 50, comma 1, lett. b) n. 1 della legge 157/2019. In particolare, si osserva quanto segue.
  1. indicatore di riduzione del debito commerciale residuo
Il legislatore considera “fisiologico” uno stock di debito che alla fine dell’anno si mantiene entro il 5% del totale delle fatture ricevute nell’esercizio di riferimento. Al fine di verificare il rispetto del parametro occorre determinare, in primo luogo, lo stock di debito al 31.12.2019, che coincide con l’ammontare di tutte le fatture relative a debiti commerciali scadute e non pagate: è evidente che tale dato –dovendo essere elaborato sulla base delle informazioni contenute nella PCC- necessita di un previo lavoro di aggiornamento dei dati sulla piattaforma, sia con riguardo all’esatta individuazione dei debiti commerciali3, sia con riguardo alla corretta comunicazione dei casi di sospensione, che alla corretta data di scadenza delle fatture. Sotto tale profilo, è opportuno segnalare che, modificando espressamente il comma 3 dell’art. 50 della legge n. 157/2019, il comma 855 della legge di bilancio 2020 anticipa al 1° luglio 2020 (in luogo del 1° gennaio 2021) l’obbligo di inserimento nell’OPI della data di scadenza della fattura, facendo venire meno dalla medesima data l’obbligo di comunicazione mensile di cui all’art. 7-bis, comma 4, del d.l. n.35/2013 e smi relativo alle fatture scadute entro la fine del mese precedente e non pagate.4 Se, dunque, l’ammontare del debito commerciale scaduto e non pagato al 31 dicembre 2019 risulta minore o uguale al 5% del totale delle fatture commerciali ricevute nel 2019, l’indicatore risulta rispettato. Se, invece, tale stock di debito risulta superiore al 5% del totale delle fatture ricevute, il debito non è fisiologico e, pertanto, occorre valutare –passando al secondo step- se l’ente è riuscito a ridurlo rispetto al valore dello stock di debito relativo all’esercizio precedente. Occorre, dunque, estrarre dalla PCC il l’importo dello stock di debito al 31.12.20185 e raffrontarlo con l’importo dello stock di debito al 31.12.2019: se tale rapporto (stock 2019/stock 2018) è inferiore o uguale a 0,9 l’indicatore individua un caso da non sanzionare, mentre se il rapporto è superiore a 0,9 l’indicatore non risulta rispettato (quindi, dal 2021 scatta l’obbligo di accantonamento nella misura massima del 5% della spesa per acquisto di beni e servizi e, nel 2020, non ci si può avvalere della facoltà di riduzione dello stanziamento del Fcde sugli esercizi 2020 e 2021). Si segnala che in base al comma 2 dell’art. 50 della legge n. 157/2019 la comunicazione alla PCC dell’elenco dei debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre deve essere effettuata entro il 31 gennaio di ciascun anno e non più entro il 30 aprile (cfr. art. 7-bis, comma 4 del d.l. 35/2013 e smi ).
  1. indicatore di ritardo annuale dei pagamenti
Tale indicatore si elabora solo nel caso in cui l’ente rispetta l’indicatore sulla riduzione del debito (se non lo rispetta, l’ente risulta già sanzionato); esso è calcolato come media dei ritardi di pagamento ponderata in base all’importo delle fatture relative a debiti commerciali e considera sia le fatture scadute nell’anno (pagate e non pagate) sia quelle non scadute nell’anno ma pagate nell’anno. In sostanza, l’indicatore misura la capacità dell’amministrazione di pagare le fatture scadute nell’anno. Esso ha un diverso perimetro rispetto all’indicatore di tempestività dei pagamenti introdotto dall’art. 8, comma 1, del d.l. 66/20146, il quale misura la tempestività delle transazioni pagate nel periodo indipendentemente da quando siano state ricevute le fatture o analoghe richieste di pagamento. L’indicatore del ritardo annuale, dunque, non tiene conto delle fatture scadute negli anni pregressi (2018 e antecedenti) e pagate nel 2019, ma deve tenere conto delle fatture scadute nel 2019 sebbene non pagate. Risulta evidente che l’elaborazione in modo corretto dell’indicatore del ritardo dei pagamenti presuppone la corretta alimentazione della PCC con riguardo ad eventi che determinano la non esigibilità del credito ovvero la contestazione delle fatture, sulla base delle indicazioni operative di cui al comunicato della PCC del 20 marzo 2019. L’indicatore si considera negativo laddove il suo valore risulti “non rispettoso dei termini di pagamento delle transazioni commerciali, come fissati dall’art. 4 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231”.
La norma individua la misura dell’accantonamento al nuovo Fondo di garanzia dei debiti commerciali in rapporto allo stanziamento di spesa per acquisto di beni e servizi, in misura crescente in base al valore dell’indicatore del ritardo:
  1. 5% se i ritardi nei pagamenti dell’esercizio precedente siano superiori a 60 giorni;
  2. 3% se i ritardi nei pagamenti dell’esercizio precedente siano compresi tra 31 e 60 giorni;
  3. 2% se i ritardi nei pagamenti dell’esercizio precedente siano compresi tra 11 e 30 giorni;
  4. 1% se i ritardi nei pagamenti dell’esercizio precedente siano compresi tra 1 e 10 giorni.
Per consentire agli enti locali di rispettare i rigidi indicatori evitando dal 2021 il pesante obbligo di accantonamento nella parte corrente, il comma 556 della legge di bilancio 2020 amplia la possibilità di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento dei debiti scaduti al 31 dicembre 2019, con istanza da presentare entro il 30 aprile 2020. E’ possibile procedere al pagamento anche di debiti fuori bilancio, purchè l’ente provveda previamente al riconoscimento della loro legittimità e alla relativa copertura finanziaria. Un’ultima annotazione. Costituisce causa di sospensione dei termini di pagamento da comunicare alla PCC anche la nuova fattispecie introdotta dall’art. 4 del decreto fiscale, convertito con modificazioni dalla legge n. 157 del 2019. La norma, infatti, prevede l’obbligo in capo al committente di sospendere il pagamento del corrispettivo contrattuale, sino alla concorrenza del 20% del valore complessivo del contratto ovvero per un importo pari alle ritenute non versate qualora l’appaltatore non abbia trasmesso al committente le deleghe di pagamento e le informazioni relative ai lavoratori impiegati nell’appalto ovvero se dalla documentazione trasmessa risulti l’omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali. In tutte le ipotesi in cui si configura l’obbligo di sospensione del pagamento, il Comune è obbligato sia a comunicare la circostanza all’Agenzia delle entrate, come prevede la norma, sia a comunicare alla PCC la sospensione dei termini di pagamento relativi alla fattura, “finchè perdura l’inadempimento”.
Il testo modificato dalla legge di conversione ha semplificato gli adempimenti a carico del committente, limitando il suo ruolo a quello di acquisire e verificare il corretto versamento delle ritenute fiscali sui lavoratori e non già di procedere al relativo versamento come prevedeva il testo originario della norma.
L’art. 17 –bis del d.lgs. 241 del 1997, introdotto dalla legge di conversione del decreto fiscale, entrerà in vigore il 1° gennaio 2020 (cfr. art. 4, comma 2 L. 157 del 2019); e, pertanto, la prima verifica riguarderà i versamenti relativi alle retribuzioni del personale impiegato nell’esecuzione di contratti d’appalto relative al mese di gennaio 2020, e quindi gli F24 che scadono il 17 febbraio 2020: entro 5 giorni lavorativi da tale scadenza ( 24 febbraio 2020: il 22 cade di sabato) le imprese appaltatrici trasmettono al comune committente le deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali trattenute ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o servizio, per i quali è previsto questo obbligo, unitamente ad un elenco di tutti i lavoratori, identificati mediante il codice fiscale, impiegati nel mese precedente nell’esecuzione del contratto, con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente, l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione ed il dettaglio delle ritenute eseguite nel mese precedente.
Ne consegue, a carico delle imprese, l’obbligo di disporre distinti F24 per ciascun committente (qualora si tratti di impresa che ha in corso l’esecuzione di diversi contratti) e di indicare separatamente la ritenuta operata a valere sulla specifica prestazione affidata dal committente: se, dunque, in un mese un lavoratore è contemporaneamente occupato in due appalti, la ritenuta fiscale complessivamente operata sulla sua retribuzione dovrà essere suddivisa tra i due modelli F24 predisposti per ciascun appalto e per ciascun committente. La norma dispone (cfr. commi 1 e 8 dell’art. 17-bis) che l’impresa non può operare alcuna compensazione tra diverse voci (ritenute, contributi, premi Inail, assistenza fiscale, bonus d.l. 66/2014, ecc..).
Tale comunicazione è funzionale alla verifica che deve effettuare il Comune-committente sulla correttezza della determinazione delle ritenute fiscali e sul relativo versamento: il comma 2 dell’art. 17-bis espressamente fa riferimento alla finalità “di consentire al committente il riscontro complessivo degli importi versati”, mentre il comma 3 dispone che ove risulti –oltre al caso della mancata trasmissione della documentazione- “l’omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa” debba sospendersi il pagamento dei corrispettivi di cui sia maturato il diritto; la violazione di tale obbligo7 è sanzionata con il pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata all’impresa per la violazione delle norme sulla corretta determinazione delle ritenute e per il loro versamento8. In pratica, viene introdotto l’obbligo del corretto e regolare versamento delle ritenute fiscali e non solo di quelle contributive, con l’impossibilità di posticipare il pagamento dell’imposte al momento dell’acquisizione della provvista da parte dei committenti: evidenti sono i rischi di un blocco a catena dei pagamenti.
La norma prevede che tali nuovi obblighi non si applichino ad imprese che risultino “sane”, individuate dalla norma tra quelle attive da almeno tre anni, in regola con gli obblighi dichiarativi e che abbiano eseguito nell’ultimo triennio versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle stesse dichiarazioni, che non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi relativi alle principali imposte, ritenute e contributi per importi superiori ad € 50.000,00; tali requisiti sono oggetto di certificazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Quanto al perimetro oggettivo, la norma si applica a contratti relativi ad opere o servizi:
  1. di importo annuo superiore ad € 200.000,00;
  2. caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera (contesto labour intensive: si può fare riferimento alla giurisprudenza sull’art. 50 del d.lgs. 50/2016 e smi);
  3. per la cui esecuzione il personale dell’impresa svolge la prestazione lavorativa presso sedi di attività del committente;
  4. e utilizza beni strumentali di proprietà o riconducibili in qualsiasi forma al committente.
In effetti, il perimetro oggettivo della norma ne riduce il campo di applicazione agli enti locali. E’, tuttavia, necessario procedere ad una urgente ricognizione dei contratti di appalto o comunque denominati per l’esecuzione di opere e servizi in vigore dal 1° gennaio 2020, al fine di verificare se rientrano nel raggio applicativo dell’art. 17-bis del d.lgs. 241/1997, organizzando in tal caso le modalità di ricezione e verifica della documentazione afferente il calcolo ed il versamento delle ritenute fiscali che, evidentemente, non potrà essere svolta dagli uffici tecnici e/o amministrativi che gestiscono i contratti, ma dovrà prevedere il coinvolgimento degli uffici finanziari. Insomma, nuovi adempimenti in capo ai già oberati uffici comunali.


29 dicembre 2019
1 In realtà il decreto legge n. del 2014 ha introdotto pesanti sanzioni a carico dei dirigenti che non effettuano le comunicazioni previste dall’art. 7-bis del d.l. 35/2013 e smi; tuttavia, allo stato tale apparato sanzionatorio risulta scarsamente applicato ( si tratta di sanzioni disciplinari, dirigenziali e di taglio dell’indennità di risultato).
3 Nella sezione “notizie” della PCC è reperibile una nota el 27.2.2019 che fornisce indicazioni sulla corretta gestione dei pagamenti di fatture non commerciali.
4 Si evidenzia che il gruppo tecnico RGS/ANCI che lavora per agevolare l’allineamento delle informazioni registrate in PCC e mettere a punto le procedure di raccordo fra PCC, SIOPE+ e sistemi contabili locali, ha avuto modo di chiarire che la decorrenza del venir meno dell’obbligo di effettuare la comunicazione entro il 15 di ciascun mese dei debiti scaduti nel mese precedente e non pagati “debba intendersi fissata alla data, precedente o al più tardi coincidente con il 1° gennaio 2021 (oggi: 1 luglio 2020) a partire dalla quale l’ente ha avviato la prassi di valorizzare il campo data_scadenza_pagam_siope del file xlm corrispondente all’ordinativo”.
5 In base alle indicazioni del MEF l’allineamento dei dati relativi allo stock di debito al 31.12.2018 in PCC doveva essere completato entro il 30 giugno 2019, nonostante il comma 867 della legge 145 del 2018 prevedesse la data del 30 aprile 2019.
6 Si veda per chiarimenti sull’elaborazione di tale indicatore –che non rileva ai fini dell’obbligo di accantonamento al Fondo di garanzia dei debiti commerciali e per l’esercizio della facoltà di riduzione dello stanziamento al Fcde- il DPCM 22.9.2014 e la circolare RGS n. 22/2015.
7 E’ sanzionato anche l’aver omesso di controllare i conteggi effettuati dall’impresa?
8 20% in caso di omessa trattenuta e 30% in caso di omesso versamento

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