Come già rilevato in un precedente post , una riunione, in italiano, null'altro è se non una riunione.
Ma, siamo nell'era della neolingua e dello spopolare delle interpretazioni speciose o a gettone.
Dunque, si è scatenata l'incredibile e paradossale "interpretazione" del concetto di riunione, con riferimento alle, appunto, riunioni dei consigli comunali e provinciali, delle commissioni consiliari e delle giunte comunali.
Una questione interpretativa un po' ridicola, anche se il Ministero dell'interno, che oggettivamente immaginiamo impegnato in molte altre priorità, l'ha presa sul serio per davvero. Emanando perfino una circolare! La circola 27.10.2020, n. 66194.
Lo scritto, molto involuto, ricorda moltissimo, ai più attempati, il famosissimo Fonzie di Happy days. Il personaggio era molto virile, deciso e riteneva di avere sempre ragione, per cui non riusciva proprio a pronunciare la parola "scusa".
Ecco, la circolare-Fonzie pare presa dalla stessa sindrome. La cautela viminalizia è evidente: molti sindaci e l'Anci hanno ritenuto che il concetto di "riunione" non si attagli alle riunioni dei consigli e delle giunte (ovvove!); come dare loro torto, però al contempo dovendo rispettare le norme che il Governo, del quale il Viminale è parte, vietano alle PA le riunioni (e, per inciso, le vietano o "raccomandano fortemente" di evitarle, in bar, palestre, ristoranti, teatri, cinema, anche famiglie)?
La tecnica è la solita. Partire con un ragionamento, del tutto apodittico, che compiaccia la tesi che però dopo verrà smentita. La circolare, quindi, si esibisce nella più fallace delle motivazioni:
Lo capisce chiunque che il principio di separazione delle competenze tra organi di governo e gestionali non c'entra assolutamente nulla. L'ironia è facile: il Covid-19 non è che risulti meno contagioso se fuoriesca coi droplets frutto dell'eloquio del consigliere dallo scranno, rispetto allo sputacchiare di travet in riunione tra loro.
La norma che tendenzialmente vieta ogni riunione, salvo eventuali necessità da motivare, non è minimamente influenzata nè dalla caratteristica della riunione (consiglio, briefing, quel che sia), nè dalla funzione che nel corso della funzione o esercita.
L'estensore della circolare lo sa. E, infatti, dopo l'enunciazione vista prima, totalmente priva di senso, si ricorda che è ancora vigente una norma, l'articolo 73 del d.l. 18/2020, appositamente pensata proprio per far tenere le riunioni di commissioni, consigli e giunte da remoto. Lo scopo? E' indicato dall'articolo 73 stesso: "Al fine di contrastare e contenere la diffusione del virus COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020".
Non ci vuole un virologo, un immunologo, un genio o un tuttologo per capire che una riunione di un organo collegiale contribuisce al rischio di diffusione del Covid-19 esattamente come una riunione tra amiconi all'aperitivo, una seduta di assemblea di condominio o un brain storming tra consulenti ed esperti.
Infatti, la circolare, lisciato il pelo all'assurda chiave di lettura secondo la quale le riunioni degli organi di governo locali non sarebbero riunioni, appunto si ricorda dell'articolo 73 e aggiunge:
Come si nota, non ce la fa; non ce la fa proprio, non ancora almeno, a qualificare consigli e giunte come riunioni. E parla di "sedute".
Ma, nella parte finale, quando finalmente il messaggio è chiaro ed è evidenziato che, sebbene le riunioni di giunta e consigli da remoto siano facoltative, è meglio evitare di farle in presenza, la circolare nel ricordare le condizioni per tenerle egualmente in presenza, cede. E chiama le riunioni col loro nome:
Ma non è meraviglioso tutto questo? Ma ci rendiamo conto che menti raffinate, istituzioni, interpreti ed operatori da giorni e per giorni si lambiccano sulla questione delle riunioni?
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