lunedì 11 maggio 2020

Ripartenza nei comuni. Non spetta a giunta e sindaco indicare quali siano le attività urgenti o indifferibili che possono tornare a rendersi anche in presenza

L’articolo a firma di Arturo Bianco sul Quotidiano Enti Locali dell’11.5.2020 dal titolo “Coronavirus - Fase 2, tre gruppi di attività da assicurare per la ripartenza” contiene una serie di indicazioni operative e sulle competenze da esercitare erronee e non condivisibili.

A partire dall’individuazione dei servizi essenziali che, a dire dell’Autore, non sono da svolgere in lavoro agile, ma in presenza, sulla semplice base della loro elencazione.

Si suggerisce, oltre tutto, di trarre tale elencazione dalla legge sullo sciopero, la 146/1990, il che costituisce un errore nell’errore.

Non si deve dimenticare che, come chiarito dalla Direttiva 3/2020 della Funzione Pubblica, gli uffici pubblici, e quindi quelli comunali, non sono chiusi, ma aperti: operano in smart working.

Si assiste ancora alla confusione tra ufficio “aperto” nel senso di funzionante, anche da remoto, ed ufficio “aperto”, ma inteso come sede popolata di dipendenti.

Lo scopo della legge 146/1990 è evitare la chiusura totale dei servizi e rimette l’obbligo della “presenza” in sede, perché scritta 30 anni fa, quando internet nella PA nemmeno si sapeva esistesse e lo smart working non era assolutamente pensabile.

I servizi essenziali da rendere in presenza non sono da individuare sulla base di un’indicazione astratta di una legge che nulla ha a che vedere con la pandemia, bensì in relazione all’indispensabilità che essi siano resi anche non in lavoro agile, sia per caratteristiche produttive del servizio, sia per le esigenze dell’utenza: si potrebbe trattare, infatti, di svolgere attività rivolte a persone che non dispongano di propri apparati informatici tali da ricevere o negoziare atti in forma digitale.

La Direttiva 3/2020 invita le PA ad allentare il lavoro agile esattamente in quest’ottica: laddove i servizi essenziali e utili alla riattivazioni delle attività produttive private non possano con totale efficacia essere resi solo da remoto, i comuni potranno ripartire parzialmente con attività in presenza.

E questo varrà, dunque, non solo per le attività indiffirebili ed essenziali, ma anche per quelle definite come urgenti, tali da richiedere un’operatività piena: infatti, per le competenze urgenti di fatto le PA debbono fare in modo di non considerare la sospensione dei procedimenti, disposta dalla legge.

E’ evidente che, invece, laddove attività essenziali siano organizzate in modo da poter essere rese da remoto con identica efficacia rispetto a quanto si farebbe negli uffici, l’attività in presenza, in quanto fattore di rischio contagio, va evitata. Quindi, attività come ad esempio il pagamento di stipendi o di corrispettivi, in enti nei quali i programmi di gestione del personale e delle paghe, nonché della contabilità, siano diffusi in reti sicure, la presenza in sede non ha alcuna necessità particolare.

Lo stesso può valere per molte delle funzioni comunali connesse alle attività produttive. L’Autore si sofferma sulla paventata necessità che “riaprano” gli sportelli unici delle attività produttive (Suap) e gli sportelli unici dell’edilizia (Sue). Ma, è un esempio non del tutto calcante: proprio questi uffici sono ormai da molto tempo organizzati gestendo moltissime delle attività mediante piattaforme informatiche, con la possibilità dell’interscambio documentale con i privati e le camere di commercio esclusivamente informatico e, quindi si prestano perfettamente e più di altri servizi comunali a restare in smart working, senza compromettere tempi e qualità.

Per quanto concerne, poi, la competenza ad individuare i procedimenti “urgenti”, da concludere comunque senza tenere conto della sospensione disposta dalla legge, le conclusioni cui giunge il Bianco sono del tutto da rigettare.

In primo luogo, si evidenzia la contraddizione in termini che discende dal suggerire una competenza della giunta ad indicare l’elenco dei procedimenti “urgenti” almeno nelle linee essenziali, ma “fermo restando che la formazione dell’elenco concreto appartiene alla competenza dei singoli dirigenti”.

Intesa in questo modo, la ripartizione delle competenze va in insanabile contrasto col principio di divisione delle competenze tra organi politici e gestione. Se restano ferme le competenze dei dirigenti nel determinare in concreto quali procedimenti siano urgenti, ciò vuol dire che questa determinazione non può spettare in alcun modo alla giunta.

D’altra parte, l’articolo 107, comma 2, del d.lgs 267/2000 è chiarissimo: “Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108”.

Ancora, l’urgenza non può essere valutata in astratto, con un’elencazione generica, ma necessariamente in concreto. Anche perché l’articolo 103 del d.l. 18/2020, convertito in legge 27/2020 consente ai cittadini e alle imprese di chiedere di considerare come urgenti i procedimenti ed è di ogni evidenza che simili istanze non possano che essere trattate sul piano gestionale ed amministrativo, subentrando quindi l’esclusiva competenza dirigenziale. La giunta non deve avere voce in capitolo.

In conclusione, l’Autore poi ipotizza che spetti al sindaco determinare quali sono le attività che hanno un carattere indifferibile, attraverso ordinanza.

Anche questa conclusione non è in alcun modo condivisibile. L’ordinanza è un atto tipico, adottato dal sindaco esclusivamente per i casi previsti dall’articolo 50 del Tuel (ordinanze contingibili e urgenti per sanità e ordine pubblico e a tutela dal degrado del territorio), o dall’articolo 54 (prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana).

Le ordinanze non sono legittimamente disposte per questioni attinenti all’organizzazione, rimessa in via esclusiva alla legge od ai regolamenti, né per attribuire funzioni e competenze alla dirigenza.

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