domenica 17 marzo 2013

#trasparenza Apertura completa per società e procedimenti amministrativi

 

Gli articoli 22 e 23 del decreto-trasparenza entrano nel “cuore” delle amministrazioni. Il primo, impone una pubblicità pressoché completa sulla gestione degli enti e delle società partecipate.

Art.22 Obblighi di pubblicazione dei dati relativi agli enti pubblici vigilati e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonchè alle partecipazioni in società di diritto privato

1. Ciascuna amministrazione pubblica e aggiorna annualmente:

a) l'elenco degli enti pubblici, comunque denominati, istituiti, vigilati e finanziati dalla amministrazione medesima ovvero per i quali l'amministrazione abbia il potere di nomina degli amministratori dell'ente, con l'indicazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell'amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate;

b) l'elenco delle società di cui detiene direttamente quote di partecipazione anche minoritaria indicandone l'entità, con 1'indicazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell'amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate;

c) 1'elenco degli enti di diritto privato, comunque denominati, in controllo dell’amministrazione, con 1'indicazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell'amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate. Ai fini delle presenti disposizioni sono enti di diritto privato in controllo pubblico gli enti di diritto privato sottoposti a controllo da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti costituiti o vigilati da pubbliche amministrazioni nei quali siano a queste riconosciuti, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi;

d) una o più rappresentazioni grafiche che evidenziano i rapporti tra l'amministrazione e gli enti di cui alle lettere precedenti.

2. Per ciascuno degli enti di cui alle lettere da a) a c) del comma 1 sono pubblicati i dati relativi alla ragione sociale, alla misura della eventuale partecipazione dell'amministrazione, alla durata dell'impegno, all'onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l'anno sul bilancio dell'amministrazione, al numero dei rappresentanti dell'amministrazione negli organi di governo, al trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante, ai risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari. Sono altresì pubblicati i dati relativi agli incarichi di amministratore dell'ente e il relativo trattamento economico complessivo.

3. Nel sito dell'amministrazione è inserito il collegamento con i siti istituzionali degli enti di cui alle lettere precedenti, nei quali sono pubblicati i dati relativi ai componenti degli organi di indirizzo e ai soggetti titolari di incarico, in applicazione degli articoli 14 e 15.

4. Nel caso di mancata o incompleta pubblicazione dei dati relativi agli enti di cui al comma 1, è vietata l'erogazione in loro favore di somme a qualsivoglia titolo da parte dell'amministrazione interessata.

5. Le amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo promuovono 1'applicazione dei principi di trasparenza di cui ai commi 1, lettera b), e 2, da parte delle società direttamente controllate nei confronti delle società indirettamente controllate dalle medesime amministrazioni.

6. Le disposizioni di cui al presente articolo non trovano applicazione nei confronti delle società, partecipate da amministrazioni pubbliche, quotate in mercati regolamentati e loro controllate.

Lo scopo è evidente: fornire informazioni complete e facilmente accessibili a tutti gli enti “satelliti”, nel rispetto della logica di un’amministrazione pubblica allargata, costituita, dunque, non solo dall’ente pubblico “dominus”, ma anche dall’insieme dei soggetti ai quali partecipa.

La logica è che gli enti, insieme con la galassia dei soggetti partecipati, costituisce un corpo unico.

Certo, sarebbe stato necessario, nella logica della completa apertura predicata dal decreto-trasparenza, imporre anche ai soggetti privati la trasparenza totale, solo che avessero capitali di provenienza pubblica o svolgessero servizi di interesse pubblico.

In ogni caso, l’articolo in esame richiede intanto alle amministrazioni di rendere evidente il sistema delle partecipazioni, pubblicando tre tipi di elenchi, da aggiornare ogni anno:

a)                 l'elenco degli enti pubblici, comunque denominati,

  1. istituiti, vigilati e finanziati
  2. oppure per i quali l'amministrazione abbia il potere di nomina degli amministratori dell'ente,

indicando:

  1. le funzioni attribuite
  2. le attività svolte in favore dell'amministrazione
  3. o le attività di servizio pubblico affidate;

b)                 l'elenco delle società di cui detiene direttamente quote di partecipazione anche minoritaria indicando:

  1. l'entità delle partecipazioni (valore complessivo delle azioni o del patrimonio)
  2. le funzioni attribuite
  3. le attività svolte in favore dell'amministrazione
  4. o le attività di servizio pubblico affidate;

c)                 1'elenco degli enti di diritto privato, comunque denominati, in controllo dell’amministrazione, indicando

  1. le funzioni attribuite
  2. le attività svolte in favore dell'amministrazione
  3. o le attività di servizio pubblico affidate;

Come si nota, la norma si riferisce onnicomprensivamente a tutte le tipologie di partecipazioni, andando dall’ente pubblico (nel caso degli enti locali, ad esempio, l’azienda speciale), alla società di diritto privato (non conta l’assetto proprietario, maggioritario, minoritario o in house), fino a qualsiasi altro ente di diritto privato, ovviamente diverso dalle società: associazioni, comitati, fondazioni, così da far emergere ogni possibile ramificazione della funzione pubblica sotto personalità giuridiche di diritto privato.

Infatti, l’ultimo periodo del comma 1 chiarisce che ai sensi della disciplina della trasparenza sono enti di diritto privato in controllo pubblico gli enti di diritto privato sottoposti a controllo da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti costituiti o vigilati da pubbliche amministrazioni nei quali siano a queste riconosciuti, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi. Attenzione, dunque, agli statuti di questi enti e alla costruzione del sistema amministrativo: il semplice potere di indicare un amministratore impone di considerare gli enti come soggetti al controllo pubblico, ai fini della trasparenza.

Per rendere, poi, visivamente percepibile il sistema delle partecipate, occorrerà pubblicare anche rappresentazioni grafiche, tali da ricostruire i rapporti tra l'amministrazione e gli enti.

Il comma 2 dell’articolo in commento indica, poi, il tracciato-record dei dati essenziali da pubblicare per ciascuno degli enti indicati sopra:

ragione sociale

misura della eventuale partecipazione dell'ammini-strazione

durata dell'impegno

onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l'anno sul bilancio dell'amministrazione

numero dei rappresentanti dell'amministrazione negli organi di governo

trattamento economico complessivo spettante ai rappresentanti dell’amministra-zione

risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari

i dati relativi agli incarichi di amministra-tore dell'ente

trattamento economico degli amministratori

Allo scopo di fornire un’informazione completa e tale di permettere di risalirvi sia accedendo al sito di ciascun soggetto partecipato, sia da quello dell’ente dominus, il comma 3 impone che in quest’ultimo sia riportato il collegamento con i siti istituzionali degli enti partecipati. Essi, a loro volta, debbono conformarsi alle disposizioni degli articoli 14 e 15 del decreto-trasparenza, con riferimento ai dati relativi ai componenti degli organi di indirizzo e ai soggetti titolari di incarico.

La mancanza o l’incompletezza delle informazioni da pubblicare obbligatoriamente possono costare molto caro. Il comma 4, infatti, prevede una sanzione molto forte: il divieto, in capo all’ente dominus, di erogare agli enti partecipati “somme a qualsivoglia titolo”. Non sarebbe legittimo, dunque, nemmeno versare il contributo per il costo di funzionamento, o i corrispettivi dei servizi come previsti dai contratti di servizio.

E’, dunque, interesse di ciascuno dei dirigenti delle amministrazioni partecipanti avere la garanzia della completezza dei dati da pubblicare. Allo stesso tempo, anche gli enti partecipati debbono curarsi in prima persona che tutti i dati siano pubblicati, così da poter legittimamente percepire i trasferimenti a loro beneficio.

La norma non lo stabilisce espressamente, ma è chiara la responsabilità amministrativa discendente dalla violazione del divieto posto.

La “galassia” delle partecipazioni può estendersi a quelle di secondo (e oltre) livello. Pertanto, le amministrazioni pubbliche partecipanti sono chiamate a far sì che le società da essi direttamente controllate promuovano 1'applicazione dei principi di trasparenza fissati dal decreto  nei confronti nei confronti delle società indirettamente controllate, per il tramite delle partecipazioni delle società di primo livello.

Il comma 6 esclude dalle disposizioni sulla trasparenza le società, partecipate da amministrazioni pubbliche, quotate in mercati regolamentati e loro controllate, per non fornire informazioni che potrebbero distorcere il mercato ed il valore delle quotazioni.

Se la trasparenza riguardante gli enti partecipati passa prevalentemente per la pubblicazione dei dati concernenti la struttura delle partecipazioni e i dati degli amministratori, nei riguardi delle amministrazioni pubbliche, il decreto-trasparenza con l’articolo 23, scende molto in profondità, fino all’analisi del singolo procedimento e del provvedimento che lo conclude.

L’informazione che la norma obbliga a pubblicare, insomma, è estremamente puntuale: un vero e proprio albo che include sostanzialmente tutti i provvedimenti finali.

Art.23 Obblighi di pubblicazione concernenti i provvedimenti amministrativi

1. Le pubbliche amministrazioni pubblicano e aggiornano ogni sei mesi, in distinte partizioni della sezione "amministrazione trasparente", gli elenchi dei provvedimenti adottati dagli organi di indirizzo politico e dai dirigenti, con particolare riferimento ai provvedimenti finali dei procedimenti di:

a) autorizzazione o concessione;

b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

c) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2009;

d) accordi stipulati dall'amministrazione con soggetti privati o con altre amministrazioni pubbliche.

2. Per ciascuno dei provvedimenti compresi negli elenchi di cui al comma 1 sono pubblicati il contenuto, l'oggetto, la eventuale spesa prevista e gli estremi relativi ai principali documenti contenuti nel fascicolo relativo al procedimento. La pubblicazione avviene nella forma di una scheda sintetica prodotta automaticamente in sede di formazione del documento che contiene l'atto.

L’articolo 23 del decreto-trasparenza, tuttavia, si rivela come una delle norme più controverse e complesse dell’intera disposizione.

Al semplice primo sguardo, si evidenzia come esso potrebbe rendere quasi superflue tutte le altre disposizioni particolarmente dedicate a certe tipologie di procedimenti o ambiti amministrativi, tanto è onnicomprensivo.

Il quadro sinottico di quello che l’articolo 23, commi 1 e 2, richiede di pubblicare può essere rappresentato come segue, anche se per ognuno dei 4 distinti ambiti dell’amministrazione occorre realizzare uno specifico data –base:

Tipologia procedimenti

Tipo di provvedimento (delibera/determina/altro)

Scheda sintetica

Contenuto

Oggetto

Eventuale spesa prevista

Estremi relativi ai principali documenti contenuti nel fascicolo relativo al procedimento

a) autorizzazione o concessione

 

 

 

 

 

b) scelta del contraente: lavori, forniture, servizi

 

 

 

 

 

c) progressioni di carriera

 

 

 

 

 

d) accordi con privati o altre PA

 

 

 

 

 

Le annotazioni operative ed interpretative sono molteplici. In primo luogo, occorre notare che l’obbligo di pubblicazione è talmente pervasivo da non distinguere i provvedimenti da pubblicare in base al criterio della competenza ad adottarli.

Occorre, infatti, pubblicare un elenco da aggiornare semestralmente (è ovvio che l’aggiornamento può essere più frequente) contenente i provvedimenti adottati tanto dagli organi di indirizzo politico, quanto dai dirigenti.

E’ bene chiarire che l’articolo 23 del decreto-trasparenza non assolve in alcun modo allo scopo di fissare le competenze, non legittima, cioè a ritenere che provvedimenti connessi, ad esempio, alle progressioni di carriera di cui all’articolo 24 del d.lgs 150/2009 possano essere adottati dagli organi di governo, solo per il fatto che, in modo promiscuo, la norma obbliga di pubblicare, per le materie indicate, sia i provvedimenti provenienti dagli organi di governo, sia quelli adottati dalla dirigenza.

Semplicemente, la norma obbliga di pubblicare tutti i provvedimenti. Anzi, proprio la circostanza che fondi l’obbligo di pubblicarli può rendere evidente a tutti che un certo ente vìoli la disciplina del riparto delle competenze, laddove provveda attraverso gli atti di un organo diverso da quello che indica la legge.

In secondo luogo, l’articolo 23 estende la sua portata realmente ad ogni tipo di provvedimento amministrativo. Infatti, i quattro ambiti previsti (autorizzazioni o concessioni, scelta del contraente, progressioni di carriera, accordi) sono da pubblicare “con particolare riferimento”: il legislatore, cioè, chiarisce che occorra specifica attenzione a garantire la piena trasparenza rispetto ai provvedimenti adottati specificamente in quegli ambiti, ma essi non costituiscono un’elencazione né esaustiva, né tassativa. Occorre, al contrario, tendere alla pubblicazione di tutti i provvedimenti.

C’è da sottolineare che autorizzazioni o concessioni, scelta del contraente, e in parte, progressioni di carriera coincidono con l’elencazione delle materie sulle quali il piano triennale anticorruzione deve dedicarsi con speciale cura e attenzione, ai sensi dell’articolo 1, comma 10, della legge 190/2012. Ciò fa comprendere che il legislatore insista su questi ambiti, ma anche che la pubblicità dei provvedimenti è uno strumento non solo di trasparenza in quanto tale, ma anche di lotta alla corruzione. Infatti, la conoscibilità erga omnes dei contenuti dei provvedimenti costituisce un forte deterrente ad agire per il perseguimento di interessi privati, comprimendo quello della collettività.

In terzo luogo, appare piuttosto chiaro come le disposizioni dell’articolo in commento interferiscano con molte altre. Si pensi, ad esempio, alla normativa sull’albo pretorio. Gran parte dei provvedimenti da inserire nell’elenco richiesto dall’articolo 23 sono anche pubblicati all’albo.

Certo, nell’albo restano pubblicati ed accessibili solo per i 15 giorni previsti dalla norma. Inoltre, l’articolo 23 non assolve allo scopo di attribuire alla pubblicazione valore di pubblicità legale o fosse anche solo di pubblicità notizia. Gli scopi sono, dunque, molto diversi.

Ma, proprio per questa ragione, appare abbastanza irrazionale la scelta di “ingabbiare” i provvedimenti in elenchi semestrali, caratterizzati dalla griglia di contenuti vista prima.

Sarebbe apparso estremamente più semplice prevedere una formulazione posta ad imporre di pubblicare nella sezione “amministrazione trasparente” non gli elenchi dei provvedimenti, bensì tutti i provvedimenti adottati, con le sole cautele richieste dalla normativa sulla riservatezza e le eccezioni dei provvedimenti sottratti a pubblicità (il decreto-trasparenza, tuttavia, appare in assoluto ed insanabile contrasto con molte parti dell’articolo 24 della legge 241/1990, che andrebbe urgentemente riscritto, tenendo conto della sua sostanziale abolizione tacita, cagionata proprio dal riordino della trasparenza). Unica indicazione operativa in più, l’obbligo di pubblicare i provvedimenti, raggruppandoli in modo coerente, secondo un indice preciso, come ad esempio

- concessioni

- autorizzazioni

- appalti di lavori, forniture e servizi

- concorsi

- progressioni di carriera

- accordi

- contributi

- espropriazioni

- ecc…

ovviamente disaggregando le voci principali in ulteriori voci specificative.

Il problema, come si evince dalla formulazione del testo del comma 2, è che l’articolo 23 non è rivolto, a ben vedere, alla pubblicazione pedissequa di tutti i provvedimenti, per quanto essa risulti certamente utile ed in linea con lo scopo generale de decreto e con gli articoli successivi.

Infatti, la norma chiede non la pubblicazione del singolo provvedimento, bensì:

a)      gli elenchi dei provvedimenti

b)      la scheda sintetica per ciascun elenco, a sua volta contenente contenuto, oggetto, eventuale spesa prevista, estremi relativi ai principali documenti contenuti nel fascicolo relativo al procedimento.

Un sistema per organizzare lo specifico elenco dei provvedimenti potrebbe essere il seguente:

Elenco semestrale dei provvedimenti di concessione/autorizzazione

Tipo (delibera/determin/altro)

Estremi (n., data)

Contenuto

Oggetto

Eventuale spesa

Estremi provvedimenti del fascicolo

Determina

100 in data 1.1.2020

Descrizione del provvedimento

Concessione di suolo pubblico

No

Istanza: n. __-, in data ___

Istruttoria, n. ___, in data____

Integrazione istanza, n. ___, in data ____

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come si vede, attenendosi alla lettera di quanto prescrive l’articolo 23, non si tratta di pubblicare in ordine sequenziale i provvedimenti, bensì alcuni elementi fondamentali.

Per quanto concerne i campi relativi a tipo di provvedimento, estremi, oggetto ed eventuale spesa, non vi sono particolari problemi: sono tutti elementi contenuti nei provvedimenti stessi.

Molto più complicati sono i campi relativi al “contenuto” ed agli “estremi dei provvedimenti del fascicolo”.

Se l’articolo 23 richiede di pubblicare, semestralmente, l’elenco dei provvedimenti specificandone il “contenuto”, si deve conseguentemente trarre la conclusione che il legislatore non richiede di pubblicare il provvedimento in modo puro e semplice. E la cosa non deve stupire più di tanto: il decreto-trasparenza non si limita, infatti, a richiedere la pubblicità di atti e provvedimenti, ma pretende che essi siano accessibili, cioè comprensibili, intelligibili.

Ora, la pubblicazione del provvedimento amministrativo, poniamo una determina o una delibera, è certamente indice di trasparenza ed apertura. Occorre, tuttavia, chiedersi quanto risulti comprensibile, ai più, il contenuto di un documento intriso di formule “sacrali”, con una prosa spezzettata dai tanti “visto” e “considerato”, dai numerosissimi richiami alle norme di legge, spesso citate per abbreviazioni. Insomma, è inutile negare che la struttura dei provvedimenti amministrativi, così come il lessico utilizzato, risultino abbastanza complicati da decrittare e comprendere.

Il riferimento al “contenuto”, allora, pare debba essere inteso come una descrizione “in prosa” di quanto stabilisce il provvedimento. Poche righe, nello stile di un lancio di agenzia, che riportino il contenuto, che, per altro, dovrebbe già essere chiarito nel “flash” costituito dall’oggetto. Se l’oggetto è ben formulato, esso in realtà è quasi da solo sufficiente a descrivere la decisione. Il “contenuto” potrebbe quasi limitarsi a descrivere senza formule sacrali il perché si adotta quella particolare scelta, ricostruendo brevemente i fatti.

In effetti, questo è ciò di cui ha bisogno il cittadino “medio” per capire e valutare le decisioni dell’amministrazione pubblica: una spiegazione “in parole povere” della decisione adottata.

Se così stanno le cose, ed oggettivamente pare proprio che il legislatore richieda qualcosa di più e diverso dalla semplice pubblicazione del provvedimento, non si deve negare che quanto previsto dalla norma, al di là della sua opportunità, pone non pochi problemi di carattere operativo, certamente risolvibili, ma comportanti certamente nuovi oneri non secondari.

La sintesi del contenuto del provvedimento, in modo che risulti conoscibile e comprensibile come indicato prima non è cosa che possa prescindere, infatti, dall’intervento di chi provveda a riscriverlo.

Chi ha formulato il decreto-trasparenza pare avere completamente sottovalutato il carico enorme di adempimenti operativi che richiede. Le pubblicazioni previste sono molteplici (per altro molte sono anche sovrapposte), sì da determinare un incremento esponenziale del lavoro materiale di caricamento dei dati sul portale, mediato, ovviamente, da operazioni molto disparate sui software (prevalentemente content manager system) necessari per inserirli nei portali.

Le operazioni manuali sui software saranno molteplici, tanto da occupare ore ed ore di lavoro la cui produttività sarà misurabile solo in termini teorici in livello di trasparenza garantito; ore sottratte alla produzione di servizi e assegnate ad attività meramente burocratiche, per quanto serventi la trasparenza. Di questo occorre essere consapevoli e bisogna sottolinearlo.

Tale consapevolezza manca in tutto nel legislatore. O forse no. O, forse, ancora, il legislatore pur essendo in qualche modo in grado di rendersi conto dell’aumento incalcolabile delle mere operazioni amministrative previsto dall’articolo 23, ma anche dalle altre norme del decreto, le sottovaluta o, ancora, in modo ironico e canzonatorio, pensa di risolverle col “miracolo informatico”. L’ultimo periodo dell’articolo 23, comma 2, in commento, infatti, stabilisce che “La pubblicazione avviene nella forma di una scheda sintetica prodotta automaticamente in sede di formazione del documento che contiene l'atto”.

Sarebbe effettivamente molto bello che mentre si scrive il provvedimento, automaticamente il software producesse la scheda sintetica, dotata di contenuto esplicativo, oggetto, indicazione della spesa e, ancora, elenco dei documenti facenti parte del fascicolo. Ma, allo stato attuale, almeno, si tratta di pura fantascienza.

A meno che il legislatore non sia a conoscenza di mirabolanti software di sintesi semantica e produzione automatica di upload di documenti (e tutti lo pregheremmo di condividere con gli altri esseri umani la conoscenza di così arcane informazioni), la previsione che la scheda di pubblicazione possa essere realizzata automaticamente appare più una provocazione, che non un’indicazione operativa seria e credibile.

E’ evidente che per effettuare le pubblicazioni richieste dall’articolo 23 in commento occorrerà un lavoro amanuense intenso, che richiederà impiego ed energie. La trasparenza, contrariamente a quanto dispone il legislatore nell’articolo 18 del d.l. 83/2012, convertito in legge 134/2012, non può essere garantita senza maggiori oneri. Gli oneri ci sono eccome: organizzativi, in termini di risorse umane, ma anche di software da acquisire o aggiornare, per stare dietro alle previsioni semplicistiche del legislatore.

Vi è, poi, il problema dell’elencazione dei documenti che compongono il fascicolo. Anche in questo caso non risulta l’esistenza di un software che sia in grado di produrre automaticamente una scheda alla quale si alleghino i dati dei documenti del fascicolo. Per altro, anche laddove ciò fosse tecnicamente possibile, occorrerebbe che ciascuna amministrazione gestisse i procedimenti amministrativi in via elettronica e telematica, come del resto già impone l’articolo 1, comma 30, della legge 190/2012. Anche in questo caso, è largamente opportuno e corretto prevedere che i procedimenti amministrativi siano informatizzati. Ma il legislatore non può non essere al corrente che le cose non stanno così; moltissimi sono i procedimenti non gestiti attualmente mendiante sistemi informatizzati e gli investimenti per giungere alla totale informatizzazione (che è un obiettivo certamente da perseguire) dovrebbero essere ingentissimi e da realizzare in tempi medio-lunghi.

Non si tratta di criticare la previsione in sé e per sé, ma di evidenziare quanto essa sia irrealistica sia nella banalizzazione dell’informatica, quando ritiene che la scheda informativa possa essere prodotta automaticamente non si sa bene in quale modo, sia nell’immaginare che già oggi le amministrazioni siano dotate di mezzi dei quali, invece, non dispongono.

Vi è un ulteriore punto da focalizzare. Il comma 1 dell’articolo 23 prevede che “pubblicano e aggiornano ogni sei mesi, in distinte partizioni della sezione "amministrazione trasparente", gli elenchi dei provvedimenti adottati dagli organi di indirizzo politico e dai dirigenti”.

Risulta chiaro che la disposizione si sovrappone con molte altre di carattere speciale. L’articolo 23 compie un’interferenza macroscopica con l’articolo 37 del decreto-trasparenza e, di conseguenza, con l’articolo 1, comma 32, della legge 190/2012, i quali ultimi prevedono già l’obbligo di pubblicare “la struttura proponente; l'oggetto del bando; l'elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l'aggiudicatario; l'importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; l'importo delle somme liquidate”. E’ evidente che la griglia di pubblicazione indicata dalla legge anticorruzione, quando fa riferimento all’aggiudicatario, presuppone la pubblicazione del provvedimento che sta a monte, cioè l’approvazione dell’aggiudicazione provvisoria, che costituisce l’aggiudicazione definitiva.

Insomma, l’articolo 23 pone le condizioni per creare una duplicazione dei documenti pubblicati sui portali, in quanto attraversa trasversalmente tutte le norme dedicate in modo particolare a tipologie procedimentali e provvedimentali espressamente prese in considerazione dal decreto-trasparenza.

Non si tratta, comunque, come rilevato prima, di una sorta di albo. L’elenco dei provvedimenti è semestrale, non va dunque incrementato quotidianamente, né dalla pubblicazione discendono effetti sull’efficacia o validità dei provvedimenti.

La pubblicazione di tutti i provvedimenti, comunque, non è sufficiente. Occorre, ai sensi del decreto-trasparenza, anche una verifica di carattere statistico, utile, per altro, al controllo di uno dei principali doveri e obiettivi da perseguire: il rispetto dei termini dei procedimenti. Tali esigenze sono regolate dall’articolo 24.

Art.24 Obblighi di pubblicazione dei dati aggregati relativi all’attività amministrativa

1. Le pubbliche amministrazioni che organizzano, a fini conoscitivi e statistici, i dati relativi alla propria attività amministrativa, in forma aggregata, per settori di attività, per competenza degli organi e degli uffici, per tipologia di procedimenti, li pubblicano e li tengono costantemente aggiornati.

2. Le amministrazioni pubblicano e rendono consultabili i risultati del monitoraggio periodico concernente il rispetto dei tempi procedimentali effettuato ai sensi dell'articolo 1, comma 28, della legge 6 novembre 2012, n. 190.

Dunque, le pubbliche amministrazioni debbono mettere a disposizione del pubblico anche rilevazioni statistiche. Banalmente, quanti procedimenti vengono gestiti, magari indicando anche le risorse complessivamente utilizzate, anche in questo caso creando una sorta di indice, organizzato per settori.

Queste rilevazioni sono particolarmente utili per uno degli adempimenti sui quali il legislatore ultimamente insiste di più: il controllo del rispetto dei tempi di conclusione dei procedimenti amministrativi.

In primo luogo, l’articolo 2, comma 9, della legge 241/1990, ai sensi del quale “La mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente”. Poi, l’articolo 1, comma 9, lettera d), della legge 190/2012, ai sensi del quale il piano triennale di prevenzione della corruzione deve “monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti”. Ancora, l’articolo 1, comma 28, sempre della legge 190/2012: “le amministrazioni provvedono altresì al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali attraverso la tempestiva eliminazione delle anomalie. I risultati del monitoraggio sono consultabili nel sito web istituzionale di ciascuna amministrazione”.

In effetti, il rispetto dei termini dei procedimenti rappresenta un dovere fondamentale delle amministrazioni e, contestualmente, uno degli indicatori più semplici ed oggettivi di efficienza. Non solo: la violazione sistematica e costante dei termini, potrebbe anche essere un sintomo pericoloso proprio della violazione dei principi di etica e correttezza: la corruzione potrebbe anche essere conseguenza del rallentamento “ad arte” delle pratiche, finalizzato ad indurre all’accordo illecito il destinatario del provvedimento.

Dunque, l’andamento dei termini rappresenta uno dei punti maggiormente sensibili. Le amministrazioni debbono, quindi, dotarsi di un sistema di monitoraggio il più profondo e completo possibile. Ovviamente, anche in questo ambito la dotazione di strumenti di gestione dei procedimenti amministrativi in via informatica renderebbe tutto più trasparente e anche semplice da gestire. Ma, il dovere di controllare il rispetto dei termini non risulta condizionato dagli strumenti e dai sistemi organizzativi: è immediatamente operante e cogente ed occorre rispettarlo da subito, qualsiasi sia, allo stato attuale, la strumentazione in dotazione.

Il rispetto dei termini va anche reso noto, mediante la pubblicazione degli esiti: per ogni tipo di procedimento occorre indicare i tempi medi di conclusione e segnalare la percentuale dei procedimenti chiusi nei termini. Può essere anche uno strumento potente per il confronto di efficienza tra amministrazioni e, dunque, ai fini del controllo sulla produttività.

A proposito di controlli, l’articolo 25 del decreto trasparenza, impone di rendere noto alle imprese come e quando le amministrazioni dovranno svolgere le verifiche nei loro confronti:

Art.25 Obblighi di pubblicazione concernenti i controlli sulle imprese

I. Le pubbliche amministrazioni, in modo dettagliato e facilmente comprensibile, pubblicano sul proprio sito istituzionale e sul sito www.impresainungiomo.gov.it:

a)       l'elenco delle tipologie di controllo a cui sono assoggettate le imprese in ragione della dimensione e del settore di attivi indicando per ciascuna di esse i criteri e le relative modalità di svolgimento;

b)      l'elenco degli obblighi e degli adempimenti oggetto delle attività di controllo che le imprese sono tenute a rispettare per ottemperare alle disposizioni normative.

La norma si salda con le previsioni contenute nell’articolo 7, comma 2[1], lettere da a) a d), del d.l. 70/2011, convertito in legge 106/2011.

I controlli, ai sensi della citata previsione del 2011 debbono essere programmati e disciplinati in modo che non risultino vessatori. Sono lo strumento fondamentale per l’attuazione piena della semplificazione delle attività di impresa, che si basa sempre più sull’autodichiarazione del possesso dei requisiti (mediante la segnalazione certificata di inizio attività), alla quale simmetricamente deve corrispondere appunto l’effettuazione delle verifiche necessarie.

I riscontri debbono avere, tuttavia, natura non inquisitoria. Per questa ragione, oltre alla programmazione generale, occorre che le imprese siano preventivamente messe in grado di sapere in via preventiva quali tipologie di controlli sono previsti, così da ridurne l’impatto amministrativo e burocratico e in modo da chiarire quali criteri di selezione si utilizzino, quali modalità, quanto tempo e risorse occorrano.

Fondamentale per garantire la “democraticità” dei controlli è anche indicare in modo chiaro alle aziende la “check list”, cioè l’elenco degli adempimenti obbligatori a carico delle imprese, oggetto di attenzione specifica nella fase dei controlli.

 



[1] Se ne riporta il testo:

In funzione di quanto previsto al comma 1, sono introdotte le seguenti disposizioni:

a)  al fine di ridurre al massimo la possibile turbativa nell’esercizio delle attività delle imprese di cui all’articolo 2 dell’allegato alla Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, recante "Raccomandazione della Commissione relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese", nonché di evitare duplicazioni e sovrapposizioni nell’attività di controllo nei riguardi di tali imprese, assicurando altresì una maggiore semplificazione dei relativi procedimenti e la riduzione di sprechi nell’attività amministrativa, gli accessi dovuti a controlli di natura amministrativa disposti nei confronti delle predette imprese devono essere oggetto di programmazione da parte degli enti competenti e di coordinamento tra i vari soggetti interessati. Conseguentemente:

1)  a livello statale, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono disciplinati modalità e termini idonei a garantire una concreta programmazione dei controlli in materia fiscale e contributiva, nonché il più efficace coordinamento dei conseguenti accessi presso i locali delle predette imprese da parte delle Agenzie fiscali, della Guardia di Finanza, dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e dell’INPS e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione generale per l'attività ispettiva, dando, a tal fine, il massimo impulso allo scambio telematico di dati e informazioni fra le citate Amministrazioni. Con il medesimo decreto è altresì assicurato che, a fini di coordinamento, ciascuna delle predette Amministrazioni informa preventivamente le altre dell’inizio di ispezioni e verifiche, fornendo al termine delle stesse eventuali elementi acquisiti utili ai fini delle attività di controllo di rispettiva competenza. Gli appartenenti al Corpo della Guardia di finanza, per quanto possibile, eseguono gli accessi in borghese;

2)  a livello substatale, gli accessi presso i locali delle imprese disposti dalle amministrazioni locali inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ivi comprese le Forze di Polizia locali comunque denominate e le aziende ed agenzie regionali e locali comunque denominate, devono essere oggetto di programmazione periodica. Il coordinamento degli accessi è affidato al comune, che può avvalersi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni di cui al presente numero nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente;

[3)  gli accessi sono svolti nell’osservanza del principio della contestualità e della non ripetizione per periodi di tempo inferiori al semestre;]

[4)  gli atti e i provvedimenti, anche sanzionatori, adottati in violazione delle disposizioni di cui ai numeri 1)-3) costituiscono, per i dipendenti pubblici che li hanno adottati, illecito disciplinare;]

5)  le disposizioni di cui ai numeri 1)-4) non si applicano ai controlli ed agli accessi in materia di repressione dei reati e di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché a quelli funzionali alla tutela dell’igiene pubblica, della pubblica incolumità, dell’ordine e della sicurezza pubblica. Non si applicano altresì ai controlli decisi con provvedimento adeguatamente motivato per ragioni di necessità ed urgenza;

b)  le disposizioni di cui alla lettera a) costituiscono attuazione dei principi di cui all’ articolo 117, secondo comma, lettere e), m), p) e r) della Costituzione nonché dei principi di cui alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 e della normativa comunitaria in materia di microimprese, piccole e medie imprese. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni di cui alla lettera a), secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione;

c)  dopo il secondo periodo del comma 5 dell’ articolo 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente, è aggiunto il seguente: «Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente.»;

d)  le disposizioni di cui all’ articolo 12 della legge del 27 luglio 2000, n. 212, concernente disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, si applicano anche nelle ipotesi di attività ispettive o di controllo effettuate dagli enti di previdenza e assistenza obbligatoria; […]

2 commenti:

  1. Complimenti per la lettura delle sfumature giuridiche e le criticità che hai evidenziato.
    La maggior parte dei Comuni, soprattutto quelli piccoli, avranno un livello di conformità bassissimo e credo ancora meno della comprensione.
    Rispetto al software invece, le funzioni previste sono molto semplici. Basta un semplice programmatore. Credo si possa fare anche con la sistema Adobe predisposto per l'editing, in cui vengono impostate le caselle vuote che rispondono alle richieste dalla norma (Tipo procedimento e/o provvedimento, Contenuto, Oggetto, Spesa prevista/non prevista, Estremi atto). Alla compilazione dell'atto digitale originario, vengono inserite anche le categorie del nuovo formato, le sole strutturate per la nuova pubblicazione. Spero che qualche società software non prenda l'occasione per fare business con semplici applicativi del genere.
    Considera che sono da anni disponibili piattaforme di Business Intelligence open source che concorrono con sistemi proprietari molto costosi. Qui parliamo di vere e proprie piattaforme informatiche e non di semplici applicativi.

    RispondiElimina
  2. Grazie. Sul software sono d'accordo, il data-base si può creare, ma immaginare che la scheda si autocompili non è sostenibile.

    RispondiElimina