Ci sono cose, nelle riforme del Governo, che risultano imperscrutabili e difficili da capire. Come la questione delle risorse finanziarie connesse al riordino delle funzioni provinciali, che trova una piccola accelerazione dopo la stipulazione dell’accordo tra Stato e regioni dell’11 settembre scorso.
Franscesco Cerisano, su Italia Oggi del 12 settembre riporta quanto segue: “Alla legge di stabilità guardano anche le regioni preoccupate di non avere abbastanza risorse per gestire le funzioni provinciali. «Abbiamo bisogno di ragionevoli garanzie che da parte del Mef vengano stanziati questi fondi», ha chiesto il presidente della Conferenza delle regioni Sergio Chiamparino. «Se non ci sarà uno stanziamento nuovo di risorse nella legge di stabilità», avverte il governatore del Piemonte, «rischiamo di non riuscire a mantenere le scuole aperte perché non ci saranno fondi sufficienti per pagare il riscaldamento o la pulizia delle strade quando nevica, insomma, per mantenere le minime funzionalità della viabilità soprattutto nelle zone impervie e di montagna». In attesa di conoscere l'ammontare delle risorse extra chieste dalle regioni, il dpcm accoglie le richieste dei governatori sulla sterilizzazione degli effetti derivanti dal passaggio di funzioni: non rileveranno ai fini del limite di indebitamento. Mentre, come previsto dalla legge Delrio, si dispone che «al fine di tener conto degli effetti anche finanziari derivanti dal trasferimento dell'esercizio delle funzioni» il dpcm possa modificare gli obiettivi del patto di stabilita' interno delle province e degli enti subentranti, fermo restando l'obiettivo complessivo”.
Allora, le cose stanno più o meno in questo modo. Nel 2008 la spesa complessiva delle province era di euro 13.520.657.907 (fonte Upi - http://www.upinet.it/docs/contenuti/2011/07/dossier%20Province.pdf); nel 2010 tale spesa si era abbassata ad euro 12.158.784.548.
Al 6 ottobre 2010 risale un noto e citatissimo studio di Andrea Giuricin per l’Istituto Bruno Leoni (http://www.brunoleonimedia.it/public/Focus/IBL_Focus_170_Giuricin.pdf), secondo il quale era possibile tagliare le spese delle province di circa 2 miliardi. Al 2011 risale una (meritatamente) meno nota e citata stima dello scrivente, di possibili risparmi per la medesima cifra di 2 miliardi (http://www.lavoce.info/abolire-le-province-si-risparmia-poco/).
Al giugno 2014 (fonte Upi - http://www.moltocomuni.it/wp-content/uploads/Lo-stato-della-finanza-provinciale.pdf), la spesa complessiva delle province ammonta ad euro 10.350.631.407.
Tirando le somme, per effetto delle varie leggi finanziarie e di finanza pubblica succedutesi tra il 2010 e il 2014, la spesa delle province si è ridotta proprio di circa 2 miliardi, che su 12 miliardi di partenza, corrisponde al 16,6% in 4 anno, con un ritmo di riduzione di oltre il 4% annuo.
Nessun’altra amministrazione pubblica ha ricevuto tagli alla spesa di proporzione simile a quella che hanno affrontato le province. Per le quali, sarebbe corretto affermare che la spending review è cosa fatta.
Talmente fatta che l’Upi, l’11 settembre 2014, in occasione della Conferenza Unificata che ha stipulato l’accordo (ovviamente "rivoluzionario") per attuare la riforma Delrio ha illustrato la seguente situazione sulla finanza delle province: 63 Province che dichiarano di non essere in grado di rispettare il patto di stabilità per il 2014 e 33 Province che dovranno aprire la procedura di pre-dissesto.
Insomma, pare di comprendere che i 2 miliardi di tagli “possibili” fossero lo stress massimo ipotizzabile, ma che più realisticamente i tagli avrebbero dovuto essere più contenuti, in quanto le funzioni connesse a strade, programmazione, viabilità, ambiente, scuola, lavoro, formazione, attività produttive, turismo e quant’altro andavano comunque svolte e richiedono sostanzialmente un plafond di spesa di circa 10,5-11 miliardi.
Sicchè si conferma quello che si è sempre affermato: chi diceva, nei mesi e negli anni scorsi, che con l’abolizione o riforma delle province si sarebbero risparmiati decine di miliardi affermava palesemente una sciocchezza. Il massimo possibile di risparmi era di 2 miliardi (che sugli 807 miliardi di spesa complessiva dello stato corrispondono ad appena allo 0,24%; come dire che una famiglia con un reddito netto annuo di 30.000 risparmia 72 euro, 19 centesimi al giorno…) e, abolite o riformate le province, le loro funzioni sarebbero andate in capo ad altri enti e, di peso, anche l’intera spesa da esse affrontata, di fatto incomprimibile, a meno di sopprimere o licenziare in massa i circa 56.000 dipendenti provinciali.
Il tempo, ma soprattutto, i fatti, svelano sempre dove stanno la ragione e la demagogia. L’insieme delle funzioni provinciali non poteva permettersi tagli pari al 16% della spesa in così breve tempo, senza conseguenze.
Infatti, come riportato dal citato articolo di Italia Oggi:
a) le regioni voglio uno stanziamento nuovo di risorse, per le funzioni provinciali che acquisiranno;
b) in assenza di tale stanziamento, le regioni non assicureranno servizi assolutamente necessari, come per esempio lo sgombero neve;
c) la legge Delrio ed il Dpcm attuativo assicureranno, comunque, che le nuove spese e il carico di indebitamento che transiteranno dalle province agli enti subentranti non incideranno sul patto di stabilità ed altri vincoli di spesa.
E qui chi scrive, davvero non capisce. Non si capisce perché:
a) se le risorse per la gestione delle funzioni provinciali non sono sufficienti per le regioni, perché sin qui si è legiferato tagliandole evidentemente in modo dissennato, pretendendo, però, che fossero sufficienti per le province? Alla fine, non ci rimettono i cittadini fruitori dei servizi?;
b) se le regioni chiedono nuovi stanziamenti di risorse, non si corre il rischio che il taglio dei tanto auspicati 2 miliardi venga vanificato?;
c) qualcuno può ragionevolmente escludere che laddove gli stanziamenti richiesti dalle regioni (presto arriverà analoga richiesta anche dai comuni, si può star certi) non vengano previsti dalla legge, non vi saranno ulteriori aumenti delle tasse regionali e comunali, per coprire gli ammanchi alle necessità di spesa per gestire i servizi provinciali?;
d) ma, se così fosse, e verosimilmente così sarà, allora dove starebbero la razionalizzazione, i risparmi, i grandi effetti benefici della riforma delle province?
Il tempo, ma soprattutto i fatti, purtroppo confermano che la riforma Delrio è solo quel che è: un salto nel buio, una legge pessima, mossa da intenti demagogici, apportatrice solo di caos, pensata senza alcun necessario riferimento agli effetti di finanza pubblica (che dovevano precedere e non seguire la riforma), soprattutto improduttiva di alcun utile concreto e serio risparmio.
Sempre a Italia Oggi, il Ministro per gli affari regionali Lanzetta ha dichiarato trionfalmente che intanto si sono risparmiati 100 milioni di euro, grazie alle mancate elezioni, denari che secondo la titolare del dicastero “saranno reinvestite in servizi per i cittadini”. A parte la circostanza che si continui a considerare la democrazia un “costo”, ci sarebbe da precisare:
a) che 100 milioni su 807 miliardi di spesa sono un risparmio sui conti pubblici pari allo 0,12%; ognuno faccia le sue valutazioni sull’efficacia e significatività di tale manovra;
b) che se si tratta di risparmi sulle elezioni, è un risparmio una tantum, occasionale; dunque, un saggio amministratore non dovrebbe nemmeno lontanamente pensare di impiegare risparmi una tantum per reinvestirli in servizi e spese correnti, ma dichiarerebbe e, in effetti, così agirebbe, di mandarli a riduzione dello stock di debito pubblico. 100 milioni su circa 90 miliardi sono pur sempre la miseria dello 0,11%, ma almeno la destinazione non risulterebbe fantasiosa e senza senso.
Tuttavia, stando così le cose, occorre davvero armarsi di enorme buona volontà per trovare un vero senso ad una riforma che, solo a guardare i numeri, senza considerare il caos organizzativo che produce, di senso non ne ha davvero nessuno.
Le fantomatiche funzioni da dello stato attribuite alle province da delegare si sono ridotte ad una sola riguardante le minoranze linguistiche. Lo Stato ha deciso di delgarla sapete a chi? alle Province. Molte Regioni già pensano di fare altrettanto, lasciando le competenze alle disastrate Province. Tanto rumore per nulla! O meglio tutta l'immane operazione porta a servizi peggiori stante i tagli eccessivi operati.
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