Analisi delle misure contenute nella
legge di conversione del “decreto fiscale” e nella legge di
bilancio dello Stato per il 2020
di
Vito
Antonio Bonanno, segretario generale
La
legge di bilancio dello Stato per il 2020, approvata in via
definitiva dalla Camera il 23 dicembre 2019 ( A.C. 2305) ed in attesa
di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e la legge 19 dicembre 2019,
n.157 con la quale è stato convertito in legge il c.d. decreto
fiscale ( d.l. 26 ottobre 2019, n. 124), hanno apportato alcune
chirurgiche ma sostanziali modifiche all’apparato normativo
introdotto dalla legge n. 145 del 2018 in materia di accelerazione
dei pagamenti dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni.
In particolare, la legge di bilancio per il 2020 interviene a
modificare alcune norme introdotte dalla legge di conversione del
decreto fiscale, le quali –pertanto- avranno efficacia per
pochissimi giorni e, di fatto, non saranno mai applicate.
Giova
ricordare che il legislatore nel 2018 ha introdotto, a decorrere dal
2020, un nuovo obbligo di accantonamento di risorse correnti (fondo
di garanzia debiti commerciali) per gli enti locali che a partire
dall’esercizio 2019 non rispettano i termini di pagamento delle
transazioni commerciali o che non riducono lo stock
di
debito commerciale pregresso o che non alimentano correttamente la
Piattaforma dei crediti commerciali (PCC); al fine di consentire la
corretta applicazione di tale nuovo obbligo, che di fatto riduce la
capacità di spesa per gli enti in ritardo coi pagamenti, il
legislatore ha stabilito che la PCC è la base informativa per
monitorare il debito pregresso e per misurare la tempestività dei
pagamenti: insomma, i dati non posso essere elaborati e certificati
dai singoli enti, ma vengono elaborati a livello centrale dalla PCC,
così obbligando tutti gli enti –dopo un lustro dall’avvio della
stessa- a rispettare gli obblighi di comunicazione e ad implementare
i flussi informativi con precisione e continuità.1
Per consentire a tutti gli enti locali di rispettare i nuovi obblighi
ed evitare di dover effettuare il nuovo accantonamento sul bilancio
di previsione 2020, la legge n. 145 del 2018 ha rifinanziato per
l’anno 2019 le anticipazioni di liquidità con l’obiettivo di
sbloccare il pagamento dei debiti scaduti al 31 dicembre 2018; a
fronte di tale misura, la norma ha previsto un raddoppio dell’importo
dell’accantonamento per tutti gli enti che, non rispettando i nuovi
parametri, non abbiano fatto richiesta di utilizzare l’anticipazione
di liquidità ovvero pur avendola richiesta non abbiano effettuato i
pagamenti nei termini previsti. Tale
ultima misura sanzionatoria risulta, tuttavia, abrogata dall’art.
50, comma 1, lett. a), della legge n. 157 del 2019, per
cui a regime la misura dell’accantonamento da iscrivere in bilancio
risulta uguale per tutti gli enti che non rispettano i parametri
previsti dalla legge.
L’obbligo
di accantonamento, tuttavia, slitta
all’esercizio 2021 in
quanto l’art. 1, comma 854, lett. a) della legge di bilancio per il
2020 (A.C. 2305) ha prorogato di un anno l’entrata in vigore delle
disposizioni di cui al comma 859 della legge n. 145/2018. Ne
consegue, pertanto, che entro il 28 febbraio 2021 (termine modificato
dall’art. 50, comma 1, lett. c) della legge n. 157/2019), laddove
saranno rilevate con riguardo all’esercizio 2020 le condizioni di
cui al comma 859 della legge n. 145/2018, e cioè la mancata
riduzione del debito commerciale residuo o la presenza di un
indicatore di ritardo annuale dei pagamenti non rispettoso dei
termini previsti dall’art. 4 del d.lgs. n. 231 del 2002, gli enti
locali dovranno variare il bilancio di previsione e stanziare nella
parte corrente del proprio bilancio un accantonamento denominato
“Fondo di garanzia debiti commerciali”, sul quale non è
possibile disporre impegni e pagamenti, che a fine esercizio
confluisce nella quota libera del risultato di amministrazione. In
base alle modifiche introdotte dall’art. 38-bis, comma 2, della
legge 28.6.2019, n.58, di conversione del d.l. 34/2019, “il
Fondo di garanzia debiti commerciali accantonato nel risultato di
amministrazione è liberato nell’esercizio successivo a quello in
cui sono rispettate le condizioni”
previste dalla legge. I parametri per la determinazione dell’importo
dell’accantonamento sono stabiliti dal comma 862 della legge n. 145
del 2018, in rapporto allo stanziamento della spesa per acquisto di
beni e servizi, come vedremo più avanti.
La
legge di bilancio per il 2020 proroga
al 2021
(art 1, comma 854, lett. c) anche l’applicazione delle disposizioni
di cui all’art. 1, comma 868, della legge n. 145/2018, in base alle
quali l’obbligo di accantonamento previsto per gli enti che non
rispettano l’obbligo di riduzione del debito pregresso si applicano
anche a quegli enti che “non
hanno pubblicato l’ammontare complessivo dei debiti di cui all’art.
33 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n.33, e che non hanno
trasmesso alla piattaforma elettronica le comunicazioni di cui al
comma 867 e le informazioni relative all’avvenuto pagamento delle
fatture”.
Quindi anche la violazione degli obblighi di pubblicazione e di
quelli di comunicazione alla PCC sarà punita solo a decorrere dal
2021, con riguardo ai dati del 2020.
Tuttavia,
a fronte del rinvio al 2021 dell’obbligo di accantonamento per gli
enti non rispettosi degli indicatori sopra indicati e degli obblighi
di pubblicazione e comunicazione, la legge di bilancio per il 2020 ha
previsto –sul modello introdotto dalle precedente legge di
bilancio- una premialità
per tutti gli enti che nel 2019 hanno rispettato gli
indicatori relativi ai tempi di pagamento, che si sostanzia nella
facoltà di ridurre
il fondo crediti di dubbia esigibilità stanziato per gli esercizi
finanziari 2020 e 2021 ad un valore pari al 90 per cento
dell’accantonamento previsto dalla legge (cfr. art. 1, comma 79,
della legge di bilancio per il 2020). Tale facoltà è riservata
esclusivamente a quegli enti che nel 2019 –adeguandosi con puntuali
misure organizzative alle puntuali disposizioni di legge- hanno
rispettato entrambi gli indicatori
di
cui all’art. 1, comma 859, lett. a), e b) della legge n. 145/2018
(riduzione debito e rispetto tempi di pagamento). Tali indicatori in
base al comma 861 della legge n. 145/2018 “sono
elaborati mediante la piattaforma elettronica per la gestione
telematica del rilascio delle certificazioni
dei
crediti”
(PCC): la lett. b) del comma 854 della legge di bilancio per il 2020
sopprime, infatti, la previsione dell’art. 50, comma 1, lett. b) n.
2) della legge 157 del 2019 a
mente della quale “limitatamente
all’esercizio 2019, gli indicatori di cui al comma 859 possono
essere elaborati sulla base delle informazioni presenti nelle
registrazioni contabili dell’ente”.
Ne consegue che anche per l’esercizio 2019 gli indicatori previsti
dal comma 859 della legge n. 145 del 2018 debbono essere elaborati
esclusivamente sulla base delle informazioni contenute nella PCC:
pertanto, l’ente
che intende avvalersi della facoltà di riduzione dello stanziamento
al Fcde per gli esercizi 2020 e 2021 deve essere in regola con gli
indicatori relativi ai tempi di pagamento elaborati coi dati presenti
nella PCC.
Sulle
modalità operative per il calcolo degli indicatori si rimanda alla
nota di approfondimento di IFEL del 21.11.20192
che ha fornito puntuali indicazioni operative, anche alla luce delle
modificazioni introdotte in materia dall’art. 38, comma 1, della
legge n.58/2019 e dall’art. 50, comma 1, lett. b) n. 1 della legge
157/2019. In particolare, si osserva quanto segue.
- indicatore di riduzione del debito commerciale residuo
Il
legislatore considera “fisiologico” uno stock di debito che alla
fine dell’anno si mantiene entro il 5% del totale delle fatture
ricevute nell’esercizio di riferimento. Al fine di verificare il
rispetto del parametro occorre
determinare, in primo luogo, lo stock di debito al 31.12.2019, che
coincide con l’ammontare di tutte le fatture relative a debiti
commerciali scadute e non pagate:
è evidente che tale dato –dovendo essere elaborato sulla base
delle informazioni contenute nella PCC- necessita di un previo lavoro
di aggiornamento dei dati sulla piattaforma, sia con riguardo
all’esatta individuazione dei debiti commerciali3,
sia con riguardo alla corretta comunicazione dei casi di sospensione,
che alla corretta data di scadenza delle fatture. Sotto tale profilo,
è opportuno segnalare che, modificando espressamente il comma 3
dell’art. 50 della legge n. 157/2019, il comma 855 della legge di
bilancio 2020 anticipa
al 1° luglio 2020
(in luogo del 1° gennaio 2021) l’obbligo
di inserimento nell’OPI della data di scadenza della fattura,
facendo venire meno dalla medesima data l’obbligo di comunicazione
mensile di cui all’art. 7-bis, comma 4, del d.l. n.35/2013 e smi
relativo alle fatture scadute entro la fine del mese precedente e non
pagate.4
Se, dunque, l’ammontare del debito commerciale scaduto e non
pagato al 31 dicembre 2019 risulta minore o uguale al 5% del totale
delle fatture commerciali ricevute nel 2019, l’indicatore risulta
rispettato. Se, invece, tale stock di debito risulta superiore al 5%
del totale delle fatture ricevute, il debito non è fisiologico e,
pertanto, occorre valutare –passando al secondo step- se l’ente è
riuscito a ridurlo rispetto al valore dello stock di debito relativo
all’esercizio precedente. Occorre, dunque, estrarre
dalla PCC il l’importo dello stock di debito al 31.12.20185
e raffrontarlo con l’importo dello stock di debito al 31.12.2019:
se tale rapporto (stock 2019/stock 2018) è inferiore o uguale a 0,9
l’indicatore individua un caso da non sanzionare, mentre se il
rapporto è superiore a 0,9 l’indicatore non risulta rispettato
(quindi, dal 2021 scatta l’obbligo di accantonamento nella misura
massima del 5% della spesa per acquisto di beni e servizi e, nel
2020, non ci si può avvalere della facoltà di riduzione dello
stanziamento del Fcde sugli esercizi 2020 e 2021). Si segnala che in
base al comma 2 dell’art. 50 della legge n. 157/2019 la
comunicazione alla PCC dell’elenco dei debiti certi, liquidi ed
esigibili alla data del 31 dicembre deve essere effettuata entro il
31 gennaio di ciascun anno e non più entro il 30 aprile (cfr. art.
7-bis, comma 4 del d.l. 35/2013 e smi ).
- indicatore di ritardo annuale dei pagamenti
Tale
indicatore si elabora solo nel caso in cui l’ente rispetta
l’indicatore sulla riduzione del debito (se non lo rispetta, l’ente
risulta già sanzionato); esso è calcolato come media
dei ritardi di pagamento
ponderata in base all’importo delle fatture relative a debiti
commerciali e considera sia le fatture
scadute nell’anno
(pagate e non pagate) sia quelle
non scadute nell’anno ma pagate
nell’anno. In sostanza,
l’indicatore misura la capacità dell’amministrazione di pagare
le fatture scadute nell’anno. Esso
ha un diverso perimetro rispetto all’indicatore
di tempestività dei pagamenti
introdotto dall’art. 8, comma 1, del d.l. 66/20146,
il quale misura la tempestività delle transazioni pagate nel periodo
indipendentemente da quando siano state ricevute le fatture o
analoghe richieste di pagamento. L’indicatore del ritardo annuale,
dunque, non tiene conto delle fatture scadute negli anni pregressi
(2018 e antecedenti) e pagate nel 2019, ma deve tenere conto delle
fatture scadute nel 2019 sebbene non pagate. Risulta evidente che
l’elaborazione in modo corretto dell’indicatore del ritardo dei
pagamenti presuppone la corretta alimentazione della PCC con riguardo
ad eventi che determinano la non esigibilità del credito ovvero la
contestazione delle fatture, sulla base delle indicazioni operative
di cui al comunicato della PCC del 20 marzo 2019. L’indicatore si
considera negativo laddove il suo valore risulti “non
rispettoso dei termini di pagamento delle transazioni commerciali,
come fissati dall’art. 4 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n.
231”.
La
norma individua la misura dell’accantonamento al nuovo Fondo di
garanzia dei debiti commerciali in rapporto allo stanziamento di
spesa per acquisto di beni e servizi, in misura crescente in base al
valore dell’indicatore del ritardo:
- 5% se i ritardi nei pagamenti dell’esercizio precedente siano superiori a 60 giorni;
- 3% se i ritardi nei pagamenti dell’esercizio precedente siano compresi tra 31 e 60 giorni;
- 2% se i ritardi nei pagamenti dell’esercizio precedente siano compresi tra 11 e 30 giorni;
- 1% se i ritardi nei pagamenti dell’esercizio precedente siano compresi tra 1 e 10 giorni.
Per
consentire agli enti locali di rispettare i rigidi indicatori
evitando dal 2021 il pesante obbligo di accantonamento nella parte
corrente, il comma 556 della legge di bilancio 2020 amplia la
possibilità
di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate
al pagamento dei debiti scaduti al 31 dicembre 2019, con istanza da
presentare entro il 30 aprile 2020. E’ possibile procedere al
pagamento anche di debiti fuori bilancio, purchè l’ente provveda
previamente al riconoscimento della loro legittimità e alla relativa
copertura finanziaria. Un’ultima annotazione. Costituisce causa di
sospensione dei termini di pagamento da comunicare alla PCC anche la
nuova fattispecie introdotta dall’art. 4 del decreto fiscale,
convertito con modificazioni dalla legge n. 157 del 2019. La norma,
infatti, prevede l’obbligo
in capo al committente di sospendere il pagamento del corrispettivo
contrattuale,
sino alla concorrenza del 20% del valore complessivo del contratto
ovvero per un importo pari alle ritenute non versate qualora
l’appaltatore non abbia trasmesso al committente le deleghe di
pagamento e le informazioni relative ai lavoratori impiegati
nell’appalto ovvero se dalla documentazione trasmessa risulti
l’omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali. In
tutte le ipotesi in cui si configura l’obbligo di sospensione del
pagamento, il Comune è obbligato sia a comunicare la circostanza
all’Agenzia delle entrate, come prevede la norma, sia a comunicare
alla PCC la sospensione dei termini di pagamento relativi alla
fattura, “finchè
perdura l’inadempimento”.
Il
testo modificato dalla legge di conversione ha semplificato gli
adempimenti a carico del committente, limitando il suo ruolo a quello
di acquisire e verificare il corretto versamento delle ritenute
fiscali sui lavoratori e non già di procedere al relativo versamento
come prevedeva il testo originario della norma.
L’art.
17 –bis del d.lgs. 241 del 1997, introdotto dalla legge di
conversione del decreto fiscale, entrerà in vigore il 1° gennaio
2020 (cfr. art. 4, comma 2 L. 157 del 2019); e, pertanto, la prima
verifica riguarderà i versamenti relativi alle retribuzioni del
personale impiegato nell’esecuzione di contratti d’appalto
relative al mese di gennaio 2020, e quindi
gli F24 che scadono il 17 febbraio 2020:
entro 5 giorni lavorativi da tale scadenza ( 24 febbraio 2020: il 22
cade di sabato) le imprese appaltatrici trasmettono al comune
committente le deleghe di pagamento relative al versamento delle
ritenute fiscali trattenute ai lavoratori direttamente impiegati
nell’esecuzione dell’opera o servizio, per i quali è previsto
questo obbligo, unitamente ad un elenco di tutti i lavoratori,
identificati mediante il codice fiscale, impiegati nel mese
precedente nell’esecuzione del contratto, con il dettaglio delle
ore di lavoro prestate da ciascun percipiente, l’ammontare della
retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione
ed il dettaglio delle ritenute eseguite nel mese precedente.
Ne
consegue, a carico delle imprese, l’obbligo di disporre distinti
F24 per ciascun committente (qualora si tratti di impresa che ha in
corso l’esecuzione di diversi contratti) e di indicare
separatamente la ritenuta operata a valere sulla specifica
prestazione affidata dal committente: se, dunque, in un mese un
lavoratore è contemporaneamente occupato in due appalti, la ritenuta
fiscale complessivamente operata sulla sua retribuzione dovrà essere
suddivisa tra i due modelli F24 predisposti per ciascun appalto e per
ciascun committente. La norma dispone (cfr. commi 1 e 8 dell’art.
17-bis) che l’impresa non può operare alcuna compensazione tra
diverse voci (ritenute, contributi, premi Inail, assistenza fiscale,
bonus d.l. 66/2014, ecc..).
Tale
comunicazione è funzionale alla verifica che deve effettuare il
Comune-committente sulla correttezza della determinazione delle
ritenute fiscali e sul relativo versamento: il comma 2 dell’art.
17-bis espressamente fa riferimento alla finalità “di
consentire al committente il riscontro complessivo degli importi
versati”,
mentre il comma 3 dispone che ove risulti –oltre al caso della
mancata trasmissione della documentazione- “l’omesso
o insufficiente versamento delle ritenute fiscali rispetto ai dati
risultanti dalla documentazione trasmessa”
debba sospendersi il pagamento dei corrispettivi di cui sia maturato
il diritto; la violazione di tale obbligo7
è sanzionata con il pagamento di una somma pari alla sanzione
irrogata all’impresa per la violazione delle norme sulla corretta
determinazione delle ritenute e per il loro versamento8.
In pratica, viene introdotto l’obbligo del corretto e regolare
versamento delle ritenute fiscali e non solo di quelle contributive,
con l’impossibilità di posticipare il pagamento dell’imposte al
momento dell’acquisizione della provvista da parte dei committenti:
evidenti sono i rischi di un blocco a catena dei pagamenti.
La
norma prevede che tali nuovi obblighi non si applichino ad imprese
che risultino “sane”, individuate dalla norma tra quelle attive
da almeno tre anni, in regola con gli obblighi dichiarativi e che
abbiano eseguito nell’ultimo triennio versamenti registrati nel
conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare
dei ricavi o compensi risultanti dalle stesse dichiarazioni, che non
abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi relativi alle
principali imposte, ritenute e contributi per importi superiori ad €
50.000,00; tali requisiti sono oggetto di certificazione da parte
dell’Agenzia delle Entrate.
Quanto
al perimetro
oggettivo,
la norma si applica a contratti relativi ad opere o servizi:
- di importo annuo superiore ad € 200.000,00;
- caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera (contesto labour intensive: si può fare riferimento alla giurisprudenza sull’art. 50 del d.lgs. 50/2016 e smi);
- per la cui esecuzione il personale dell’impresa svolge la prestazione lavorativa presso sedi di attività del committente;
- e utilizza beni strumentali di proprietà o riconducibili in qualsiasi forma al committente.
In
effetti, il perimetro oggettivo della norma ne riduce il campo di
applicazione agli enti locali. E’, tuttavia, necessario procedere
ad una urgente ricognizione dei contratti di appalto o comunque
denominati per l’esecuzione di opere e servizi in vigore dal 1°
gennaio 2020, al fine di verificare se rientrano nel raggio
applicativo dell’art. 17-bis del d.lgs. 241/1997, organizzando in
tal caso le modalità di ricezione e verifica della documentazione
afferente il calcolo ed il versamento delle ritenute fiscali che,
evidentemente, non potrà essere svolta dagli uffici tecnici e/o
amministrativi che gestiscono i contratti, ma dovrà prevedere il
coinvolgimento degli uffici finanziari. Insomma, nuovi adempimenti in
capo ai già oberati uffici comunali.
29
dicembre 2019
1
In realtà il decreto legge n. del 2014 ha introdotto pesanti
sanzioni a carico dei dirigenti che non effettuano le comunicazioni
previste dall’art. 7-bis del d.l. 35/2013 e smi; tuttavia, allo
stato tale apparato sanzionatorio risulta scarsamente applicato ( si
tratta di sanzioni disciplinari, dirigenziali e di taglio
dell’indennità di risultato).
2
https://www.fondazioneifel.it/documenti-e-pubblicazioni/item/9912-norme-sul-rispetto-dei-tempi-di-pagamento-della-pa-il-calcolo-del-ritardo-annuale-dei-pagamenti-nota-ifel
3
Nella sezione “notizie” della PCC è reperibile una nota el
27.2.2019 che fornisce indicazioni sulla corretta gestione dei
pagamenti di fatture non commerciali.
4
Si evidenzia che il gruppo tecnico RGS/ANCI che lavora per agevolare
l’allineamento delle informazioni registrate in PCC e mettere a
punto le procedure di raccordo fra PCC, SIOPE+ e sistemi contabili
locali, ha avuto modo di chiarire che la decorrenza del venir meno
dell’obbligo di effettuare la comunicazione entro il 15 di ciascun
mese dei debiti scaduti nel mese precedente e non pagati “debba
intendersi fissata alla data, precedente o al più tardi coincidente
con il 1° gennaio 2021 (oggi: 1 luglio 2020) a partire dalla quale
l’ente ha avviato la prassi di valorizzare il campo
data_scadenza_pagam_siope
del file xlm corrispondente all’ordinativo”.
5
In base alle indicazioni del MEF l’allineamento dei dati relativi
allo stock di debito al 31.12.2018 in PCC doveva essere completato
entro il 30 giugno 2019, nonostante il comma 867 della legge 145 del
2018 prevedesse la data del 30 aprile 2019.
6
Si veda per chiarimenti sull’elaborazione di tale indicatore –che
non rileva ai fini dell’obbligo di accantonamento al Fondo di
garanzia dei debiti commerciali e per l’esercizio della facoltà
di riduzione dello stanziamento al Fcde-
il DPCM 22.9.2014 e la circolare RGS n. 22/2015.
7
E’ sanzionato anche l’aver omesso di controllare i conteggi
effettuati dall’impresa?
8
20% in caso di omessa trattenuta e 30% in caso di omesso versamento
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