domenica 6 dicembre 2020

Next Generation EU: la duplicazione delle strutture amministrative è propria della politica che non ha strategia

La creazione della tecnostruttura piramidale per la gestione dei 209 miliardi del Next Generation EU, composta da Presidente del Consiglio, Ministro dell'Economia e Ministro dello Sviluppo, 6 manager e 300 tecnici è certamente frutto di uno scontro politico, ma soprattutto la riprova che la politica, non sapendo realizzare programmi strategici, tende sempre più a gestire, per il tramite di uomini di fiducia.

Non si può negare che la struttura immaginata dal Presidente del Consiglio sia frutto di un evidente scontro politico. L'inquilino di Palazzo Chigi non ha dietro di sè un vero e proprio partito che lo sostenga e la maggioranza è comunque alquanto litigiosa e ballerina. Soprattutto litigiosa: 209 miliardi suscitano, come ovvio, molti appetiti, poichè potrebbero essere decisivi non tanto e non solo per il rilancio dell'Italia e delle sue prossime generazioni (vera missione di questo finanziamento), quanto per il "dividendo elettorale" costituito dall'acquisizione di consensi che un tale volume di spesa può determinare.

L'idea della struttura tecnica è, quindi, un rimedio contro la maggioranza belligerante e le pulsioni delle minoranze. Un'autodifesa del Presidente del Consiglio, che commissaria lo stesso Governo, lo blinda nei confronti della maggioranza e dell'opposizione.

E, inevitabilmente, crea una struttura nuova, che si sovrappone all'organizzazione dei ministeri, creando l'ennesima superfetazione. Proseguendo nell'opera ormai sempre più diffusa di introdurre sistemi organizzativi a sè stanti, spesso retti da norme che derogano alle regole ordinarie, secondo logiche di continui commissariamenti.

Il logico corollario di queste superfetazioni è lo spoil system: la creazione di tali organizzazioni parallele comporta l'attribuzione di un potere di scelta dei loro componenti integralmente attribuito alla politica, che seleziona più per logiche di appartenenza che di competenza. L'intento "difensivo" di simili apparati, del resto, implica di per sè la chiamata specificamente di chi dimostri con intenti e fatti di condividere con l'apparato e, soprattutto, chi lo crea, le finalità politiche.

Non è, tuttavia, una novità. La struttura che si immagina sia chiamata a gestire i fondi europei è solo, in grande, la riproposizione di schemi che nei ministeri, nelle regioni, nei comuni, negli enti del servizio sanitario nazionale, si utilizzano da sempre.

La creazione di apparati paralleli a quello ordinario è uno dei vizi e dei vezzi più diffusi degli organi di governo. I quali, privi di strutture di partito con funzioni di aiuto nella formazione dell'indirizzo ma anche di consulenza operativa, non si fidano dei funzionari di ruolo, e cercano quanto più possibile di creare organismi di tipo commissariale, oppure di estendere la chiamata di dirigenti di fiducia o il ricorso a consulenti, la cui comprovata fedeltà alla linea politica è requisito preponderante rispetto a qualsiasi valutazione oggettiva delle capacità operative.

Questo è un male che deriva sicuramente dalla debolezza dei partiti, non più capaci di sostenere i propri esponenti di governo con adeguate competenze di supporto, nella formazione delle strategie.

Ma, è anche un vizio di un sistema eccessivamente "mediatico", che lancia in posti di governo persone anche dai curriculum rilevanti, ma senza un adeguato cursus honorum nella politica, privi di esperienze amministrative, che si fanno forza su un consenso prevalentemente personale e non hanno conoscenza, padronanza e fiducia nelle strutture amministrative esistenti.

Questo mix micidiale cagiona una conclamata incapacità di elaborare indirizzi politici e strategie. L'assenza, a tutt'oggi, di un piano per la spesa dei finanziamenti del Next Generation EU ne è la prova.

Gli organi di governo non sanno svolgere il ruolo politico di creare le condizioni per orientare l'andamento industriale, sociale, organizzativo, produttivo.

L'assenza di una strategia, dunque, abbassa il livello dell'oggetto delle attenzioni degli organi di governo, che dalla strategia passa alla gestione.

Non si pensa a come utilizzare le risorse per modificare gli assetti della società, ma si pensa alle risorse come strumento per formare il consenso; dunque, non contando più la strategia, bensì la gestione (del potere e della formazione del consenso), si pensa alla gestione minuta e, quindi, all'apparato, alle persone, ai funzionari.

E per avere certezza che le persone chiamate a gestire garantiscano davvero il dividendo elettorale, non ci si può affidare alle strutture amministrative esistenti. I dirigenti e i funzionari assunti per concorso non dimostrano provenienze politiche chiare. Molti di quelli incaricati fiduciariamente, sono stati assunti da governi precedenti o da ministri o apparati estranei e non noti.

Per cui, dalla politica e dal governo delle strategie, si passa alla mera gestione e al governo degli uomini e conta di più l'apparato commissariale degli obiettivi da conseguire.

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