sabato 11 novembre 2023

Premierato: quegli "opinion leader" che suggeriscono o parlano delle riforme, senza alcuna cognizione di causa

 Ogni iniziativa legislativa per riformare Costituzione e norme, ogni dibattito pubblico in merito, sono da decenni e decenni letteralmente inquinati da tifosi che si presentano come autorevoli commentatori, ma privi della minima cognizione tecnica o intenti ad arruffare il popolo.

Non c'è dibattito, specie televisivo, nell'ambito del quale qualcuno tra i presenti la spara grossissima, facendo affermazioni sempre prive di dati e riferimenti, molte volte suggerendo confronti con altri Paesi anche in questo caso in assenza di qualsiasi richiamo, al solo scopo di sostenere la "bontà" della riforma proposta dal partito o dal leader del quale il commentatore intende essere portatore d'acqua e di voti.

D'altra parte, le trasmissioni di "approfondimento" non consentono di approfondire nulla. Troppi ospiti invitati, che non hanno alcun tempo per spiegare, motivare ed approfondire. Nè il conduttore o i giornalisti intervengono mai per obiettare ed evidenziare gli errori clamorosi o le falsità espresse. Meglio: quasi mai. Se per caso tra gli ospiti è presente qualcuno che non appartiene al mainstream (spesso, presente solo in collegamento, così da avere meno possibilità di replicare), invece, le obiezioni, le facce malmostose e le interruzioni fioccano.

Per questo, "vince" non tanto e non solo chi urla di più, ma chi svolge meglio il ruolo di "imbonitore" o ne dice una talmente assurda, ma con fiera convinzione, da indurre gli ascoltatori non a capire, ma a "credere" e a "tifare".

Ci si ricorderà dell'assurdo dibattito sul cosiddetto "Italicum", la riforma elettorale platealmente incostituzionale e inefficiente. Ogni spunto interpretativo di natura tecnica ed obiettivo veniva immediatamente messo a tacere nella maggior parte dei casi con una formula/slogan: "è una riforma straordinaria, ce la copieranno nel resto del mondo".

La fine, la conosciamo: l'Italicum è stata dichiarata incostituzionale (insieme con tantissime altre leggi di quella stagione politica in cui i molteplici tentativi di ridurre il Parlamento ad un ratifichificio di decreti leggi del Governo e di verticalizzare e personificare il potere sono stati lo slancio per i successivi ed attuali approdi) e ovviamente gli altri Paesi del mondo si sono sempre ben guardati anche solo dal pensare di adottare quel papocchio.

Il circolo si chiude, poi, con i "tecnici". A supporto di riforme assurde, inefficaci, alle soglie dell'incostituzionalità o oltre la soglia, o tali da creare, nella Costituzione riformata, inefficienze, contraddizioni, caos ed effetti nemmeno tanto nascosti di trasformare l'ordinamento in qualcosa di più vicino al Sud America, ovviamente chi intende proporre tali riforme si rivolte ai "tecnici".

Questi sono i tanti vertici ministeriali, preposti agli uffici di gabinetto, ai dipartimenti giuridici e coadiuvati da stuoli di consulenti, provenienti da università di "riferimento", che senza nessun genere di dubbio o scrupolo elaborano i contenuti "tecnici" delle riforme. Contenuti palesemente insostenibili, ma ammantati della funzione "tecnica" di queste figure, che da anni quasi "a gettone" sfornano riforme la cui qualità, anche senza che si giunga alla pronuncia di incostituzionalità, è spesso evidente a tutti.

Infine, i "costituzionalisti a gettone", altri "tecnici" (non necessariamente coincidenti con coloro che scrivono le riforme, ma spesso anche) chiamati dai media a commentare, evidenziandone il ruolo di "costituzionalista", ma senza mai spiegare l'appartenenza, la tessera, il rapporto fiduciario con le forze che le riforme le propongono. Così passa il messaggio che se molti costituzionalisti si pronunciano contro le riforme, molti altri invece le sostengono. E ai cittadini, che ovviamente in generale non dispongono delle cognizioni tecniche per giudicare, non resta che lo schieramento da curva nord.

Ultimo perfetto esempio di questo modo ormai degradato di condurre i dibattiti e piegare l'informazione a propaganda, il post sui social di un notissimo anchor man, che fonda l'argomentazione a favore del "premierato" sulla circostanza che se anche esso portasse alla limitazione delle prerogative del Presidente della Repubblica, vi sono tanti altri Paesi nei quali il Presidente della Repubblica conta talmente poco che nessuno lo conosce. E cita, ad esempio, Gran Bretagna e Spagna.

Ovviamente la "rete" impietosamente evidenzia che Gran Bretagna e Spagna sono monarchie costituzionali, quindi non repubbliche e dunque senza Presidente della Repubblica, perchè c'è il monarca.

Ma, i canali social dell'anchor man sono frequentati dai tanti che lo seguono e ne condividono opinioni e indicazioni. L'assenza totale di contraddittorio del sistema social, che si sta rivelando ben più idoneo alla propaganda pura della televisione, avrà avuto l'effetto di esaltare quel pubblico e convincerlo ulteriormente che la proposta di riforma è bellissima e s'ha da fare. Anche scontando clamorosamente la realtà dei fatti. Del resto, in un clima da stadio la verità non conta: il rigore deve essere sempre a favore della squadra del cuore, mai contro. 

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