martedì 20 ottobre 2020

Cos'è una riunione se non una riunione? Le assurde e speciose interpretazioni su consigli e giunte comunali

 


Il vocabolario Treccani on line ha le idee molto chiare su cosa si intenda per "riunione".
Ora, il Dpcm 18.10.2020 dispone: "nell'ambito delle pubbliche amministrazioni le riunioni si svolgono  in  modalità a distanza, salvo la sussistenza di  motivate  ragioni".
Nonostante la chiarezza estrema della norma, è subito scattata la gara all'interpretazione. Quella letterale? Quella sistematica? Quella logica? Quella teleologica? Quella analogica?
No, ovviamente. L'interpretazione che va di moda nella stampa generalista, ma anche molto in dottrina e ovviamente tra lobby ed associazioni di varia natura è l'interpretazione trionfante: quella speciosa e di comodo.
Non fa eccezione, ovviamente, l'Anci e la grande quantità di sindaci, segretari e funzionari dei comuni, accorsi subito a sostenere l'interpretazione speciosa, per affermare che la previsione del Dpcm non si applichi ai consigli e alle giunte comunali.
Scrive l'Anci: "Le riunioni della PA non sono giuridicamente assimilabili alle riunioni degli organi elettivi degli enti locali, che hanno disciplina autonoma e peculiare. Il legislatore (vedi DL cura Italia)  quando ha voluto introdurre disciplina derogatoria  per le riunioni di Consiglio e Giunta comunale lo ha fatto con una norma ad hoc. Pertanto la norma contenuta nel Dpcm non obbliga alle riunioni da remoto per Consigli comunali, Commissioni e Giunta se esistono condizioni e rispetto delle misure di sicurezza che consentono le riunioni in presenza".
L'Autore di questo parere merita il premio per l'interpretazione speciosa dell'anno. Che nelle PA debbano esistere le condizioni ed il rispetto delle norme di sicurezza per le riunioni, tutte le riunioni, in presenza, dovrebbe essere dato per scontato, visto che i Protocolli di sicurezza questo hanno tra i contenuti essenziali.
Il Dpcm ha l'ovvia funzione di stabilire ed avvertire che, nonostante i protocolli, regole di maggior prudenza impongono di limitare al massimo il pericolo di espansione dei contagi (si chiamano "focolai").
Il virus, per solito, non distingue sul piano giuridico la natura delle riunioni. E, per altro, nemmeno l'ordinamento.
Una riunione è, semplicemente, una riunione, qualunque sia la natura di essa.
Dovrebbe risultare chiaro che, in questa fase, la "deroga" di cui parla l'Anci non è il divieto di riunione, ma la riunione stessa.
Sono passati mesi e tutti i comuni dovrebbero essere perfettamente attrezzati per tenere le sedute di consiglio, giunta e commissioni da remoto. Come si dovrebbe convenire, non solo perchè obbligatorio, ma anche e soprattutto per essere in prima linea nel rispetto delle norme, come esempio virtuoso.
Questo parere, invece, conferma per l'ennesima volta la particolare propensione dell'Anci al parere specioso, che va cercando il cavillo, o la necessità che l'ordinamento, nel dettare norme generali, invece scenda nel dettaglio e spieghi "quali" riunioni siano soggette al divieto e quali no.
Un modo di intendere così il diritto e di interpretarlo non è interpretazione giuridica: significa solo violentare le norme e supportare l'idea che le regole debbano essere un peso solo per gli altri, mai per se stessi. Anche a disdoro di norme finalizzate all'interesse generale alla salute.






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