Molti giornali del 20.10.2021 riportano la notizia dell'accordo sostanzialmente raggiunto tra Aran e sindacati, nella seduta del 19.10, sullo sdoppiamento dello smart working in:
- lo smart working propriamente detto, quello che si realizza anche per fasi del lavoro e mette in secondo piano luogo ed orario di lavoro, a vantaggio della capacità di misurare la produttività dei dipendenti, in base ad obiettivi specifici da conseguire;
- il "lavoro remoto", che altro non è se non un telelavoro da casa (o da sede "staccata") rispolverato e con eventuali nuove tecniche di collegamento da remoto, caratterizzato dal rispetto dell'orario di lavoro d'ufficio, dall'erogazione dei buoni pasto e, soprattutto, dall'assenza di specifici obiettivi.
La vera notizia non è, a ben vedere, tanto nè l'accordo quasi raggiunto coi sindacati o lo sdoppiamento del lavoro agile, quanto, invece, l'ammissione: nella pubblica amministrazione è possibile, anzi normale, svolgere il lavoro senza dover determinare obiettivi e risultati da conseguire.
La contrattazione nazionale collettiva, per ora riferita al comparto Funzioni Locali, in un sol colpo di fatto, attraverso lo smart working "da remoto" con orario fisso e senza obiettivi, cancella decenni e decenni di riforme - oggettivamente fallimentari - a parole tendenti ad introdurre nel lavoro pubblico concetti il lavoro per obiettivi, la misurabilità della produttività, le valutazioni, il merito, l'erogazione degli incentivi connesse appunto ai risultati conseguiti.
Il lavoro agile sarà a due vie: ma, di fatto, fornirà alle PA che fin qui non hanno saputo o voluto davvero realizzare progetti operativi organizzati per obiettivi misurabili, la giustificazione per affermare che in realtà le loro funzioni non si prestano alla gestione per obiettivi, così da diffondere ed estendere al massimo possibile non solo il lavoro da remoto a casa con buoni pasto, ma da trovare lo scudo contro ogni pretesa di qualsiasi organismo che chieda conto della mancanza di piani e progetti finalizzati a misurare i risultati della produttività.
La contrattazione compie una scelta ovviamente libera, autonoma e rispettabile (anche se stando a guardare la regolazione del lavoro agile contenuta nella legge 81/2017 la fissazione di obiettivi appare un elemento imprescindibile).
Resta, comunque, una sorta di certificazione ufficiale del fallimento delle riforme che hanno predicato obiettivi, merito, aziendalismo, managerialità, slogan in nome dei quali, per altro, si è scatenato per anni un vastissimo contenzioso, non solo in sede di contrattazione decentrata, ma anche giudiziaria, sia avanti ai giudici ordinari, sia avanti alla Corte dei conti, anche su iniziativa degli ispettori del Mef, pronti a stigmatizzare accordi e contratti o sistemi di valutazione non rispettosi delle regole sugli obiettivi, che oggi si scopre essere state ululate al vento.
C'è da chiedersi, a questo punto, a cosa servano strutture ed organismi preposti al sistema di valutazione degli obiettivi, come gli OIV, organismi indipendenti di valutazione, o i nuclei di valutazione, o figure come quella dei direttori generali nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, la cui inutilità è stata sempre evidente, ma ora viene esaltata dalla sostanziale possibilità per le PA di fare a meno degli obiettivi, dei piani e dei programmi, nonchè delle valutazioni, compiti ai quali appunto i direttori generali dovrebbero essere prevalentemente preposti.
A questo punto eliminiamo costosi OIV E Direttori generali
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