Anche nel caso dell’articolo 20 del d.lgs 33/2013 il
decreto legislativo attuativo della delega contenuta nell’articolo 7 della
legge 125/2015 introduce qualche semplificazione burocratica:
Testo vigente
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Testo modificato
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Art. 20 Obblighi
di pubblicazione dei dati relativi alla valutazione della performance e alla
distribuzione dei premi al personale
1. Le pubbliche
amministrazioni pubblicano i dati relativi all'ammontare complessivo dei
premi collegati alla performance stanziati e l'ammontare dei premi
effettivamente distribuiti.
2. Le pubbliche
amministrazioni pubblicano i dati relativi all'entità del premio mediamente
conseguibile dal personale dirigenziale e non dirigenziale, i dati relativi
alla distribuzione del trattamento accessorio, in forma aggregata, al fine di
dare conto del livello di selettività utilizzato nella distribuzione dei
premi e degli incentivi, nonché i dati relativi al grado di differenziazione
nell'utilizzo della premialità sia per i dirigenti sia per i dipendenti.
3. Le pubbliche
amministrazioni pubblicano, altresì, i dati relativi ai livelli di benessere
organizzativo.
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Art. 20 Obblighi
di pubblicazione dei dati relativi alla valutazione della performance e alla
distribuzione dei premi al personale
1. Le pubbliche
amministrazioni pubblicano i dati relativi all'ammontare complessivo dei
premi collegati alla performance stanziati e l'ammontare dei premi
effettivamente distribuiti.
2. Le pubbliche
amministrazioni pubblicano i criteri definiti nei sistemi di misurazione e
valutazione della performance per l'assegnazione del trattamento accessorio e
i dati relativi alla sua distribuzione, in forma aggregata, al fine di dare
conto del livello di selettività utilizzato nella distribuzione dei premi e
degli incentivi, nonché i dati relativi al grado di differenziazione nell'utilizzo
della premialità sia per i dirigenti sia per i dipendenti.
3. [soppresso]
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Con l’articolo 20, il d.lgs 33/2013 si riallaccia
direttamente alla “riforma Brunetta”, riprendendo gli obblighi di pubblicità
discendenti dalla valutazione dei risultati e dalla corrispondenza tra premi
erogati e risultati conseguiti.
Dunque, il primo obbligo di pubblicità concerne:
a) l’ammontare dei “premi” (meglio dire, delle risorse della
contrattazione decentrata) collegati ai risultati, inizialmente previsti e stanziati
in bilancio;
b) l’ammontare complessivo effettivamente distribuito.
Trattandosi di ammontari complessivi, il comma 1
dell’articolo 20 non richiede il dettaglio della tipologia dei premi di
risultato assegnati, anche se niente, ovviamente, esclude che tale
disaggregazione del dato possa essere rappresentata.
In questo modo, il legislatore impone alle amministrazioni
di rendere evidente quale sia il costo connesso alle politiche di
incentivazione del personale alla produzione di risultati, in modo che sia
possibile anche una verifica della congruità con i risultati connessi. Che non
debbono esclusivamente essere i risultati previsti dalla documentazione
elaborata ai fini del “ciclo della performance”.
Non deve sfuggire che la trasparenza è finalizzata al
controllo sostanziale e non solo formale dell’attività amministrativa. Il Piano
esecutivo di gestione e il Piano dettagliato degli obiettivi, infatti, possono
essere costruiti indicando attività e risultati molto specifici e disaggregati
e, di conseguenza, è poi possibile misurare il loro conseguimento o meno.
Tuttavia, quello che occorre rappresentare all’esterno è
l’utilità o, se si vuole, il valore aggiunto ricavato dalla spesa investita.
Un’attività che come risultato preveda lo svolgimento di un
certo numero di ore, può molto facilmente essere oggetto di misurazione e
dimostrazione dell’ottenimento del risultato numerico. Ma, ciò che interessa
concretamente è l’utilità discendente dall’impiego di quelle ore, non il fatto
che siano state impiegate, visto che il tempo di lavoro, di per sé, non è
indice di utilità.
La trasparenza sul risultato postula, allora, che le
amministrazioni si abituino a dimostrare che a fronte di una spesa e di un
piano operativo rivolto ad ottenere un certo risultato, vi sia un’utilità
concreta per la comunità amministrata.
Il comma 2, inciso in modo rilevante dalla riforma, entra
maggiormente nel dettaglio, precisando l’onere di pubblicare:
1) i criteri
definiti nei sistemi di misurazione e valutazione della performance per l'assegnazione
del trattamento accessorio; la novella ha abbandonato l’idea di far descrivere
il numero assoluto dell’entità del fondo rapportato al numero dei dipendenti
dell’ente, ricavando quanto, con una media non ponderata potrebbe essere
destinato a ciascuno, perché si trattava di dati di non facile interpretazione.
Pertanto, si dirotta l’attenzione su un elemento più significativo: i criteri
in base ai quali le amministrazioni misurano e valutano i risultati previsti.
Proprio i criteri di valutazione rappresentano uno dei punti più deboli dei
sistemi utilizzati dalle amministrazioni, spesso non capaci di rilevare gli
elementi davvero utili per indicare una maggiore produttività, cioè l’output
rispetto alle risorse utilizzate. Come detto sopra, limitarsi a computare le
ore impiegate o ad indicare il lavoro svolto, senza mettere questi dati in
rapporto a risorse, strumenti e mezzi impiegati anche in confronto ad anni
precedenti o ad altre amministrazioni, non può aiutare a comprendere quale sia
il valore aggiunto e, quindi, il beneficio operativo ricadente sulla comunità
amministrata;
2) i dati relativi
alla distribuzione del trattamento accessorio, in forma aggregata al fine di
dare conto del livello di selettività utilizzato nella distribuzione dei premi
e degli incentivi; in questo caso, oltre a chiarire quanta parte del
trattamento accessorio (collegata alla produttività) stanziato sia stata
distribuita, occorre anche indicare quali criteri di selettività siano stati
utilizzati. Insomma, si passa dal premio “medio” conseguibile, a quelli
effettivamente assegnati, in base a valutazioni differenziate;
3) i dati relativi
al grado di differenziazione nell’utilizzo della premialità sia per i dirigenti
sia per i dipendenti; il grado di differenziazione sarà più alto, ovviamente,
quanto più diversificati risultino i premi effettivi rispetto a quello medio.
Poiché molto si parla di “benessere organizzativo” ma nessuno è stato in
grado di introdurre una definizione di tale concetto, né tanto meno di
misurarlo, molto opportunamente la riforma ha abolito il velleitario comma 3
dell’articolo 20 in commento.
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