sabato 13 settembre 2014

#appalti #SbloccaItalia sì, ma l’ #anticorruzione?

Il decreto legge 133/2014, cioè il famoso “sblocca Italia” è la dimostrazione palmare che il governo per slogan si limita appunto agli slogan, mentre le cose concrete e reali viaggiano su percorsi e binari completamente diversi.

Pensiamo alla questione dei lavori pubblici, grandi e piccoli, al problema del loro sblocco, connesso a quello della velocizzazione delle procedure e della garanzia dell’efficacia della lotta alla corruzione.

Ancora nel giugno scorso, il tema della lotta alla corruzione giganteggiava su tutti i giornali ed era evidenziato con circoletto rosso nella famosa “agenda” del Governo. Il caso Mose e Orsoni era di stretta attualità.

Si gridò, allora, all’inefficienza dei controlli, alle norme bizantine e barocche insieme del codice dei contratti, alla necessità di rafforzare i controlli anticorruzione.

E giù, dunque, con la nomina di Cantone a presidente dell’Autorità Anticorruzione e via ancora con gli attacchi all’Autorità per la vigilanza dei contratti e degli appalti pubblici. Che, infatti, poco dopo venne abolita col d.l. 90/2014 (uno dei tanti che, come lo “sblocca Italia”, viene approvato “in bianco” dal Consiglio dei Ministri, salvo scoprire giorni e giorni dopo che cosa contiene…), in modo che le funzioni di vigilanza sui contratti pubblici fossero assegnati all’Anac. E salvo scoprire, pochissimi giorni dopo, che l’ex presidente dell’Avcp sarebbe stato messo agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta connessa a false attestazioni alle Soa, che avrebbe coinvolto altri dirigenti della soppressa authority, compreso il presidente precedente. Ciò che fece pensare a molti che l’abolizione, decisa pochissimo prima, sia stata disposta proprio in vista delle vicende giudiziarie dell’Avcp.

Il quadro, dunque, del sistema degli appalti, emerso tra l’inizio di giugno e l’inizio di luglio non era affatto confortante. Qualcuno, per altro, aveva iniziato a mettere mano ai decreti legislativi attuativi delle nuove direttive Ue appalti, accorgendosi che i circa 600 articoli di norme tra d.lgs 163/2006 e il D.P.R. 207/2010 costituiscono un Moloch, un Leviatano giuridico e tecnico spaventoso, fatto apposta per complicare tutto ed aiutare chi intende malversare, corrompere e delinquere di dedicarsi con sufficiente tranquillità a queste opere.

Ma, adesso siamo a settembre. Sono passati circa due mesi dalle vicende richiamate sopra. Tempo, dunque, più che sufficiente per contare per la memoria a brevissimo termine non solo del popolo italiano, ma di Governo e Parlamento.

Il Governo, dunque, sforna (in un percorso complessivo che va dal 29 agosto al 12 settembre: record assoluto della lentezza nel predisporre un decreto legge) il d.l. 133/2014, nel quale sembra che ogni traccia delle questioni gravi e vive che attanagliano gli appalti pubblici non sia rimasta traccia.

Il sistema, come detto prima, è una mostruosità giuridica, irta di adempimenti, pubblicazioni, cavilli, codicilli? Che si fa allora per semplificarlo? Si rinuncia a posticipare (ma meglio sarebbe eliminare del tutto) l’entrata in vigore del micidiale sistema AvcPass, un’altra tremenda complicazione procedurale, per l’80% a carico delle imprese, che trasforma la corretta necessità di monitorare il possesso dei requisiti di moralità delle aziende in un girone infernale burocratico-informatico. Che, ovviamente, non avrà la minima utilità per fermare malversatori e corruttori.

Oppure, si volevano rafforzare controlli e misure di salvaguardia contro la corruzione, anche per rispondere ai continui strali lanciati dal presidente dell’Anac (al quale, tuttavia, nel corso dei mesi si è dato sempre meno spazio mediatico)? Per tutta risposta si estendono i casi di utilizzo della procedura negoziata, cioè della possibilità delle amministrazioni di affidare direttamente i lavori senza gara, limitandosi ad una interlocuzione con tre ditte, scelte non si sa bene in base a quali criteri.

Per l’ennesima volta, il fine di semplificare le procedure di appalto viene perseguito nel modo più sbagliato: cioè, incidendo sulla sola fase della gara, che, in fondo, anche presa alle lunghe (procedura aperta o ristretta) non dura più di 3 mesi. Le lungaggini delle procedure contrattuali stanno nella fase della progettazione, redazione della complessissima documentazione, acquisizione dei permessi; nonché in quella della verifica successiva all’aggiudicazione del possesso dei requisiti (emerge il micidiale Durc), della stipulazione del contratto e della fase, poi, di esecuzione.

Tutto serve per snellire le procedure di appalto, tranne che incidere proprio sulla fase della gara che, tra tutte, è quella tutto sommato più lineare e breve.

Invece, per i casi di opere connesse a:

  1. a) messa in sicurezza degli edifici scolastici di ogni ordine e grado e di quelli dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), comprensivi di nuove edificazioni sostitutive di manufatti non rispondenti ai requisiti di salvaguardia della incolumità e della salute della popolazione studentesca e docente;

  2. b) mitigazione dei rischi idraulici e geomorfologici del territorio;

  3. c) adeguamento alla normativa antisismica;

  4. d) tutela ambientale e del patrimonio culturale


laddove gli importi siano inferiori alla soglia comunitaria sarà possibile ricorrere sempre alla procedura negoziata (il che rende incomprensibile la previsione concomitante che consente di dimezzare i termini procedurali delle altre procedure, nel caso sempre di lavori sotto soglia: è evidente che nessuno utilizzerà procedure diverse dall’ex trattativa privata).

Tutti i poderosissimi lavori compiuti dal Dipartimento della Funzione Pubblica, dalla Civit prima e dall’Anac, poi, in merito al rischio di corruzione negli appalti evidenziano, come è perfettamente ovvio e comprensibile anche per chi non è un tecnico, che i maggiori rischi corruttivi si annidano proprio negli affidamenti di contratti effettuati senza procedura di gara.

Dunque, di conseguenza, per coordinare le riforme e riformette al codice dei contratti con le cautele anticorruzione si estendono le ipotesi di procedura negoziata! Coerenza massima.

E come si coordina questa spinta alla polverizzazione degli appalti con l’idea della concentrazione, invece, specie per gli enti locali non capoluogo, in centrali uniche appaltanti, sventolata e sbandierata, per altro, come misura miracolistica per risolvere i problemi finanziari del Paese? Semplicissimo: non si coordina affatto.

Perché la bulimia normativa, seconda sola a quella del governare mediante tweet, non dà modo e tempo di coordinare le norme, di renderle coerenti, insomma di dirigere in modo ordinato il traffico di leggi, commi ed alinea. Nonostante a capo dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi sia stato chiamato un ex comandante dei vigili urbani.

L.O.

 

 

 

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