Se un quadro è oggetto di derivazioni e copie, vuol dire che esso è riconosciuto dai pittori che ad esso si ispirano o che lo copiano come opera venerabile, sia per la sua fattura e composizione, sia per la provenienza dalla mano di un altro pittore, l’autore, considerato un Maestro.
L’Ecce Homo “ritrovato” a Madrid nei giorni scorsi potrebbe appartenere, in effetti, alla schiera delle grandi opere ammirate e rielaborate dai pittori nel ‘600.
Con tutte le cautele del caso e senza spingersi verso conclusioni per le quali non si hanno strumenti, rispetto all’opera recuperata a Madrid, e che in molti sono propensi ad attribuire a Michelangelo Merisi da Caravaggio, va evidenziato un elemento certamente di rilievo: essa, in primo luogo, nella sua composizione è nota da molto tempo; in secondo luogo potrebbe essere appunto oggetto di una copia, che probabilmente oggi si trova in Sicilia.
Come ha ricordato Rossella Vodret nell’intervista rilasciata a Federico Giannini “Caravaggio, Rossella Vodret: ‘ecco perché questo Ecce Homo potrebbe essere suo’”, per Finestre sull’Arte, il grande storico dell’Arte, Roberto Longhi, già nel 1954 riportò una foto di un’opera strettamente connessa a quella recuperata a Madrid.
La riproduzione fotografica la troviamo nel volumetto nel quale il Longhi espose le motivazioni in base alle quali ritenne possibile attribuire a Caravaggio l’Ecce Homo di Palazzo Bianco a Genova: “L’ecce Homo del Caravaggio a Genova”, pubblicato nel 1954 appunto dalla Sansoni nell’ambito della rivista Paragone.
Si tratta della tavola 13b del volume, considerata dal Longhi una derivazione dall’opera di Genova, presente in alcune copie in Sicilia, delle quali una di buona qualità a Messina. In merito, il Longhi osserva che si tratta di un’opera “sul fare del Menniti e del Rodriguez”, di fattura comunque “siciliana”.
Il Longhi riporta la fotografia dell’opera a suo tempo qualificata come “derivazione”, specificando che essa è di “ubicazione ignota”.
La stessa opera è stata ricordata nel volume “Caravaggio in Sicilia L'Ecce Homo della collezione Nicolao Di Giacomo a Messina”, edito da Altamura Editrice Palermo, 2012, a cura di Antonello Governale, che riporta la medesima foto presente nel volume del Longhi, raccontando che essa è stata tratta dalla presentazione di questa e di un’altra derivazione dall’Ecce Homo, in occasione dello studio che il critico compì sull’opera genovese e che portò alla pubblicazione del volumetto del 1954.
Dunque, è da circa 67 anni che, in realtà, la composizione emersa a Madrid è conosciuta e pubblicata, anche se fin qui nessuno si era spinto a considerarla come copia di un’opera di Caravaggio, ma, appunto, “derivazione”, cioè opera ispirata dall’Ecce Homo realizzato da Caravaggio e cioè l’opera avente questo soggetto che Massimo Massimi commissionò al Merisi nel 1605 e che, secondo quanto scrive Giovan Pietro Bellori, fu “portata in Ispagna”.
Che l’opera di ubicazione ignota studiata dal Longhi quasi 70 anni fa sia una copia del quadro di Madrid non pare possano esservi dubbi.
Tornando all’osservazione iniziale, si deve constatare che se un’opera è copiata, allora l’originale non può non essere un oggetto di ammirazione da parte degli artisti, così forte ed attrattivo da spingersi a copiarlo per provare a fare proprie le tecniche e le abilità del Maestro che li ispira.
Ciò fornisce una base ulteriore per considerare l’opera di Madrid come l’originale, soprattutto visto che, dalle notizie emergenti, sembra vi siano correzioni, pentimenti e rilevanti tracce di una preparazione di base, per altro simile a quella generalmente utilizzata proprio dal Merisi, come la biacca al di sotto delle parti da esaltare con la luce e i segni sull’imprimitura, finalizzati a fissare la posizione ed i margini delle figure.
Un quadro copiato è certamente tenuto in altissima considerazione. E se anche non si potesse concludere che il quadro di Madrid sia effettivamente del Caravaggio, certamente, dimostrato che sia comunque un originale, la sua attribuzione non potrebbe che spettare ad un altro grande del ‘600 ovviamente fortemente influenzato dallo stile caravaggesco, come Jusepe De Ribera.
Inoltre, la prova che della composizione di Madrid esista una copia spinge a pensare che quella composizione possa comunque essere la base dalla quale è stata tratta l’ispirazione per le altre derivazioni. Sino a poter ipotizzare che, in effetti, allora lo stesso Ecce Homo di Genova sia a sua volta non un originale del Caravaggio, come sostenne il Longhi, bensì proprio una derivazione di alta qualità dell’opera del Merisi.
Assumendo che quello di Madrid sia proprio l’Ecce Homo che Caravaggio dipinse per il Massimi nel 1605 o, comunque, un’opera anche del periodo napoletano o siciliano (tra il 1607 e il 1610) del Merisi, si modificherebbe il rapporto tra originale e derivazioni, tra le quali potremmo comprendere l’Ecce Homo di Palazzo Bianco a Genova.
Proprio rifacendosi allo scritto del Longhi del 1954, secondo il quale l’opera, che oggi scopriamo essere una copia di quella di Madrid, era una derivazione attribuibile alla mano di Mario Minniti o Alonso Rodriguez è interessante tenere in considerazione l’Ecce Homo di Mario Minniti conservato a Malta nella cattedrale di San Paolo (Medina). L’opera è autografa e del 1625.
Osservandola con attenzione, si nota come essa rappresenti una sintesi tra l’Ecce Homo di Madrid e quello di Genova (con una citazione, in effetti, anche dell’Ecce Homo del Cigoli).
Il “manigoldo” che toglie il mantello dalle spalle del Cristo è posizionato esattamente come nel quadro di Madrid, anche se è vestito di un’armatura ivi assente. L’espressione del manigoldo, a bocca aperta ed occhi stralunati è identica.
Anche Pilato è molto simile, sia nelle vesti, sia nella rappresentazione con la lunga barba nera e la fronte rugosa. Nell’opera di Minniti, tuttavia, Pilato non è in primo piano, ma alle spalle di Gesù: la posizione del governatore di Roma è simile a quella proposta dal Cigoli nella sua opera oggi a Palazzo Pitti.
Il Cristo del Minniti, invece, è molto differente da quello rappresentato nell’opera di Madrid. Richiama molto da vicino proprio il Cristo dipinto nell’Ecce Homo di Genova, soprattutto per la posizione delle braccia e la riproduzione delle mani e la dolente e dimessa espressione.
Mettendo, insomma, in relazione gli Ecce Homo di Madrid, Genova e Malta, sembra che il Minniti, nel 1625, conoscesse bene i primi due e da essi abbia tratto estro, per produrre una derivazione che ne è al contempo sintesi.
Ecce Homo di Madrid |
Ecce Homo a Palazzo Bianco, Genova |
Inutile ricordare qui che Mario Minniti fu grande amico di Caravaggio, col quale condivise alcuni anni a Roma e che il pittore siracusano aiutò attivamente il Merisi in fuga da Malta e gli procurò la commessa per la realizzazione del Seppellimento di Santa Lucia.
L’ammirazione del pittore siracusano per il Caravaggio era evidentemente immensa ed attestata proprio dall’adesione del Minniti al caravaggismo. L’opera di Malta appare proprio, quindi, come un esplicito ed ulteriore omaggio al Maestro, del quale il pittore siracusano doveva conoscere l’opera che oggi è stata riscoperta a Madrid.
Resta da capire, allora, il percorso, il tragitto che nella storia ha portato proprio in Spagna l’opera recuperata, posto che gli esperti concorderanno di attribuirla in modo convinto al Caravaggio.
Certo, il fatto che l’Ecce Homo sia stato rinvenuto a Madrid si concilia con l’informazione del Bellori, secondo il quale il dipinto fu “portato in Ispagna”. Ma, prima di approdare in Spagna, l’opera da dove partì? E, cosa si intende esattamente per “Spagna”?
A quest’ultima domanda rispondono la storia ed il Longhi nel suo citato volume del 1954. All’epoca, nel ‘600, il mezzogiorno d’Italia, la Campania, la Sicilia, Napoli e Palermo erano “Spagna”. Proprio la circostanza che il Minniti abbia avuto certamente modo di vedere il quadro oggi riscoperto a Madrid e che qualcuno, in Sicilia, lo abbia copiato, lascia intendere che quell’opera possa essere stata presente nella “terra di Ispagna” all’epoca stanziata nell’Italia meridionale e, forse, proprio in Sicilia.
Questo potrebbe significare, allora, che il quadro di Madrid non sia stato realizzato a Roma, nel 1605, ma in un periodo più tardo, nel corso della permanenza di Caravaggio in Sicilia o Napoli (e molte sono, secondo gli esperti, le assonanze dell’opera madrilena con quelle appunto successive al 1606). Potrebbe darsi che l’opera oggi a Madrid sia stata dipinta proprio in Sicilia e ivi copiata, ammirata e studiata, sì da essere fonte della composizione del Minniti.
Certo è, comunque, che nonostante si possa ammettere con buona correttezza di ragionamento che la Spagna di cui parla il Bellori possa anche coincidere con la Sicilia, in ogni caso l’Ecce Homo adesso si trova proprio in Spagna e nella sua capitale.
Tornando alla precedente coppia di domande: ma, allora, da dove partì? O, comunque, quali percorsi ha compiuto e come mai risulta certamente nota nell’Italia meridionale.
Un fatto è accertato sempre dal Longhi nel suo studio del 1954: se anche il Caravaggio abbia realizzato a Roma un Ecce Homo per Massimo Massimi, questo quadro non ha stranamente lasciato traccia.
Lo abbiamo constatato sopra: un quadro di un Maestro come Caravaggio è oggetto di ispirazione, derivazioni e copie. Tutte le sue opere romane lo sono. Tuttavia, il Longhi evidenzia che a Roma non vi sono scaturigini dall’Ecce Homo che il Massimi commissionò al Caravaggio.
Si può porre una domanda: e se il Merisi quell’Ecce Homo non l’avesse mai dipinto a Roma? Come è noto, nel 1987 Rossana Barbiellini Amidei reperì negli archivi della famiglia Massimi la nota con la quale il Merisi si impegnò a realizzare un quadro per il Massimi: “Io Michel Ang.lo Merisi da Caravaggio mi obligo a pingere all Ill.mo Massimo Massimi per essere stato pagato un quadro di valore e grandezza come è quello ch’io gli feci già della Incoronazione di Crixto per il primo di Agosto 1605. In fede ò scritto e sottoscritto di mia mano questa, questo dì 25 Giunio 1605”. In questa nota non è indicato il soggetto dell’opera, ma gli esperti concordemente ritengono che si tratti proprio dell’Ecce Homo, aderendo al racconto del nipote di Ludovico Cardi, detto il Cigoli, che racconta del “concorso segreto” indetto dal Massimi tra Caravaggio, Cigoli e Passignano, commissionando loro, senza farglielo sapere, un Ecce Homo.
Potrebbe non essere inverosimile che, in realtà, il Caravaggio non abbia affatto prodotto l’opera per la quale si era impegnato. Almeno, non nel ristrettissimo termine di 36 giorni entro il quale si era impegnato a dipingerla. E’ noto che il Merisi fosse particolarmente veloce nel produrre i suoi dipinti, dunque non sarebbe di per sé da escludere che in quei pochi giorni fosse realmente in grado di adempiere all’impegno.
Tuttavia, la primavera e l’estate del 1605 furono molto tribolate per il pittore. Il 28 maggio fu colto con la spada, privo di licenza e portato nel carcere del governatore. Il 29 luglio, due giorni prima dello scadere del termine dell’impegno assunto col Massimi, Caravaggio si rese protagonista del ferimento del Notaio Mariano Pasqualone, con conseguente avvio della causa penale che indusse il pittore a fuggire proprio a Genova, dove stette fino al 26 agosto successivo, quando a Roma firmò un atto di transazione col Pasqualone.
Pendente la commissione col Massimi, considerando che a Genova c’è un Ecce Homo di matrice comunque caravaggesca, si è pensato che in fuga da Roma il Caravaggio possa aver terminato l’opera a Genova e quella potrebbe essere, quindi, la storia dell’Ecce Homo di Palazzo Bianco. Sfugge, tuttavia, in questa ricostruzione, come effettivamente l’opera possa essere approdata in Spagna.
Un’altra ipotesi, tutta romanzata in questo momento, si può formulare. Caravaggio non realizzò l’Ecce Homo né a Roma, né a Genova. La circostanza evidenziata dal Longhi che a Roma non vi siano riproduzioni o comunque sedimentazioni di un Ecce Homo di Caravaggio è certamente molto rilevante. Dunque, il Merisi realizzò l’Ecce Homo, che oggi è a Madrid e che è stato copiato in Sicilia e preso ad ispirazione dal Minniti, in Sicilia, tra il 1608 e il 1609. Prodotto direttamente in terra di Spagna.
Ma, allora, come sarebbe finito in quella che oggi è davvero Spagna? C’è purtroppo una forte lacuna nelle fonti, che non consente di comprendere questi viaggi (e, infatti, abbiamo rilevato sopra che queste ipotesi finali sono solo romanzate). E se fosse stato realizzato in Sicilia, anni dopo l’impegno assunto e da lì fatto partire davvero per la Spagna, ove nel 1623 un parente del committente, Innocenzo Massimi, divenne nunzio apostolico?
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