In un'interessante riflessione su NT plus del 18 marzo 2021, Gianluca Bertagna, con l'articolo "Progressioni orizzontali, regole alla prova delle nuove professionalità che entreranno" si pone i problemi dell'eventuale evoluzione dei sistemi di valorizzazione del personale in servizio, alla luce del programma di riforme enunciato dal Ministro della Funzione Pubblica.
La domanda che l'Autore si pone correttamente è se il meccanismo delle progressioni orizzontali, finalizzato a consentire incrementi retributivi, terrà o sarà soggetto a probabili evoluzioni.
E' giusto ricordare che le progressioni orizzontali sono frutto di un complesso meccanismo di valutazione: non conseguono alla semplice anzianità. Ma nascondono da sempre conflittualità rilevantissime, talvolta sfociate anche in contenziosi, sui problemi più di rilievo:
- quante risorse destinare;
- quanto personale può essere coinvolto (è una delle questioni più delicate: la norma si limita ad affermare che le progressioni debbono riguardare una limitata parte del personale, senza però determinarla. In dottrina, giurisprudenza e prassi ci si è scatenati. I sindacati osservano che anche il 99,99% del personale è quota limitata; la Rgs ha suggerito l 50%; la Corte dei conti propende per il 35%);
- che significato diverso da "anzianità" possa concretamente assumere la locuzione "esperienza acquisita";
- se occorrano o meno un "bando" ed un'istanza (nel nuovo sistema dell'articolo 16 del Ccnl 21.5.2018 certamente no, ma sono tantissimi gli enti abbarbicati agli "iter", agli "avvisi", alle "istanze", alle "istruttorie");
- come interpretare il triennio di valutazione necessario ai fini delle selezioni: tre anni sono proprio tre, o possono essere meno, se un dipendente ha lavorato meno di tre anni? (domande oziose, che però spesso incriccano il sistema e rendono complessa la gestione operativa);
- quando decorrono?
Oltre alla riforma delle progressioni orizzontali volta ad armonizzarle alle nuove logiche di professionalità sottese alle idee del Ministro, sarebbe il caso che la contrattazione collettiva risolvesse una volta e per sempre questi nodi delle progressioni orizzontali. E che il legislatore, competente per la materia delle progressioni verticali, le quali altro non sono se non concorsi, evitasse di distinguerle, come attualmente avviene, per tipologia di concorsi: aperti al pubblico, con riserva, o integralmente riservati. Si scelga una sola e chiara via: l'articolo 97 della Costituzione evidenzia che il concorso integralmente riservato non è una buona idea.
Infine, forse, un sano e complessivo ripensamento non sarebbe sbagliato. Nel privato non ci si sogna nemmeno un processo così complesso per la “valorizzazione delle professionalità interne”.
Le progressioni verticali? Non esistono. La crescita professionale è assicurata dall’applicazione dell’articolo 2103 del codice civile e, cioè, l’assegnazione di mansioni superiori che si consolidano, se, sul campo, il dipendente mostra davvero che le sue potenzialità si concretizzano in competenze di maggior respiro.
Le progressioni orizzontali? Inesistenti. Vi sono i vituperati scatti di anzianità, che almeno risparmiano lunghi e conflittuali processi di valutazione. O gli aumenti ad personam sulla base dei contratti individuali di lavoro, i quali nel lavoro privato hanno un reale contenuto negoziale, a differenza del lavoro pubblico, nel quale i contratti individuali hanno una funzione solo formale, tanto che la maggior parte dei dipendenti nemmeno ricorda di averne sottoscritto uno e, se lo ricordano, non ne rammentano né il contenuto né il luogo di eventuale conservazione.
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