domenica 28 febbraio 2016

Lavoro: studio della Uil sui centri per l'impiego e subito si urla al flop. Ma l'esame disincantato dei dati, rivela proprio altro.

La Uil ha presentato ai media uno studio sui servizi pubblici per il lavoro comparati tra Italia, Francia e Germania, per la verità non contenente alcuna novità, ma subito per molti è stata l’occasione parlare di “flop” dei centri per l’impiego.

Occorre chiedersi se sia esattamente questa la conclusione da dover trarre, letti i principali dati elaborati dalla Uil.
Suscita la sensazione del “flop” il dato relativo all’intermediazione, che vede in effetti l’Italia perdente su tutta la linea.
Infatti, in Italia i servizi pubblici per il lavoro intermediano il 3,1% dei contratti, cioè meno della metà (il 46,26%) di quanto avviene in Francia ove la percentuale di intermediazione pubblica è del 6,7%; il dato è ancor più deludente se paragonato a quello della Germania rispetto alla quale in Italia si intermedia meno di un terzo (il 29,52%): infatti  l’intermediazione tedesca al 10,5% dei contratti.
Alcune preliminari considerazioni, comunque, si possono trarre. Anche in Paesi nei quali i servizi per il lavoro funzionano bene, la percentuale di intermediazione è molto bassa. In Francia il 93,3% dei contratti segue canali diversi dall’intermediazione pubblica; in Germania lo stesso accade nell’89,5% dei casi.
Il dato italiano è, dunque, deludente, ma in un quadro di libero mercato, ove è piuttosto evidente che l’intermediazione privata prevalga, perché quella pubblica ha un logico ruolo di regolatore e di intervento per smussare gli angoli, non certo di esclusivo fulcro dell’intermediazione.
Andiamo oltre. Lo studio della Uil, poi, analizza le risorse che le tre Nazioni prese in esame destinano (dati 2011) ai servizi per il lavoro. Non si tratta di novità, perchè l’Eurostat da sempre mette in evidenza questi elementi di analisi. Comunque, da quanto rilevato dall’Istat, in Italia si investe lo 0,04% del Pil; in Francia lo 0,25%; in Germania lo 0,34%.
Nessuno, tuttavia, ha constatato che in Italia i servizi pubblici per il lavoro:
a)      intermediano meno della metà di quanto accade in Francia, pur avvalendosi di investimenti di 6,25 volte inferiori;
b)      intermediano meno della metà di quanto accade in Germania, pur avvalendosi di investimenti di 8,25 volte inferiori.
Una constatazione semplicissima come questa, basata su elementi rilevati dallo studio Uil evidenzia, un fatto piuttosto chiaro: se in termini di efficacia i servizi per il lavoro italiani sono deficitari, in termini di efficienza, cioè di rapporto tra risultati ottenuti e risorse utilizzate, sono parecchie volte più efficienti di quelli francesi e tedeschi. Questo è un flop?
Ma, si potrebbe obiettare che in realtà in Italia comunque operino nei servizi per il lavoro troppi dipendenti, idea generalmente applicata a tutto l’apparato pubblico. E’ proprio così? Lo studio della Uil, anche su questo punto niente affatto innovativo, conferma di no.
Nel 2011 in Italia gli operatori erano 8.575; in Francia 49.400; in Germania 115.000 mila. Dunque, l’intermediazione di poco inferiore alla metà di quella francese è realizzata da servizi che nel 2011 disponevano di un numero di dipendenti inferiore di 5,76 volte. Il rapporto con la Germania è ancora più disarmante: i servizi per il lavoro in Italia nel 2011 avevano 13,41 volte meno dipendenti, pur con una capacità di intermediazione inferiore di 3 volte. Si tenga presente che, grazie alla riforma delle province, nel 2016 il numero degli addetti ai servizi per il lavoro si è ulteriormente contratto a 5.337 dipendenti.
Che si tratti di una questione di efficienza è dimostrato dall’ultimo dato rilevato dalla Uil, la spesa media per lavoratore intermediato: euro 8.674 in Italia, contro euro 15.062 della Germania, euro 21.593 della Francia ed euro 14.062 della Ue.
Questi dati pare siano sufficienti a dimostrare che si potrebbe realmente parlare di “flop” dei centri per l’impiego, se questi disponessero delle medesime risorse di quelli presi a paragone o, almeno, di risorse minimamente comparabili.
Se si afferma “flop dei centri per l’impiego”, si dà la sensazione che siano questi uffici e i dipendenti che ivi lavorano a lavorare poco e male.
I dati dello studio Uil, invece, se analizzati in modo corretto, svelano un’altra verità: che in Italia si investe pochissimo nei servizi da rendere per aiutare le persone a cercare lavoro, di fatto conculcando un diritto che, non a caso, in Paesi competitori più attenti ai temi del lavoro e del sociale è sostenuto con investimenti di decine di volte maggiori.
Il “flop”, allora, non è affatto dei centri per l’impiego, bensì di anni di politiche ed interventi che hanno negato costantemente simili investimenti. Né il Jobs Act, e in particolare il d.lgs 150/2015, cambiano direzione: la riforma dei servizi per il lavoro, infatti, non prevede nessun investimento in tali servizi e, anzi, postula l’invarianza di una spesa che, come notato, rispetto a Francia e Germania è infinitesimale. Tanto che lo stesso striminzito risultato del 3,1% di intermediazione stupisce negativamente, ma contemporaneamente porta a chiedersi come sia stato comunque raggiunto, vista la scarsezza di mezzi e risorse.


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