Sulla rivista NT plus del 14 ottobre, l'articolo "Delibera, contrattazione, relazione, parere dei revisori: strada lunga per la flessibilità oraria anti-Covid", di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan, opina che le amministrazioni debbano porre in essere le complicate procedure contrattuali, nei lunghi tempi necessari, per estendere la flessibilità in entrata, come strumento finalizzato ad evitare assembramenti.
Per fortuna che nel DM 8.10.2021 sia scritto: “allo scopo di evitare che il personale che accede alla sede di servizio si concentri nella stessa fascia oraria, individua, anche in relazione alla situazione del proprio ambito territoriale e tenuto conto delle condizioni del trasporto pubblico locale, fasce temporali di flessibilita' oraria in entrata e in uscita ulteriori rispetto a quelle gia' adottate, anche in deroga alle modalita' previste dai contratti collettivi e nel rispetto del sistema di partecipazione sindacale”.
Meglio guardare con attenzione il contenuto specifico delle norme, per non incappare in formalismi, che rendono poi impossibile sia la gestione, sia il perseguimento dei fini sostanziali.
Il DM consente di derogare alle “modalità”, dunque alle procedure. Il sistema della partecipazione sindacale può essere garantito da una velocissima consultazione tra le parti, su un criterio banalissimo, che è quello già enunciato dal DM: evitare assembramenti nei momenti di entrata ed uscita. Non si debbono certo contrattare dettagli, come le ore specifiche di durata della fascia di flessibilità.
Per altro, enti che saggiamente abbiano a suo tempo inserito nella contrattazione criteri generali sulla flessibilità, come appunto un ordinato ingresso, ad esempio, non avrebbero nulla da contrattare.
Ah: visto che si parla di flessibilità. Ci spieghi, qualcuno, come si fanno controlli a tappeto in entrata su tutti i dipendenti, se, poniamo, si estenda la flessibilità dalle 8 alle 11. Che facciamo, teniamo i “dirigenti apicali” per tre ore sull’uscio della porta a dire a chi entra “prego, favorisca green pass”?
Certamente: il dirigente sta all'uscio, e l'organizzazione dei controlli non deve caricare di nuovi oneri la finanza pubblica. Evidentemente chi scrive queste norme pensa che i sistemi automatici di controllo si paghino da soli e che il personale preferibilmente dirigenziale chiamato a svolgere i controlli non abbia altro da fare che attendere all'uscio. Sempre chi scrive queste norme riterrà di essere stato lungimirante nel consentire di chiedere ai dipendenti di dichiarare se non saranno in possesso del green pass con il preavviso necessario alle esigenze organizzative (art. 9-octies del d.l. 52/2021). Peccato che la data di scadenza del GP (inspiegabilmente e con pesanti conseguenze organizzative e di spesa per i controlli) continui in base alle norme attuali a non essere né richiedibile, né ostensibile, né registrabile, che la volontà del dipendente di non procurarsi il GP possa legittimamente cambiare, e che viceversa l'ottenimento tempestivo del GP non dipenda nemmeno del tutto dalla sua volontà, per cui il dipendente può semplicemente non rispondere al quesito del datore e poi non presentarsi perché nel frattempo, pur volendolo, non è riuscito ad ottenere un GP (ad esempio perché non ha ottenuto l'appuntamento per il tampone o non ha avuto in tempo utile un esito negativo o la registrazione nel sistema informativo del green pass dell'esito negativo). Nei piccoli enti anche una sola assenza a volte può mettere in crisi un servizio o un turno di reperibilità.
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