domenica 14 giugno 2015

Decreto enti locali: cumulo retroattivo delle risorse per assunzioni Uno stop agli arzigogoli di troppi pareri della Corte dei conti e delle tante altre autorità?

 

Il “decreto enti locali” ha il merito di porre rimedio ad una delle più clamorose sviste interpretative della Corte dei conti.

La norma, infatti, fa giustizia dell’iperbolica interpretazione dell’articolo 3, comma 5, del d.l. 90/2014, convertito in legge 114/2014, fornita dalla Sezione autonomie col parere 27/2014.

L’articolo 3, comma 5, dispone che “…a decorrere dall'anno 2014 è consentito il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a tre anni, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile…”. Potevano esservi dubbi sulla circostanza che il cumulo dovesse riguardare le risorse non spese per assunzioni nell’arco del triennio precedente? Per quanto il testo normativo non appaia scritto in un italiano fluente e chiarissimo, a modesto parere di chi scrive, tali dubbi non potevano sussistere. Ma non era di questo avviso la Corte dei conti.

Sicchè, la Sezione autonomie si è esibita, col parere 27/2014, in un arzigogolo giuridico davvero inusitato. E, dunque, concluse che la norma citata “sembra preordinata a risolvere un problema diverso, pur presente negli enti che debbono ridurre la spesa: la possibilità di tenere conto delle cessazioni future ma già definite. Infatti, il riferimento alla programmazione sembra lasciare intendere che il triennio possa essere quello successivo al 2014, così come la dicitura riferita alle risorse “destinate” alle assunzioni. Ciò risulta funzionale anche perché, di solito, gli enti impiegano un periodo di tempo piuttosto lungo per svolgere un concorso pubblico: questa norma consente perciò di rendere la programmazione più coerente anche con i fabbisogni futuri”.

Insomma, il parere è riuscito nel capolavoro di considerare il cumulo delle risorse riferite non al passato, ma al futuro. Come se, dunque, si potessero accumulare risorse non ancora esistenti.

Un ossimoro logico-giuridico che ha gettato in crisi e nel panico tutte le amministrazioni pubbliche, costrette a riconsiderare sotto un profilo di verso quanto logica, buon senso e precedenti pareri della magistratura contabile riferiti agli enti non soggetti al patto di stabilità, evidenziavano: il cumulo non poteva che riguardare le risorse non spese del triennio precedente.

Il volo pindarico interpretativo offerto dalla Sezione autonomie ha inciso non poco anche sulla questione della ricollocazione dei dipendenti delle province, in quanto i comuni non avevano idea di come determinare la spesa per le assunzioni.

Insomma un vero bailamme. Fortunatamente, per una volta, il Governo si è accorto del problema operativo aperto dalla disinvolta interpretazione offerta dalla Sezione autonome ed è corso ai ripari, novellando proprio l’articolo 3, comma 5, del d.l. 90/2014, aggiungendovi alla fine quanto segue: “è altresì consentito l’utilizzo dei residui ancora disponibili delle quote percentuali delle facoltà assunzionali riferite al triennio precedente”.

Il cumulo, come logica impone, non può riguardare il futuro, ma il passato. La norma è preposta a consentire agli enti di utilizzare, sommandolo, quanto non speso nel corso dei tre anni precedenti, per incrementare gli spazi finanziari disponibili per le assunzioni.

Non pare vi possano essere residui dubbi. Ma, non si può che sperare che la Corte dei conti non si ostini in ulteriori interpretazioni forzate.

Purtroppo, in questi ultimi mesi ed anni gli esempi di pareri tutt’altro che convincenti e producenti sono stati tantissimi: celeberrimo quello delle Sezioni Riunite sulla questione dell’Irap sui compensi incentivanti per i progettisti, un esempio raro di interpretazione da interpretare; sconfortanti i tantissimi pareri che hanno detto tutto e il suo contrario in merito all’utilizzo della mobilità “neutra” tra amministrazioni pubbliche, pur in presenza del blocco delle assunzioni imposto dalla legge 190/2014 all’evidente ed unico scopo di favorire solo ed esclusivamente la ricollocazione dei dipendenti provinciali in sovrannumero.

La vicenda del cumulo triennale dei resti delle risorse destinate alle assunzioni dovrebbe portare con sé una morale: sarebbe quanto mai necessario che i pareri, sia della Corte dei conti, sia delle tante (troppe) authority, dell’Aran, dell’Inps, dell’Igop, della Funzione pubblica, prima di essere espressi fossero concertati col legislatore e con gli operatori, in modo da evitare variabili impazzite, tali da impedire l’applicazione coerente e, soprattutto, utile delle regole interpretate.

L’eccesso di legislazione è certo un problema gravissimo dell’ordinamento italiano. Un simmetrico eccesso di interpretazioni “ufficiali” ed “autorevoli” troppe volte espressi in contraddizione tra loro e nella totale astrazione dall’operatività concreta, rende ancor meno gestibile il complesso dedalo di norme e regole e certo non contribuisce alla tanto sempre invocata, a parole, efficienza della pubblica amministrazione.

 

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