martedì 9 marzo 2021

Linee Programmatiche per le riforme della PA: la coazione a ripetere sempre le stesse fallimentari idee

Temevamo esattamente questo: che le linee programmatiche di riforma della pubblica amministrazione, presentate dall'inquilino di Palazzo Vidoni, ripresentassero per l'ennesima volta le stesse ricette fallite da 30 anni.
Purtroppo, il timore si è trasformato in realtà. Il passaggio più probante? Eccolo:


Il d.lgs 150/2009, noto come "riforma Brunetta" è indubitabilmente una delle cause dei problemi della PA, perchè, seppure in alcune parti utile e positivo, in troppe altre, tra cui quella dei sistemi di valutazione, velleitaria, farraginosa, eccessivamente attratta dall'idea di scimmiottare sistemi "aziendalisti" che nelle aziende, tuttavia, non metterebbero mai spazio, talmente teorici ed inefficaci sono.
Insomma, purtroppo non v'è una sana e necessaria consapevolezza dell'obbligo di ripensare da zero la PA. Troppe, evidentemente, sono le incrostazioni del passato, troppe ancora le menti pensanti che operano a Roma, inscindibilmente legate a modi di pensare l'organizzazione e la PA con metodologie e visioni dagli anni '90 in stile NPM, superati dal tempo, dalla realtà, dalla valutazione di efficacia.
E quindi, tocca ancora leggere di (in ordine sparso):
  1. favorire la scelta tra fornitori pubblici o privati; è la logica dell'accreditamento dei privati, con finanziamenti pubblici, tragicamente fallita, in particolare in Lombardia, nella sanità;
  2. reingegnerizzazione dei processi: giusto, ma rileggerlo dopo decenni, senza che questo sia mai avvenuto, oggettivamente scoraggia;
  3. mutuare modelli "di avanguardia" del privato, per il reclutamento: il rilancio di una privatizzazione strisciante di quel che è pubblico, dunque di tutti, anche mediante sistemi di reclutamento che nel privato sono comprensibilmente opachi e talmente discrezionali da rasentare l'arbitrario; non esattamente quel che coincide con l'articolo 97, comma 4, della Costituzione;
  4. mobilità del privato verso il pubblico e dei dipendenti pubblici verso il privato (con incentivi e obblighi per percorsi di carriera): nulla che non si sia già visto con la riforma Frattini, per esempio e nulla che abbia mai funzionato;
  5. alimentazione di modelli di esternalizzazione: vedi punto 1;
  6. premialità dei dipendenti legata ai risultati e "performance": disco rotto, speriamo che qualcuno lo cambi, pur lasciando il genere e finalmente abbandoni metodologie astratte, improbabili e controproducenti, per la loro onerosità totalmente sproporzionata al tasso di contenzioso che aprono e all'entità di quanto erogato;
  7. proroga della sostanziale abolizione della responsabilità per colpa grave da danno erariale: semplificare non significa eliminare le responsabilità, ma agire sulle regole, renderle più fluide, istituire controlli concomitanti.
A onor del vero, vi sono passaggi condivisibili, come l'invito a rimediare all'ipertrofia normativa ed all'eccesso di adempimenti burocratici, imposti in particolare dalla normativa anticorruzione.
E di rilievo è la premessa, nella quale si evidenzia la necessità di "restituire dignità, orgoglio, autorevolezza e valore a chi lavora per la nostra amministrazione. Un’operazione di restituzione quanto mai preziosa, perché la riconciliazione con il mondo dello Stato favorisce un altro obiettivo ormai irrinunciabile: garantire a cittadini e imprese servizi adeguati a soddisfare le loro esigenze di vita e di attività". Di rilievo, perchè proviene da un Ministro che 11 anni fa ha contribuito, anche con espressa volontà, proprio a privare la PA di gran parte dei dignità, orgoglio ed autorevolezza che giustamente si ritiene di ridare.
Proprio questo intento, ammirevole, di rivedere un atteggiamento, la cui onda è stata cavalcata in maniera assai disinvolta dai media, dovrebbe spingere a rivedere, quindi, totalmente le linee di riforma. Consigliando di non ripartire dal d.lgs 150/2009 e da tutti gli slogan che hanno asfissiato la PA e inquinato i 30 anni quasi di sue riforme. Frigido pacatoque animo, occorrerebbe partire da zero, azzerando tutto, norme, apparato, mentalità e partire con idee davvero nuove.










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