sabato 29 marzo 2014

#province I folli iter e sistema di "riordino" (ahah) delle funzioni

Se è complicatissimo comprendere quali siano le funzioni e competenze che resteranno o andranno ex novo in capo alle province, davvero estremamente farraginoso è l’iter previsto per il loro spostamento, soprattutto perché non è dato capire quali saranno gli enti destinatari del riordino.

In primo luogo, Stato e regioni, secondo le rispettive competenze legislative fissate dalla Costituzione dovranno assegnare le funzioni provinciali diverse da quelle “fondamentali” descritte al comma 85, nel rispetto dell’articolo 118 della Costituzione, che disciplina la sussidiarietà “verticale”: principio secondo il quale le funzioni si assegnano al livello amministrativo più vicino ai cittadini, secondo, però criteri di adeguatezza. Dunque, le leggi statali e regionali dovranno assicurare il rispetto di alcuni criteri: ambito territoriale ottimale di esercizio per ciascuna funzione; efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni e delle unioni di comuni; sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio tra gli enti territoriali coinvolti nel processo di riordino, mediante intese o convenzioni.

Quindi, poiché l’articolo 118, comma 2, della Costituzione stabilisce che “I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”, finchè le province non siano abolite con legge costituzionale potranno ancora ricevere dallo Stato o dalle regioni le competenze e funzioni già di loro spettanza, laddove soprattutto l’ambito territoriale ottimale e le esigenze unitarie lo impongano: ed è il caso di tutte le funzioni per loro natura sovra comunali, come plasticamente comprensibile per quanto attiene il mercato del lavoro, che non può certamente essere gestito entro le ristrette mura dei comuni.

Il comma 89 che si occupa del primo passo del complesso iter di ridistribuzione delle funzioni nel lasciare intendere che destinatari di esse possano essere comuni, unioni e regioni stesse, complica ulteriormente un quadro già estremamente frammentato, consentendo espressamente intrecci di competenza attraverso gli avvilimenti e le deleghe di esercizio. Come per le città metropolitane, sarà quasi impossibile per cittadini ed imprese capire chi sarà competente a fare cosa.

Del tutto aleatorio, poi, è il diritto transitorio. Il comma 89 medesimo prevede che “Le funzioni che nell’ambito del processo di riordino sono trasferite dalle province ad altri enti territoriali continuano ad essere da esse esercitate fino alla data dell’effettivo avvio di esercizio da parte dell’ente subentrante; tale data è determinata nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 92 per le funzioni di competenza statale ovvero è stabilita dalla regione ai sensi del comma 95 per le funzioni di competenza regionale”.

Dunque, vi sarà una fase nella quale le funzioni non fondamentali continueranno ad essere di pertinenza delle province. Finchè non intervengano due eventi:

  1.           sia adottato il Dpcm previsto dal comma 92; la data dovrebbe essere entro 3 mesi dall’entrata in vigore della legge. Entro il medesimo termine, tuttavia, ai sensi dei commi 91 e 92:

  2.       occorre sentire le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, in modo che Stato e regioni individuino in modo puntuale, mediante accordo sancito nella Conferenza unificata, le funzioni oggetto del riordino e le relative competenze;

  3.       il Dpcm sia preceduto da proposta del Ministro dell’interno e del Ministro per gli affari regionali, col concerto con i Ministri per la semplificazione e la pubblica ammini-strazione e dell’economia e delle finanze, e da un’intesa in sede di Con-ferenza unificata (comma 92);

  4.       il Dpcm deve:


i)  fissare i criteri generali per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all’esercizio delle funzioni che devono essere trasferite, ai sensi dei commi da 85 a 97, dalle province agli enti subentranti;

ii)garantire i rapporti di lavoro a tempo indeterminato in corso, nonché quelli a tempo determinato in corso fino alla scadenza per essi prevista;

iii)                      tenere in particolare considerazione le risorse finanziarie, già spettanti alle pro-vince ai sensi dell’articolo 119 della Costituzione, che devono essere trasferite agli enti subentranti per l’esercizio delle funzioni loro attribuite, dedotte quelle necessarie alle funzioni fondamentali e fatto salvo comunque quanto previsto dal comma 88, cioè la possibilità che alcune funzioni restino alle province, ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione

iv)                     consultare sullo schema di Dpcm, per quanto attiene alle risorse umane, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;

v) disporre anche direttamente in ordine alle funzioni amministrative delle province in materie di competenza statale;

  1.           le regioni, entro il termine non di 3, ma di 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, diano attuazione all’accordo in sede di Conferenza Unificata di cui al comma 91, adottando le leggi conseguenti. Decorso il termine senza che la regione abbia provveduto, si applica il potere sostitutivo di cui all’articolo 8 della legge 131/2003.


Comunque, qualora non sia raggiunto, con le regioni, l’accordo di cui al comma 91 o l’intesa di cui al comma 92, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al medesimo comma 92 il Dpcm diporrà in ogni caso sulle funzioni amministrative delle province di competenza statale.

Ai sensi del comma 94, il “miracoloso” Dpcm, inoltre, “al fine di tener conto degli effetti an-che finanziari derivanti dal trasferimento dell’esercizio delle funzioni” potrà anche modificare “gli obiettivi del patto di stabilità interno e le facoltà di assumere delle province e degli enti subentranti, fermo restando l’obiettivo complessivo”, ma facendo in modo che da questo non si determinino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Tutto questo, lo si ribadisce, entro un arco temporale di 3-6 mesi o poco più. I tempi sono serratissimi. Certamente troppo per un’impresa così ardua, comprendente il trasferimento di decine e decine di funzioni ed un potenziale volume di risorse di 10 miliardi (il valore totale della spesa sostenuta dalle province) e 56.000 dipendenti, oltre alle decine di migliaia di contratti e rapporti attivi e passivi. E’ evidente che soltanto il trasferimento effettivo delle risorse dalle province agli entri subentranti potrà permettere l’effettiva traslazione dei servizi. Per questo, prudentemente, il disegno di legge stabilisce che le funzioni provinciali da riordinare continuano ad essere esercitate dalle province “fino alla data dell’effettivo avvio di esercizio da parte dell’ente subentrante”, data da terminare col citato Dpcm per le funzioni di competenza statale e da fissare, invece, con le leggi regionali per quelle di loro spettanza.

Dunque, tutto dovrebbe risolversi in 6 mesi, più o meno entro ottobre. Ma, qualcosa non torna. Il comma 97 del disegno di legge, infatti, delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, in materia di adeguamento della legislazione statale sulle funzioni e sulle competenze dello Stato e degli enti territoriali e di quella sulla finanza e sul patrimonio dei medesimi enti, nel rispetto, in particolare, del principio secondo il quale le risorse finanziarie, già spettanti alle province ai sensi dell’articolo 119 della Costituzione, dedotte quelle necessarie alle funzioni fondamentali sono assegnate ai soggetti subentranti nelle funzioni trasferite, in relazione ai rapporti attivi e passivi oggetto della successione, compresi i rapporti di lavoro e le altre spese di gestione.

Ebbene, questa delega deve essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto del Dpcm che specificherà le funzioni puntuali da trasferire. Ma, se non c’è la normativa che assicuri agli enti subentranti le risorse necessarie per gestire le funzioni provinciali, difficilmente gli enti subentranti potranno e, soprattutto, vorranno iniziare a gestirle.

Insomma, l’effetto davvero immediato e concreto del ddl Delrio è quello di attivare un processo estremamente caotico e confuso, lungo mesi, nel corso del quale sarà difficile comprendere il nuovo assetto delle competenze e delle funzioni in ambito locale.

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