mercoledì 8 aprile 2015

#dirigenti #Agenzie Se deve essere #sanatoria sia, ma chiamatela col suo nome

Dirigenti delle Agenzie, chiamiamo le cose col loro nome. Dopo la sentenza della Consulta 37/2015 che ha sonoramente bollato di incostituzionalità il sistema di attribuzione di incarichi dirigenziali, senza concorsi, ai funzionari delle entrate, è scatenata da giorni la campagna mediatica per convincere dell’irrimediabilità della scelta di riconfermare, a dispetto della Consulta e della Costituzione, gli incarichi.

Si parli, per piacere, allora di Realpolitik e opportunità di confermare un sistema di gestione ed organizzazione che dura da 15 anni e vìola da 15 anni le norme e l’organizzazione, perché non si ha in mente un metodo migliore o semplicemente perché va bene così: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare.

Non è, invece, accettabile né la linea del Governo, né quella di alcuni sindacati di giustificare quella che sarà solo e soltanto una vera e propria sanatoria, con argomentazioni che distolgono dalla realtà, volte a non far apparire che si sanerà, appunto, un sistema illegittimo ed una serie di privilegi.

Non convince la linea del Governo. Il Governo, è bene ricordare, propone una riforma della PA e della dirigenza il cui scopo è rendere la dirigenza totalmente flessibile, in modo che gli incarichi dirigenziali cambino praticamente ogni tre anni, partendo dal punto di vista che i dirigenti dipendono dalla Repubblica e non da una certa amministrazione. Sicchè, i dirigenti debbono continuamente essere oggetto di rotazione e partecipare periodicamente a selezioni per ottenere nuovi incarichi, pena, nel caso di assenza di tali incarichi, il licenziamento. Questo stesso Governo, mentre avvia questo tipo di riforme, in evidente contrasto con l’articolo 97 della Costituzione e la pacifica giurisprudenza della Consulta, è quello che, invece, per i funzionari illegittimamente nominati dirigenti delle Agenzie postula la loro insostituibilità, la necessità che si assicuri la loro continuità nel servizio (pur essendo i loro incarichi sempre stati a tempo determinato), il bisogno che se concorsi debbono essere, che si facciano concorsi tali da privilegiare la loro esperienza acquisita sul campo. Tutto già, per altro, oggetto dei molteplici tentativi di attivare concorsi smaccatamente tesi a favorire gli interni, oggetto di ripetuti ricorsi al Tar, che fin qui hanno impedito che si portassero avanti simili evidenti sanatorie sotto mentite spoglie.

Non convince la linea di quei sindacati che invocano la soluzione al problema, nel nome del merito e della necessità di non precarizzare la dirigenza. Nessuno si sogna di discutere il merito ed il valore dei funzionari. Ma, una cosa è il merito valutato nel compiere l’attività gestionale, riconosciuto e da nessuno messo in dubbio. Altra è il merito nell’aver avuto accesso alla qualifica dirigenziale: in questo caso, l’unico modo per valutarlo, come spiega la sentenza della Corte costituzionale 37/2015, è il concorso. E il concorso è mancato.

Non si capisce, per altro, perché e come sarebbe possibile stabilizzare incarichi dirigenziali a contratto e, dunque, a tempo determinato, quando anche tutte le stesse leggi sulle stabilizzazioni, ultimo il d.l. 101/2013, hanno sempre escluso radicalmente la possibilità di stabilizzare gli incarichi dirigenziali a contratto.

Non si capisce in cosa sarebbero “precarizzati” i funzionari incaricati come dirigenti, posto che la prassi (illegittima ed incostituzionale) delle Agenzie non ha determinato alcuna precarizzazione. Per precarizzazione, infatti, non può che intendersi il passaggio da uno status di condizione certa, ad un altro di condizione meno certa e incisa da clausole accidentali, come termini o condizioni. I dirigenti delle Agenzie dichiarati decaduti per effetto della sentenza della Consulta non sono stati affatto precarizzati. Al contrario, sono passati, senza concorso, dallo status di funzionario, a quello di dirigente a tempo determinato. Se fossero davvero stati “precarizzati” alla decadenza del loro incarico, sarebbe conseguita l’interruzione del rapporto di lavoro. Invece, poiché hanno cumulato due contratti di lavoro col medesimo datore, uno, quello da funzionari, posto in “quiescenza” per aspettativa, l’altro, quello da dirigenti, attivo, non hanno perso il lavoro e sono tornati ad operare nel ruolo di funzionari.

Precarizzati saranno i dirigenti di ruolo, a tempo indeterminato, quando sarà entrata in vigore la riforma, che condiziona la prosecuzione del loro rapporto di lavoro all’attribuzione dell’incarico. Precarizzati saranno i dirigenti neo assunti a seguito della riforma: quelli che saranno assunti per corso-concorso, infatti, accederanno al ruolo di funzionari e solo dopo 4 anni, se supereranno un'altra prova selettiva, potranno acquisire la qualifica dirigenziale, pena restare funzionari; quelli che saranno assunti per concorso, conseguiranno un contratto a tempo determinato di 3 anni, per accedere al ruolo dirigenziale sempre dopo un ulteriore esame di verifica. E sia nel caso dei dirigenti assunti per corso-concorso, sia nel caso di quelli assunti per concorso, potrebbe darsi il paradosso che una volta inseriti nei ruoli dirigenziali, ne vengano subito espulsi per mancanza di incarico, con la conseguenza del licenziamento.

Chi passa, senza concorsi, dalla qualifica di funzionario, a quella di dirigente a contratto, si dicano le cose come stanno, non è affatto precarizzato, ma acquisisce una promozione “sul campo” alquanto anomala, stando a quanto sancisce la Consulta.

Né regge il paragone ai precari della scuola. Questi sono lavoratori davvero a tempo determinato, che una volta conclusosi il loro rapporto entrano in disoccupazione, perdono il lavoro, salvo essere richiamati. Lo si ribadisce: alle Agenzie, a seguito della sentenza della Consulta 37/2015 nessuno ha perso il lavoro, gli incaricati in funzioni dirigenziali sono tornati al lavoro nel loro inquadramento a regime, quello di funzionari.

Certo, si comprende che ciò comporti un disagio, personale per gli interessati, organizzativo per le Agenzie.

 

E c'è il non secondario problema di utilizzare al meglio le professionalità che, comunque, si sono affinate.

Le soluzioni potrebbero essere moltissime: puntare sulla vice dirigenza, erroneamente abolita; valorizzare le deleghe di funzioni dirigenziali, ammettendo che esse diano titolo per una retribuzione maggiore; attivare la mobilità tra dirigenti nella PA, posto che ve ne sono circa 70.000 e appare piuttosto improbabile che non ve ne siano capaci di svolgere le funzioni necessarie alle Agenzie.

Tra le tante soluzioni, invece, Governo e sindacati, ciascuno per interessi differenti che, come molto spesso accade, finiscono per convergere, vogliono la sanatoria.

La si faccia. Ma, per piacere, la si chiami sanatoria e non la si vesta di giustificazioni e fini e ragionamenti diversi. Sarà una sanatoria. Chiamatela sanatoria, senza fronzoli. Un bagno di sano realismo non guasterà. Grazie.

 

 

 

 

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