La mobilità volontaria senza il nulla osta dell’amministrazione di appartenenza è un’evidente insensatezza.
Su La Repubblica del 13 giugno 2014, il professor Tito Boeri evidenzia che la mobilità dovrebbe servire a riequilibrare la distribuzione del personale pubblico. In Italia, infatti, non è per nulla vero, contrariamente a quanto afferma la vulgata, che vi siano troppi dipendenti pubblici. Ve ne sono circa 2 milioni in meno rispetto a Francia e Gran Bretagna e poco più di un milione in meno rispetto alla Germania ed il costo è poco inferiore alla media Ue.
E’, invece, vero che vi sia una pessima distribuzione tra territori e tra amministrazioni. Con la conseguenza che in particolare al Sud, che ha una popolazione inferiore al Nord, vi sia una maggiore concentrazione di dipendenti pubblici; oppure, la paradossale situazione degli ispettorati del lavoro o dei centri per l’impiego, uffici nevralgici per le politiche del lavoro, totalmente sotto dimensionati. Basti pensare che in Italia presso i centri per l’impiego operano circa 7.600 persone, contro i 74.000 della Germania, Paese con un tasso di disoccupazione di meno della metà di quello italiano.
Una riforma della pubblica amministrazione tendente ad incrementarne davvero, e non solo a parole, l’efficienza, dovrebbe affrontare esattamente questo tipo di problemi. Immaginare di agire sulla produttività lasciando sovrabbondanza di lavoratori in determinate zone del territorio, oppure di competere con l’efficienza dei servizi di altri Paesi con un decimo della forza lavoro è, evidentemente, assurdo. Queste storture andrebbero subito corrette.
La riforma presentata dal Governo, tuttavia, è ben lungi dall’essere capace di affrontare e risolvere questi problemi.
Si prevede, infatti, una riforma della mobilità volontaria che, anzi, sortirà effetti del tutto contrari o, comunque, non indirizzabili alla soluzione delle questioni indicate prima.
L’idea è facilitare la mobilità eliminando il “nulla osta” dell’amministrazione di appartenenza, che, se non concesso, impedisce il trasferimento di un dipendente da un ente all’altro.
Ora, è perfettamente comprensibile che la questione non è legata al nulla osta. O, meglio, appare incredibile sottrarre al datore di lavoro il potere di gestire il rapporto di lavoro col proprio dipendente, rendendo il primo succubo della decisione del secondo di trasferirsi. Nessuna programmazione della gestione delle risorse umane sarebbe più possibile. Le amministrazioni potrebbero iniziare a rubarsi i dipendenti, senza che nessuna più potrebbe contare su un assetto stabile della propria organizzazione e su un ritorno degli investimenti effettuati in formazione ed aggiornamento.
Si dirà che nel privato i dipendenti hanno piena libertà di muoversi. Vero. Ma, per andare da un datore all’altro si dimettono. Nella pubblica amministrazione si accede solo per concorso e, dunque, dimettersi non è possibile. Ma, non si può porre rimedio a questa configurazione particolare del reclutamento esautorando il datore di lavoro dal potere/dovere di acconsentire ad un trasferimento di un proprio dipendente, soprattutto in presenza delle enormi difficoltà poste dalla normativa vigente ad assumere nuovo personale.
Un legislatore accorto, allora, non dovrebbe generalizzare l’eliminazione del nulla osta a qualsiasi procedura di mobilità. Sarebbe perfettamente possibile conciliare i trasferimenti dei dipendenti con esigenze di razionalizzazione della finanza pubblica.
Pochi esempi. Immaginiamo che la riforma introduca, a proposito della valutazione e dell’assegnazione dei premi di produttività, un principio di semplificazione banalissimo: se l’ente è in dissesto o predissesto, se vìola il patto di stabilità, se chiude il bilancio in passivo, se non rispetta una media nazionale o territoriale del rapporto dipendenti/popolazione o non sia in linea con altri indicatori similari, semplicemente nessun premio di produttività può essere concesso finchè l’ente non risani per almeno due anni consecutivi la situazione finanziaria.
In questo caso, allora, il dipendente che trovi la strada per andare in mobilità presso un altro ente, con condizioni finanziarie tali da potersi permettere di erogare premi di risultato ed incentivi, dovrebbe poter contare sull’assenza del nulla osta e l’amministrazione di appartenenza abbozzare al suo trasferimento. Pensiamo all’esempio del comune di Roma: un’impostazione di tal genere della mobilità potrebbe incentivare i dipendenti ad andare presso altre amministrazioni, il che potrebbe anche contribuire ad alleggerire la situazione finanziaria del comune stesso.
Un’altra ipotesi selettiva al ricorrere della quale la mobilità potrebbe essere automaticamente conseguenza dell’accordo tra lavoratore ed amministrazione di destinazione, senza nulla osta dell’amministrazione di provenienza, potrebbe riguardare l’afflusso verso amministrazioni che siano collocate in zone del territorio con un’incidenza del rapporto personale/popolazione e spesa di personale/spese correnti inferiori alla media; o, ancora, l’afflusso verso amministrazioni che denuncino carenze di personale connesse ad un’elevata scopertura delle dotazioni organiche (almeno il 20%) o evidentissimi scostamenti rispetto a comparabili realtà europee.
Solo eliminando il nulla osta in modo selettivo si riesce a far sì che la mobilità volontaria risulti uno strumento di vera razionalizzazione ed efficienza dell’amministrazione.
Invece, l’eliminazione indiscriminata del nulla osta potrebbe sortire effetti paradossali ed opposti rispetto a quelli necessari, come, magari, il ritorno da Nord a Sud dei tantissimi dipendenti pubblici impiegati nelle amministrazioni del settentrione, ma tentati dal ritornare.
Né la mobilità “obbligatoria” potrebbe sortire i necessari effetti di riequilibrio della distribuzione dei dipendenti pubblici con ristretti limiti di distanza dei trasferimenti o senza una ridefinizione delle retribuzioni che tenga conto del diverso costo della vita che contraddistingue le zone del territorio nazionale.
La riforma della mobilità così come immaginata dal Governo, purtroppo, appare ancora una volta caratterizzata da quegli eccessi di demagogia, fretta, improvvisazione, confusione che hanno sin qui intriso ogni legge di riforma della pubblica amministrazione, come il mostro della riforma delle province.
Ancora una volta si offre all’opinione pubblica e alla stampa generalista un “trofeo” per far apparire decisionista e pronta l’azione del governo, nonostante le decisioni operative siano caotiche e assolutamente non in grado di ottenere gli obiettivi enunciati.
Dr. Oliveri ho letto con interesse il suo post sulla mobilità. Le evidenzio tuttavia che per gli Enti del SSN è dal 1999 che il nulla osta dell’Amministrazione di appartenenza è sostituito dal preavviso ovvero l’amministrazione di appartenenza non può dilazionare oltre i tre mesi la data del trasferimento. (art. 19 CCN Sanità integrativo 20.9.2001) Il principio potrebbe essere che è improduttivo tenersi in “casa” chi non ci vuole stare. La norma ha creato molti mal di pancia, anche per i motivi da lei descritti (formazione e programmazione) e qua e là nel Paese sono state adottate contro misure, ad esempio la regione Puglia stabilisce che i titolari di mobilità non possono accedere, prima di due anni, ad altre mobilità, oppure alcune ASL nei bandi di reclutamento prevedono in forma esplicita che alla stipula del contratto il dipendente sottoscrive la presa d’atto che non saranno concessi nulla osta alla mobilità se non siano trascorsi tot anni. E altre cose del genere. Le conseguenze sono state che le amministrazioni delle regioni meridionali non fanno concorsi da anni e assumono per le proprie necessità solo tramite mobilità con il vantaggio di reclutare professionisti già formati e motivati (hanno per la maggior parte residenza colà) per le regioni del nord invece sono costi importanti per i concorsi (pensi che a volte per taluni bandi es. infermieri, si presentano anche 10, 12 mila candidati) ed evidenti difficoltà programmatorie-formative. Ho letto che si è provato ad introdurre nei concorsi (Lombardia) il principio della preferenza/riserva per i residenti ma ne è stata evidenziata l’incostituzionalità. In conclusione non ritengo del tutto sbagliato l’orientamento del Governo sulla mobilità senza nulla osta salvo alcuni aggiustamenti.
RispondiEliminaLa seguo sempre con piacere ad attenzione e le auguro una buona giornata.
Bartolo Meotti
Il principio della produttività non ha visibilmente nulla a che vedere con la questione. È brutto dirlo, ma lamentarsi del lvprp che si ha con 6 milioni di persone prive di lavoro e pretendere di essere poco produttivi in cambio di un trasferimento considerato come diritto sarebbe meritevole di ben pesanti sanzioni.
RispondiEliminaQuanto cortesemente segnalato conferma che la scelta del Governo è assai azzardata e poco utile.
Grazie dell'immeritata stima.
Comune di 4500 abitanti al nord, due vigili. Comune di 4500 abitanti al sud, quindici vigili. Il pubblico impiego al sud è stato usato come ammortizzatore sociale ed ora ne pagano le conseguenze tutti, soprattutto al nord. Non nascondiamo la testa sotto la sabbia. La mobilità porterà al rientro al sud di una bella parte di persone con il risultato di dover assumere nuova gente. Mentre sotto staranno tutti tranquilli anche sforano parti di stabilità od altro, se ne fregiano.
RispondiEliminaLa mobilità volontaria in sanità però è di fatto soppressa, dato che le aziende sanitarie non concedono il nulla osta a chi vince bandi per trasferirsi ed ignora di rispettare il preavviso di tre mesi!
RispondiEliminaInutili anni di lotte e di contrattazioni nazionali... inutili i sindacati ed inutili gli ordini professionali... Tutto cancellato! Si rimane prigionieri e condannati in esilio dalle proprie famiglie, anche quando il tuo trasferimento non danneggia l'azienda di appartenenza, che gode ad esercitare solo uno sterile esercizio di potere fine a se stesso... Complimenti alla riforma della PA! Danneggiando i dipendenti, danneggiate anche le aziende e la nazione, non credete? Continuate pure ad opprimere il popolo... continuate! Tanto fra un po' in Italia rimarrano solo i vecchi e gli extracomunitari di passaggio...!
P.S.: Finiamola con la storia che se la mobilità fosse più agevole si avrebbe un ritorno in massa dei lavoratoria dal Nord al Sud... Prima di tutto, molti di quelli, che hanno trovato lavoro al Nord (o anche all'estero) si trovano bene e non intendono tornare. In secondo luogo il flusso dei lavoratori si autoregolerebbe, un po' come succede nel commercio, secondo la legge della domanda e dell'offerta. Chi scrive ha provato per 8 anni a tornare a casa al Sud, ma non c'è riuscito, perché non c'erano posti disponibili... e questo proprio perché: meno popolazione = meno posti di lavoro! Ora che invece potrei farlo a buon diitto, l'azienda per cui lavoro non mi lascia andare!
Quindi, sarebbe ora di finirla con la storia che si vorrebbe far ripartire il Sud, senza crearvi posti di lavoro ed impedendo alla gente di tornare, anche quando questo fosse possibile... è un gatto che si morde la coda! Sì è cominciato con l'unità d'Italia a mortificarte il Sud, provocando la chiusura di fiorenti aziende (è tutto documentato, anche se i libri di storia adottati nelle nostre scuole non ne parlano!), per far spostare la forza lavoro verso le zone d'interesse dei governanti dell'epoca (Savoia & Co.)... Il tutto in una visione a dir poco miope e che paghiamo ancora oggi!
L'Italia è fondata sul lavoro ma anche sulla famiglia (o almeno dovrebbe)... chi lavora lontano dai suoi affetti lavora male ed è costretto a tirare la cinghia... la Nazione soffre, perchè soffre la famiglia... soffre la gente!
Il libero circolo delle persone, anche e soprattutto nel lavoro, si autoregola e porta benessere, come il libero circolare del denaro... Provate a tenere i soldi fermi... l'austerità docet!