Il Presidente della Repubblica esprime un appoggio esplicito ad un certo programma di riforme del Governo. Eppure, da nessuna parte la Costituzione prevede, né consente, che il Presidente della Repubblica assuma iniziativa politica o partecipi alla formazione di un indirizzo politico. Interviene nel processo di formazione delle leggi, solo una volta che il Parlamento abbia deliberato, attraverso il potere di promulgazione e di eventuale rinvio alle Camere.
Il Governo propone la modifica della Costituzione. Eppure, da nessuna parte la Costituzione prevede, né consente, che sia il potere esecutivo, distinto da quello legislativo, ad assumere l’iniziativa in merito all’ordinamento dello Stato, essendo questa materia tipicamente specifica ed esclusiva del Parlamento.
Un patto privato tra due leader di partito non solo influenza l’andamento di importanti decisioni della legislatura (di fatto, indirizza riforme come quella della Costituzione o della giustizia), ma costituisce un diktat per il Parlamento, al quale si impone, nella sostanza, di votare due nominativi per la carica di giudice della Corte costituzionale. Eppure, nessuna norma della Costituzione prevede, né consente, che siano i partiti, e meno che mai accordi privati dei leader (uno dei quali, per altro, incompatibile col ruolo di parlamentare) a stabilire gli ordini del giorno, le iniziative e le scelte del Parlamento. I partiti hanno il ruolo di collegamento e filtro tra società ed istituzioni, ma il Parlamento dovrebbe essere autonomo e formale, nel rispetto della propria assoluta autonomia, il proprio avviso, nel rispetto del proprio potere esclusivo di legiferare e votare le nomine negli organi costituzionali.
Una legge dichiarata incostituzionale ha formato un Parlamento creatosi attraverso liste bloccate, mezzo col quale i partiti hanno deciso a tavolini chi far entrare in Camera e Senato, trasformando il processo elettorale in una ratifica di nomine prefabbricate. Eppure, da nessuna parte la Costituzione prevede, né consente (infatti la legge è stata dichiarata incostituzionale) che il Parlamento sia costituito attraverso simile procedimento elettorale. La cui conseguenza, sul piano fattuale, è, per altro, un Parlamento composto da persone che oltre ad essere “nominati”, si sentono “nominati”, sentono la propria funzione non autonoma e legittimata dal corpo elettorale, ma “dipendente” dalle forze politiche e dal Governo: infatti, il Parlamento ha rinunciato alla sua autonomia e, dunque, alla rappresentanza diretta del corpo elettorale, nonché al ruolo di guida e orientamento dell’azione del Governo (indirizzo politico), per invertire il meccanismo e ridursi a semplice esecutore di iniziativa politica e legislativa assunta dal Governo.
Il Presidente della Repubblica ha assunto un ruolo di “protettorato” e sponda dei Presidenti del Consiglio, nominandoli con processi decisionali sostanzialmente tali da aggirare il ruolo del Parlamento. Eppure, da nessuna parte la Costituzione prevede, né consente la creazione di un “governo del Presidente”. Sempre la riduzione ai minimi termini della funzione del Parlamento, cagionata da una legge elettorale incostituzionale, ha radicato la convinzione, sostenuta anche da molti costituzionalisti, che il deus ex machina della formazione del Governo sia il Presidente della Repubblica, chiamato ad incaricarlo. Si dimentica, tuttavia, che il Presidente della Repubblica dovrebbe avere il compito di raccogliere indicazioni del Parlamento sulla maggioranza e sul nome da individuare e non dovrebbe assumere l’iniziativa di indicarlo lui. E, soprattutto, si dimentica che il Governo entra nel pieno delle sue funzioni grazie al voto di fiducia, da parte del Parlamento. E’, dunque, il Parlamento che dovrebbe avere la prima (con l’indicazione di maggioranza e premier da incaricare) e l’ultima parola (con la fiducia) in merito al processo di formazione del Governo, nel rispetto di una configurazione della Repubblica di tipo “parlamentare”, completamente pretermessa negli ultimi anni.
Queste sono solo alcune tra le più eclatanti distorsioni dell’ordinamento costituzionale, che in pochissimi notano e stigmatizzano e moltissimi, invece, sostengono e giustificano.
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