lunedì 18 luglio 2016

Codice dei contratti: 167 correzioni. Ma chi ne è responsabile?

Così Il Fatto Quotidiano raccontava le dichiarazioni del presidente dell'Anac dopo l'audizione congiunta delle commissioni di Camera e Senato sul codice dei contratti, lo scorso 21 giugno:
"Ai cronisti che lo hanno interpellato a margine dell’audizione e gli hanno chiesto se non ci sia un’attività di lobby contro il nuovo Codice, Cantone ha detto “non sono se ci sia un’attività di lobby, ma è strano quello che si sta verificando, un fuoco di fila che non ha giustificazioni rispetto a un Codice che certamente ha una serie di novità e problemi, ma molti meno di quello precedente”. Dopo l’avvio del nuovo Codice appalti, osserva Cantone, si è avuta “una riduzione pesante del numero delle gare che non riteniamo sia giustificata: non ci sono motivazioni giuridiche che lo giustifichino. Speriamo che questo meccanismo si sblocchi”".
Un Cantone molto piccato e disposto a difendere a spada tratta il codice, come fosse un prodotto "suo", come se, cioè, l'Anac, autorità presupposta indipendente, nel caso di specie indipendente non lo sia per nulla.
Un mese prima, il 19 maggio in occasione di un convegno organizzato dall'Oice, il presidente dell'Anac era stato ancora più chiaro: "Da alcuni - afferma il presidente ANAC - vengono già sentenze di morte del codice. Sono molto preoccupato di come sta avvenendo il recepimento nei fatti del codice appalti. C'è chi ha già dato sentenze sicure, sentenze di morte inappellabile in un Paese in cui non c'è la pena di morte. Ho sentito un presidente di Regione definirlo 'demenziale', penso fosse molto più demenziale quello di prima".
Insomma, il codice è "ottimo e abbondante" e anatema nei confronti di chi si permette di evidenziare che abbia più di qualche problema. Si tratta dei soliti "gufi", gli stessi che, secondo quanto alcuni consiglieri dell'Authority affermano senza infingimenti in vari convegni in giro per l'Italia, stanno appositamente riducendo i bandi di gara, proprio allo scopo di boicottare simile eccelso prodotto dell'ingegno legislativo italico.
Poi, cosa succede? In Gazzetta Ufficiale, n. 164 del 15 luglio, si pubblica l'avviso dell'errata corrige al codice, che contiene 167 (centosessantasette) correzioni al testo!
Le domande sorgono spontanee. Ad esempio: presso quale ente un regolamento, una delibera, uno studio, una relazione al bilancio, un piano urbanistico, richiederebbe 167 correzioni senza che gli autori del provvedimento non siano chiamati a risponderne e molto seriamente in ogni sede? In quale ente accade che un atto, come il codice, del quale si era perfettamente al corrente della presenza di innumerevoli problemi di coordinamento di testo, venga difeso ad ogni costo e in modo infastidito, invece di prendere atto di critiche utili allo scopo di limare i molti problemi di formulazione?
Ci dicono da anni che conta il risultato e non il formalismo. Sarà per questo, allora, che 167 correzioni non siano valse per indurre in maggiore prudenza ed anche umiltà i cantori di una riforma frettolosa, fatta di corsa per tentare di arrivare (senza nemmeno riuscirci) ad approvarla entro il 18 aprile. E' evidente che il codice è scritto in modo frettoloso e in certi tratti confusionario (basta riferirsi al tema della valutazione dell'anomalia delle offerte).
Centinaia di correzioni sono un l'oggettivo dato che conferma come il codice abbia tanti, tantissimi problemi. La questione, però, è anche un'altra: un insieme di soggetti cui è stato demandato di presidiare la riforma, l'Anac per prima, sarà capace di affrontare le questioni sul tappeto rendendosi disponibile a risolverle senza tacciare chi opera sul campo e si accorge delle disfunzioni di essere solo dei puristi o boicottatori? La domanda è importante: l'Anac con le sue linee guida ha ricevuto il compito di completare la riforma. E le linee guida, lo ha visto chiunque, non sono sicuramente esenti da problemi, errori, superficialità. E' vero che esse sono soggette a consultazione pubblica ed alcune di loro sottoposte "volontariamente" al parere del Consiglio di stato. Ma, chi assicura che la consultazione pubblica sia un metodo davvero corretto di formare una disciplina regolativa, visto che ovviamente sono lobby ed interessi forti ma parziali quelli in grado di farsi sentire? Chi assicura che l'intervento del Consiglio di stato sarà davvero ascoltato, visto che in molti casi sarà una sorta di gentile concessione?
Oggi si assiste sgomenti al dato incredibile delle 167 correzioni, che resteranno ovviamente orfane e prive di conseguenze. Del resto lo scarica barile sarà semplice: la commissione tecnica dirà che è colpa delle commissioni parlamentari, che scaricheranno poi sugli uffici legislativi tecnici, i quali diranno che è tutta colpa della fretta. Contestualmente, però, si insiste sul "merito", la capacità di "risolvere i problemi", l'inutilità dell'approccio giuridico e l'opportunità di selezionare i dirigenti non "con uno scritto e un orale", ma con la valutazione dei curriculum.

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