Una donna al Quirinale. Se avvenisse, sarebbe un segnale, in astratto, molto importante, per moltissime ragioni.
Il problema è che dall’astratto, si deve passare, purtroppo, al concreto. In questi giorni sono stati proposti alcuni nomi di donne e ciò è stato enfatizzato, dando una coloritura di simbolo di un’avvenuta conquista di parità.
Ma, è proprio così?
Tra queste donne, è stata proposta, ad esempio, Letizia Moratti. Un momento: ma, è lei o non è lei? Esiste, cioè, all’anagrafe proprio quella Letizia Moratti?
La risposta è no. L’ex ministro e sindaco di Milano si chiama Letizia Brichetto Arnaboldi. Moratti è il cognome del purtroppo scomparso marito.
Altra donna proposta e in questo momento in rampa di lancio è Elisabetta Casellati. Ma, anche in questo caso, attenzione: l’attuale presidente del Senato si chiama Alisabetta Alberti, perché Casellati è il cognome del marito.
Ora, l’articolo 143-bis del codice civile dispone: “la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze”.
La norma è frutto della riforma del diritto di famiglia degli anni ‘70 ed è un risultato un po’ mal riuscito del tentativo di dare piena parità tra coniugi. Si supera in parte l’antico regime patriarcale della sostituzione del cognome della famiglia d’origine con quella del marito, prevedendo il mantenimento, quindi, del cognome di nascita ed aggiungendo a questo quello del marito.
In effetti, comunque, l’aggiunta del cognome del marito non ha alcun particolare rilievo giuridico: all’anagrafe la donna coniugata resta registrata col cognome della famiglia di origine. E se in un procedimento amministrativo o giurisdizionale venisse indicata col solo cognome del marito, risulterebbe l’invalidità degli atti.
Presentare come campionesse della parità dei diritti due donne, certamente importanti, che però, un po’ in barba a difficili ed ancora parziali conquiste della parità, per identificarsi, darsi lustro ed emergere utilizzano schemi del vecchio diritto di famiglia, presentandosi col cognome del marito, se “altisonante”, francamente non appare sul piano oggettivo, un grande aiuto alla parità.
Sarà un piccolo dettaglio, forse, poco rilevante rispetto al cursus honorum delle due. Un segnale, comunque, che oggettivamente stona con la retorica della “donna al Quirinale” mielosamente diffuso nei media.
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