Davvero strano che in Italia si continui a parlare della “staffetta generazionale” nel pubblico impiego come se davvero esistesse.
E’ stata enunciata, sì, all’epoca del varo del d.l. 90/2014, convertito in legge 114/2014, ma sin da subito avrebbe dovuto essere piuttosto chiaro che si trattava solo di un slogan. Si capì, infatti, che lungi dal riguardare i numeri letteralmente sparati nella fase di approvazione del decreto (60.000 nuove assunzioni o giù di lì), avrebbe potuto riguardare poche centinaia di pensionandi.
Non solo: il d.l. 90/2014 venne presentato come norma capace di allargare le maglie delle assunzioni, poiché elevava i tetti al turn over. Tuttavia, contestualmente riduceva alcune fonti di finanziamenti. E, comunque, pochi mesi dopo sarebbe entrata in vigore la legge 190/2014, causa del colpo di grazia definitivo inferto alle province e gravida di un blocco alle assunzioni quasi totale, capace di bloccare qualsiasi velleità di ringiovanimento dei ranghi della PA, tanto da tenere bloccati 4.000 vincitori di concorso circa e 87.000 idonei circa. Tutto, dunque, tranne che una staffetta generazionale.
Ma non è finita qui. Poco prima che si avviasse la corsa dell’approvazione in Parlamento di un disegno di legge di stabilità per il 2016 il cui intento è tornare ad inserire tetti alla contrattazione ed abbassare i tetti del turn over, la legge 124/2015 all’articolo 17, comma 3, ha modificato l’articolo 5, comma 9, del d.l. 95/2015, convertito in legge 135/2015, in modo da rendere più blando il divieto per le PA di avvalersi dell’opera di pensionati.
Come spiegato dalla circolare 4/2015 della Funzione Pubblica, “l'ambito di applicazione del limite annuale di durata e del divieto di proroga o rinnovo è stato ristretto agli incarichi dirigenziali e direttivi”. Invece, “per gli incarichi di studio o consulenza, nonché per le cariche in organi di governo delle amministrazioni e degli enti da esse controllate, detto limite non è più operante, ferma restando la gratuità”.
Meglio detto, non c’è più un limite annuo di durata agli incarichi di studio e consulenza a pensionati. Poiché il confine tra questa tipologia di incarichi e gli incarichi dirigenziali di vertice a pensionati è estremamente labile, di fatto una semplice modifica del nomen iuris potrebbe comportare l’assegnazione a pensionati di incarichi di fatto dirigenziali, sotto il nome di consulenze, senza alcun limite di durata.
Al di là dell’opportunità di attribuire incarichi gratuiti di qualsiasi genere a terzi (sul tema un magistrale Michele Ainis sul Corriere della Sera qualche mese fa oppose obiezioni estremamente interessanti), di fatto si consente di riempire le caselle dei posti di vertice, perpetuando il potere dei più anziani. Non pare proprio che questo possa favorire nessuna staffetta generazionale e l’auspicato ricambio dei vertici.
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