domenica 9 dicembre 2012

Caos #province: lo crea ad arte il Governo. Improvvisatori al potere (per poco)

Il Ministro Patroni Griffi, col Governo ormai di fatto caduto, si sta comportando letteralmente come un avvelenatore di pozzi.

Può sembrare un’immagine forte ed irrispettosa per l’inquilino di Palazzo Vidoni, ma non è altro che la pura cronaca di un’iniziativa normativa insensata, quella del riordino delle province, ideata male, portata avanti peggio e con un’ostinazione cieca non degna di un Ministro, consigliere di stato e “tecnico”.

Già nei giorni scorsi, l’inquilino di Palazzo Vidoni, per accelerare la conversione del d.l. 188/2012, aveva adombrato, per mettere pressione al Parlamento, il pericolo che la mancata conversione farebbe restare in vigore le disposizioni del decreto “salva-Italia”, che ha ridotto le funzioni delle province solo a quelle di indirizzo. L’inquilino di Palazzo Vidoni ha rilevato che la mancata conversione potrebbe determinare un danno ai cittadini, in quanto l’azzeramento delle funzioni (ha fatto l’esempio della scuola) in capo alle province determinerebbe il caos.

Ieri, 9 dicembre 2012, Patroni Griffi è tornato alla carica, con un comunicato rivolto all’Ansa, che è un vero e proprio atto di terrorismo psicologico, infondato ed insensato.

Il comunicato diffuso sostiene che “la mancata conversione del dl sulle Province comporterebbe una situazione di caos istituzionale. Tra le conseguenze, oltre ai mancati risparmi, la lievitazione dei costi a carico di Comuni e Regioni e il blocco della riorganizzazione periferica dello Stato”.

E ricorda che si aprirebbe una questione finanziaria connessa al problema dei mutui contratti dalle Province con banche e Cassa depositi e prestiti, che dovrebbero essere addossati a Regioni o Comuni.

Non si può che concludere che i tecnici di Palazzo Chigi e Vidoni o sono in malafede, o comunque, quanto meno, cercano di portare avanti un’impressionante opera di disinformazione nei confronti dell’opinione pubblica, certi che l’argomento relativo alle province lascia loro quel minimo di popolarità che vanno cercando. A comprova che di tecnico avevano ben poco e che cercano consenso per cercare di strappare uno strapuntino di governo anche dopo le elezioni.

E’ quanto meno assurdo che il Governo imputi al Parlamento (con tutti i difetti di questo Parlamento) un caos istituzionale che è stato solo e soltanto il Governo a creare, per l’iniziativa scellerata, frettolosa e malcongegnata di Patroni Griffi.

La prova? Per il “riordino” delle province ci sono voluti 3, dicasi, ben 3, decreti legge. Uno più caotico e a sospetto di incostituzionalità dell’altro. Nessuno capace di fissare esattamente confini, competenze, funzioni. Una prova di dilettantismo e frettolosità operativa, tale che se qualsiasi funzionario pubblico avesse provato soltanto a redigere un provvedimento di analoga importanza in questo modo, sarebbe stato additato di incapacità professionale.

Con 3, ben 3, decreti legge, non si è riusciti a capire quali siano le funzioni delle province, quali siano quelle da passare ai comuni, quali da attrarre alle regioni.

E non è che non lo abbiano capito gli interpreti o i criticoni. Lo stesso Governo non è stato capace di emanare il Dpcm che avrebbe dovuto vedere la luce lo scorso 5 settembre, col quale identificare le funzioni provinciali previste da leggi statali esercitate nell’ambito della potestà normativa esclusiva dello Stato, da passare ai comuni.

E parla di caos, il Ministro, per la mancata conversione del d.l. 188/2012? Incredibile, poi, che solo adesso, quando il Governo è caduto, si accorga del problema finanziario connesso ai mutui contratti dalle province.

Certo che gli oneri passerebbero in capo agli enti subentranti nell’esercizio delle funzioni, comuni o regioni! Non lo sapevano, forse, quando hanno scritto i 3, dicasi 3, decreti legge? Eppure, in tanti hanno segnalato questo gravissimo problema. Che non dipende per nulla dalla mancata conversione del d.l. 188/2012, ma dall’assoluta assenza di una qualsiasi seria disciplina di modifica ed assestamento della finanza locale e delle regole del patto di stabilità. Una carenza gravissima, non solo perché è un governo “tecnico”, ma perché si tratta di norme di riordino non solo istituzionale, ma anche finalizzate al risparmio di denaro pubblico. Risparmio, per altro, inesistente. Si deve ribadire che nel bilancio dello Stato, né per effetto del decreto “salva Italia”, né della “spending review” è stata prevista nessuna cifra di risparmio: zero euro!

Il comunicato-studio inviato alle redazioni dei giornali afferma, ancora, che laddove il d.l. 188/2012 non dovesse essere convertito in legge “si vivrà un periodo di incertezza per l'esercizio di funzioni fondamentali per i cittadini come manutenzione di scuole superiori e strade, gestione rifiuti, tutela idrogeologica e ambientale”.

Ah si? Chiederebbe Totò. Ma come: solo pochi giorni fa Patroni Griffi tuonò contro il presidente dell’Upi che evidenziò i problemi creati dalla spending review per le scuole e ora, quando conviene al Ministro strepitare e starnazzare per ottenere lo scalpo delle province, che è evidentemente convinto sia un trofeo da esibire per rimanere anche nel prossimo Governo, le scuole improvvisamente sono davvero un problema?

Le dichiarazioni di Palazzo Chigi sono di una gravità enorme, perché totalmente infondate e mirate solo a creare una tensione ingiustificata.

In effetti, contrariamente a quanto erroneamente afferma il Governo, le funzioni oggi spettanti alle province resteranno di loro competenza anche se il d.l. 188/2012 sul “riordino” non dovesse essere convertito.

Apparentemente, l’articolo 23, comma 14, della legge 214/2011 limita drasticamente le funzioni provinciali: “Spettano alla Provincia esclusivamente le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”. Ma il successivo comma 18 precisa che Stato e regioni, con propria legge, secondo le rispettive competenze, debbano trasferire ai comuni, entro il 31 dicembre 2012, le funzioni conferite dalla normativa vigente alle province, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle regioni.

Dunque, le disposizioni dell’articolo 23 della legge 214/2011 non sono immediatamente dispositive, ma solo programmatiche. Occorre l’intermediazione delle norme statali e regionali, perché le funzioni attualmente spettanti alle province siano attribuite a comuni o regioni.

Nelle more della disciplina normativa statale e regionale, le province non possono che continuare a svolgere le funzioni attualmente loro assegnate.

Del resto, l’articolo 17, comma 10, della legge 135/2012 ha anche specificato quali funzioni “fondamentali” resteranno in capo alle province, integrando la previsione programmatica dell’articolo 23 del “salva Italia”. Il che significa che Stato e regioni, con le leggi attuative dell’articolo 23, non potrebbero sottrarre alle province le competenze alle funzioni qualificate come fondamentali. Tra le quali proprio, per restare al comunicato infondatamente terroristico di domenica 9 dicembre, proprio le scuole superiori.

Certo, si potrebbe osservare che l’assegnazione alle province delle funzioni fondamentali previste dall’articolo 17, comma 10, potrà attivarsi (come ivi trascritto) “all’esito della procedura di accorpamento”, per sostenere, parzialmente, la tesi avanzata dal Ministro della Funzione Pubblica e, cioè, che occorra il “riordino” come presupposto per l’attivazione delle funzioni fondamentali.

Ma tale argomentazione non regge. Infatti, se l’attribuzione alle province di funzioni ulteriori e diverse da quelle di indirizzo e coordinamento dei comuni fosse davvero condizionato all’esito dell’accorpamento, prima di esso vi sarebbe un periodo lungo, quello necessario per completare gli accorpamenti territoriali, modificare i finanziamenti e trasferire beni, contratti e dipendenti, nel quale allo stesso modo nessun ente potrebbe esercitare le funzioni provinciali. Simmetricamente, il comma 9 dell’articolo 17 della legge 135/2012 subordina l’effettivo esercizio in capo ai comuni delle funzioni provinciali regolate da leggi statali emanate nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva dello Stato, all’effettivo trasferimento dei beni e delle risorse. Il che dimostra come fino al completamento del processo di sottrazione delle funzioni alle province, dette funzioni continuano a spettare alle province. Prescindendo totalmente dalla circostanza che il d.l. 188/2012 sia convertito o meno. E lo stesso non può che valere per le funzioni provinciali che le regioni potrebbero decidere di attribuire ai comuni o mantenere per se stesse. Sebbene sia il d.l. 188/2012 a prevedere espressamente che l’operazione delle regioni è subordinata al trasferimento effettivo di personale e risorse, non occorre certo una norma di legge esplicita per comprendere che ciò sia assolutamente necessario.

Al contrario, dovrebbe essere il Governo ad assolvere il compito di scongiurare il caos da esso stesso paventato, rivedendo totalmente l’impianto, comprendendo che il principale dei problemi non è l’estensione dei confini e il sistema elettorale, ma proprio il riparto delle funzioni provinciali. Prendendo atto che l’idea della loro assegnazione ai comuni è da rigettare, perché la dimensione comunale è all’evidenza troppo angusta per competenze tipicamente di area vasta. Purtroppo non c’è più tempo.

Patroni Griffi, per un’effimera ed inutile “gloria personale” (spendibile solo al cospetto di Rizzo e Stella) ha creato lui un caos incredibile, ed ora pesta i piedi per cercare di avere una conversione dannosa e per nulla necessaria.

Ma non basta. La perdita del controllo della situazione fa affermare ai tecnici di Palazzo Chigi che se il d.l. 188/2012 non venisse convertito potrebbe “tornare il rischio di una declaratoria di incostituzionalità”. E’, insomma, come confermare, anzi confessare, che le norme sulle province contenute nella legge 214/2011 e nella legge 135/2012 sono incostituzionali!

E ciò mette in mostra la colpevole complicità della Consulta nel tentativo di attuare il disegno di riordino (solo di nome: è una distruzione, nei fatti) delle province, con l’improvvido rinvio della decisione sulla costituzionalità dell’articolo 23 della legge 214/2012, prevista lo scorso 6 novembre.

Ma Patroni Griffi non si contenta. Taccia di incostituzionalità anche il d.l. 188/2012, affermando che “un rischio di incostituzionalità grava  - anche sul decreto in esame”. E aggiunge “il Salva Italia è stato impugnato perché la Costituzione prevede che lo Stato assegni alle province 'funzioni fondamentali'. Ora, è dubbio che le sole funzioni di indirizzo e coordinamento dei comuni possano costituire 'funzioni fondamentali' in senso tecnico. Se la Corte dovesse accogliere i ricorsi, le province avrebbero tutte le funzioni attuali (e non solo quelle di area vasta) e non sarebbero nemmeno ridotte di numero”. E il comunicato conclude spiegando che un rischio di incostituzionalità incombe anche sul d.l. 188/2012 sotto il profilo della forma e del procedimento usati per il riordino.

Ma, seriamente, è ammissibile che un Governo di “tecnici” possa ridursi a questo livello di approssimazione?

4 commenti:

  1. Mi permetto di aggiungere e segnalare:
    - articolo 658 Codice Penale "Procurato allarme presso l'Autorità"
    http://www.brocardi.it/codice-penale/libro-terzo/titolo-i/capo-i/sezione-i/art658.html
    - articolo 661 Codice Penale "Abuso della credulità popolare"
    http://www.brocardi.it/codice-penale/libro-terzo/titolo-i/capo-i/sezione-i/art661.html

    Chissà cosa preferiscono?
    L'arresto è comunque previsto.
    Paolo

    RispondiElimina
  2. [...] chiaro e condivisibile intervento di Luigi Oliveri chiarisce con precise argomentazioni l’insussistenza di tale paventato [...]

    RispondiElimina