venerdì 27 maggio 2016

Costituzione: lettura e comprensione della riforma, oltre gli slogan

Il dibattito sulla riforma della Costituzione sconta la personalizzazione del referendum e il poco tempo dedicato agli approfondimenti tecnico giuridici.
Nei media il tutto si tiene solo tu temi e termini generali, risultando così impossibile comprendere davvero contenuti e significati delle nuove norme.
L’unico modo per provare a capire qualcosa, al di là degli slogan in particolare dei fautori del sì, è opportuno leggere articolo per articolo la riforma e provare a comprendere le conseguenze effettive.

Articoli della riforma
Commento
Art. 1.
(Funzioni delle Camere).

1. L'articolo 55 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 55. – Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza.
Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione.
La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell'operato del Governo.
Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l'attuazione delle leggi dello Stato.

Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione».
Come si nota, il Parlamento resta bicamerale. Lo slogan dei favorevoli alla riforma era “si abolisce il Senato”. Ma l’evidenza dei fatti li ha portati ad affermare una cosa ben diversa: “si abolisce il bicameralismo perfetto”.
Notando l’estrema complicazione del procedimento legislativo innescato dall’insensato nuovo articolo 70, in molti hanno ironicamente sostenuto che si passa, in effetti, da un bicameralismo perfetto ad un “bicameralismo ampiamente difettoso”.
Dunque, la replica ultima: “si abolisce il bicameralismo paritario”.
In effetti, è così. Le due Camere non hanno competenze identiche, ma il processo normativo, come si vedrà, risulta estremamente complicato ed al limite della comprensibilità.
Già l’articolo 55, comunque, mostra contraddizioni e difetti evidentissimi.
Se “Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica” e, quindi, simula maldestramente una sorta di Senato federale (che non può essere, perché l’Italia, fino a prova contraria non è uno stato federale), perché, allora, gli sono assegnate tutte le altre rilevantissime competenze indicate nell’articolo?
Un’incoerenza incredibile, che ha indotto i maldestri redattori della norma a disporre che anche i membri del Senato rappresentano la Nazione.
Molti fautori del sì, negli slogan semplificatori, affermano che si è creato un “Senato delle regioni”. Non è così: il Senato continua a rappresentare l’intera Nazione ed ha competenze talmente ampie e trasversali, da offuscare la funzione di raccordo tra Stato e regioni. Basta leggere l’articolo qui a fianco.
Allora, i fautori della riforma, ribattono: “così si combatte la Casta e si riducono i costi della politica”.
La Casta, in realtà, viene rafforzata. Certo, numericamente i senatori si riducono. Ma, poiché il Senato resta, un numero rilevante di rappresentanti regionali e di sindaci sarà investito dall’alto della carica e della connessa immunità parlamentare: c’è una verticalizzazione del potere che coopta dall’alto i suoi membri, privando i cittadini della rappresentanza elettorale. Insomma, dal metodo democratico di selezione dei rappresentanti, cioè le elezioni dirette, si passa alla “nomina regia”: sembra che più “casta” di così non possa essere.
In quanto alla riduzione dei costi della politica, è bene dare uno sguardo al bilancio di previsione 2015 del Senato: http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/935006.pdf. La spesa corrente complessiva è di circa 536 milioni di euro. Le spese direttamente connesse alle indennità dei senatori sono poco più di 40 milioni, lo 0,048% dell’intera spesa pubblica. Si arriva a quasi 80 milioni (0,096% della spesa pubblica totale) considerando i rimborsi, i quali ultimi, ovviamente, continueranno ad esserci anche per i nuovi senatori. Anzi, vi sarà un’impennata delle spese di trasferta.
Il “taglio dei costi della politica”, come si nota, dunque è meno che irrisorio.
Art. 2.
(Composizione ed elezione del Senato della Repubblica).

1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 57. – Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica.
I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma.
Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio».







La composizione del Senato è un vulnus determinato dalla confusione sulle competenze vista sopra.
Si nota che il Senato è composto prevalentemente da rappresentanti delle regioni e da sindaci.
Questo andrebbe bene se il Senato si occupasse esclusivamente del raccordo Stato regioni.
Non si capisce assolutamente perché, invece, una camera non rappresentativa del corpo elettorale eserciti le molte altre competenze viste prima, alle quali sono da aggiungere ulteriori prerogative, come il concorso alla nomina del Presidente della Repubblica, dei componenti della Corte costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura.
I fautori del “sì” affermano che comunque i consiglieri regionali ed i sindaci sono rappresentanti del popolo, perché assurgono alla carica di senatori in funzione del fatto che sono stati eletti e con preferenze come consiglieri regionali o sindaci, appunto.
Questo argomento è sofistico e, come tale, trae in inganno, oltre ad essere sbagliato.
I rappresentanti sono tali se esercitano un mandato attribuito dal rappresentato. Ora: un consigliere regionale o un sindaco è eletto da un corpo elettorale non rappresentativo della Nazione, ma solo dell’ente territoriale che lo esprime e riceve un mandato specifico per svolgere le funzioni amministrative connesse a quel territorio ed alle competenze della regione o del comune.
Nessun elettore, col proprio voto, sceglie direttamente che uno tra i consiglieri regionali o tra i sindaci possa andare, poi, in Senato. Impensabile che i consiglieri regionali o i sindaci possano impostare la campagna elettorale su questioni relative al Senato, invece che a quelle connesse con la carica alla quale si candidano.
La loro è una nomina di secondo grado, operata dai consigli regionali senza alcun collegamento col corpo elettorale.
Per altro, si crea un indubbio ingorgo operativo. Risulta particolarmente chiaro ed evidente a chiunque che sarà impossibile conciliare in modo efficiente la funzione di consigliere regionale o sindaco con quella di senatore.
In quanto ai sindaci, poi, è bene tenere presente che sarà molto probabile che faranno parte del Senato quelli dei grandi comuni. Ebbene, in 10 di questi operano anche le Città metropolitane, delle quali i sindaci sono anche sindaci metropolitani: quasi il 10%, dunque, del Senato sarà composto da senatori uni e trini: senatori, sindaci e anche sindaci metropolitani.
Che tipo di razionalità possa avere simile impostazione è davvero complicato anche solo immaginarlo.
Non parliamo, poi, dell’assurdità del “Senato a porte girevoli”. La composizione del Senato non sarà mai fissa e stabile, perché la durata del mandato dei singoli senatori coinciderà con quella del mandato elettorale di consigliere regionale o sindaco.
Periodicamente, quindi, il Senato cambierò composizione, in un tourbillon perpetuo e senza senso.
Già la devastante riforma delle province ha dimostrato l’inefficienza assoluta di una rappresentanza di secondo grado nei consigli provinciali, nei quali si registra una presenza estremamente distratta e svogliata dei consiglieri dei comuni e una “volatilità” delle cariche eccessiva, legata a random alla durata dei mandati di sindaco o consigliere comunale (il tutto, per altro, aggravato dalla durata solo biennale del mandato di questi consiglieri eletti in secondo grado).
Evidentemente, il fallimento del modello in piccolo del nuovo Senato, cioè i nuovi consigli provinciali, non ha insegnato nulla.
Art. 3.
(Modifica all'articolo 59 della Costituzione).

1. All'articolo 59 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Il Presidente della Repubblica può nominare senatori cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Tali senatori durano in carica sette anni e non possono essere nuovamente nominati».

La riforma della Costituzione viene fatta passare come “moderna” e finalizzata allo “svecchiamento delle istituzioni”.
E’ bene sapere che la nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica anche nell’attuale Costituzione è un ricordo atavico del potere che hanno avuto i re, dalla nascita dei parlamenti in Europa, di nominare direttamente e a vita i componenti della “camera alta”, nobili e clero.
Visto che la riforma è così innovativa, davvero non si comprende perché lasciare al Presidente della Repubblica questo atavismo, specie in un Senato depotenziato come camera legislativa.
Art. 4.
(Durata della Camera dei deputati).

1. L'articolo 60 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 60. – La Camera dei deputati è eletta per cinque anni.
La durata della Camera dei deputati non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra».

Questo articolo non richiede particolari commenti.
Art. 5.
(Modifica all'articolo 63 della Costituzione).

1. All'articolo 63 della Costituzione, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Il regolamento stabilisce in quali casi l'elezione o la nomina alle cariche negli organi del Senato della Repubblica possono essere limitate in ragione dell'esercizio di funzioni di governo regionali o locali».
Questo articolo conferma il confusionario assetto del Senato di cui si è parlato sopra.
Poiché, come detto, vi sarà un continuo entrare ed uscire di senatori-consiglieri regionali o senatori-sindaci, sarà un problema perfino attribuire cariche organizzative interne, connesse al funzionamento del Senato (questori, segretari, etc.).
Art. 6.
(Modifiche all'articolo 64 della Costituzione).

1. All'articolo 64 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il primo comma è inserito il seguente:
«I regolamenti delle Camere garantiscono i diritti delle minoranze parlamentari.

Il regolamento della Camera dei deputati disciplina lo statuto delle opposizioni»;

b) il quarto comma è sostituito dal seguente:
«I membri del Governo hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute delle Camere. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono»;

c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«I membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare alle sedute dell'Assemblea e ai lavori delle Commissioni».
Questo articolo non richiede particolari commenti.
Art. 7.
(Titoli di ammissione dei componenti del Senato della Repubblica).

1. All'articolo 66 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Il Senato della Repubblica prende atto della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore».

Ci ricollega nuovamente al problema del “Senato a porte girevoli”.
Art. 8.
(Vincolo di mandato).

1. L'articolo 67 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 67. – I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato».
Nella Costituzione vigente la precisazione che ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione sta nell’articolo 67. Nel nuovo testo questa indicazione sparisce, semplicemente perché riportata nel nuovo articolo 55.
Art. 9.
(Indennità parlamentare).

1. All'articolo 69 della Costituzione, le parole: «del Parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

I senatori non avranno più l’indennità. Il “risparmio” lo si è visto sopra: poco più di 40 milioni, lo 0,048% della spesa pubblica complessiva italiana (830 miliardi circa).
Art. 10.
(Procedimento legislativo).

1. L'articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 70. – La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore di cui all'articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma.
Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati.
Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all'esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata.
L'esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all'articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti.
I disegni di legge di cui all'articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione.
I Presidenti delle Camere decidono, d'intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti.
Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei deputati».

La riforma della Costituzione è stata adottata sotto la bandiera della velocizzazione e semplificazione. Tuttavia, proprio la parte delicatissima dell’iter legislativo non sembra cogliere l’obiettivo.
Parità di ruoli. Intanto, restano campi nei quali la funzione legislativa è esercitata congiuntamente sia da Camera sia da Senato. Si tratta delle leggi di revisione della Costituzione e delle altre leggi costituzionali, nonché delle leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71. Ancora, la funzione legislativa paritaria del Senato riguarda le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni. Il Senato interviene obbligatoriamente per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche della Ue. E ancora, per le leggi sui casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore di cui all'articolo, per le modalità di “elezione” dei senatori, la ratifica dei trattati Ue, l’ordinamento di Roma capitale, le forme particolari di autonomia regionale, l’attuazione degli accordi internazionali da parte delle regioni, la disciplina che autorizza le regioni a concludere accordi internazionali con Stati o enti territoriali di altri stati, le norme sul patrimonio e l’indebitamento di comuni e città metropolitane, la legge sull’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti di comuni e città metropolitane, la legge di principio per le elezioni degli organi regionali, spostamenti dei comuni da una regione all’altra.
Come si nota, il “bicameralismo paritario” resta entro un ambito vastissimo, nel quale continueranno le “navette” varie.
Richiesta di esame . In ogni caso il Senato, entro 10 giorni dalla ricezione dei disegni di legge approvati dalla Camera, può disporre di esaminarli, potendo altresì proporre modifiche entro i 30 giorni successivi. La Camera può disporre senza particolari maggioranze di accettare le modifiche proposte.
Quindi, comunque il Senato può intervenire ed ingerirsi in altri ambiti normativi. Si innescano iter legislativi plurimi, complicando in modo paradossale un iter oggi talmente chiaro che l’articolo 70 della vigente Costituzione è formato da sole 9 parole.
Unità giuridica o economica della Repubblica. Il Senato deve obbligatoriamente esaminare, entro 10 giorni dalla trasmissione da parte della Camera, le leggi in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale. In questo caso, il Senato può proporre modifiche solo a maggioranza assoluta dei suoi componenti; la Camera può non accogliere le prioposte solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti.
Nuove spese. L’intervento del Senato è obbligatorio nel caso di leggi che importino nuove o maggiori spese e, dunque, indicare i mezzi per farvi fronte. In questo caso, i disegni di legge approvati dalla Camera sono esaminati dal Senato, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. Pare che, in questa circostanza, la Camera si riappropri di un potere ampio di accogliere o meno le proposte del Senato.

Procedura accelerata. Laddove il Governo qualifichi un disegno di legge come essenziale per l'attuazione del programma di governo, chiede alla Camera che sia iscritto con priorità all'ordine del giorno e sottoposto alla votazione definitiva della Camera entro il termine di 70 giorni. Sicchè i termini entro i quali il Senato può chiedere di esaminare il ddl e proporre modifiche si dimezzano.
Decreti legge. Nel caso di disegni di legge di conversione di decreti legge adottati dal Governo, il Senato può chiederne l’esame entro trenta giorni dalla presentazione dei dl alla Camera. In questo caso, il Senato può proporre modifiche entro dieci giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge di conversione, che deve avvenire non oltre quaranta giorni dalla presentazione.
Questioni di competenza. L’incrocio degli iter, dei termini, delle materie è talmente complesso che la nuova Costituzione assegna ai presidenti di Camera e Senato di decidere d'intesa tra loro sulle eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti.
Tuttavia, i vizi di incompetenza o di formazione delle leggi, visto il quadro molto complicato, saranno sempre dietro l’angolo. In particolare, sarà difficilissimo gestire i provvedimenti che abbraccino più materie, come tipicamente le leggi di stabilità o “mille proroghe”, evitando di incorrere in violazioni suscettibili non solo di conflitti di competenza tra le Camere, ma anche di ricorsi alla Corte costituzionale.
Un’analisi semplicemente in buona fede del nuovo articolo 70 della Costituzione non può che negare recisamente e senza alcun dubbio che la riforma semplifichi e velocizzi il processo di formazione delle leggi.
Accade esattamente il contrario e la confusione regnerà sovrana.


Art. 11.
(Iniziativa legislativa).

1. All'articolo 71 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Il Senato della Repubblica può, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, richiedere alla Camera dei deputati di procedere all'esame di un disegno di legge. In tal caso, la Camera dei deputati procede all'esame e si pronuncia entro il termine di sei mesi dalla data della deliberazione del Senato della Repubblica»;

b) al secondo comma, la parola: «cinquantamila» è sostituita dalla seguente: «centocinquantamila» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d'iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari»;

c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e d'indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione».

Il Senato, oltre ad essere coinvolto nel procedimento di formazione delle leggi, avrà anche iniziativa legislativa, ma solo se la Camera glielo consentirà.
In quanto all’iniziativa legislativa, non può essere revocato in dubbio che essa venga resa più difficile, perché passa da 50.000 a 150.000 il numero delle firme necessarie per proporre il disegno di legge di iniziativa popolare. In sostanza, i cittadini oltre ad essere privati del diritto di voto per un Senato che, nonostante non sia rappresentativo, continua ad interessarsi di regole generali vitali per la Nazione, avranno vita ancora più difficile nel tentativo di proporsi direttamente come autori di iniziative normative.
I fautori del sì allora ribattono che le prerogative dei cittadini vengono aumentate, grazie al referendum popolare propositivo e di indirizzo.
E’ ovvio che si tratta di uno specchietto per le allodole. Da un lato, la norma è solo programmatica e se non verranno adottate le norme attuative, questi referendum non si terranno mai.
Dall’altro, proporre una legge mediante raccolta di firme o referendum cambia poco.
I referendum “di indirizzo” non hanno avuto alcuna utilità nelle realtà nelle quali esistono già da anni: comuni e regioni. Non si ha alcuna ragione di ritenere che possano avere maggior successo in altri ambiti.
Art. 12.
(Modifica dell'articolo 72 della Costituzione).

1. L'articolo 72 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 72. – Ogni disegno di legge di cui all'articolo 70, primo comma, presentato ad una Camera, è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale.
Ogni altro disegno di legge è presentato alla Camera dei deputati e, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale.
I regolamenti stabiliscono procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza.
Possono altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, che, alla Camera dei deputati, sono composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale, per quelli di delegazione legislativa, per quelli di conversione in legge di decreti, per quelli di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e per quelli di approvazione di bilanci e consuntivi.
Il regolamento del Senato della Repubblica disciplina le modalità di esame dei disegni di legge trasmessi dalla Camera dei deputati ai sensi dell'articolo 70.
Esclusi i casi di cui all'articolo 70, primo comma, e, in ogni caso, le leggi in materia elettorale, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di cui agli articoli 79 e 81, sesto comma, il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l'attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all'ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione. In tali casi, i termini di cui all'articolo 70, terzo comma, sono ridotti della metà. Il termine può essere differito di non oltre quindici giorni, in relazione ai tempi di esame da parte della Commissione nonché alla complessità del disegno di legge. Il regolamento della Camera dei deputati stabilisce le modalità e i limiti del procedimento, anche con riferimento all'omogeneità del disegno di legge».

La riforma dell’articolo 72, di fatto, impatta in misura enorme sul principio della divisione dei poteri, inficiando totalmente l’indipendenza del potere legislativo, che finisce per dipendere totalmente da quello esecutivo, in ciò anche spinto dal meccanismo elettivo dell’Italicum.
Infatti, salvo poche (sebbene in alcuni casi rilevanti) eccezioni, il Governo potrà intervenire nel processo di formazione delle leggi ed imporre un procedimento “abbreviato”, riducendo alla metà i termini procedimentali, ogni qualvolta ritenga di qualificare un disegno di legge come “essenziale per l'attuazione del programma di governo”.
Oltre, quindi, alla tagliola al dibattito ed alle prerogative parlamentari costituito dalla questione di fiducia, si introduce un percorso privilegiato per le leggi ritenute essenziali dal Governo.
In questo modo, di fatto, il Governo assume anche la funzione legislativa ed il Parlamento finisce per essere un ratificatore, in breve tempo, di norme espresse in realtà dal Consiglio dei Ministri.
Art. 13.
(Modifiche agli articoli 73 e 134 della Costituzione).

1. All'articolo 73 della Costituzione, il primo comma è sostituito dai seguenti:
«Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione.
Le leggi che disciplinano l'elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale, su ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o da almeno un terzo dei componenti del Senato della Repubblica entro dieci giorni dall'approvazione della legge, prima dei quali la legge non può essere promulgata. La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni e, fino ad allora, resta sospeso il termine per la promulgazione della legge. In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non può essere promulgata».

2. All'articolo 134 della Costituzione, dopo il primo comma è aggiunto il seguente:
«La Corte costituzionale giudica altresì della legittimità costituzionale delle leggi che disciplinano l'elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ai sensi dell'articolo 73, secondo comma».
I sostenitori del sì sostengono che è stata introdotto un forte contrappeso al potere del Governo, grazie alla possibilità di sottoporre “le leggi” al controllo della Corte costituzionale.
Basta leggere l’articolo qui a fianco per capire che non è così.
Il “controllo” riguarderà solo delle leggi che disciplinano l'elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Art. 14.
(Modifica dell'articolo 74 della Costituzione).

1. L'articolo 74 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 74. – Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.
Qualora la richiesta riguardi la legge di conversione di un decreto adottato a norma dell'articolo 77, il termine per la conversione in legge è differito di trenta giorni.
Se la legge è nuovamente approvata, questa deve essere promulgata».

L’articolo in questione introduce un nuovo comma, il secondo, evidenziato in giallo. Lo scopo è determinare quanto tempo avrà il Parlamento per convertire in legge il decreto, a seguito del messaggio motivato con richiesta di riesame del Capo dello Stato.
Art. 15.
(Modifica dell'articolo 75 della Costituzione).

1. L'articolo 75 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 75. – È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente forza di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti gli elettori.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto o, se avanzata da ottocentomila elettori, la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum».

L’articolo mira a correggere in parte il problema del quorum dei referendum.
La novità (evidenziata in giallo) consiste nella possibilità di determinare un quorum pari alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera, purchè, però, il referendum sia stato richiesto da ben 800.000 elettori. Una cifra sostanzialmente irraggiungibile.
Art. 16.
(Disposizioni in materia di decretazione d'urgenza).

1. All'articolo 77 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «disposta con legge»;

b) al secondo comma, le parole: «alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati, anche quando la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. La Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata e si riunisce»;

c) al terzo comma:

1) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « o, nei casi in cui il Presidente della Repubblica abbia chiesto, a norma dell'articolo 74, una nuova deliberazione, entro novanta giorni dalla loro pubblicazione»;

2) al secondo periodo, le parole: «Le Camere possono» sono sostituite dalle seguenti: «La legge può» e le parole: «con legge» sono soppresse;

d) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«Il Governo non può, mediante provvedimenti provvisori con forza di legge: disciplinare le materie indicate nell'articolo 72, quinto comma, con esclusione, per la materia elettorale, della disciplina dell'organizzazione del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni; reiterare disposizioni adottate con decreti non convertiti in legge e regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi; ripristinare l'efficacia di norme di legge o di atti aventi forza di legge che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi per vizi non attinenti al procedimento.
I decreti recano misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
L'esame, a norma dell'articolo 70, terzo e quarto comma, dei disegni di legge di conversione dei decreti è disposto dal Senato della Repubblica entro trenta giorni dalla loro presentazione alla Camera dei deputati. Le proposte di modificazione possono essere deliberate entro dieci giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge di conversione, che deve avvenire non oltre quaranta giorni dalla presentazione.

Nel corso dell'esame dei disegni di legge di conversione dei decreti non possono essere approvate disposizioni estranee all'oggetto o alle finalità del decreto».

Molti fautori del sì osservano che le modifiche all’articolo 77 introdurrebbero nuovi contrappesi all’incrementato potere del Governo.
In effetti è così, ma solo sul piano formale. In effetti, le disposizioni evidenziate in giallo sono introdotte ex novo nel testo della Costituzione.
Però, occorre completare le informazioni, ricordando che si tratta di vincoli al Governo posti da sempre da una consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale.
Dunque, la novità è solo formale: nella sostanza, il Governo incontra già e da molti anni i limiti alla decretazione d’urgenza inseriti nella norma.
Art. 17.
(Deliberazione dello stato di guerra).

1. L'articolo 78 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 78. – La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari».

Norme di correzione solo formale, connesse al mutato assetto del Parlamento.
Art. 18.
(Leggi di amnistia e indulto).

1. All'articolo 79, primo comma, della Costituzione, le parole: «di ciascuna Camera,» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati,».

Norme di correzione solo formale, connesse al mutato assetto del Parlamento.
Art. 19.
(Autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali).

1. All'articolo 80 della Costituzione, le parole: «Le Camere autorizzano» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati autorizza» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all'appartenenza dell'Italia all'Unione europea sono approvate da entrambe le Camere».

Norme di correzione solo formale, connesse al mutato assetto del Parlamento.
Art. 20.
(Inchieste parlamentari).

1. L'articolo 82 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 82. – La Camera dei deputati può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. Il Senato della Repubblica può disporre inchieste su materie di pubblico interesse concernenti le autonomie territoriali.
A tale scopo ciascuna Camera nomina fra i propri componenti una Commissione. Alla Camera dei deputati la Commissione è formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria».

Norme di correzione solo formale, connesse al mutato assetto del Parlamento.
Capo II

MODIFICHE AL TITOLO II DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Art. 21.
(Modifiche all'articolo 83 della Costituzione in materia di delegati regionali e di quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica).

1. All'articolo 83 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il secondo comma è abrogato;

b) al terzo comma, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: «Dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell'assemblea. Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti».

I fautori del sì sostengono che la modifica al procedimento elettorale del Presidente della Repubblica innalza il quorum e, quindi, è maggiormente garantista del pluralismo. Ma le cose non stanno affatto così.
Oggi l’elezione del Presidente della Repubblica richiede la maggioranza dei 2/3 dei componenti del Parlamento riunito in seduta comune fino al terzo scrutinio e, dal quarto in poi, la maggioranza assoluta, cioè la metà più uno dei componenti del Parlamento riunito in seduta comune.
Con la riforma, dal quarto scrutinio il quorum, è vero, si alza e passa ai 3/5 dei componenti l’assemblea. Ma, dal settimo scrutinio in poi, basterà la maggioranza non dei 3/5 dei componenti, bensì dei soli votanti: cioè, se votassero solo in 5, basterebbero 3 voti per eleggere il Capo dello Stato.
E’ chiaro che dal settimo scrutinio in poi il premio di maggioranza abnorme assegnato dall’Italicum consentirebbe al partito di maggioranza di eleggersi il “suo” presidente della Repubblica. Basta, allo scopo, far franare i primi 6 scrutini con astensioni di massa.
Art. 22.
(Disposizioni in tema di elezione del Presidente della Repubblica).

1. All'articolo 85 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo comma, le parole: «e i delegati regionali,» sono soppresse e dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «Quando il Presidente della Camera esercita le funzioni del Presidente della Repubblica nel caso in cui questi non possa adempierle, il Presidente del Senato convoca e presiede il Parlamento in seduta comune»;

b) al terzo comma, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Se la Camera dei deputati è sciolta, o manca meno di tre mesi alla sua cessazione, l'elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione della Camera nuova».

La norma non richiede particolari commenti.
Art. 23.
(Esercizio delle funzioni del Presidente della Repubblica).

1. All'articolo 86 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «del Senato» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati»;

b) al secondo comma, le parole: «il Presidente della Camera dei deputati indice» sono sostituite dalle seguenti: «il Presidente del Senato indice», le parole: «le Camere sono sciolte» sono sostituite dalle seguenti: «la Camera dei deputati è sciolta» e la parola: «loro» è sostituita dalla seguente: «sua».

Norme di correzione solo formale, connesse al mutato assetto del Parlamento.
Art. 24.
(Scioglimento della Camera dei deputati).

1. All'articolo 88 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«Il Presidente della Repubblica può, sentito il suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati».

Capo III
Norme di correzione solo formale, connesse al mutato assetto del Parlamento.

MODIFICHE AL TITOLO III DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Art. 25.
(Fiducia al Governo).

1. All'articolo 94 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «delle due Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati»;

b) al secondo comma, le parole: «Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia» sono sostituite dalle seguenti: «La fiducia è accordata o revocata»;

c) al terzo comma, le parole: «alle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «innanzi alla Camera dei deputati»;

d) al quarto comma, le parole: «di una o d'entrambe le Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati»;

e) al quinto comma, dopo la parola: «Camera» sono inserite le seguenti: «dei deputati».

Norma di coordinamento con le disposizioni che assegnano alla sola Camera la competenza ad accordare o revocare la fiducia al Governo.
Art. 26.
(Modifica all'articolo 96 della Costituzione).

1. All'articolo 96 della Costituzione, le parole: «del Senato della Repubblica o» sono soppresse.
Norme di correzione solo formale, connesse al mutato assetto del Parlamento.
Art. 27.
(Modifica all'articolo 97 della Costituzione).

1. Il secondo comma dell'articolo 97 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento, l'imparzialità e la trasparenza dell'amministrazione».

Norma incomprensibile: modifica il comma 2 dell’articolo 97 della Costituzione, rendendo il suo contenuto identico a quello del comma 1.
Art. 28.
(Soppressione del CNEL).

1. L'articolo 99 della Costituzione è abrogato.
Anche questa viene propagandata come salutare ed indispensabile norma che crea risparmi e anti casta.
Del Cnel difficilmente si sentirà la mancanza. Tuttavia, la spesa annua di questo organo è di 20 milioni, lo 0,02% del totale della spesa pubblica: davvero bruscolini.
Modificare 47 articoli della Costituzione solo per abolire il Cnel appare solo paradossale.
Capo IV

MODIFICHE AL TITOLO V DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Art. 29.
(Abolizione delle Province).

1. All'articolo 114 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «dalle Province,» sono soppresse;

b) al secondo comma, le parole: «le Province,» sono soppresse.

La riforma della Costituzione abolisce le province definitivamente? Apparentemente, la risposta da dare è positiva, visto che la legge costituzionale contiene un articolo 29 rubricato “abolizione delle province” e in diverse altre norme si cancella la parola.
Ma, per abolire un ente, non basta enunciare l’intenzione o eliminarne la denominazione. La Costituzione non può, ovviamente, andare nel dettaglio dell’organizzazione territoriale, né abolire leggi ordinarie.
Sta di fatto, dunque, che anche laddove la riforma dovesse superare la prova del referendum confermativo, resterebbe in vigore la legge “Delrio”, la 56/2014, che regola ed ordina la disciplina delle province, confusamente ivi definite come enti di area vasta. E restano vigenti tutte le altre leggi ordinarie che alle province per qualsiasi ragione facciano riferimento.
Il che significa che, province o enti di area vasta che siano, conservano la competenza a gestire le “funzioni fondamentali” previste dalla legge 56/2014 (edilizia e programmazione scolastica, programmazione territoriale, trasporti, tutela e valorizzazione dell’ambiente, controllo sulla discriminazione in ambito lavorativo) e le funzioni ulteriori che possono essere svolte, come autorità di bacino per i servizi pubblici locali a rilevanza economica, o centrali uniche appaltanti o per lo svolgimento di concorsi.
Quindi, in realtà, la riforma abolisce solo la parola, non l’istituto, né incide sulle competenze. Di fatto, le province o enti di area vasta semplicemente degradano da enti a rilevanza costituzionale ed autonomia costituzionalmente garantita, ad enti disciplinati dalla normativa statale ordinaria.
Ma, vi è di più. L’articolo 40, comma 4, della legge di riforma costituzionale stabilisce che “ per gli enti di area vasta, tenuto conto anche delle aree montane, fatti salvi i profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato, le ulteriori disposizioni in materia sono adottate con legge regionale ”. Dunque, le regioni potranno esercitare la propria potestà legislativa, allo scopo di accrescere e diversificare competenze e funzioni delle province, rispetto a quanto non stabilito dalla legge dello Stato. Il quale, proprio dalla disposizione transitoria contenuta nella Costituzione, di fatto assume la competenza di definire proprio l’assetto fondamentale principale di tali enti.
Ciò conferma quello che, nei fatti, è già avvenuto, perché le province sono già state degradate ad enti di minore portata rispetto ai comuni dalla normativa conseguente alla riforma Delrio, in particolare la legge 190/2014, che ha imposto loro un prelievo forzoso di ben 3 miliardi a regime, condannandole al disequilibrio ed al dissesto.
Una conseguenza forte, però, connessa alla riforma costituzionale potrà esservi. Le province, finchè hanno la tutela costituzionale loro assicurata dall’attuale testo della Costituzione, possono pretendere l’applicazione dell’articolo 119, che impone a Stato o regioni di finanziare integralmente le funzioni loro conferite: tanto che la regione Piemonte (sentenza 10/2016 della Consulta) ha subito la pronuncia di incostituzionalità di una serie di leggi di bilancio, con le quali aveva tagliato le risorse alle province in modo indiscriminato, pur conservando intatte le funzioni ad esse assegnate.
Laddove il referendum confermativo rendesse efficace la riforma della Costituzione, allora le province non potranno più contare sulla tutela ai loro bilanci e patrimoni oggi prevista dall’articolo 119.
Il rischio è indebolire ulteriormente le finanze duramente incise di questi enti, così da rendere ancor meno efficienti di quanto non siano oggi i servizi che rendono, anche nell’ambito delle funzioni fondamentali.
Art. 30.
(Modifica all'articolo 116 della Costituzione).

1. All'articolo 116 della Costituzione, il terzo comma è sostituito dal seguente:
«Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, m), limitatamente alle disposizioni generali e comuni per le politiche sociali, n), o), limitatamente alle politiche attive del lavoro e all'istruzione e formazione professionale, q), limitatamente al commercio con l'estero, s) e u), limitatamente al governo del territorio, possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, anche su richiesta delle stesse, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119, purché la Regione sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio. La legge è approvata da entrambe le Camere, sulla base di intesa tra lo Stato e la Regione interessata».

La riforma viene considerata come un correttivo alla devastante modifica a suo tempo apportata al Titolo V, con una riduzione ai poteri delle regioni.
Le cose non stanno proprio così: il nuovo articolo 116 consentirà alle regioni di negoziare con lo Stato la conservazione di una serie molto vasta di potestà legislative.
Col risultato di una presenza di 20 regioni a statuto differenziato ed il caos a macchia di leopardo dell’attribuzione delle competenze legislative.
Art. 31.
(Modifica dell'articolo 117 della Costituzione).

1. L'articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 117. – La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari e assicurativi; tutela e promozione della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; norme sul procedimento amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche tese ad assicurarne l'uniformità sul territorio nazionale;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare;

n) disposizioni generali e comuni sull'istruzione; ordinamento scolastico; istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica;

o) previdenza sociale, ivi compresa la previdenza complementare e integrativa; tutela e sicurezza del lavoro; politiche attive del lavoro; disposizioni generali e comuni sull'istruzione e formazione professionale;

p) ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane; disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; commercio con l'estero;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati, dei processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo;

t) ordinamento delle professioni e della comunicazione;

u) disposizioni generali e comuni sul governo del territorio; sistema nazionale e coordinamento della protezione civile;

v) produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell'energia;

z) infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale; salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi scolastici, di promozione del diritto allo studio, anche universitario; in materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione, sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della Regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica, nonché in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato.
Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi dell'Unione europea e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato e alle Regioni secondo le rispettive competenze legislative. È fatta salva la facoltà dello Stato di delegare alle Regioni l'esercizio di tale potestà nelle materie di competenza legislativa esclusiva. I Comuni e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, nel rispetto della legge statale o regionale.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato».

L’intento è correggere le conseguenze della riforma costituzionale del Titolo V del 2001.
Prima della legge allora approvata, la potestà legislativa dello Stato era generale e riguardava ogni materia possibile, mentre quella delle regioni era riferita ad un elenco tassativo di poche materie ed era di natura “concorrente”. In sostanza, le regioni potevano legiferare nell’ambito di leggi cornice statali e nei limiti della libertà di azione ad esse lasciate, per lo con poteri di adattamento alle realtà territoriali, specialmente connesse ai sistemi di trasporto, produttivi e di governo del territorio.
La riforma del Titolo V modificò quell’assetto. Pertanto allo Stato assegnò una potestà legislativa esclusiva su un elenco tassativo di potestà; alle regioni si assegnarono due tipi di competenza:
a) quella concorrente, su un arco di materie molto più ampio che in precedenza;
b) quella generale-residuale, che abbraccia tutte le materie non rientranti nelle precedenti tipologie.
Il quadro, tuttavia, è risultato di molto complicato, perché i confini tra le competenze legislativi di Stato e regioni sono risultati troppo poco definiti. Inoltre, la Corte Costituzionale ha elaborato le competenze cosiddette “trasversali” (ad esempio, concorrenza o determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali) che autorizzano lo Stato a intervenire anche sulle materie apparentemente regionali. Da qui l’esponenziale incremento dei conflitti
Meglio la competenza generale allo Stato. La riforma vuole procedere, allora, nel senso opposto: incrementare a dismisura l’elenco delle potestà legislative esclusive dello Stato, riducendo simmetricamente quelle regionali di natura concorrente, lasciando, però, ancora in piedi quelle generali residuali.
Probabilmente, la riforma sarebbe stata più efficace se si fosse semplificato il quadro delle competenze procedendo in modo diametralmente opposto e recuperando la più saggia metodologia adottata dai padri costituenti: affermare una competenza generale e residuale dello Stato e non delle regioni, per fissare un elenco tassativo di potestà legislative regionali, definendo con estrema chiarezza l’interesse nazionale e quello regionale.
Il limite dell’interesse nazionale . C’è poi il problema della configurazione dell’ “interesse nazionale”.
Il testo della riforma prevede che la legge statale si occupi di materie o funzioni non rientranti nella propria legislazione, travolgendo quella regionale qualora richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica della Repubblica o lo renda necessario la realizzazione di programmi o di riforme economico-sociali di interesse nazionale.
Da sempre, l’assenza di una chiara definizione dell’interesse nazionale, e specularmente dell’interesse regionale, costituisce motivo di incertezza, sovrapposizione e contenzioso. Una volta che si decida di compiere il passo verso la modifica del Titolo V, sarebbe molto opportuno fare a meno una volta e per sempre di criteri discretivi aleatori e incerti, oppure definire con estrema chiarezza i confini dell’interesse nazionale.
Scelte condivisibili . Più incisive sono alcune altre scelte del disegno di legge. In particolare, quella di chiarire una volta e per sempre che sarà attribuita alla potestà legislativa dello Stato la competenza in materia di
1. coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
2. norme generali sul procedimento amministrativo;
3. disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;
Il coordinamento della finanza pubblica non poteva essere materia di legislazione concorrente. In effetti, la giurisprudenza costituzionale ha corretto il tiro dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione, considerando, anche sulla base dell’articolo 119, che il coordimamento della finanza pubblica sia una “materia trasversale” di per sé connessa alla potestà statale, essendo strettamente legata all’attuazione di trattati internazionali e di una politica economica nazionale. Corretto stabilire espressamente che non si tratta di legislazione concorrente.
In quanto al procedimento amministrativo, le regioni hanno ritenuto di avere spazi per la sua regolamentazione, quanto meno nelle ampie materie assegnate sin qui alla propria potestà legislativa, tanto concorrente quanto esclusiva. Il che ha creato, specie nelle materie del commercio e delle attività produttive, oltre che per urbanistica, edilizia ed in parte appalti, inaccettabili diversificazioni procedurali, fonte di incertezza e complicazione per le imprese. Anche in questo caso la scelta del disegno di legge appare quanto mai opportuna.
Lo stesso vale, infine, per l’accentramento alla sola legge di competenza statale della disciplina del lavoro pubblico. Si estirpa, correttamente e finalmente, alle regioni la possibilità di ingerirsi nel tema del trattamento giuridico del personale pubblico. Le regioni hanno abusato fin troppo degli spazi, per quanto esigui, poco prudentemente lasciati loro dalla legge costituzionale 3/2001, inventandosi sistemi di assunzione, progressioni di carriera, incarichi dirigenziali, creazione di staff agli organi di governo, stabilizzazioni, sempre tali da mettere in serio pericolo le manovre di finanza pubblica riguardanti il personale, attivando sistemi molto poco meritocratici e troppo clientelari.
Art. 32.
(Modifiche all'articolo 118 della Costituzione).

1. All'articolo 118 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, la parola: «Province,» è soppressa;

b) dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Le funzioni amministrative sono esercitate in modo da assicurare la semplificazione e la trasparenza dell'azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori»;

c) al secondo comma, le parole: «, le Province» sono soppresse;

d) al terzo comma, le parole: «nella materia della tutela dei beni culturali» sono sostituite dalle seguenti: «in materia di tutela dei beni culturali e paesaggistici»;

e) al quarto comma, la parola: «, Province» è soppressa.

Norme di coordinamento testuale.
Art. 33.
(Modifica dell'articolo 119 della Costituzione).
1. L'articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 119. – I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.
I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri e dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio, in armonia con la Costituzione e secondo quanto disposto dalla legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti assicurano il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Regioni. Con legge dello Stato sono definiti indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza nell'esercizio delle medesime funzioni.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Città metropolitane e Regioni.

I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti».

Norma che elimina le province dalla disciplina delle regole di finanza pubblica concernenti gli enti locali.
Art. 34.
(Modifica all'articolo 120 della Costituzione).

1. All'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «Il Governo» sono inserite le seguenti: «, acquisito, salvi i casi di motivata urgenza, il parere del Senato della Repubblica, che deve essere reso entro quindici giorni dalla richiesta,» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e stabilisce i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall'esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell'ente».

Poiché il Senato è configurato anche come soggetto esponenziale delle regioni, si prevede il parere del Senato stesso per l’adozione dei provvedimenti sostitutivi adottati dal Governo nei confronti delle regioni e degli enti locali, nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Art. 35.
(Limiti agli emolumenti dei componenti degli organi regionali ed equilibrio tra i sessi nella rappresentanza).

1. All'articolo 122, primo comma, della Costituzione, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e i relativi emolumenti nel limite dell'importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione. La legge della Repubblica stabilisce altresì i princìpi fondamentali per promuovere l'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza».

Norma considerata “anticasta”, perché abbassa le indennità spettanti ai consiglieri regionali al valore dei quello dei sindaci dei comuni capoluogo di regione.
Basterà innalzare le indennità dei sindaci, per tornare come prima.
Art. 36.
(Soppressione della Commissione parlamentare per le questioni regionali).

1. All'articolo 126, primo comma, della Costituzione, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Il decreto è adottato previo parere del Senato della Repubblica».

Norma che non richiede particolare commento.
Capo V

MODIFICHE AL TITOLO VI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Art. 37.
(Elezione dei giudici della Corte costituzionale).

1. All'articolo 135 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il primo comma è sostituito dal seguente:
«La Corte costituzionale è composta da quindici giudici, dei quali un terzo nominati dal Presidente della Repubblica, un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative, tre dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica»;

b) al settimo comma, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato».

Si rinvia a quanto sopra rispetto all’inspiegabile ruolo assegnato al Senato nell’elezione dei giudici della Corte costituzionale.
Capo VI

DISPOSIZIONI FINALI
Art. 38.
(Disposizioni consequenziali e di coordinamento).

1. All'articolo 48, terzo comma, della Costituzione, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

2. L'articolo 58 della Costituzione è abrogato.

3. L'articolo 61 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 61. – L'elezione della nuova Camera dei deputati ha luogo entro settanta giorni dalla fine della precedente. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dall'elezione.
Finché non sia riunita la nuova Camera dei deputati sono prorogati i poteri della precedente».

4. All'articolo 62 della Costituzione, il terzo comma è abrogato.

5. All'articolo 73, secondo comma, della Costituzione, le parole: «Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano» sono sostituite dalle seguenti: «Se la Camera dei deputati, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ne dichiara».

6. All'articolo 81 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo comma, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati» e la parola: «rispettivi» è sostituita dalla seguente: «suoi»;

b) al quarto comma, le parole: «Le Camere ogni anno approvano» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati ogni anno approva»;

c) al sesto comma, le parole: «di ciascuna Camera,» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati,».

7. All'articolo 87 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al terzo comma, le parole: «delle nuove Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della nuova Camera dei deputati»;

b) all'ottavo comma, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati. Ratifica i trattati relativi all'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, previa l'autorizzazione di entrambe le Camere»;

c) al nono comma, le parole: «dalle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «dalla Camera dei deputati».

8. La rubrica del titolo V della parte II della Costituzione è sostituita dalla seguente: «Le Regioni, le Città metropolitane e i Comuni».
9. All'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «, delle Province» sono inserite le seguenti: «autonome di Trento e di Bolzano».
10. All'articolo 121, secondo comma, della Costituzione, le parole: «alle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».
11. All'articolo 122, secondo comma, della Costituzione, le parole: «ad una delle Camere del Parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».
12. All'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, le parole: «della Provincia o delle Province interessate e» sono soppresse e le parole: «Province e Comuni,» sono sostituite dalle seguenti: «i Comuni,».
13. All'articolo 133 della Costituzione, il primo comma è abrogato.
14. Il comma 2 dell'articolo 12 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«2. Il Comitato di cui al comma 1 è presieduto dal Presidente della Giunta della Camera dei deputati».

15. Alla legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 5 è sostituito dal seguente:
«Art. 5. – 1. L'autorizzazione prevista dall'articolo 96 della Costituzione spetta alla Camera dei deputati, anche se il procedimento riguardi altresì soggetti che non sono membri della medesima Camera dei deputati»;

b) le parole: «Camera competente ai sensi dell'articolo 5» e «Camera competente», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «Camera dei deputati».

16. All'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2, al primo periodo, le parole: «da questo in seduta comune delle due Camere» sono sostituite dalle seguenti: «da ciascuna Camera» e le parole: «componenti l'Assemblea» sono sostituite dalle seguenti: «propri componenti»; al secondo periodo, le parole: «l'Assemblea» sono sostituite dalle seguenti: «di ciascuna Camera».
Norme di correzione solo formale, connesse al mutato assetto del Parlamento.
Art. 39.
(Disposizioni transitorie).

1. In sede di prima applicazione e sino alla data di entrata in vigore della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 2 della presente legge costituzionale, per l'elezione del Senato della Repubblica, nei Consigli regionali e della Provincia autonoma di Trento, ogni consigliere può votare per una sola lista di candidati, formata da consiglieri e da sindaci dei rispettivi territori. Al fine dell'assegnazione dei seggi a ciascuna lista di candidati si divide il numero dei voti espressi per il numero dei seggi attribuiti e si ottiene il quoziente elettorale. Si divide poi per tale quoziente il numero dei voti espressi in favore di ciascuna lista di candidati. I seggi sono assegnati a ciascuna lista di candidati in numero pari ai quozienti interi ottenuti, secondo l'ordine di presentazione nella lista dei candidati medesimi, e i seggi residui sono assegnati alle liste che hanno conseguito i maggiori resti; a parità di resti, il seggio è assegnato alla lista che non ha ottenuto seggi o, in mancanza, a quella che ha ottenuto il numero minore di seggi. Per la lista che ha ottenuto il maggior numero di voti, può essere esercitata l'opzione per l'elezione del sindaco o, in alternativa, di un consigliere, nell'ambito dei seggi spettanti. In caso di cessazione di un senatore dalla carica di consigliere o di sindaco, è proclamato eletto rispettivamente il consigliere o sindaco primo tra i non eletti della stessa lista.

2. Quando, in base all'ultimo censimento generale della popolazione, il numero di senatori spettanti a una Regione, ai sensi dell'articolo 57 della Costituzione, come modificato dall'articolo 2 della presente legge costituzionale, è diverso da quello risultante in base al censimento precedente, il Consiglio regionale elegge i senatori nel numero corrispondente all'ultimo censimento, anche in deroga al primo comma del medesimo articolo 57 della Costituzione. Si applicano in ogni caso le disposizioni di cui al comma 1.

3. Nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, sciolte entrambe le Camere, non si procede alla convocazione dei comizi elettorali per il rinnovo del Senato della Repubblica.

4. Fino alla data di entrata in vigore della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 2 della presente legge costituzionale, la prima costituzione del Senato della Repubblica ha luogo, in base alle disposizioni del presente articolo, entro dieci giorni dalla data della prima riunione della Camera dei deputati successiva alle elezioni svolte dopo la data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Qualora alla data di svolgimento delle elezioni della Camera dei deputati di cui al periodo precedente si svolgano anche elezioni di Consigli regionali o dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano, i medesimi Consigli sono convocati in collegio elettorale entro tre giorni dal loro insediamento.

5. I senatori eletti sono proclamati dal Presidente della Giunta regionale o provinciale.

6. La legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 2 della presente legge costituzionale, è approvata entro sei mesi dalla data di svolgimento delle elezioni della Camera dei deputati di cui al comma 4.
7. I senatori a vita in carica alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale permangono nella stessa carica, ad ogni effetto, quali membri del Senato della Repubblica.
8. Le disposizioni dei regolamenti parlamentari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, fino alla data di entrata in vigore delle loro modificazioni, adottate secondo i rispettivi ordinamenti dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, conseguenti alla medesima legge costituzionale.
9. Fino all'adeguamento del regolamento della Camera dei deputati a quanto previsto dall'articolo 72, settimo comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 12 della presente legge costituzionale, in ogni caso il differimento del termine previsto dal medesimo articolo non può essere inferiore a dieci giorni.
10. In sede di prima applicazione dell'articolo 135 della Costituzione, come modificato dall'articolo 37 della presente legge costituzionale, alla cessazione dalla carica dei giudici della Corte costituzionale nominati dal Parlamento in seduta comune, le nuove nomine sono attribuite alternativamente, nell'ordine, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.
11. In sede di prima applicazione, nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, su ricorso motivato presentato entro dieci giorni da tale data, o entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o un terzo dei componenti del Senato della Repubblica, le leggi promulgate nella medesima legislatura che disciplinano l'elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte al giudizio di legittimità della Corte costituzionale. La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni. Anche ai fini di cui al presente comma, il termine di cui al comma 6 decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano conformano le rispettive disposizioni legislative e regolamentari a quanto ivi stabilito.
12. Le leggi delle Regioni adottate ai sensi dell'articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle leggi adottate ai sensi dell'articolo 117, secondo e terzo comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 31 della presente legge costituzionale.
13. Le disposizioni di cui al capo IV della presente legge costituzionale non si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, e sino alla revisione dei predetti statuti speciali, alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome si applicano le disposizioni di cui all'articolo 116, terzo comma, ad esclusione di quelle che si riferiscono alle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale e resta ferma la disciplina vigente prevista dai medesimi statuti e dalle relative norme di attuazione ai fini di quanto previsto dall'articolo 120 della Costituzione; a seguito della suddetta revisione, alle medesime Regioni a statuto speciale e Province autonome si applicano le disposizioni di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale.
14. La Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste esercita le funzioni provinciali già attribuite alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
Disposizioni che non richiedono particolari commenti
Art. 40.
(Disposizioni finali).

1. Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) è soppresso. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, nomina, con proprio decreto, un commissario straordinario cui è affidata la gestione provvisoria del CNEL, per le attività relative al patrimonio, compreso quello immobiliare, nonché per la riallocazione delle risorse umane e strumentali presso la Corte dei conti e per gli altri adempimenti conseguenti alla soppressione. All'atto dell'insediamento del commissario straordinario decadono dall'incarico gli organi del CNEL e i suoi componenti per ogni funzione di istituto, compresa quella di rappresentanza.
2. Non possono essere corrisposti rimborsi o analoghi trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica in favore dei gruppi politici presenti nei Consigli regionali.
3. Tenuto conto di quanto disposto dalla presente legge costituzionale, entro la legislatura in corso alla data della sua entrata in vigore, la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica provvedono, secondo criteri di efficienza e razionalizzazione, all'integrazione funzionale delle amministrazioni parlamentari, mediante servizi comuni, impiego coordinato di risorse umane e strumentali e ogni altra forma di collaborazione. A tal fine è istituito il ruolo unico dei dipendenti del Parlamento, formato dal personale di ruolo delle due Camere, che adottano uno statuto unico del personale dipendente, nel quale sono raccolte e coordinate le disposizioni già vigenti nei rispettivi ordinamenti e stabilite le procedure per le modificazioni successive da approvare in conformità ai princìpi di autonomia, imparzialità e accesso esclusivo e diretto con apposito concorso. Le Camere definiscono altresì di comune accordo le norme che regolano i contratti di lavoro alle dipendenze delle formazioni organizzate dei membri del Parlamento, previste dai regolamenti. Restano validi a ogni effetto i rapporti giuridici, attivi e passivi, instaurati anche con i terzi.
4. Per gli enti di area vasta, tenuto conto anche delle aree montane, fatti salvi i profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato, le ulteriori disposizioni in materia sono adottate con legge regionale. Il mutamento delle circoscrizioni delle Città metropolitane è stabilito con legge della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la Regione.
5. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 59, primo comma, della Costituzione, i senatori di cui al medesimo articolo 59, secondo comma, come sostituito dall'articolo 3 della presente legge costituzionale, non possono eccedere, in ogni caso, il numero complessivo di cinque, tenuto conto della permanenza in carica dei senatori a vita già nominati alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Lo stato e le prerogative dei senatori di diritto e a vita restano regolati secondo le disposizioni già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
6. I senatori della Provincia autonoma di Bolzano/Autonome Provinz Bozen sono eletti tenendo conto della consistenza dei gruppi linguistici in base all'ultimo censimento. In sede di prima applicazione ogni consigliere può votare per due liste di candidati, formate ciascuna da consiglieri e da sindaci dei rispettivi territori.
Disposizioni che non richiedono particolari commenti
Art. 41.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale successiva alla promulgazione. Le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano a decorrere dalla legislatura successiva allo scioglimento di entrambe le Camere, salvo quelle previste dagli articoli 28, 35, 39, commi 3, 7 e 11, e 40, commi 1, 2, 3 e 4, che sono di immediata applicazione.
Disposizioni che non richiedono particolari commenti

1 commento:

  1. Ottimo lavoro.

    Indico alcuni punti sui quali ritengo utile soffermarsi.

    Art. 6: si prevede che il regolamento della Camera stabilisca lo Statuto delle opposizioni. Poiché il regolamento è approvato a maggioranza assoluta ne consegue che, con l'attuale sistema elettorale, sarebbe il partito beneficiario del premio a poter da solo decidere sulle garanzie per le opposizioni. La Costituzione non indica nemmeno il "minimo sindacale".

    Art. 9: l'articolo testualmente stabilisce che i Deputati DEBBANO avere una indennità; nulla dice che non possa essere elargita anche ai Senatori, magari come diaria. D'altra parte anche adesso la Costituzione non prevede la diaria, ma la legge ordinaria ha aggiunto all'indennità anche la gradita diaria.

    Art. 13: la legge elettorale può in ogni caso essere promulgata anche se la Corte Costituzionale ne ha deciso l'illegittimità costituzionale. Basta una decisione a maggioranza assoluta della Camera dei deputati (quindi, da un solo partito, stante la legge attuale) per motivi di "urgenza".

    Art. 19: la ratifica dei Trattati di appartenenza all'UE è sottoposta a BICAMERALISMO PARITARIO... Non è cosa da poco, considerato che al Senato non avremmo una maggioranza stabile e omogenea con quella della Camera.

    Art. 23: se l'elezione del PdR sarà partecipata dagli aventi diritto, potrebbe risultare difficile arrivare ai 3/5 dei votanti. In caso di prolungata impossibilità a procedere con l'elezione del nuovo PdR, sarebbe il Presidente della Camera dei deputati a svolgere le funzioni del Presidente della Repubblica. La maggioranza assoluta, che elegge il presidente della camera, potrebbe non avere alcun interesse a trovare un accordo con le opposizioni e con i dopolavoristi del Senato.

    Art. 31: le materie concorrenti rientrano dalla finestra. Infatti, se con l'attuale costituzione è la Regione a legiferare sulla base dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato, domani avremmo diverse materie (scuola, sanità, governo del territorio...) dove sarà lo Stato a definire "le disposizioni generali e comuni" mentre il resto spetterà alle Regioni. Facile profezia: contenzioso garantito.

    Art. 39: dalla lettura attenta si desume che la legge elettorale per il futuro Senato sarà scritta nella prossima legislatura con il primo Senato eletto sulla base delle norme transitorie. Norme che nulla dicono sulla ridicola elezione in conformità alle scelte degli elettori. Le norme transitorie rischiano di essere quelle definitive...

    Gradirei, Luigi, una tua valutazione su questi punti.

    Grazie.

    Buon lavoro.

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