martedì 24 novembre 2020

Dipendenti pubblici: il loro onore e la miopia di rivendicazioni e scioperi inopportuni

A differenza de Il Messaggero, che domenica scorsa ha travisato, col titolo dell’articolo, il pensiero espresso da Romano Prodi, La Repubblica, con l'articolo "L'onore degli statali" dà spazio a considerazioni molto serie e profonde dei professori Boeri e Perotti sul ruolo dei sindacati nella funzione di rappresentanza dei dipendenti pubblici.

L’articolo evidenzia errori di prospettiva dei sindacati confederali molto gravi, proclamando uno sciopero che, per quanto legittimo, come ogni sciopero, più inopportuno e fuori mira non poteva essere.

I confederali, infatti, in una fase di gelo dell’economia, nella quale si cercano fondi per ristorare le attività produttive bloccate dal virus e per assicurare la cassa integrazione ai lavoratori delle imprese che hanno chiuso integralmente o parzialmente le attività, non si dicono paghi di uno stanziamento di circa 6,7 miliardi per il rinnovo dei contratti pubblici.

Affermano Boeri e Perotti: “I sindacati confederali hanno scelto di far odiare i dipendenti pubblici dagli italiani”. Affermazione forte, certo, ma molto realistica.

Affermano ancora gli Autori: “In Germania, che ha tenuto le scuole aperte anche durante la seconda ondata, l’aumento sarà dell’1,8%, quindi meno della metà di quello già riconosciuto in Italia, e circoscritto ai servizi essenziali, lasciando fuori la maggioranza dei dipendenti dei ministeri”.

Avrebbe un senso, visto che la spesa connessa al personale nelle amministrazioni pubbliche è molto importante, sì che ogni decisione in merito è nella realtà funzione anche di politica economica.

Gli Autori hanno, quindi, gioco facile nel sostenere l’opportunità che i confederali concordassero col Governo di destinare le risorse che rivendicano per la contrattazione verso altre destinazioni: non solo, appunto, finanziare gli interventi in economia, ma, restando alla PA, per finanziare, ad esempio, un programma di assunzioni che sostituisce le troppe fuoriuscite connesse a quota 100, che hanno svuotato le corsie degli ospedali e ridotto il numero dei medici di famiglia. O, per attivare seri corsi di formazione ed aggiornamento, volti ad accompagnare il cambiamento delle mansioni dei dipendenti pubblici, così da rimediare ad un gap oggettivo e permettere di adibirli tutti alle attività da remoto, senza più ricorrere alla paradossale esenzione dal servizio.

L’interesse del pubblico impiego è svolgere servizi a beneficio della popolazione. E’ certamente corretto che intellettuali ed economisti pongano il problema delle scelte strategiche dei sindacati, oggettivamente attualmente assai lontane dalla conciliazione dell’interesse rispettabilissimo alla regolazione economica contrattale con la necessità di evitare di fomentare le rivalse sociali contro i dipendenti pubblici, per poter assicurare loro, come scrivono Boeri e Perotti “il giusto riconoscimento sociale che si aspettano da ognuno di noi”.

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