domenica 8 giugno 2014

#lavoro #PA #Roma Le folli contraddizioni su salario accessorio e contratti decentrati

Su Il Messaggero di domenica 8 giugno Oscar Giannino compie un'analisi molto seria del "caso Roma". Si tratta, come noto, della situazione di estrema tensione tra amministrazione comunale e propri dipendenti, conseguente alla verifica ispettiva del Mef, che ha rilevato moltissime violazioni compiute dalla contrattazione decentrata integrativa della Capitale ai vincoli imposti dalla legge e dalla contrattazione nazionale collettiva.
Persuasiva è, in particolare, l'esortazione finale di Giannino: "Poiché siamo in Italia, com'è forse inevitabile bisognerà pensare a un meccanismo di transizione, per evitare che quei 200 euro (il "salario accessorio individuale mediamente messo in pericolo dalle misure di contenimento conseguenti alle ispezioni, nda) scompaiano da un mese all'altro dalle tasche di dipendenti non in linea coi risultati prefissi, ma comunque del tutto incolpevoli del fatto che giunte e sindacati abbiano deciso per anni di rimpinguare così gli stipendi di tutti. L'essenziale è che non si perda un'occasione che potrebbe essere addirittura storica. Che non prevalga l'interesse a negare l'evidenza, perché la lista dei colpevoli è lunga e fatta di nomi autorevoli, di destra e di sinistra. E che, soprattutto, sia una soluzione da additare al resto d'Italia come l'inizio di un nuovo capitolo, di una Pa fiera finalmente di far meglio, e capace di pagare meglio chi lo fa".
Prima di procedere oltre, sia consentita una breve divagazione, sia pure sempre in tema.
E' noto che il Governo sta provando a trovare una soluzione al fattaccio brutto, col cosiddetto decreto "salva Roma", il d.l. 16/2014 ed il suo ormai noto articolo 4. Altrettanto risaputo è che il tentativo consiste in una sorta di sanatoria, che, purtroppo, ha il difetto di essere estremamente mal concepita e peggio scritta. Ciò ha una causa: il Governo ha dovuto fare i conti con gli strali della Ragioneria generale che, su incarico del Mef, fa le ispezioni. La Ragioneria generale, allo scopo - comprensibile - di non vanificare ruolo ed operato dei servizi ispettivi, ha imposto una serie di correzioni e vincoli alla sanatoria, tali da renderla di difficilissima comprensione ed attuazione. Il che, ovviamente, non va affatto bene.
Probabilmente il termine sanatoria fa storcere il naso. Ma, poichè, come appunto osserva Giannino, il caso di Roma non è affatto isolato, occorre prendere atto che violazioni o, comunque, problemi di rispetto della contrattazione nazionale da parte dei contratti integrativi ci sono. E non sono solo causa del perverso rapporto politica-sindacati, ma anche frutto altrettanto perverso di un intreccio di norme complicatissimo, pervasivo, paradossale che non solo non serve, come dimostrano i fatti, ad evitare guai, ma ne è certamente in buona parte causa. Anche perchè pure nel campo della spesa contrattuale del personale si insiste con la scellerata scelta di non sottoporre i contratti decentrati a controlli preventivi di legittimità, espondendo le amministrazioni a controlli successivi. I quali, intervenendo a danno creato, non possono non avere effetti estremamente pesanti sull'assetto e gli equilibri organizzativi che, comunque, si sono addensati su contratti decentrati per quanto in parte illegittimità.
Ora, la circostanza assurda è che, mentre da un lato il Governo nello scrivere le regole di una sanatoria necessaria per azzerare tutto e ripartire si è lasciato condizionare dalla Ragioneria generale, producendo una norma zoppa, scritta in pessimo "italiese" e difficilissima da comprendere ed attuare, proprio perchè la Ragioneria vede malissimo la sanatoria, per altro verso il 12 maggio, allo scopo di dare "indicazioni" (per la verità molto scarne e poco comprensibili) proprio sulla sanatoria, il Governo ha prodotto una circolare interministeriale, nella quale, nella sostanza, si afferma che gli enti locali possono continuare ad applicare le regole contrattuali illecite o addirittura nulle, laddove ciò sia dimostrato necessario per garantire i servizi, purchè comunque gli esborsi si recuperino comunque. Insomma, con una circolare si afferma che le nullità alle clausole illecite stabilite dalla legge possono essere tranquillamente bypassate! E chi c'è tra i ministri firmatari della circolare? Padoan, il Ministro dell'economia, il capo, dunque, della Ragioneria generale dello Stato. Che, quando scrive la sanatoria per legge, sottosta ai diktat degli uffici a lui sottoposti, ma quando scrive circolari attuative addirittura acconsente alla pura e semplice violazione delle leggi.
Questa divagazione è servita per dare il segno di quanto complessa sia la situazione normativa e fattuale. La circolare ha l'evidente scopo di consentire a Roma di continuare a pagare il "salario accessorio", mentre ancora non si è capito bene come fare a recuperare le somme spese in piu' accertate dai servizi ispettivi, allo scopo di evitare i ripetuti scioperi dei dipendenti comunali, da cui piu' volte Roma è uscita con le ossa rotte. Ma, altrettanto evidente  è che non si possono sanare situazioni come quelle di Roma e tantissimi altri comuni grandi e piccoli (sappiamo che in questo circolo vizioso sono caduti Firenze, Reggio Calabria, Vicenza, Rovigo e tante altre amministrazioni) in modo malcerto e contraddittorio, a colpi di leggi scritte in etrusco e circolari che invitano a violare le leggi.
Occorre una soluzione radicale e graduale. Che sappia anche tenere nel dovuto conto di cosa esattamente si parla.
Nel pur condivisibile articolo, Giannino piu' volte sottolinea che l'oggetto del contendere è il "salario accessorio" a suo dire "legato alla produttività" che le amministrazioni debbono assicurare, sicchè è inammissibile che in assenza di risultati per i cittadini detto salario sia erogato.
Il principio è corretto, ma è evidente che Giannino non conosce la contrattazione nazionale collettiva di regioni ed enti locali. Dunque, erroneamente conclude che il "salario accessorio" sia integralmente dedicato alla produttività.
Le cose non stanno così. Il "salario accessorio" è, invece, la sommatoria di una serie di istituti retributivi dei quali alcuni sono, sì, legati alla produttività, ma altri, invece, sono fissi e continuativi. Il salario viene comunque definito "accessorio" perchè accede in modo "eventuale" al trattamento economico "tabellare" e viene finanziato con un fondo a parte.
Chi conosce la contrattazione collettiva nazionale, sa che il fondo posto a finanziare il "salario accessorio" la porzione di gran lunga piu' rilevante finanzia elementi fissi e continuativi della retribuzione. I piu' importanti sono la cosiddetta "indennità di comparto" e la "progressione orizzontale". La prima ha lo scopo di perequare i trattamenti economici del comparto regione-enti locali a quelli delle altre amministrazioni, colmando un gap che si era creato negli anni a svantaggio del sistema locale. La seconda è una sorta di aumento stipendiale, connesso ad una maggiore capacità di svolgere con competenza le attività rientranti nelle mansioni. Tali somme accedono in modo definitivo agli stipendi dei lavoratori, finchè il rapporto di lavoro non si risolva. Dunque, è un'accessorietà per modo di dire.
Poi, vi sono una serie di indennità che sono sì variabili, ma sono connesse a sistemi organizzativi di produzione dei servizi fissi e continuativi e non possono non spettare a chi in tali modalità organizzative operi: indennità di turno, rischio, disagio, maneggio valori, le indennità per gli operai e per gli educatori degli asili nido e nelle scuole locali, le indennità per particolari incarichi. Poi, il finanziamento delle "posizioni organizzative", tratto dal fondo negli enti in cui sia presente la dirigenza.
La parte di salario accessorio realmente legato alla "produttività" è solo ciò che residua, dopo che il fondo ha finanziato tutte le voci precedentemente indicate. E, spesso, tale residuo è minimo percentuali difficilmente superiori al 20%, ma spesso molto, ma molto piu' basse.
D'altra parte, basta andare a guardare il Conto annuale del tesoro, per rendersi conto che l'importo lordo medio del compenso legato alla produttività dei dipendenti degli enti locali è 1040 euro all'anno!
E' bene sottolineare che l'ispezione del Mef non ha riguardato solo la parte - minoritaria - delle spese legate alla produttività, ma ha lanciato i suoi strali anche contro le progressioni orizzontali o le indennità indicate prima (criticandone talvolta il cumulo, talaltra gli importi), incidendo, dunque, sulla parte di retribuzione che, in effetti, è fissa e continuativa.
Ora, qui sta il grande equivoco di 15 anni di esperienza di contrattazione (il primo contratto collettivo seguente alla piena privatizzazione del lavoro negli enti locali è del 1999) totalmente negativa e deficitaria.
L'equivoco è questo: strumenti retributivi in effetti fissi (indennità di comparto o incrementi stipendiali) sono stati trattati come fossero legati alla produttività. La progressione orizzontale è il piu' grande paradosso. E', come detto, null'altro che un incremento legato alla maggiore esperienza acquisita. Nel settore privato per attribuire questi incrementi si fa ancora larghissimo uso degli scatti di anzianità, invece aboliti nel pubblico nel 1993. Ma, per rimediare a tale abolizione, si è introdotta, appunto, la progressione orizzontale, configurandola come procedura "selettiva" che dovrebbe assicurare a pochi tali incrementi. Invece, nel comparto enti locali in media tutti i dipendenti hanno fatto 2,5 progressioni orizzontali, perchè si è voluto utilizzarle per sostituire di fatto lo scatto di anzianità. Tanto è vero che i criteri "selettivi" di queste procedure sono spesso molto fumosi e in maniera prevalente legati all'anzianità di servizio. Cosa che non si potrebbe. Da qui, il gioco facile dei servizi ispettivi. Che, se prendono di mira le progressioni orizzontali di fatto colpiscono quasi il 40% del fondo, creando le crisi tipo quelle di Roma.
Ora, ci sarebbe da chiedersi se davvero valga la pena di suscitare gli enormi problemi determinati a Roma e negli altri comuni a causa di scelte dissennate della contrattazione nazionale collettiva. Che senso ha, nel pubblico, connettere l'incremento di stipendio a procedure selettive, che, per altro, sono spesso solo "formali", ma sempre molto lunghe, impegnative e per giunta causa di contenzioso del lavoro? Non sarebbe stato da sempre piu' opportuno decidere bianco o nero? Ripristinare, cioè, lo scatto di anzianità, oppure confermarne per sempre l'eliminazione.
Ancora: che senso ha far finanziare col fondo le indennità, ma poi rimettere ai servizi ispettivi, oppure all'Aran, l'agenzia che stipula i contratti per i comparti pubblici, la valutazione se possano o non possano essere cumulate o dei limiti ai loro importi? Se, comunque, le risorse sono tratte dal fondo, che danno si produce all'erario? Nulla. Che senso ha, ancora, prevedere per la contrattazione nazionale collettiva una procedura di controllo preventivo estremamente rigorosa, lasciando, invece, la contrattazione decentrata delle migliaia di enti priva di qualsiasi controllo preventivo. E, ancora, che senso ha la follia di imporre complicatissimi sistemi di valutazione delle performance, per poi ripartire, come premio del risultato, una media di 1040 euro l'anno?
Ovviamente la risposta è chiara: nessun senso. Le soluzioni ai problemi, dunque, sono estremamente chiare. Azzerare tutto, introducendo per la gestione dei salari "accessori" poche chiarissime regole: le progressioni orizzontali abolite e sostituite da scatti di anzianità; le indennità finanziabili solo dal fondo, ma con flessibilità di utilizzo e configurazione da parte della contrattazione collettiva; controlli preventivi di legittimità sui contratti decentrati; semplificazione estrema degli strumenti di valutazione della produttività, da rendere obbligatori solo se la media del premio di produttività superi un po' significative, non meno di tremila euro lordi l'anno.
Tutto questo lo si potrebbe fare retroattivamente a sanatoria e ricominciare da capo. Il resto è solo confusione.

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