venerdì 9 ottobre 2020

Smart working nella PA: il POLA non è obbligatorio e non riguarda il 60% dei dipendenti pubblici

 Non c'è niente di meno tecnicamente corretto e preciso della stampa generalista che si interessa del lavoro pubblico. In generale, gli articoli che si producono nel commento nelle norme scadono sempre nel generico, nell'eccesso e non di rado nelle diatribe da caffè.

E' esempio fulgido del chiacchiericcio lamentoso, privo di qualsiasi dato concreto, riferimento giuridico ed analisi tecnica, su Il Messaggero del 9 ottobre 2020 l'articolo di Paolo Balduzzi "La burocrazia primo nemico da abbattere per ripartire": un titolo ed una prosa perfetti per fare audience,  ma con contenuti poco oltre gli slogan e la convinzione che la "burocrazia" sia "il complesso di persone e regole che dovrebbe rendere certi e fluidi i processi amministrativi". Come se fossero le persone a rendere incerti e fluidi detti processi e, quindi, come se fossero le persone a prevedere che per l'espropriazione, ad esempio, occorra per tre volte (tre volte) la comunicazione di avvio del procedimento, o a stabilire che della conferenza di servizi, strumento per semplificare i procedimenti amministrativi, ne esistano sette (sette) tipologie, o a regolare l'iter degli appalti nel modo fissato dal codice dei contratti, talmente assurdo da consigliare una deroga generalizzata (molto mal riuscita) , col decreto semplificazione.

Fretta e flash ad effetto costruiscono caricature e non aiutano all'analisi approfondita delle questioni. Sempre Il Messaggero ci prova, con specifico riferimento allo smart working nell'articolo di Francesco Bisozzi "Statali, la pagella sarà settimanale".

L'articolo insiste nel ripetere gli errori di lettura delle regole sullo smart working fissate dall'articolo 263 del d.l. 34/2020, convertito in legge 77/2020, che continuano a vedersi diffondere nell'opinione pubblica.

La norma citata modifica l'articolo 14, comma 1, della legge 124/2015, che ha introdotto per la prima volta una regolazione del lavoro agile nella pubblica amministrazione.

La lettura di essa che fornisce l'articolo del Messaggero è che:

1. "cambierà il sistema di valutazione dei dipendenti pubblici con i POLA, i piani per il lavoro agile che le singole amministrazioni devono preparare entro la fine di gennaio";

2. "i POLA "devono ... incrementare fino al 60 per cento la quota di dipendenti in smart working nel 2021".

Le cose, però, non stanno affatto così. Basta, infatti, leggere la norma contenuta nel citato articolo 263 del d.l. 34/2020 per accorgersene: "Entro il 31 gennaio di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche  redigono,  sentite  le organizzazioni sindacali, il Piano  organizzativo  del  lavoro  agile (POLA), quale sezione del documento di cui all'articolo 10, comma  1, lettera a), del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Il  POLA individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per  le attività che possono essere svolte in modalità agile, che almeno il 60 per cento dei dipendenti possa  avvalersene,  garantendo  che  gli stessi non subiscano penalizzazioni ai  fini  del  riconoscimento  di professionalità e  della  progressione  di  carriera,  e  definisce, altresì,  le  misure  organizzative,  i  requisiti  tecnologici,   i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di  verifica  periodica  dei  risultati  conseguiti, anche in termini di miglioramento  dell'efficacia  e  dell'efficienza dell'azione  amministrativa,  della  digitalizzazione  dei  processi, nonchè della qualità dei  servizi  erogati,  anche  coinvolgendo  i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative.  In caso di mancata adozione del POLA, il lavoro agile si applica  almeno al 30 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano. Il  raggiungimento delle predette percentuali e' realizzato  nell'ambito  delle  risorse disponibili   a   legislazione   vigente.   Le   economie   derivanti dall'applicazione del POLA restano acquisite al bilancio di  ciascuna amministrazione pubblica".

Dalla chiara lettura delle norme si evince che, esattamente all'opposto di quanto suggerisce la stampa generalista e l'opinione comune che si è formata:

a) l'adozione dei POLA non è per nulla obbligatoria. Infatti, la norma contempla chiaramente e senza sanzione alcuna il caso della sua mancata adozione, limitandosi a stabilire che comunque in tal caso il lavoro agile si applica ad almeno il 30% dei dipendenti che lo chiedano;

b) se si adotta il POLA, il 60% dei dipendenti interessati non è "fino a", quindi un tetto massimo, ma "almeno", dunque un tetto minimo;

c) la disposizione non consente affatto di disporre in lavoro agile il 60% dei dipendenti pubblici (se così fosse, su 3,2 milioni di dipendenti contando anche quelli a termine, 1,92 milioni andrebbero in smart working), ma precisa che vadano in lavoro agile il 60% almeno dei dipendenti adibiti alle "attività che possano essere svolte in lavoro agile". Di conseguenza, il numero dei dipendenti pubblici da organizzare in lavoro agile risulterà fortemente ridotto, visto che risulta praticamente impossibile (salvo la deprecata ipotesi di un nuovo lock down) disporre in lavoro agile circa 1,1 milioni di docenti, circa 564 mila tra medici e infermieri, circa 60 mila tra personale tecnico del sistema sanitario (quello che realizza e manutiene le sale per le terapie), 306.000 circa dipendenti dei corpi di polizia, circa 177.000  componenti delle forze armate, circa 35.000 vigili del fuoco, circa 60.000 componenti della polizia locale; più il restante personale addetto a cantieri (tecnici), laboratori, attività degli operai, dei necrofori, dei custodi (per un maggior approfondimento, si veda qui).

Se proprio tutte le amministrazioni adottassero il POLA e si avvicinassero alla soglia minima del 60% dei dipendenti pubblici addetti ad attività compatibili col lavoro agile, sarebbe un risultato già rilevante avvicinarsi ai 350.000 interessati.

L'articolo, poi, evidentemente sulla base di informazioni ricevute da Palazzo Vidoni ed in linea con la norma di legge indicata prima, insiste sulla circostanza che i POLA conterranno strumenti per la valutazione dell'attività, trattando la questione come fosse un'innovazione. Ma, il lavoro agile per sua stessa natura deve necessariamente prevedere la fissazione di obiettivi verificabili, visto che organizza il lavoro non sulla base di un impegno orario definito, bensì in relazione da risultati da ottenere prescindendo da luogo di svolgimento e rigida fissazione di fasce orarie nelle quali svolgere le attività.

Inoltre, la stampa si dimentica di evidenziare la formula magica che, inserita nelle leggi, le destina regolarmente al fallimento: "nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente". Questa formula significa che il legislatore pretende di realizzare riforme senza investimenti. Non c'è da stupirsi se poi queste riforme sono solo facciata.

1 commento:

  1. Riassumendo.
    1. Si licenzia un provvedimento facciata che non può essere applicato
    2. Si dice alle P.A. che devono/possono al 30% del personale forse perché inutile al lavoro

    RispondiElimina